Il XXXIII canto del Paradiso è un'opera soltanto letteraria? O Dante Alighieri lo compose dopo aver vissuto un'esperienza mistica, simile a quella dei grandi mistici medievali? È possibile che il Sommo Poeta abbia ricevuto una rivelazione? Dante Alighieri è stato soltanto un letterato o anche un teologo? E per di più un teologo mistico alla pari di San Bonaventura e di San Tommaso d'Aquino? Se la Divina Commedia è un'opera teologica, qual è il canto che ne regge la struttura? Il verso 100: "A quella luce cotal si diventa" del XXXIII canto del Paradiso indica la divinizzazione dell'uomo? Questo verso 100 è il compimento della storia della salvezza? È la chiave della comprensione della Divina Commedia? In questo libro, Enzo Di Natali, desidera rispondere a queste domande che offrono una lettura inedita, cercando collegamenti con la Sacra Scrittura, la Patristica e la riflessione teologica. Prefazione di mons. Enrico Dal Covolo.
Il lettore depone il proprio pensiero ed entra nel pensiero, nel sogno, dell'autore che sta leggendo. Al risveglio, dopo aver pensato e sognato, in meno di un anno, con cinquantasette autori (Calderón de la Barca, Borges, Gadda, Flaiano, Shakespeare, Solzenicyn, Stendhal...), Daverio annota una frase, un'impressione, un indizio, lascia una fessura perché a nostra volta entriamo nel suo pensiero, nel suo sogno. Con Voltaire, «spiega che una minima parte degli uomini legge, ma quella minima parte muove il tutto». Il tutto del sogno, del pensiero (Cesare Cavalleri).
«Dal Timeo di Platone viene quasi tutto ciò che vale la pena ricordare». Così afferma Piero Boitani fin dalle prime pagine, in procinto di incamminarsi nel percorso interpretativo di uno dei dialoghi platonici più letti e più fecondi, che qui compare in appendice nella nuova traduzione di Federico M. Petrucci. Del resto, cosa avrebbero potuto scrivere, senza il Timeo, Aristotele e Filone d'Alessandria, Agostino e Boezio, Dante e tanti altri sino all'epoca moderna? L'idea è quella di percorrere i sentieri del linguaggio figurato che da Platone portano a Dante, conducendo il Timeo, appunto, fino in Paradiso. Sentieri spesso obliqui, nascosti, mimetizzati, che arrivano all'epoca cristiana, nella quale il linguaggio «per miti verosimili» del dialogo continua ad avere fortuna, ma deve trovare una diversa giustificazione. Leggere la Scrittura con Platone si può, ma occorre cercare i modi giusti, tanto più che il Timeo affronta i nodi capitali della Creazione e della Bellezza. Boezio e la Scuola di Chartres sono gli eredi diretti di questa tradizione, con esiti sorprendenti dal punto di vista poetico e filosofico. Ma esistono anche discendenze indirette, che qui Boitani ricostruisce con maestria: Plotino, con la sua devozione al Bello; Agostino, che lotta con il problema della Creazione e fonda la nuova visione della Scrittura come umile e sublime a un tempo; Gregorio, il Papa narratore, esegeta e poeta, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino e poi Dante, che si avvicina sempre più al platonismo man mano che si addentra nel Paradiso. Pagina dopo pagina prende forma l'albero genealogico dell'unico dialogo platonico conosciuto nel medioevo, con l'origine verso il basso, ma con un occhio puntato verso il tronco biblico e i rami frondosi del Bello e del Sublime. Boitani racconta questa vicenda cruciale della cultura occidentale con tutto l'entusiasmo - Platone direbbe la mania - di cui è capace, ricostruendo un'avventura intellettuale unica nella storia.
