Il testo intende costituire una introduzione allo sviluppo delle idee pedagogiche nella nostra cultura attraverso l'incontro con alcune fra le espressioni che più produttivamente lo hanno caratterizzato negli ultimi decenni. La tonalità dell"incontro' ne rappresenta, pertanto, l'aspetto più tipicamente proprio, e costituisce la modalità specifica di muoversi nell'ambito di quella che si può definire una storia del pensiero educativo in chiave di contemporaneità, tenendo comunque presente l'intero svolgersi e dipanarsi della problematica pedagogica come forma culturale nel quadro dell'intero secolo. Potremmo quindi dire che si tratta di un avvio al contatto con alcune delle formulazioni più tipiche ed influenti delle idee sulI'educazione nell'orizzonte della mentalità e della ricerca moderna sull'educazione. L'analisi prende le mosse dai grandi influssi e dai grandi testimoni di questo movimento per concentrarsi soprattutto sulle linee di pensiero presenti ed operanti nel contesto italiano e ripartire poi in direzione di un 'viaggio' espositivo e critico verso i contributi ed i protagonisti: Neill, Makarenko, Huxley, Gramsci, Illich, Piaget, Rogers, Fromm, Skinner, Bruner, Freire, Maritain, Mounier, Guardini, Casotti. Stefanini, che occupano la parte più estesa ed intensiva del volume.
Nei Vangeli l'immagine del contadino evoca con efficacia alcune fondamentali qualità del cristiano e della sua testimonianza nella storia. Attraverso di esse si realizza la fedeltà dei credenti alla logica singolare di Dio e del suo Regno. La metafora del contadino esprime anzitutto la fiducia insita nel gesto di chi semina con generosità e senza calcolo: dalla piccolezza del seme verrà in futuro la copiosità del raccolto. Così è della parola di Dio, il cui annuncio, inerme e povero, a suo tempo darà infallibilmente frutto. Ma questo prodigio avviene nel segreto della terra, durante il tempo invernale, quando al contadino, forzatamente inoperoso, è chiesta la confidente pazienza dell'attesa: il seme del Regno cresce nella storia grazie alla potenza di Dio, che resta nascosta. Questa consapevolezza libera il cristiano dalla presunzione, e dall'affanno, di far dipendere il destino del Vangelo dalle proprie capacità. Tale visione di fondo, non del tutto ovvia, ispira questo libro di Bruno Maggioni, offrendo sagge "note di cristianesimo per questo tempo di cristiani frettolosi e ansiosi di vedere, tesi a molti progetti e impazienti verifiche, ma poco capaci di attesa". Il discepolo invece si fida di Dio.
Sorgente di saggezza inesauribile, I pensieri, a quasi duemila anni dalla loro composizione, conservano intatte la loro forza e pregnanza sul lettore moderno, come testimoniano le molteplici traduzioni esistenti. Apparentemente essi non presentano particolari difficoltà e tuttavia, sostiene Hadot, la loro limpidezza è ingannevole e può risultare oscurata dai pregiudizi che spesso inficiano la nostra lettura dei testi antichi. Sgombrare il campo da tali preconcetti, per consentire al lettore moderno una più autentica comprensione di un testo tanto significativo, è quanto si propone di fare Pierre Hadot in questa "introduzione alla lettura dei Pensieri", così come egli stesso definisce il suo saggio.
Questi Appunti di filosofia sono articoli pubblicati (dal 1954 al 1973) in "L'Educatore Italiano": e formano una sintesi dei temi forse più importanti della sua filosofia. Ritornano così i passaggi peculiari nella teoresi di Bontadini: prima fra tutti la "semantizzazione" dei concetti di "essere", "esperienza" "divenire", con l'invito ai lettori di avanzare le proprie opinioni e con le risposte sempre puntuali, risolutive. Restano poi i luoghi decisivi del pensiero bontadiniano: il discorso sulle aporie del divenire e il passaggio all'"Essere", che è di "Dio".
