Riscoprire
le radici della liturgia
per attingere
alla sorgente della vita
“Le nostre celebrazioni, anche quando siano vive, riescono a trasformare la vita dei cristiani? Questo libro vorrebbe essere un aiuto a ritrovare in Cristo l’unità tra liturgia e vita. Più che di una ricerca erudita, si tratterà di un cammino di riscoperta orante della liturgia alle sue sorgenti. Sarà l’esperienza della chiesa a guidarci, un’esperienza inseparabilmente liturgica e spirituale, personale e comunitaria, condotta alla luce della Bibbia e dei padri. Un simbolo illustrerà la nostra progressiva scoperta, quello del fiume di vita. Possa il lettore acconsentire a farsi portare dalla sua corrente lenta e profonda, di carattere ora più contemplativo, ora più didattico; ogni capitolo potrà rivelargli il mistero della sorgente: essa è sempre la stessa, ma l’acqua viva che ne sgorga è sempre nuova” (dall’“Introduzione” dell’Autore).
Jean Corbon (Parigi 1924 - Beirut 2001), entrato da giovane dai Padri bianchi, dal 1956 è vissuto costantemente in Libano, dove è stato incardinato quale presbitero della Chiesa melkita. Orientalista e autore spirituale di rara profondità, è stato uno dei più grandi ecumenisti del xx secolo. Presso le nostre edizioni è già apparso il volume La gioia del Padre. Omelie per l’anno liturgico dall’evangelo di Luca.
Un invito a tre voci per riscoprire la penitenza e la riconciliazione alla luce del Padre di ogni misericordia, del Dio di amore che corre incontro alla creatura ferita per restaurarla nella sua condizione filiale. Se l'uomo peccatore acconsente al perdono divino sempre offerto, capirà meglio la propria colpa e la propria vocazione a essere figlio nel Figlio.
Per molto tempo liturgisti e teologi hanno guardato al rapporto tra liturgia e secolarismo in modo troppo ristretto e schematico. Spesso si presume che nell’accogliere la cultura del “secolo”, si debba abbandonare la liturgia, o, al contrario, che nello scegliere la liturgia si debba chiudere la porta alla cultura secolare. A partire dal solco tracciato dai documenti conciliari, l’autore respinge la presunta incolmabile frattura fra liturgia e cultura secolare, cercando di mostrare che, se si è sinceramente preoccupati del futuro della fede cristiana, tali modelli di pensiero possono e devono essere lasciati alle spalle, hanno bisogno di essere risignificati nel modo più profondo possibile. Le riflessioni di questo testo contribuiscono a una più profonda comprensione di come un rinnovato dialogo tra liturgia e cultura può diventare fertile per il futuro della fede cristiana.
Joris Geldhof (Aalst 1976) è professore di liturgia e teologia sacramentaria presso la Facoltà di teologia e studi religiosi dell’Università cattolica di Leuven (Belgio) e preside dell’Istituto liturgico della medesima università. È caporedattore della rivista Questions Liturgiques/Studies in Liturgy. Le sue principali aree di ricerca sono la teologia liturgica, l’eucaristia e le questioni relative alla sacramentalità cristiana in un mondo secolarizzato.
Il significato profondo del segno di croce
Il segno della croce, che è già in sé una preghiera, accomuna cristiani d’oriente e d’occidente, pur nelle diverse tradizioni. A partire dalla propria esperienza personale e lontano da ogni genere di pietismo, l’autore risale alle radici di questo gesto semplice e abituale, e ne sottolinea in particolare la dimensione liturgica e simbolica: con esso riconosciamo che il nostro corpo e il nostro intero io possono diventare dimora dello Spirito di Dio. Simbolo di una spiritualità cosmica, il segno della croce rinvia all’opera di salvezza e di guarigione operata da Cristo: con esso noi mettiamo la nostra fiducia e la nostra speranza nel Cristo cosmico, per mezzo del quale l’intero universo è stato creato.
Andreas Andreopoulos (1966) ha conseguito il dottorato di ricerca in teologia presso l’Università di Durham e ha insegnato a Toronto, Montreal e Philadelphia. I suoi interessi spaziano dalla patristica greca alla teologia ortodossa, dall’iconologia all’arte sacra. Attualmente è docente di teologia presso l’Università di Winchester.
La lavanda dei piedi à un sacramento? Partendo dall'episodio narratoci da Giovanni, l'autore ripercorre prassi e relative concezioni teologiche maturate all'interno della chiesa intorno a uno dei gesti più sconvolgenti di Gesù. Il gesto del giovedì santo, infatti, è "il rito della crisi del rito", l'atto rituale che manifesta la subordinazione di ogni rito alla relazione etica.
