Realizzato in collaborazione con le Scuderie del Quirinale e le Gallerie degli Uffizi in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, il volume accompagna la grande mostra-tributo (la più vasta mai realizzata sull'artista e una delle più importanti in Italia) e riunisce un'ampia selezione di opere del "divin pittore" di Urbino. Seguendo un originale percorso cronologico a ritroso, Raffaello 1520- 1483 ripercorre tutta l'avventura creativa del più grande pittore del Rinascimento, da Roma a Firenze, da Firenze all'Umbria, fino alle radici urbinati. Curato da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi accompagnati da uno stuolo di studiosi, specialisti nei vari settori, coordinati da un comitato scientifico internazionale presieduto da Sylvia Ferino-Pagden, il volume illustra Raffaello nella sua pienezza di uomo del Rinascimento, impegnato nella ricerca e nella tutela del bello e dell'armonia in ogni sua attività, dall'espressione pittorica allo svolgimento dell'incarico di prefetto alle antichità dello Stato della Chiesa. La selezione di opere, provenienti dai più importanti musei e collezioni nazionali ed internazionali, con capolavori autografi di Raffaello o riconducibili ad ideazione raffaellesca tra dipinti, cartoni, disegni, arazzi, progetti architettonici affiancati da opere di confronto e di contesto (sculture e altri manufatti antichi, sculture rinascimentali, codici, documenti, preziosi capolavori di arte applicata). Opere celeberrime come la Madonna del Granduca e la Velata delle Gallerie degli Uffizi, la grande pala di Santa Cecilia della Pinacoteca di Bologna, la Madonna Alba della National Gallery di Washington, la Madonna della Rosa del Prado e lo straordinario e iconico Ritratto di Baldassarre Castiglione del Louvre. Il volume presenta i contributi di Marzia Faietti, Matteo Lafranconi, Francesco P. Di Teodoro, Arnold Nesselrath, Alessandro Viscogliosi, Vincenzo Farinella, Sylvia Ferino-Pagden, Guido Cornini, Lucia Bertolini, Angelamaria Aceto, Achim Gnann, Alessandro Nova, Silvia Malaguzzi, Marco Ciatti, Oriana Sartiani, Ciro Castelli, Luciano Ricciardi, Andrea Santacesaria, oltre al catalogo e alle schede tecniche delle opere.
Il ferrarese Giovanni Boldini giunge a Parigi nel 1871 in un clima di energia creativa e fiducia ottimistica che rivoluzionano la storia europea tra Ottocento e Novecento. Celebrato come una star grazie a una pennellata inconfondibile che esprime bellezza e gioia di vivere, Boldini inventa meravigliosi ritratti delle personalità più in voga dell'epoca e trasforma le donne in "Divine", creature sublimi ed eleganti, consapevoli del loro fascino, che alimentano a lungo l'immaginario artistico fino a incidere profondamente anche sulle avanguardie novecentesche. I suoi modi aristocratici, la vocazione per la mondanità, il numero altissimo di liaisons galanti e la frequentazione dei migliori ambienti borghesi ne fanno una personalità magnetica e attraente, di grande modernità e talento geniale. Pubblicata in occasione della mostra romana, la monografia raccoglie quasi 160 opere di Boldini provenienti da circa 30 musei di tutto il mondo e dalle più importanti collezioni private nazionali e internazionali e costituisce un ulteriore arricchimento per la conoscenza del corpus pittorico del maestro ferrarese. L'opera critica presentata in catalogo, frutto di articolate ricerche storiche e di archivio, e le oltre venti lettere inedite di Boldini rappresentano inoltre un contributo fondamentale alla ricostruzione della sua biografia. Accanto ai saggi dei curatori Tiziano Panconi ("Le divine": l'universo femminile nella Parigi di Boldini fra carteggi noti e il ritrovamento di documenti e lettere inediti) e Sergio Gaddi (Boldini e il rinnovamento dei primi anni francesi), il volume presenta i contributi di Loredana Angiolino (Giovanni Boldini e l'Esposizione Universale del 1889. Un inedito carteggio), Leo Lecci (Un consulente da Parigi per la prima Biennale. Giovanni Boldini e l'esposizione internazionale di Venezia del 1895), Marina Mattei (Boldini e Verdi due grandi italiani), oltre al catalogo delle opere suddiviso in quattro sezioni (La luce nuova della macchia 1864-1870; La Maison Goupil fra "chic" e "impressione" 1871-1878; La ricerca dell'attimo fuggente 1879-1891; Il ritratto Belle époque 1892-1924), le schede (a cura di Loredana Angiolino), l'epistolario inedito e la cronologia biografica di Giovanni Boldini (a cura di Tiziano Panconi e Loredana Angiolino).
