Alfano I fu monaco in Santa Sofia a Benevento, quindi a Montecassino; divenne abate del monastero di San Benedetto a Salerno e poi arcivescovo della città nel 1058. Personaggio eclettico, fu uno dei maggiori esponenti tra gli intellettuali benedettini del medioevo: scrittore versatile e colto, produsse pregevoli Inni, in qualche punto ispirati ad una notevole conoscenza di Orazio. Fu anche medico esperto, membro della Scuola Medica Salernitana, ed è proprio alla sua notevole conoscenza in questo campo che si deve la traduzione dal greco dell'opera di Nemesio, "Premnon Physicon" o "De natura hominis". Nel presente volume, oltre all'ampia introduzione che permette di comprendere appieno lo spessore culturale di Alfano I e di contestualizzare la composizione della sua opera nel panorama culturale dell'epoca, l'edizione critica del "De natura hominis" si arricchisce della collazione di un nuovo manoscritto, il codice Harley lat. 3969, superando quindi per completezza ed integrità, le edizioni precedenti, dalla prima, pubblicata da Holzinger nel 1887, fino all'ultima, presentata dal Burkhard nel 1917.
Il volume si propone, attraverso l'esame della vita e delle opere di tre umanisti attivi in campi diversi (lo storico e letterato Jacopo di Poggio Bracciolini, il poeta e filologo Bartolomeo Fonzio, il teologo e agiografo Francesco da Castiglione), di indagare alcuni degli aspetti fondamentali della civiltà fiorentina del secondo Quattrocento: il rapporto fra politica e letteratura, o meglio il sagace impiego 'politico' della letteratura e della storiografia; la singolare capacità della poesia latina di farsi efficace espressione di spunti e motivi della più bruciante, quotidiana e concreta attualità (storico-politica, culturale, biografica); il confronto e la coesistenza di teologia e umanesimo, cristianesimo e lettere profane; l'articolato atteggiamento dei Medici e del Magnifico nei confronti degli uomini di lettere più legati ai settori politicamente e culturalmente cruciali della vita cittadina (gli ambienti oligarchici, quelli umanistico-accademici e quelli religiosi).
Il teatro sveviano, pur presentando innegabili punti di contatto con la narrativa, presenta nel suo complesso una maggiore dipendenza dai modelli del teatro borghese contemporaneo. Nelle opere della maturità e della vecchiaia i due generi, teatro e romanzo, si avvicinano, sviluppandosi ambedue da una tematica unica, una critica sotterranea del quadro reale della famiglia italiana che Svevo corrode dall'interno, nei modi di un'affettuosa rappresentazione della 'infelicità' domestica. L'edizione critica del teatro di Italo Svevo, che qui si presenta, vede la luce nell'ambito dell'Edizione Nazionale dell'Opera omnia di Italo Svevo. Essa rispetta scrupolosamente il dettato dell'autore, senza contaminare redazioni diverse (soprattutto le stampe postume, particolarmente infide, perché con ogni probabilità rimaneggiate da altri). Mancando per la maggioranza dei testi riferimenti così sicuri da determinare il periodo di composizione, ci si attiene prudentemente alla cronologia meno improbabile, fondata sui pochi indizi interni, non sempre incontrovertibili.
All'inizio di "Cultura e rivoluzione industriale" Williams mette in evidenza come tra la metà e la fine del Settecento sia cambiato il significato di alcune parole chiave: 'industria', 'democrazia', 'arte', 'cultura'. La prima, dal senso precedente di 'abilità', diviene un termine collettivo per significare le istituzioni produttive. La seconda abbandona la sua collocazione letteraria echeggiante l'antica Grecia, per introdursi nel vocabolario politico. 'Arte' cambia di significato, e da abilità professionale diviene una capacità legata alla produzione creativa. 'Cultura', da 'cura dello sviluppo naturale' diviene 'cultura' tout court.
Da diversi anni un gruppo di studiosi ha avviato un'indagine sul rapporto fra i linguaggi, intesi come sistemi di comunicazione fra gli individui, la storia delle idee e le pratiche culturali nell'età moderna. Questo progetto si è posto l'obiettivo di comprendere in che modo i diversi contesti culturali hanno potuto condizionare le forme di comunicazione verbale e non verbale, creando infine linguaggi tipici di un'epoca o di un determinato ambito sociale. L'attenzione si è concentrata sulla cultura europea della seconda metà del XVIII secolo nel momento in cui è stato possibile individuare nell'opera di Filangieri il laboratorio per la nascita di una modernità espressa anche nel rinnovamento del lessico comune europeo. La consapevolezza che il linguaggio del tardo Illuminismo non è costituito solo da parole e da concetti ma anche da segni linguistici più antichi, ha spinto anche l'attenzione verso lo studio di simboli i cui significati vennero ripresi e rielaborati nell'età dei Lumi per essere infine consegnati al Romanticismo e alla cultura contemporanea.