La vicenda di Zaccheo, considerata con saggezza in questo volume, ci apre al mistero della misericordia di Dio e alla etica della gratitudine e della riconoscenza. L'incontro con Cristo cambia indubbiamente il cuore del capo dei pubblicani di Gerico. Gesù stesso prende iniziativa verso di lui. Egli valorizza questa "ostinata curiosità" che porta Zaccheo a voler vedere Gesù salendo sopra un albero di sicomoro, data la sua bassa statura. La vita cambia anche moralmente quando la libertà asseconda la grazia di un incontro. È questa l'etica della gratitudine e della riconoscenza di cui abbiamo bisogno nel nostro tempo, determinato spesso da pensiero calcolante. L'etica della gratitudine scaturisce dalla grazia di un incontro che corrisponde a quella ostinata curiosità che il libro di don Sergio Stevan giustamente elogia.
Quello che qui viene tradotto è il testo quasi integrale del più antico e autorevole commento rabbinico all'Esodo, noto come Mekhilta, nella versione attribuita a Rabbi Shim'on bar Jochaj, il più radicale dei discepoli di Rabbi 'Aqiva e colui che diventerà il principale ispiratore della mistica ebraica, al punto da essere considerato l'autore anche dello Zohar. Sulla Mekhilta si è basata tutta la tradizione esegetica successiva, compresi i commentatori medievali. In quest'opera a più mani, frutto della discussione che ha occupato almeno quattro generazioni di rabbini, possiamo ritrovare i frutti di una ricerca appassionata del senso delle Scritture che non di rado raggiunge risultati di grande valore teologico e offre numerosi spunti per una lettura semplice e feconda del testo biblico.
Nelle storie dell'Antico Testamento Dio si rivela come un maestro di vita che ci conduce ad una relazione più profonda con Lui. Il libro attraversa la Sacra Scrittura individuando alcuni tratti del Dio pedagogo. Il Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento raggiunge il suo popolo per condurlo verso la Terra promessa, ovvero a un'amicizia sempre più intima. La Bibbia registra alcune tappe di questa relazione tra un Dio maestro di vita e il suo popolo resistente ai percorsi di salvezza sempre nuovamente riproposti.
"Con questo mio libro, non intendo ripetere quanto ho scritto in altri volumi segnalati specialmente nella bibliografia. Semmai vorrebbe essere una guida ai miei studi di base. Mi rendo conto che il campo biblico-mariano, come ogni altro tema della Divina Scrittura, è sterminato. Non mi illudo di aver detto tutto: sarebbe una presunzione imperdonabile! Semplicemente voglio condensare in queste pagine i contenuti dei miei 55 anni di insegnamento al "Marianum" e altrove. E così sottopongo i risultati del mio lavoro al doveroso discernimento di fratelli e sorelle, con me chiamati al servizio della Parola nell'assemblea ecclesiale."
L'autore presenta una grande galleria di figure che hanno esercitato a vari titoli una leadership nel popolo di Israele e nella Chiesa primitiva. Il presente volume parte dall'Antico Testamento per giungere al Nuovo Testamento dove domina la figura di Gesù di Nazareth, che ha inaugurato una leadership rivoluzionaria e controcorrente. Dopo di lui altri sono stati chiamati ad essere pastori e guide nella Chiesa, come Paolo di Tarso. L'esercizio della leadership nel nome di Cristo e del Vangelo, oggi come allora, conosce fasi di entusiasmo e stanchezza, di grande dedizione e di deplorevoli cadute.
È noto che la fede non può essere ridotta ad una serie di certezze e non è una bacchetta magica al cui tocco tutto si risolve, ma è sempre esposta o percorsa da incertezze, interpellata o posta in discussione. La fede può essere messa alla prova e questo “esercizio spirituale” può coinvolgere lo stesso credente. Per tanti la fede è un dono non cercato, anzi ricevuto passivamente; è un dato familiare tradizionale, che in seguito va riscoperto perché diventi fondamento della propria vita cristiana. È questo il momento in cui il dono ricevuto diventa pregnante, vitale, decisivo per la maturazione di una fede più consapevole ed ecclesiale. Il cristiano aderisce così ad un annuncio che in qualche modo lo ha raggiunto; poi, in certe situazioni della vita, scopre la verità di quanto ha accolto e ne avverte la grandezza.
1. IL DONO COME PROVA
- Abramo e Sara
prof. ANTONIO NEPI, Professore di Antico Testamento presso “Istituto
Teologico Marchigiano” - Fermo / Ancona;
2. LA PROVA: PROVOCAZIONE, DONO E RIVELAZIONE
prof.ssa BENEDETTA ROSSI, Professoressa di Antico Testamento presso
la “Pontificia Università Urbaniana” - Roma;
3. IL MAESTRO MESSO ALLA PROVA:
GESÙ ARRIVA NEL TEMPIO DI GERUSALEMME
prof. ERMENEGILDO MANICARDI, Professore di Nuovo Testamento
presso la “Pontificia Università Gregoriana” - Roma;
"Provare per credere” è un aforisma popolare che invita a compiere certe azioni per convincersi del loro esito; è un titolo dato tentando di incuriosire gli affezionati o possibili frequentatori dei nostri incontri. Ma al di là di questo, ciò su cui invitavamo a riflettere è stato ed è il tema della “prova”.