Attraverso un arco temporale che va dal 1593 al 1653, questo volume svela gli aspetti più autentici di Artemisia Gentileschi, pittrice di raro talento e straordinaria personalità artistica. Trenta opere autografe - tra cui magnifici capolavori come l'"Autoritratto come suonatrice di liuto" del Wadsworth Atheneum di Hartford, la "Giuditta decapita Oloferne" del Museo di Capodimonte e l'"Ester e Assuero" del Metropolitan Museum di New York - offrono un'indagine sulla sua carriera e sulla sua progressiva ascesa che la vide affermarsi a Firenze (dal 1613 al 1620), Roma (dal 1620 al 1626), Venezia (dalla fine del 1626 al 1630) e, infine, a Napoli, dove visse fino alla morte. Per capire il ruolo di Artemisia Gentileschi nel panorama del Seicento, le sue opere sono messe a confronto con quelle di altri grandi protagonisti della sua epoca, come Cristofano Allori, Simon Vouet, Giovanni Baglione, Antiveduto Gramatica e Jusepe de Ribera.
Espulso dalla Svizzera – era nato a Zurigo nel 1899, da madre italiana emigrata e da padre ignoto – Antonio Ligabue approda nel 1919 a Gualtieri, luogo di origine dell’uomo che l’ha legittimato, dandogli il proprio cognome, Laccabue (che poi Antonio muterà in Ligabue).
L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dall’abbandono (a soli nove mesi di età viene affidato dalla madre a un’altra famiglia), dall’emarginazione (pessimi sono i risultati scolastici, anche se già rivela passione e talento per il disegno di animali) e dall’insofferenza verso il mondo che lo circonda – tuttavia, lui sempre ricorderà il Paese natale come la patria perduta, rappresentata in molti dipinti. A Gualtieri Antonio è “straniero in terra straniera”: non conosce nessuno, parla solo il tedesco, non sa dove potere mangiare e dormire; la stessa madre adottiva, che subito ne chiede il rimpatrio, scrive che “vive come un animale”: si rifugia nella golena del Po, dove lavora come “scariolante”. L’argilla nei pressi del fiume è il materiale con cui modella le sculture; verso la fine degli anni venti inizia a dipingere, incoraggiato e apprezzato da rari estimatori, tra i quali Marino Mazzacurati, ma spesso circondato da ostilità e derisione. Per anni, è costretto a barattare suoi dipinti per un piatto di minestra o per un rifugio in una stalla o in un fienile; lui tuttavia si considera un artista di valore, pur costretto a subire, tra il 1937 e il 1945, tre ricoveri all’Ospedale Psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia. Cresce intanto l’interesse per la sua opera visionaria: nel 1955 si tiene la prima mostra personale a Gonzaga; nel 1961 un’esposizione a Roma, alla Galleria La Barcaccia, ne segna la consacrazione nazionale (“il caso Ligabue”), suscitando l’ammirazione e l’interesse di appassionati, critici e storici dell’arte, che certo non si affievoliscono dopo la morte, nel 1965.
A cinquantacinque anni dalla prima mostra romana, l’esposizione antologica nel Complesso del Vittoriano presenta oltre cento opere accuratamente selezionate (alcune mai esposte in precedenza) tra dipinti, sculture, disegni e incisioni, e conferma, al di là delle fuorvianti definizioni di naïf o di artista segnato dalla follia, il fascino di questo “espressionista tragico” di valore europeo, nella cui opera spira il vento del moderno.
Sandro Parmiggiani
Edward Hopper è il pittore americano per eccellenza, cantore di atmosfere, osservatore di luoghi, inventore di stereotipi perfettamente riconducibili al Nuovo Mondo.
Dall’inizio del secolo agli anni sessanta del Novecento la sua carriera inscena, nei dipinti così come nelle incisioni, nei disegni e negli acquerelli, uno straordinario repertorio di motivi e generi della pittura figurativa, comprendendoli di fatto tutti, forse con la sola eccezione della natura morta: ritratto, paesaggio, nudo, scena d’interno. Un percorso in grado di creare una vera e propria cifra stilistica che ha influenzato molteplici campi dell’espressione visiva, dalla pittura al cinema, dalla fotografia all’illustrazione, e poi ancora la pubblicità, la tv, le copertine di dischi e riviste, i fumetti, il merchandising.