Nei suoi aspetti più intimi la vita è in stretta relazione con il senso che attribuiamo alla morte
Cristo non si è rassegnato alla sua morte, ma vi è andato incontro: ha saputo celebrare la sua morte con parole e gesti di comunione. Così Gesù per primo ha annunciato la propria morte, trovandovi un senso per se stesso e per gli altri: vi ha riconosciuto un valore e un significato davanti a Dio e agli uomini. In questo modo ha evangelizzato la morte. La morte di un uomo non è di per sé un annuncio ma una notizia, perché ogni uomo muore. Quando, però, un uomo è capace di fare della sua morte un atto di comunione, ed è capace di celebrare il morire con gesti e parole di comunione, costui trasforma la sua morte in un’invocazione di comunione eterna con le persone che lascia e, se è credente, con il Signore al quale va incontro. Se vissuta così, la morte è annuncio.
Goffredo Boselli (Codogno 1967), monaco di Bose e liturgista, è membro della Commission francophone cistercienne e delle redazioni di Rivista Liturgica e di Arts Sacrés. Collabora con la Commissione episcopale per la liturgia della Cei in qualità di esperto. Presso le nostre edizioni ha già pubblicato Il senso spirituale della liturgia (2011).
Per riscoprire, grazie alla riforma conciliare, la più antica tradizione della chiesa nella celebrazione della messa.La riforma liturgica intrapresa da Paolo VI restituisce l?eucaristia a tutto il popolo di Dio: ritornando all?antica celebrazione dei primi secoli, oltre le interpretazioni del medioevo, essa ci ridona la ?messa di sempre? nella semplicità delle sue origini.
Opus Dei, lavoro di Dio con noi, lavoro di Dio in noi, la liturgia è un mestiere che confina con il mistero. Questo saggio non vuole essere una storia dell’arte liturgica contemporanea né pretende legiferare in quest’ambito, piuttosto – con una riflessione sempre alle fondamenta stesse della realtà liturgica – tenta di ripensare teologicamente le arti in liturgia, ridefinendo quest’ultima quale principio che le suscita e le coordina in quanto arte per eccellenza. Pagine nelle quali l’autore si propone di risvegliare una riflessione e un’ammirazione nuove per la liturgia, seguendo un metodo sperimentale, intuitivo, meditativo, dunque omogeneo all’oggetto della sua indagine, ovvero di tipo artistico.
François Cassingena-Trévedy (Roma 1959) è monaco benedettino dell’abbazia di Saint-Martin di Ligugé in Francia. Dottore in teologia, insegna liturgia all’Institut catholique di Parigi. Presso le nostre edizioni ha già pubblicato La bellezza della liturgia (2003).
“Chi legge e studia questa Iniziazione
si ritrova con facilità
nella realtà della liturgia romana”
(dalla ”Prefazione” del card. Joseph Ratzinger)
Con una “Postfazione” di Enzo Bianchi
L’obiettivo di “rendere alla liturgia romana la sua bellezza e la sua coerenza per la gloria di Dio e la salvezza del mondo” è completamente raggiunto in questo testo attraverso un’iniziazione alla liturgia che intende dare al cristiano le chiavi di lettura indispensabili affinché il suo non sia un celebrare inconsapevole e dunque stolto, ma consapevole e dunque sapiente. Un celebrare che sia reale luogo di preghiera e di incontro con Dio, di autentica esperienza di fede vissuta ... Michel Gitton inizia il lettore al genio della liturgia latina accompagnandolo all’interno del senso dei gesti, delle parole e di tutte quelle realtà sensibili che hanno come unico fine di essere segno del mistero di Dio e di condurre alla comunione con esso.
(dalla “Postfazione” di Enzo Bianchi)
Michel Gitton, presbitero di Parigi, è fondatore della comunità Aïn Karem e direttore della rivista Résurrection.
I padri della chiesa "prima pregavano e poi credevano, pregavano per poter credere, pregavano per sapere come e che cosa dovevano credere". Una serie di catechesi sui diversi momenti della celebrazione eucaristica, concepiti non come succedersi di parti slegate tra loro ma come unità capace di portarci al cuore del mistero cristiano. Un tentativo di analizzare l'eucaristia non a tavolino ma "in chiesa", cioè a partire dal luogo e dal momento della celebrazione stessa: così la riscoperta dell'eucaristia sarà riscoperta anche della chiesa, del corpo ecclesiale formato dai partecipanti.
L’incarnazione e l’incontro con Cristo, “luce senza tramonto”, introducono al cuore dell’ umanità una novità capace di trasformarne il destino in storia. Le feste cristiane, che celebrano la venuta del Dio-con-noi, ordinano il tempo e la vita dei credenti e li introducono in questo spazio di trasfigurazione: celebrare una festa infatti non è solo fare memoria, ricordarsi, ma aprirsi alle energie dello Spirito, sempre presente ed efficace al cuore di ogni esistenza.
Olivier Clément, nato in Francia nel 1923, è docente di teologia presso l’Institut Saint-Serge di Parigi. Uomo delle fonti, sa cogliere con sapienza spirituale i germi di resurrezione disseminati nella storia dell’umanità. Presso le nostre Edizioni ha pubblicato Pregare il Padre nostro, Occhio di fuoco e Il potere crocifisso.