È noto che la fede non può essere ridotta ad una serie di certezze e non è una bacchetta magica al cui tocco tutto si risolve, ma è sempre esposta o percorsa da incertezze, interpellata o posta in discussione. La fede può essere messa alla prova e questo “esercizio spirituale” può coinvolgere lo stesso credente. Per tanti la fede è un dono non cercato, anzi ricevuto passivamente; è un dato familiare tradizionale, che in seguito va riscoperto perché diventi fondamento della propria vita cristiana. È questo il momento in cui il dono ricevuto diventa pregnante, vitale, decisivo per la maturazione di una fede più consapevole ed ecclesiale. Il cristiano aderisce così ad un annuncio che in qualche modo lo ha raggiunto; poi, in certe situazioni della vita, scopre la verità di quanto ha accolto e ne avverte la grandezza.
Nell’antichità, quando il cristianesimo era ancora un fenomeno minoritario all’interno di un contesto culturale pagano, l’atto di diventare cristiani poteva essere visto come un rischio; un rischio che valeva la pena di correre, ma pur sempre un rischio. Rischio di emarginazione sociale, di persecuzione e persino di martirio. In quel contesto la fede era una “prova” di per sé. Ma quando avvenne il mutamento di statuto del cristianesimo all’interno dell’impero romano per essere promosso al rango di religio licita, la prova non venne meno. Cambiò la sua forma: il cristiano non doveva più attendersi prigioni, interrogatori, torture. Pur non essendo più cruento, non per questo era meno pericoloso, come testimonia Ilario di Poitiers (c. 310-367 d.C.): «Combattiamo un persecutore insidioso, un nemico che lusinga... Non ferisce la schiena con la frusta, ma carezza il ventre; non confisca i beni dandoci così la vita, ma arricchisce, e così ci dà la morte; non ci spinge verso la vera libertà imprigionandoci, ma verso la schiavitù onorandoci con il potere nel suo palazzo; non colpisce i fianchi, ma prende il possesso del cuore; non taglia la testa con la spada, ma uccide l’anima con l’oro e il denaro» (Liber contra Constantinum 5). La “prova” della fede diventa così la «lotta della fede» (1Tim 6,12), lotta che nasce dalla fede, che avviene nella fede e che tende alla fede, alla sua salvaguardia e al suo irrobustimento (cf. 2Tim 4,7). Lotta interiore contro le dominanti che seducono il cuore dell’uomo inducendolo all’idolatria, lotta costitutiva di tutta la vita cristiana e connessa col battesimo, come scriveva P. F. Beatrice nel 1992: «Il rivestirsi di Cristo nel battesimo comporta, per l’Apostolo, l’impegno di rivestirsi di un abito di vita rigenerata per entrare nella gloria di Dio e, poiché ciò non è realizzabile senza una continua tensione morale che si può paragonare a una lotta o a un continuo combattimento, con il battesimo il cristiano si impegna a rimanere sempre in tenuta militare, a indossare cioè quelle forze carismatiche che Paolo chiama “armi di giustizia” (Rm 6,13-14) e “armi di luce” (Rm 13,12); in definitiva, come suggerisce quest’ultimo testo, per combattere contro le forze del Male bisogna rivestirsi del Signore Gesù Cristo (Rm 13,14: “Rivestite il Signore Gesù Cristo”)» (L’eredità delle origini, Saggi sul cristianesimo primitivo, Genova, 150).
Questa lotta appare necessaria. Non si rivolge contro uomini, né si svolge con armi mondane. Le armi fondamentali sono la fede, la speranza e la carità (cf. 1Tess 5,8; Ef 6,16; 1Tm 4,10). Anzi, la fede è condizione e fine di tale lotta. Occorre lottare con fede fiduciosi in colui che ha vinto la morte e il diavolo «che della morte ha il potere» (Eb 2,14), ma occorre anche lottare per conservare la fede (2Tim 4,7). Questa lotta la si combatte in Cristo e con armi spirituali (Ef 6,10; 2Cor 10,3-5); necessita di vigilanza e perseveranza (Ef 6,18; Eb 12,1), di sobrietà (1Tess 5,6.8), di temperanza (1Cor 9,25), di rinuncia e di capacità di dominio del corpo e di tutta la persona (1Cor 9,27), della capacità di soffrire per il Signore (Fil 1,29-30; Eb 10,32-33), della pazienza per esercitarsi alla pietà (1Tim 4,8), della preghiera (Ef 6,18-20). Combattere questa lotta rende il credente temprato, provato, saldo nella fede.
dall'introduzione di Alberto Bigarelli
Il tema del corpo è argomento di grande complessità perché è la base per molti altri temi. A esso si lega la finitudine e la limitatezza dell'uomo, quindi il soffrire (e per opposizione, il piacere). Il corpo permette il contatto, l'incontro tra uomini, nonché tra uomo e donna. E solleva la questione della morte, tema certamente chiave perché pone il problema di come possa un Dio morire. Con tutto il ripensamento che questo comporta sulla figura di Gesù come Messia: poteva il Messia soffrire, essere denudato, ferito, deriso e venire ucciso? Eppure proprio di fronte al corpo del Cristo morto nasce la speranza della risurrezione. Parola spirito e vita n. 81. Quaderni di lettura biblica. Semestrale n. 1 - gennaio-giugno 2020
Competenza unita a chiarezza espositiva, per capire i passi incompresi e incomprensibili di Vangelo e dintorni.