Nell'Ottocento e nel primo Novecento in Italia la produzione letteraria femminile ha conosciuto una grande vivacità, confrontandosi con la totalità dei generi: la narrativa, le scritture personali (lettere e diari), la saggistica, la poesia, le narrazioni di viaggio, il teatro, le biografie, il giornalismo. Questa raccolta propone, per la prima volta nell'editoria italiana, testi di quasi cento autrici, alcune più note, altre sconosciute. Ci sono le donne del Risorgimento, come Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che hanno colto le opportunità offerte da una vita di trasferimenti e sradicamenti come ispirazione per la loro scrittura e quelle della generazione successiva, dell'Italia unita, pronte a dare un respiro universale a realtà locali (la Napoli di Matilde Serao, la Sardegna di Grazia Deledda...) descritte con uno sguardo che abbina indagine esistenziale e interpretazione sociale e storica. Le scrittrici del primo Novecento, poi, vivono spesso il peso di forti condizionamenti in una società in mutamento: Sibilla Aleramo ce ne offre un esempio nella dimensione asfissiante del piccolo paese che mortifica l'esistenza della protagonista di Una donna. La prima parte del volume ospita due saggi: il primo, di Silvia Tatti, affronta le costanti, le specificità e le sfasature della scrittura delle donne nel lungo arco cronologico preso in considerazione; il secondo, di Chiara Licameli, ricostruisce il lavoro d'archivio e documentazione necessario per restituire la memoria dell'importante produzione del periodo. La ricca raccolta di brani presenta, per ognuno, una breve presentazione biografica dell'autrice e un'analisi critica del testo, per consentire al lettore di coglierne gli aspetti più significativi.
Una specie di Dizionario delle opere che si presenta come un Dizionario degli autori: così l'autore presentava la prima edizione delle sue Letture. Questa nuova edizione aggiorna la prima e aggiunge al valutazioni critiche che arrivano fino al 2022. L'attenzione ad alcuni autori come Montale, Kundera, Pound, Raboni assume dimensioni monografiche, ma non mancano libri di autori minori. Un libro venato da uno stile che non fa sconti e denota una curiosità intellettuale che sfocia in personalissime valutazioni critiche.
La Terra di Mezzo è la trasposizione di quello che J.R.R. Tolkien intendeva per mondo secondario: un universo vero ed esplorabile che offre a tutti una chiave di lettura della nostra realtà. Questo libro indaga alcuni aspetti relativi al campo di studio dell'autore del signore degli anelli: la riscrittura creativa delle fonti medievali, il legame fra mito e linguaggio, la trasmissione di testimonianze orali e scritte, la mediazione di vari curatori, la compresenza di vari punti di vista, la creazione di libri immaginari attraverso le leggi della vera critica testuale. Non mancano questioni irrisolte legate all'aspetto di determinati personaggi o a problemi come la natura della magia, la concezione del potere e l'irredimibilità degli orchi.
«Non conosciamo bene il luogo in cui vogliamo arrivare. Non esiste una città o un paese che si chiami «Leopardi». Magari per alcuni di noi ci sono capitoli di manuale, brani di antologia che hanno quel nome. Mettiamoli da parte, il viaggio deve avvenire con le sole nostre forze. Non mostriamo impazienza, o paura di perderci ogni tanto. Partiamo, seguendo da subito un primo cartello segnaletico in cui è scritto L'infinito...» Come parlare di un autore immenso come Leopardi? Come trasmettere oggi il fascino di un poeta contemporaneo di ogni tempo? Si possono raccontare l'infinito, l'amore per la natura, le donne sognate e negate, il senso del vero e della bellezza, infine quell'unità di pensiero e poesia che lo caratterizza? Dieci lezioni, dieci modi per intrecciare Leopardi con la nostra epoca inquieta, e sempre più alla ricerca di un equilibrio difficile tra l'uomo e l'ecosistema. Da questo libro emerge tutta la potenza di un autore sul quale non si possono dire parole definitive, perché suscita continue domande; un autore che sentiamo intimamente moderno anche nella sua lontananza, nel suo essere stato un grande «assente» dalla vita. Leopardi scrittore dell'immaginazione, della creatività, del desiderio, che ci costringe ancora a spalancare gli occhi di fronte al mondo: Leopardi «sensibile e immaginoso».
Siamo proprio sicuri di sapere cosa sia un avocado? Dobbiamo offenderci quando in una discussione tra amici ci danno dei filistei? E cosa c'entra il pittore Vittore Carpaccio con il gustosissimo piatto a base di fettine di vitello crudo? Nel libro che hai tra le mani troverai la risposta a queste e alle altre - tantissime - domande che sorgono spontanee ogni volta che hai avuto l'impressione di perdere la bussola nel bosco incantato della lingua italiana. Perché a tutti noi è capitato almeno una volta di annuire a vuoto in risposta a parole oscure e di rosicare in silenzio per la presunta inadeguatezza del nostro vocabolario. Niente paura: animato dalla curiosità di arrivare al cuore delle parole che usiamo ogni giorno, quelle che leggiamo e scriviamo da sempre, e con questa divertente guida tra le mani, preparati a un viaggio nel mondo delle etimologie più affascinanti della nostra lingua. Un percorso nella storia sorprendente e per nulla lineare dell'italiano, quello quotidiano e quello letterario, attraverso quiz divertenti e approfondimenti tematici curiosi e appassionanti che sfideranno le tue più granitiche convinzioni in materia. Tra parole inesistenti ma che ci ostiniamo a usare e termini che sono arrivati a noi solo grazie a errori di trascrizione, questo agile manualetto ti farà fare un figurone nelle conversazioni con gli amici quando gli spiegherai che i longobardi non ci hanno lasciato in eredità solo la corona di Teodolinda o infilerai tra una battuta e l'altra una serie di elegantissime parolacce ripulite. Perché da sempre la lingua è una questione di cuore più che di parole. Prefazione di Stefano Massini.
