Franco Nembrini trova le parole più semplici e toccanti per avvicinarci al testo di Dante e farci sentire quanto esso abbia a che fare con la nostra quotidianità. "Il Purgatorio" racconta Nembrini "è la cantica del cambiamento. Si comincia in un modo e si finisce in un altro. Come nella vita di ogni giorno. Dante ci fa capire che il problema non è cadere, ma rialzarsi, afferrare la mano che ogni volta ci viene offerta." Ad accompagnare il testo di Dante e il commento di Nembrini ci sono le illustrazioni di Gabriele Dell'Otto, che trova una cifra unica ed emozionante nel tratto e nelle scelte cromatiche, contribuendo a rendere concreta per i lettori l'esperienza di Dante. Prefazione di Alessandro D'Avenia.
Fin dal primo Rinascimento le cappelle delle chiese di Roma furono decorate con ricchi corredi. Ma fu nel Cinquecento e nel Seicento che le cappelle diventarono gli spazi dove le grandi famiglie patrizie e l'alta borghesia romana poterono dimostrare il proprio prestigio sociale. Nella ricchezza degli apparati trionfò l'autorappresentazione di compagnie, casate e grandi uomini. Spesso le cappelle venivano concepite come parti di un sistema più complesso, allargato alla navata e alle altre cappelle, in un dialogo tra le arti e i committenti dei diversi ambienti. La «voce» individuale di ogni cappella (i suoi fini e significati) rispondeva in questo modo al più vasto «discorso» corale delle arti all'interno della chiesa, con esiti sempre più articolati e spettacolari negli anni del Barocco. Il volume indaga questo fenomeno - così rilevante, ed esclusivo della capitale pontificia - nell'esame di diversi casi tra XVI e XVII secolo. Diversi anche i tagli e gli approcci dei contributi, dai riflessi storici, filologici, iconografici, che aprono ad uno sguardo nuovo i penetrali delle chiese più venerate di Roma.
Il libro offre innanzitutto gli elementi base del canto liturgico. Partendo poi da quello che l’autore definisce il “peccato originale” della riforma nell’ambito del canto liturgico – ossia la scelta del Consilium di affidare alle Conferenze Episcopali l’elaborazione di repertori di canti per le celebrazioni nella lingua del popolo – lo studio propone una soluzione che consenta di superare i problemi legati ai contenuti testuali dei canti processionali della Messa.
«Questo studio è un dono provvidenziale ai sacerdoti che curano le celebrazioni e alla Chiesa tutta […] un aiuto di grande importanza per qualificare il canto e il modo migliore di rendere lode a Dio nelle nostre celebrazioni liturgiche. In quanto pastori, il nostro compito è quello di tenere sempre presente il valore inestimabile che si cela nella liturgia e custodire il suo essere in relazione con l’arte e in particolar modo con la musica sacra, che canta ed esprime la nostra fede cattolica» (dalla Presentazione del Cardinale Robert Sarah)
L'Annunciazione è una delle scene evangeliche più amate dagli artisti. E più raffigurate: dalle icone bizantine a Leonardo, dal Beato Angelico ad Antonello da Messina e ai fiamminghi.
Il volume ripercorre l'evoluzione di questo tema nella storia dell'arte e la sua influenza sulla spiritualità. E con un ricchissimo corredo di oltre duecento immagini mette in rilievo, accanto ai personaggi principali (Maria e l'angelo), i dettagli significativi, le case, i paesaggi, gli arredi e le altre presenze che via via si introducono nella scena.
Tra contemplazione della bellezza e analisi iconografica, entriamo così nelle botteghe di pittori e scultori, per assistere al dialogo tra arte e fede, a proposito dell'Annunciazione e del fiat di Maria che avrebbe cambiato il corso della storia.