Pubblicata in occasione dell’esposizione organizzata in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York, la monografia presenta una selezione di circa sessanta opere di questa icona dell’arte americana del XX secolo e offre una panoramica dell’intero arco temporale della produzione di Hopper, dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ’50 e ’60; molti i celebri capolavori, da South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960) e New York Interior (1921) a Le Bistro or The Wine Shop (1909) e Summer Interior (1909), dagli interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941) al grande quadro intitolato Soir Bleu, simbolo della solitudine e dell’alienazione umana, dipinto da Hopper nel 1914 a Parigi.
Opere che celebrano la mano di Hopper, superbo disegnatore in un percorso che attraversa l’intera sua produzione e tutte le tecniche (l’olio, l’acquerello e l’incisione) di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.
Preceduto dall’introduzione di Luca Beatrice (Hopperiana), il volume presenta i contributi di Carter E. Foster (Edward Hopper: dal disegno alla tela), Sasha Nicholas (La terza dimensione: le influenze europee di Hopper), il catalogo delle opere e la cronologia (a cura di Corinna Carbone).
Attraverso le opere dei più importanti artisti dell'arte contemporanea - tra gli altri Robert Indiana, Tom Wesselmann, Andy Warhol, Tracey Moffatt, Francesco Clemente, Marc Quinn, Gilbert & George, Francesco Vezzoli, Vanessa Beecroft - e i saggi di Danilo Eccher, Federico Vercellone, Pierangelo Sequeri, Mattia Fumanti e Woody Allen, il volume affronta uno dei sentimenti universalmente riconosciuti e da sempre motivo d'indagini e rappresentazioni, l'Amore, raccontandone le diverse sfaccettature e le infinite declinazioni. Un amore felice, atteso, incompreso, odiato, ambiguo, trasgressivo, infantile, che si snoda lungo un percorso espositivo non convenzionale, caratterizzato da input visivi e percettivi.
A partire dalle opere giovanili e passando attraverso la forma cubista la ricerca artistica di Salvador Dalì individua nella potenza iconografica dell'arte classica lo strumento ideale per interpretare la realtà. Sulla base di questa esperienza l'artista inizia un percorso di avvicinamento alla "vera tecnica" che prende in considerazione non solo i classici antichi, ma anche gli artefici del secondo apogeo della storia dell'arte, in particolare Raffaello e Michelangelo, assumendo una posizione di difesa del Rinascimento e arrivando a emulare - nel saggio 50 segreti magici per dipingere - i trattati classici sulla pittura, come quello di Leonardo da Vinci. L'interesse di Dalì per i classici si affianca alle suggestioni artistiche e intellettuali derivate dai test atomici e conduce, negli anni cinquanta, allo sviluppo della pittura corpuscolare che troverà sbocco nel misticismo nucleare, in cui i soggetti religiosi sono rielaborati alla luce dei nuovi progressi scientifici, in una ricerca che - caratterizzata da un anelito verso l'immortalità approda a una modernità radicale.
Il volume racconta l'arte ukiyo-e, la pittura del Mondo Fluttuante che all'etica del samurai contrappone il godimento di ogni singolo momento, il piacere e il divertimento in ogni sua forma. Tante furono le scuole e gli artisti che si specializzarono in questi temi, tuttavia tre sono i maestri che ancora oggi rimangono punti di riferimento indiscussi: Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Kitagawa Utamaro (1753-1806). Attraverso una selezione di oltre 200 silografie policrome - tra cui l'iconica Grande onda e la serie delle Trentasei vedute del monte Fuji di Hokusai - e libri illustrati provenienti dalla prestigiosa collezione della Honolulu Academy of Arts, il volume mette in luce da una parte le peculiarità tecniche, l'abilità e l'eccentricità dei singoli artisti, dall'altra il mercato dell'immagine dell'epoca che richiedeva di trattare soggetti precisi, luoghi e volti ben noti al pubblico, temi e personaggi alla moda. Una domanda intorno alla quale crescevano inevitabilmente rivalità, prima ancora che tra gli stessi artisti, incisori e stampatori per dar vita a serie di stampe sempre diverse per soddisfare un mercato dell'editoria sempre più esigente e ampio, ricorrendo a espedienti come formati originali (verticali, orizzontali, in forma di ventaglio, in formato di libro) e inquadrature differenti dei soggetti.
