Il territorio libanese, insanguinato da decenni di guerra civile, ancora oggi vive una situazione di estrema instabilità. Il Libano contemporaneo nacque dopo la prima guerra mondiale quando la Francia, potenza mandataria della zona, diede risposta alle legittime richieste di indipendenza da parte delle popolazioni cristiano-maronite che rivendicavano il diritto di uno stato proprio, distinto e separato dalla Siria a maggioranza arabo-islamica. Ma i confini del paese vennero ampliati a spese della Siria: l'annessione al territorio maronita di vaste zone abitate in prevalenza da musulmani fu decisione giacobina che portò instabilità e creò le premesse per i futuri conflitti. L'ostilità dei musulmani nei confronti dei maroniti costituisce la causa remota del fallimento del modello libanese e sottolinea ancora una volta la difficoltà della convivenza fra cristiani e islamici. Il conseguimento dell'indipendenza nel 1946, fu accompagnato da un equilibrio precario, frutto di difficili compromessi fra le componenti etniche e religiose del paese, ma generò anche un livello di benessere diffuso, impensabile per i paesi islamici vicini.
Questo saggio offre uno scorcio chiarificatore sulla vicenda di molti religiosi della Compagnia di Gesù che, nell'Italia infiammata dalla Rivoluzione europea del 1848, furono messi al bando e costretti a defatiganti esili a causa dei moti risorgimentali dello stesso anno. Propellente ideologico innescato contro i Gesuiti furono soprattutto i corrosivi pamphlet di Vincenzo Gioberti, che li accusava di costituire "uno dei principali ostacoli al riscatto d'Italia". Al contrario, furono invece perseguitati e costretti a lasciare il paese insigni studiosi appartenenti alla Compagnia, molto apprezzati all'estero (dove poterono infatti trovare rifugio e continuare le loro attività), come i padri Francesco de Vico e Angelo Secchi considerati ancor oggi pionieri dell'astrofisica, i teologi Giovanni Perrone e Johann Baptist Franzelin, e infine il filosofo Luigi Taparelli d'Azeglio i cui studi sul diritto naturale e sui rapporti fra società civile e Stato (questi ultimi per molti aspetti anticipatori dell'attuale dibattito sul "principio di sussidiarietà") rappresentano pietre miliari nel pensiero cattolico contemporaneo.
All'interno dell'UE il dibattito sull'ingresso della Turchia in Europa appare molto intenso e conflittuale, e, nonostante i molti passi avanti compiuti dal governo di Ankara nel rispetto dei parametri imposti da Bruxelles, le non infrequenti battute di arresto avvertono che il cammino verso l'integrazione si prospetta ancora lungo e tortuoso. In questo breve saggio, che ripercorre in sintesi la storia dell'impero ottomano e della Turchia, vengono riportate le opinioni e le riflessioni (spesso radicalmente contrastanti) di studiosi e giornalisti esperti di questioni politiche, geopolitiche, religiose ed economiche, riguardo al delicato tema dei rapporti tra lo Stato anatomico e l'Europa. Alberto Rosselli, genovese, giornalista e saggista storico, collabora da tempo con diversi quotidiani e periodici nazionali ed esteri e con svariati siti internet tematici.
L'utopia è un'idea innocua? Assolutamente no. Essa ha sempre generato sangue e non a caso. In questo libro si mettono in evidenza quelle che sono le radici filosofiche dell'idea di utopia. Ne viene fuori un risultato che pochi conoscono: l'utopia è strutturalmente antiumana. Per due motivi: il primo, perché si pone volutamente al di fuori dell'ordine naturale; il secondo, perché deve necessariamente poggiare su un vero e proprio delirio dell'immaginazione. Da qui un'incompatibilità irrisolvibile tra l'idea di utopia e la filosofia naturale e cristiana. Corrado Gnerre insegna Storia dell'Utopia in età moderna e contemporanea presso l'Università Europea di Roma. Collabora con riviste a tiratura nazionale e ha al suo attivo diverse pubblicazioni, tra cui "L'Incarnazione alla prova della Storia" (Udine 1999) e "La religiosità orientale. Induismo e Buddismo a confronto con il Cristianesimo" (Roma 2003).