Questo volume si propone di presentare la figura del Nazianzeno «vista dall’interno»: le situazioni e gli eventi attraverso ai quali egli passò sono inquadrati nella storia documentaria, ma sono anche esaminati con particolare attenzione, come furono da lui percepiti: la biografia è ricca solo quando è radicata nell’autobiografia. Le confidenze di Gregorio vengono pertanto approfondite nelle loro radici e le sfumature vagliate quali testimonianze della sua arte ed umanità. È questo il messaggio che costituisce il suo valore ed il suo significato di «classico»: illuminò con felice penetrazione i suoi drammi personali, ritrasse i suoi smarrimenti ed i suoi aneliti, osservò gli uomini che lo circondavano: tutto colse con l’acutezza che solo la superiorità dell’ingegno e l’eccellenza dell’arte forniscono. La sua attualità è così diventata anche la nostra, in nome della perennità della natura umana, e la sua esperienza si riflette a chiarificazione di chi viene in contatto con lui.
Francesco Trisoglio, già titolare della cattedra di Storia Bizantina e di quella di Storia della civiltà e della tradizione classica presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Torino, ha pubblicato, in Italia ed all’estero, un centinaio di saggi e volumi sui classici greci (i tragici) e latini (Cicerone epistolografo, Virgilio, Orazio, Ovidio, Plinio il Giovane), su Filone d’Alessandria, sui Padri della Chiesa greci (Melitone di Sardi, Eusebio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo, Palladio di Elenopoli) e latini (Cipriano, Ambrogio, Gaudenzio da Brescia, Girolamo) e sugli scrittori bizantini (gli storici e Procopio di Cesarea), soffermandosi particolarmente su Plinio, Gregorio, Procopio e sul Christus Patiens. Il suo interesse precipuo verte sull’arte, sulla personalità e sul messaggio che i singoli scrittori hanno trasmesso.
L’antropologia è oggi al centro del dibattito filosofico. Questioni come quelle dell’unità dell’uomo, della corporeità umana nel suo rapporto con la coscienza, vengono continuamente riprese e discusse. Il presente volume offre, in una sua prima parte, una lucida e densa illustrazione delle più importanti prospettive antropologiche moderne, da Cartesio, La Mettrie, Kant, su su fino a Kierkegaard, Marx, Freud, Nietzsche, Husserl, Heidegger, Sartre, Ryle e altri pensatori ancora. In una seconda parte, l’autrice mostra come la concezione classica dell’uomo, lungi dall’essere ormai solo oggetto da museo, offra la possibilità di superare i monismi riduttivi, o i dualismi esasperati in cui sono insabbiate tante concezioni moderne. La prospettiva difesa dall’autrice consente peraltro di inserire in una visione di insieme coerente anche gli elementi di verità che talune analisi antropologiche contemporanee pur possiedono.
La kantiana Deduzione trascendentale delle categorie si può considerare come uno dei luoghi classici della filosofia di ogni epoca: quell'esigenza di 'fondazione' radicale che è la caratteristica peculiare dell'atteggiamento filosofico trova infatti in queste pagine della Critica della Ragion Pura una delle sue espressioni più alte e più limpide. Né minore importanza la Deduzione riveste dal punto di vista storico, come documento della particolare prospettiva del suo autore, dovendosi vedere in essa il punto dell'opera di Kant più idoneo a mettere in luce la potenza dell'impostazione criticistica ma anche i suoi nodi irrisolti e le sue intrinseche aporie. Il presente lavoro intende in effetti mostrare - anche attraverso la discussione di alcune interpretazioni storicamente importanti - che, dato il presupposto di fondo che caratterizza tutta la gnoseologia kantiana lasciando la sua impronta specialmente sull'Estetica trascendentale, il problema cui la Deduzione è chiamata a dare risposta si presenta a rigore insolubile; mentre, se si cerca di prescindere da tale presupposto, il luogo della Critica nel quale Kant si avvicina maggiormente all'obiettivo che si era prefisso è, semmai, la Confutazione dell'Idealismo. Anche in questo caso, tuttavia, la soluzione raggiunta non è esente da alcune rilevanti limitazioni che lo stesso Kant mostra peraltro di avere ben presenti, in alcuni passi non sempre adeguatamente ricordati che vengono illustrati in questo libro.
Sotto il profilo metodologico Bontadini ha sempre affermato la fondamentale validità dell'idealismo, ed anzi ha considerato tale affermazione come il punto di partenza obbligato per qualsiasi tentativo di riproporre in epoca contemporanea il nucleo di verità contenuto nella metafisica classica. D'altra parte, poiché l'idealismo stesso tende a misconoscere la natura genuinamente metodologica del proprio contributo e a configurarsi come un sistema metafisico di immanenza, il confronto critico che il sostenitore della metafisica classica istituisce con la filosofia idealistica ha al tempo stesso l'intento di condurre quest'ultima verso la sua piena autenticazione.