"C'è una lunga vetrata ricurva. Dentro c'è un bar. Dentro al bar c'è Glenda, perché lei si chiama Glenda. Lui è Rudy, lo si capisce dal Borsalino adagiato morbido sulle orecchie. Le sta seduto accanto, ma non è serata. L'altro, lo vediamo di spalle, ha un nome tutto suo e se lo tiene per sé. Per noi è l'Ingrugnito, anche se non ne scopriremo mai il volto. È quello abbarbicato sul secondo sgabellone da sinistra. I restanti cinque trespoli, sulla sua destra, sono vuoti, così come il primo. È il vuoto, che resta negli occhi. Vuota è la vetrata del bar, vuota è la strada, vuota la casa di fronte, le finestre. Aperte e vuote. È estate, si direbbe. Vuota, da pensare, la porticina in fondo al bar: si capisce che di là non c'è nessuno. La cucina. Troppa luce. Eccessiva per essere una notte del '42. C'è tanta luce che si vedono i particolari." Dieci quadri di Edward Hopper, il grande pittore americano, dieci brevi storie nate lasciandosi coinvolgere dai suoi dipinti pieni di luce e di silenzio. Sono storie per nulla vincolate da epoche o luoghi, ma semplici suggestioni sollecitate da un volto, un'ombra, una casa bianca o una finestra piena di mare. Dieci racconti per adulti sognatori che riportano un po' all'età infantile, quando i libri si leggevano e si sfogliavano guardando le figure.
Quaranta "romanzi disegnati", firmati da altrettanti artisti - autori sia delle sceneggiature che dei disegni - raccontano cinquant'anni di storia del fumetto italiano. Sono lunghe storie d'avventura, biografie e autobiografie, trame satiriche, trasposizioni di opere letterarie, cronache della realtà quotidiana. E rappresentano un po' tutte le forme editoriali che hanno fatto conoscere "l'arte sequenziale" in questo mezzo secolo: dalle riviste distribuite in edicola, che per più di trent'anni hanno stampato, anche a puntate, i romanzi a fumetti, ai graphic novel, narrazioni autoconclusive che oggi hanno conquistato gli scaffali delle librerie e soprattutto un pubblico nuovo. "Fumetto italiano. Cinquant'anni di romanzi disegnati" è una panoramica sull'arte del fumetto che prende il via dal 1967, anno in cui iniziò la pubblicazione di "Una Ballata del mare salato", capolavoro di Hugo Pratt, in cui appare per la prima volta Corto Maltese, e prosegue nei decenni successivi con straordinari lavori tra i quali "Sheraz-De" di Sergio Toppi, "Le Straordinarie avventure di Pentothal" di Andrea Pazienza, "Fuochi" di Lorenzo Mattotti, "Max Fridman" di Vittorio Giardino, "Cinquemila chilometri al secondo" di Manuele Fior, "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare, passando dal romanzo a puntate ai graphic novel.
L'arte del XX secolo raccontata in prima persona da Gillo Dorfles: l'idea di raccogliere in un unico volume tutta la sua vasta produzione critica offre l'occasione per indagare pittura e scultura contemporanee alla luce della chiarezza e della partecipazione con le quali egli ha saputo penetrare nella personalità di ogni singolo artista.
Curata da Luigi Sansone, questa ampia raccolta di scritti prende le mosse dal 1930, quando il giovane Dorfles inizia un'assidua collaborazione con "L'Italia Letteraria" e "Le Arti Plastiche" recensendo le mostre milanesi e romane; attraversa gli anni Cinquanta e Sessanta - ricchi di fermenti artistici che lo vedono acuto osservatore sulle prestigiose pagine di "Domus" e "Metro" - per approdare ai nostri giorni. Gli artisti e le loro opere vengono così approfonditi grazie all'ottica competente di un grande critico.
Nonostante il ritratto abbia avuto un ruolo essenziale nella pittura degli impressionisti (in particolare nella produzione di Degas e Renoir) e sia stato oggetto di un'autentica ridefinizione nell'ambito della scultura, soprattutto ad opera di Rodin, il genere in sé non ha mai suscitato grande attenzione. Come spiega Guy Cogeval, sembra quasi che gli storici dell'arte abbiano trascurato il fatto che la ritrattistica - probabilmente a causa del suo legame col modello - è stata il veicolo privilegiato di quell'avanguardia pittorica che si impose nella scena artistica a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento. Fino all'autoritratto, che pure scandisce l'intera carriera di Cézanne, la cui ricchezza psicologica sarà riconosciuta dalla critica nell'opera degli eredi immediati dell'impressionismo come Gauguin e Van Gogh. Realizzato in occasione dell'esposizione romana, il volume presenta oltre sessanta ritratti dipinti o scolpiti appartenenti alle collezioni del Musée d'Orsay, uno dei musei più importanti al mondo, opere capitali realizzate da artisti francesi che sono oggi tra i più noti della storia dell'arte: Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, Paul Cézanne, Berthe Morisot o ancora Auguste Rodin.