Leonardo da Vinci, genio ancora oggi studiato e apprezzato per la sua versatilità e il modo eclettico di approcciarsi alla conoscenza, non è considerato anzitutto un "pittore di Madonne". Eppure, alcuni dei suoi dipinti più noti insistono sull'iconografia mariana, autentici capolavori di dolcezza e grazia, all'origine di veri e propri modelli la cui fortuna si è tramandata anche dopo la morte. Perché Leonardo fu un innovatore non solo in campo scientifico. In ambito artistico si inserì nella tradizione pittorica per rinnovarla, nella tecnica e nei temi, in particolare nel soggetto così caro alla devozione privata rinascimentale delle Madonne col Bambino. In questo libro Rosa Giorgi affronta un arduo percorso: raccontare il fascino e il mistero di tutte le Madonne dipinte dal grande artista, per svelare al lettore appassionato la loro storia, i loro segreti, le loro meravigliose cromie. E fargli scoprire, passo dopo passo, l'universo leonardesco incastonato come una perla nello scrigno del Rinascimento italiano.
La vita del grande Bach ricostruita sulla base dei documenti originali insieme a un’accurata analisi delle principali opere sacre del musicista, per una guida non specialistica all’ascolto che mette in relazione puntuale musica, storia, Bibbia e liturgia luterana, ma anche calvinista e cattolica.
L'opera si pone sulla scia della tematica recentemente emersa nella riflessione della Chiesa relativa al rapporto tra teologia e Bellezza, che lascia intravedere la possibilità di coniugare l'aspetto strettamente spirituale e quello più propriamente legato all'arte come anelito all'Assoluto, tanto più importante quanto più la cultura occidentale si è ormai da tempo orientata verso una decisa laicizzazione.
In quest'ottica la riflessione teologica sulla Bellezza appare particolarmente significativa perché intercetta quel bisogno di spiritualità che resta nel sottofondo della società e nelle profondità più recondite dell'animo umano.
Il libro propone un’analisi del rapporto tra Kazimir Malevic -l’artista che più di ogni altro ha affrontato il problema della visione dell’invisibile- e la dimensione estetico-filosofica dell’icona. Dopo aver ripercorso i fondamenti teologici e spirituali di questa grande tradizione dell’Oriente cristiano, l’Autore prende in esame l’opera del fondatore del Suprematismo a partire dal celeberrimo Quadrato nero -uno dei miti e dei riti istitutivi dell’arte moderno-contemporanea- e di questa vera e propria ultima icona fornisce una lettura che corre in parallelo con il De visione dei (1453), uno straordinario scritto del filosofo e teologo Nicola Cusano, che di quell’opera seminale sembra paradossalmente rappresentare il commento anticipato. Nell’opera di Malevic assume nuova vita il problema artistico e teologico-filosofico dell’icona. Ciò significa che in realtà le avanguardie non operano una tabula rasa (la “parola d’ordine” con la quale sempre si sono autopresentate) della cultura artistico-filosofica precedente, ma che l’intreccio tra appartenenza e modificazione si anima anche in quei casi ove più enigmaticamente evidente ci si offre il tratto dell’azzeramento radicale, della rielaborazione più innovativa.
«Siamo tutti imbarcati», dirà Pascal. Dove? Sulla Nave dei folli, risponde Hieronymus Bosch. A inseguire vanità delle vanità, dominati dalla «maledetta lupa» dell’invidia e dell’avarizia. Ci salveremo dalla perdizione e dal naufragio? Sarà la misura dell’ironia e la ragionevole fede dell’umanista Erasmo a offrirci una speranza? O soltanto la follia della fede nel Cristo deriso e crocefisso potrà riscattarci? Ma negli inverni e nei sinistri carnevali di Bruegel il Vecchio regnano unicamente la violenza e la lotta per sopravvivere, in un gioco tremendo e crudele che nessuno ormai ha la forza di trascendere.
