Eric Schmidt è uno dei grandi leader della Silicon Valley, CEO di Google dal 2001 al 2011 e ora Presidente esecutivo della società. Jared Cohen dirige Google Ideas ed è stato consigliere per la tecnologia dei segretari di Stato Condoleezza Rice e Hillary Clinton. Dal loro incontro nasce "La nuova era digitale" in cui, da un punto di osservazione unico, condividono il loro pensiero su alcune delle questioni più calde del futuro tecnologico globale. Chi avrà più potere domani, i cittadini o lo Stato? La tecnologia faciliterà il terrorismo o lo ostacolerà? Qual è la relazione tra privacy e sicurezza, e quanta riservatezza dovremo cedere per essere parte della nuova era? In che modo cambiano la guerra, la diplomazia, le proteste sociali e l'economia quando tutti sono connessi? Con la fiducia e lo sguardo lucido dei visionari, Schmidt e Cohen ci invitano a guardare avanti e a essere consapevoli di ciò che ci attende, rivelando i drammatici sviluppi - buoni e cattivi - che stanno già trasformando il mondo a mano a mano che i progressi tecnologici e le nostre identità virtuali diventano sempre più reali. Lungo la strada, molti incontri con figure internazionali - tra cui Julian Assange, Henry Kissinger e presidenti e primi ministri di Paesi di tutto il mondo. Pragmatico e a un tempo fonte di ispirazione, il libro delinea con precisione le promesse e i pericoli dei prossimi decenni ed è una lettura imprescindibile per capire come cambierà la vita delle persone, delle imprese e degli Stati.
Gianni Di Giovanni e Stefano Lucchini lo vivono ogni giorno nell'impresa in cui operano: l'avvento della Rete ha completamente sovvertito le regole di comunicazione delle aziende grandi e piccole e, di conseguenza, la professione di chi è chiamato a informare il mercato e a interagire con esso, in momenti anche di crisi. E non è solo una questione di strumenti, ma soprattutto di atteggiamento: l'impresa è trasparente, sotto gli occhi di tutti, sottoposta a uno scrutinio continuo delle sue azioni e della sua reputazione e non può sottrarsi alla sfida della credibilità. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, infatti, non ha accresciuto solo il volume delle informazioni trasmesse, ma anche la rete di relazioni che le imprese intrattengono con il mondo esterno e la comunicazione è così diventata una pratica sociale attraverso cui si entra in contatto con i pubblici più disparati, ai quali i comunicatori devono offrire una "realtà" fatta di credibilità, autorevolezza, competenza. Con approccio ottimistico ma consapevole della sfida, gli autori, due tra i maggiori esperti italiani di comunicazione d'impresa, analizzano uno per uno gli attori e le questioni cruciali del nuovo contesto (da Wikileaks ai motori di ricerca, dall'informazione online ai social network) condividendo riflessioni, strategie e casi pratici per gestire con successo la conversazione con il mercato.
"Facebook non è stato originariamente creato per essere una società. È stato costruito per compiere una missione sociale: rendere il mondo più aperto e interconnesso", ha detto Mark Zuckerberg agli investitori in occasione del debutto in Borsa, nel febbraio 2012. Oggi sappiamo che l'operazione non è stata un successo, ma l'opinione del fondatore non appare cambiata. In questo ritratto di Facebook e del "billionaire boy" che l'ha creato, attraverso le parole dello stesso Zuckerberg e le opinioni di un selezionato numero di "commentatori" (amici, colleghi, critici, insider, ammiratori ma anche detrattori), George Beahm fornisce diverse prospettive su di lui e il social network più usato al mondo, con particolari dall'interno, strategie di business e "lezioni apprese". Dagli inizi ad Harvard ai rapporti, a volte turbolenti, con i soci; dai modelli ispiratori primo tra tutti Steve Jobs alle contraddizioni sulla privacy, fino allo "stile hacker" che ispira l'innovazione continua in azienda, il libro è una lettura per comprendere l'anti-conformista con la felpa al quale tutti abbiamo affidato le informazioni più personali (e qualcuno anche il proprio denaro).
Attraverso più di 450 prime pagine del più popolare tra i quotidiani italiani questo volume ripercorre oltre 100 anni di storia dello sport e fornisce una testimonianza dell'evoluzione sociale e culturale del nostro Paese. Gli avvenimenti più importanti che hanno accompagnato la nostra vita, le coppe, le sfide, le sconfitte, le volate, le medaglie, i calci d'angolo, le squadre e gli atleti si scolpiscono nella memoria attraverso un'ampia scelta di pagine "storiche". Un repertorio che offre a tutti il racconto dello spettacolo sportivo attraverso un elemento che è nella natura stessa della Gazzetta e dei suoi lettori: l'emozione, il senso forte della partecipazione. Introduzione di Andrea Monti.