Nel 1895, un comitato di donne legate al movimento suffragista statunitense mise per la prima volta in discussione l'interpretazione tradizionale dei testi sacri, che sanciva la subordinazione della donna nei confronti dell'uomo. Dal loro impegno nacque The Woman's Bible , un'opera da cui prende spunto, oltre un secolo più tardi, il lavoro di un gruppo di teologhe, pastore e donne consacrate protestanti e cattoliche che si è posto l'obiettivo di una rilettura critica della Bibbia dal punto di vista femminile. Un commento alla luce degli studi più recenti che porti il fermento della discussione dentro le Chiese, nella teologia e nelle pratiche, ovunque persistano resistenze e chiusure nei confronti delle donne. Le studiose - di differenti provenienze geografiche e culturali - affrontano vari temi legati sia al corpo, con i suoi attributi di genere, sia ai ruoli: la bellezza, il pudore, la verginità, la sterilità da un lato; la sottomissione, la responsabilità, la spiritualità dall'altro. Le loro ricerche offrono uno sguardo nuovo su alcune delle figure di donne più significative: Marta e Maria, le sorelle messe in contrapposizione nel Vangelo di Luca; Maria Maddalena, la discepola presente sul Golgota, la prima testimone della resurrezione di Cristo; e ancora la samaritana, Rut, Sara, Abigàil, Rebecca e Betsabea. Attraverso le loro storie le autrici indagano i simboli femminili del divino e mostrano che la Bibbia contiene un immenso potenziale liberatorio per le donne, «un incoraggiamento per arrivare a un'umanità piena e condivisa, scopo della Rivelazione cristiana». Presentazione: Letizia Tomassone.
Ci sono viaggi che non lasciano alcun segno; si parte e si ritorna come si era prima, anzi più impoveriti e a volte svuotati. Trasformazione sì, ma in perdita. Altri viaggi, invece, sono motivo di un'arricchente trasformazione: è la nostra stessa vita che si modifica in modo inaspettato. Abramo è chiamato a camminare, ad andare verso una terra che non conosce, ma a partire da se stesso e camminando verso se stesso, iniziando un percorso di scoperta interiore. Il cammino sarà costituito da itinerari geografici, scoperte, esperienze umane e spirituali, tra una terra promessa da accogliere e un figlio desiderato. Ulisse, a differenza di Abramo che deve trovare il cammino camminando, ritorna alla sua Itaca viaggiando in mare, elemento impervio e pericoloso, sperimenta una molteplicità di avvenimenti meravigliosi guidato dalla virtù e dalla conoscenza. Alla fine, entrambi i cammini, si confrontano col sacro. Abramo lo coglie attraverso l'ascolto, l'ubbidienza, e la fede in Dio, che rimane nascosto ma determinante per la sua vita. Ulisse, attraverso la ricerca tormentata della sua stessa umanità.
Il Dizionario Teologico degli scritti di Qumran prende in considerazione l’intero lessico dei manoscritti rinvenuti nei pressi del Mar Morto attorno alla metà del secolo scorso e ne illustra la semantica da una prospettiva primariamente teologica. Questa angolatura consente da una parte di ripercorrere la ricezione nella letteratura rinvenuta a Qumran di termini e motivi della Bibbia ebraica oltre che della cultura e della religione dell’Israele antico, dall’altra di ricostruire usanze, vita comunitaria e teologia implicita ed esplicita della comunità del Mar Morto, e per contrasto anche delle diverse correnti e scuole del giudaismo del tempo.
Il filosofo ebreo Franz Rosenzweig (1886-1929) nella sua grande opera La stella della redenzione scrive che «la preghiera istituisce l'ordine umano del mondo», che essa «essenzialmente non è altro che preghiera di illuminazione e [che] quindi l'illuminazione è il massimo che possa venire a chi prega in forza della preghiera». Scopo di queste pagine non è di insegnare a pregare ma di capire il senso del pregare; non di offrire indicazioni sul «come» pregare, bensì di «riflettere» sull'esperienza del pregare: sulla propria esperienza, se si è oranti; su quella degli altri, se non si è mai pregato o si ha difficoltà a pregare. In questo viaggio affascinante, fatto con intelligenza ermeneutica e ascolto, l’autore attinge al patrimonio biblico, soprattutto a quello dei salmi, da sempre ritenuti, sia dagli ebrei che dai cristiani, sia dai credenti che dai non credenti o diversamente credenti, poesie di inesauribile profondità e bellezza.