«Solo l'amore, sorretto dall'amore incondizionato di Dio, può portare al rischio, al pericolo, ma anche a quel desiderio che, in un periodo così instabile per la Chiesa, animava l'intimo di tutti quelli che avevano fatto del "beneficio di Cristo" la loro vita. È l'amore, nella sua essenza, che permette all'uomo di osare; solo l'innamorato trova il coraggio di andare contro tutto e tutti». Il testo indaga sul contesto storico-religioso che ha caratterizzato gli ultimi anni della vita di Michelangelo. L'obiettivo è quello di capire da dove scaturiva quella profonda spiritualità che tanto lo aveva affascinato verso la fine degli anni trenta del Cinquecento e che lo aveva portato a manifestare, attraverso la materia, la sua totale devozione verso il Cristo Salvatore.
Oriente e Occidente hanno da secoli una diversa concezione delle immagini religiose. Da dove nasce questa differenza? Quali sono le motivazioni che hanno promosso o facilitato una valorizzazione così diversa dell’arte sacra?
Il saggio, che si avvale di una ventina di immagini a colori, intende rispondere a questi interrogativi in un viaggio che parte dal III secolo e arriva fino alla recente riscoperta delle icone nel cristianesimo europeo.
Sommario
Introduzione. I. Oltre i preconcetti sull’icona. 1. Un mito: l’arte «indivisa» del primo millennio e dell’epoca romanica. 2. Due prove iconografiche: il Battesimo e la Trasfigurazione di Cristo. 3. L’oblio dell’icona: una perdita di memoria dell’Occidente? 4. La riscoperta dell’icona in Occidente. 5. I rischi della decontestualizzazione dell’icona. II. Accordi, differenze, divergenze. 1. Nicea II e la sua ricezione in Oriente e in Occidente. 2. Arte della presenza e dell’incontro o arte didattica? 3. Il nesso fra arte e liturgia. 4. La concezione dell’artista e dell’iconografo. 5. Esiste uno «stile» ecclesiale? III. Discrepanze e prossimità a partire da otto soggetti iconografici. 1. L’Ospitalità di Abramo. 2. Il Roveto ardente. 3. La Natività di Cristo. 4. La Vergine con il Bambino. 5. La Trasfigurazione. 6. La Crocifissione. 7. La Resurrezione. 8. Il Santo Volto. Conclusione: due forme d’arte complementari? 1. Limiti. 2. E per quanto riguarda il futuro? 3. Terminiamo enunciando alcune convinzioni. Indice dei nomi e dei temi. Crediti iconografici.
Note sull'autore
François Bœspflug, professore emerito dell’Università di Strasburgo, è stato editore letterario per le Éditions du Cerf, titolare della Chaire du Louvre nel 2010 e della Cattedra Benedetto XVI a Ratisbona. Tra le sue pubblicazioni si segnala Le immagini di Dio. Una storia dell’Eterno nell’arte (Einaudi 2012) È specialista dell’opera di Arcabas, alla quale ha consacrato diversi saggi.
Emanuela Fogliadini è docente di Storia della Teologia dell’Oriente cristiano alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e di Teologia ortodossa all’Istituto Superiore di Studi Religiosi di Milano. Con François Bœspflug ha pubblicato La Natività di Cristo e La Fuga in Egitto nell’arte d’Oriente e d’Occidente (Jaca Book 2016).
Potrà mai risorgere quel piccolo Cristo smarrito, che Bruegel nasconde tra la folla, ignorato e affondato nell’indifferenza degli uomini? Qui la croce non sembra aprire il movimento della storia, ma piuttosto precipitare nella lunga notte del mondo. Con Rembrandt, nell’atmosfera sfibrata della «Cena in Emmaus», anche l’evento della resurrezione si stempera: il risorto, seduto al tavolo dei viandanti, viene risucchiato indietro dalle tenebre verso un’esile luce. La sparizione del Cristo, l’assenza di ogni Dio su questa terra sono forse segni con cui oggi dobbiamo confrontarci.
Gabriella Caramore è autrice della trasmissione di cultura religiosa di Rai Radio 3 «Uomini e Profeti». Per il Mulino ha pubblicato «Pazienza» (2014).
Maurizio Ciampa, saggista, ha pubblicato tra l’altro «L’epoca tremenda. Voci dal Gulag delle Solovki» (Morcelliana, 2010). Sono autori di «La vita non è il male» (Salani, 2016).