"'Carta straccia' non è un pedante trattato sui media. È un libro carogna, un racconto all'arma bianca, sornione e beffardo, pieno di ricordi. Mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita alla quale ho partecipato anch'io: l'informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia. Sono un signore che ha trascorso cinquant'anni nei giornali, lavorando in molte testate con incarichi diversi. Che cosa ho capito della mia professione? All'inizio pensavo che avesse la forza di un gigante, in grado di vincere su chiunque. Poi ho cambiato opinione: in realtà, il nostro è un potere inutile, serve a poco, non conta quasi nulla rispetto a quello politico, economico e giudiziario. Il perché lo spiego in 'Carta straccia'. Dopo un'occhiata al passato, la mia prima macchina per scrivere e l'apprendistato ferreo imposto da direttori senza pietà, vi compaiono i capi delle grandi testate di oggi. E i misfatti delle loro truppe. La faziosità politica dilagante. Gli errori a raffica. Le interviste ruffiane. Le vendette tra colleghi. Lo schierarsi in due campi contrapposti, divisi da un'ostilità profonda. Il centrodestra, dove si affermano Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri, con le campagne di stampa condotte senza guardare in faccia a nessuno. E il centrosinistra, dominato dalla potenza guerrigliera di Ezio Mauro e dalle ambizioni politiche di Carlo De Benedetti, nemici giurati di Silvio Berlusconi." (Giampaolo Pansa)
PER TRENT’ANNI, dal 1980 al 2010, l’immagine che ci siamo creati attraverso i media è passata soprattutto tramite la televisione: in tutto il mondo – e in modo particolare in Italia – la tv commerciale è stata la regina del circo mediatico, condannando ognuno di noi a una fruizione sempre più solitaria e imponendo i propri modelli a giornali, libri, cinema e teatro. Oggi, quel sistema sembra non funzionare più: nascono bisogni nuovi, si affermano valori diversi e cresce il desiderio di forme di socializzazione alternative. Spetta ai nuovi media accompagnare e costruire il cambiamento, quello italiano come quello globale.
Ma in che modo?
In questo saggio affascinante Luca De Biase affronta temi che coinvolgono da vicino la nostra quotidianità e il nostro avvenire.
Con chiarezza e competenza illumina i meccanismi della comunicazione contemporanea e delinea i contorni di quella futura, per capire come la trasformazione del pubblico da spettatore a creatore – quasi da governato a governante – possa rivoluzionare non solo l’universo mediatico, ma la nostra stessa vita.
Luca De Biase è caporedattore di “Nòva24 – Il Sole 24 Ore”, e un blogger molto seguito. Tiene il corso avanzato di Giornalismo all’Università Iulm di Milano ed è presidente della Fondazione Ahref, per la qualità dell’informazione nei media sociali.
Il rapporto tra "Corriere della sera" e televisione è una storia affascinante e curiosa, che prende le mosse negli anni Cinquanta, quando si comprende che la tv non va presa sottogamba e che occorre qualcuno che aiuti il lettore (e il quotidiano) a capire il nuovo mezzo di comunicazione. È un racconto tanto ricco di singolari aneddoti quanto generoso di spunti per comprendere la funzione di un'attività sulla quale gravano, fin dalle origini, non poche incomprensioni. Il percorso verso la definizione dei criteri su cui si deve fondare la critica televisiva è stato lungo e tortuoso: la lettura delle critiche apparse sul "Corriere", dal 1954, anno di nascita della tv italiana, fino alla fine degli anni Ottanta, apre un universo inesplorato che aiuta a comprendere come e quanto è stata importante la televisione e la sua evoluzione in Italia.
Gli affannati eredi
di Gutenberg
e gli equivoci pionieri
di Google, i social network
che hanno eletto Obama
e i tecnocrati
che decidono come
leggeremo nel futuro.
Stiamo costruendo
l’informazione
senza carta
o il giornalismo senza
informazione?