E se vi dicessimo che Dante Alighieri non è nato a Firenze? Che nel suo viaggio in Trentino è stato artefice di un’importante mediazione tra il papa e l’imperatore d’Austria? E che proprio in Trentino ha scritto l’intera Divina Commedia? In questo libro è descritta una mappa, nascosta in un ciclo pittorico medievale affrescato in una torre della città di Trento, che segue i passi del poeta, sino a giungere all’ultima comune templare, l’incontro con Beatrice.
Il ciclo pittorico della torre cela anche la cronaca di un grave episodio avvenuto a Trento nel 1475: il rapimento e l’uccisione di Simonino, un bambino di due anni che fu fatto santo dalla chiesa e che a lungo venne assurto a copatrono della città.
Nei pannelli il pittore contemporaneo ai fatti utilizza lo scritto dantesco per denunciare responsabilità e nomi di chi ha partecipato a quello che in realtà voleva essere un colpo di stato, e del quale hanno invece fatto le spese il piccolo Simonino e la comunità ebraica trentina dell’epoca, accusata e condannata ingiustamente per l’omicidio.
«Quando Edmond Dantès arriva finalmente alla grotta sull'isola di Montecristo ad aprire il baule che contiene il tesoro dell'abate Faria, ecco quel che accade: "Si rialzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo". Con la Commedia può succedere qualcosa di simile.» A 700 anni dalla morte del Poeta, in apertura dell'anno dantesco 2021, un libro per rivisitare tutta la Commedia come racconto di viaggio. Perché quel poema complicato, erudito e pieno di enigmi è anzitutto "commedia", narrazione popolare, teatro. Per questo i lettori comuni hanno obiettivi diversi dai professori e dai Bignami: loro, come Edmond Dantès, vogliono ficcare le mani nel tesoro, immergersi nella musica, inebriarsi delle immagini.
Quando diciamo "Ulisse" il pensiero va naturalmente a Omero. Ma in realtà è all'Ulisse dantesco che inconsciamente ci riferiamo, all'uomo-simbolo che per «seguir virtute e canoscenza» osò sfidare i limiti dell'umano sapere per andare oltre, dove nessuno mai aveva osato spingersi. Questa lettura di Maria Grazia Ciani vuole ricondurre Ulisse a Omero e al solo racconto omerico, a quell'Odissea dove, nonostante le divergenze e alcune incoerenze della narrazione, l'ossatura è forte, l'intenzione del poeta ferma: narrare la storia di un reduce della guerra di Troia e il lento riappropriarsi del suo mondo e della sua identità. Si dà credito soltanto alla profezia di Tiresia, a Ulisse, uomo legato alla terra, che volge le spalle al mare, che pianta il remo nel suolo e lo abbandona per sempre, a un Ulisse che muore a Itaca, in età avanzata, ricco e felice. Tutto ciò che è stato scritto dopo Omero fino a Nikos Kazantzakis in realtà non gli appartiene.
L'«alta fantasia» è la teologia poetica di Dante, la cifra della sua eccellenza rispetto alla Scolastica medievale, la "terza teologia" tra platonismo monastico e aristotelismo universitario. Una teologia laica, trasversale alle diverse correnti dell'epoca. Soprattutto, è l'inversione di tendenza rispetto al pregiudizio degli accademici del Medioevo più maturo, per i quali la verità è difficile molto più che bella, ragion per cui la poesia non sarebbe all'altezza di occuparsene. L'alta fantasia è, in tal senso, l'estremo tentativo di evitare il divorzio tra ragione e fede, tra mente e cuore, tra verità e bellezza, fra teologia e messaggio biblico. «L'autore condensa un lievitare di pensiero originale, portando il discorso dell'Itinerarium mentis in Deum a sviluppi nuovi nel contesto storico-esegetico della Divina Commedia» (Andrea Riccardi, Presidente della Società Dante Alighieri). Prefazione di Andrea Riccardi.