Il “Los Angeles Times” ha dichiarato bancarotta prima di essere salvato, il “Washington Post” resiste a malapena, ovunque le redazioni chiudono, i corrispondenti esteri fanno fagotto e tornano a casa. In tutto il mondo, quotidiani con secoli di storia alle spalle ormai vivono alla giornata. E se fino a qualche tempo fa il web, potente vetrina promozionale, sembrava un utile alleato, oggi infuria una guerra senza quartiere tra chi vuol mettere ogni notizia a portata di click e chi cerca di proteggere contenuti di qualità faticosamente prodotti. Nelle battaglie tra i giovani leoni dell’informatica e le vecchie volpi dell’editoria, sono queste ad avere la peggio, mentre monta l’onda del giornalismo “dal basso”, con lettori che chiedono di partecipare in maniera sempre più attiva al flusso delle notizie: un cinguettio di Twitter, un link condiviso su Facebook, l’inchiesta fai da te di un blogger, le news di un aggregatore sono ormai più fruibili del classico quotidiano. È l’Apocalisse? In un certo senso sì, come dimostrano Massimo Gaggi e Marco Bardazzi in questa disamina felicemente ricca di aneddoti quanto acuminata nell’analisi. Ma ciò non significa che non si possa ripensare e reinventare il giornalismo nell’“era di vetro” che ci sta regalando un’informazione più trasparente ma più fragile. Nel nuovo “ecosistema” dei media c’è posto per un techpresident come Obama e per i dilettanti del citizen journalism, c’è il lutto per la figura romantica del cronista con le dita macchiate di inchiostro e nicotina ma anche l’emozione delle nuove avveniristiche tecnologie della lettura, c’è la morte di una tradizione secolare ma anche la nascita di una nuova bellezza digitale. Perché l’informazione del futuro è già pronta a risorgere da ceneri tutt’altro che spente.
La mattina aprendo il giornale ci troviamo di fronte il titolo: "Calano le tirature dei quotidiani". Cosa dovremmo fare, comprarne un'altra copia? Niente paura, è solo auto-referenzialità: una delle assurdità minori tra molte che affliggono la nostra informazione. Non ce ne stupiamo più. E purtroppo crediamo a chi ci "dimostra" che alcuni dentisti diffondono intenzionalmente l'AIDS o che i cellulari possono anche curare il cancro, servendosi invariabilmente di diagrammi, statistiche, grafici e classifiche che fanno sembrare tutto vero. Mentre è tutto falso, o perlomeno abilmente pilotato. John Alien Paulos veste i panni del giustiziere matematico per porre fine a questo abuso dell'apparente oggettività dei numeri, e alla conseguente disinformazione selvaggia. Spiega per esempio come usare la logica per difendersi dai fabbricatori di divi artificiali e come maneggiare probabilità e casualità per ridimensionare articoli catastrofici su criminalità, epidemie e altri allarmi sociali. Demolisce con nozioni di aritmetica elementare pregiudizi dei consumatori, trucchi elettorali e mitologie sportive. E brandendo la teoria del caos fa piazza pulita della brutta abitudine di fare previsioni, così diffusa sulle pagine economiche. Articolo dopo articolo, errore dopo errore, questo libro dimostra come basti porsi le domande giuste per scoprire che ben poche delle notizie stampate ogni giorno hanno una qualsivoglia attinenza con la realtà.
Se di un evento non si parla in tv è come se non esistesse. Ma quando se ne parla, spesso viene manipolato, usato, distorto. In altre parole, bruciato. Il mondo dell'informazione non conosce mezze misure, e macina la realtà senza risparmiare niente e nessuno. Loris Mazzetti, che quel mondo conosce dall'interno, ci conduce tra i fatti e i misfatti dell'Italia di oggi attraverso il filtro deviante e deviato della comunicazione. Dopo "Il libro nero della RAI", un'inchiesta ad ampio raggio che è anche una bussola per orientarsi in un mondo dove il potere economico detta legge e si maschera da editore. Un'incitazione, per chi ci lavora, a resistere e a tener la schiena dritta. E a ricordarsi che l'unico vero padrone è il pubblico. Di fronte al rumore dei media, alla costruzione artificiosa degli scandali, a processi fatti in tv, occorre che chi vuole informarsi continui a cercare le notizie. Che, nonostante tutto, non si possono nascondere.
Un ritratto talora imprevedibile del nostro Paese, e al tempo stesso un'impietosa denuncia di antichi vizi e inedite magagne: cos'è cambiato in Italia e quali sono invece i problemi a cui pare non esserci rimedio? Corruzione, cattiva amministrazione, disastri ecologici, criminalità, morti bianche. La cronaca dettagliata si fa racconto in questa antologia di inchieste realizzate negli ultimi cinquant'anni da giornalisti e scrittori italiani e, attraverso i suoi testimoni, diventa storia. Dalla politica all'economia, al costume, una cruda radiografia di abusi, inefficienze e potenzialità inespresse.
Il libro ricostruisce i più clamorosi casi di censura televisiva degli ultimi due anni. Documenti inediti e interviste ai protagonisti permettono di tratteggiare il quadro dell'informazione giornalistica in Italia, a partire dall'occupazione della RAI da parte degli uomini Mediaset, fino al caso Biagi, "reo" di aver intervistato Montanelli e Roberto Benigni in campagna elettorale. E poi Michele Santoro e la squadra dei giornalisti di "Sciuscià", smembrata e "mobbizzata"; Daniele Luttazzi, Massimo Fini, Sabina Guzzanti ed Enrico Deaglio. E ancora: Paolo Bonolis, Paolo Rossi, Giovanni Minoli e le censure ai TG. Un viaggio nelle verità taciute sull'informazione in TV.