È vero che gli immigrati ci rubano il lavoro e abbassano i salari? Che abusano del nostro welfare? Che rallentano lo sviluppo? L'autore risponde a queste domande per spiegare come i migranti influiscono sulla nostra economia. E ne pone delle altre forse ancora più rilevanti per il nostro immediato futuro: perché senza immigrati il nostro sistema di welfare andrebbe a picco? Come possiamo attirare migranti con qualifiche elevate e perché farlo è fondamentale per l'innovazione? Perché 'aiutarli a casa loro' è come lasciare 50 euro sul marciapiede per evitare lo sforzo di raccoglierli? Perché investire sull'integrazione dei nuovi arrivati è vitale per l'economia italiana?
Fabio non si è mai mosso dalla città in cui è nato, ha un figlio lontano e un lavoro che non è diverso da molti altri. Max è tornato da chissà dove e chissà perché. Non ha niente e nessuno. Eppure, per i due che si rincontrano dopo quasi trent'anni, è come non essersi mai lasciati: le corse notturne in bicicletta, la musica, il vino. I cani, quelli salvati e quelli salvatori. Le promesse. E le risate, appoggiati al banco del solito bar. Certe amicizie rinascono come niente, ma si portano dietro anche quello che si voleva dimenticare: gli strascichi di una partenza improvvisa e dolorosa, il senso di colpa per una brutta storia, un perdono mancato. Tra un amore che nasce e un altro che certo non muore, l'attesa di una diagnosi incerta è il momento perfetto per capire cosa si è preso il tempo. E cosa ha dato. "Perché mi hai lasciato solo per tutti questi anni? Eravamo i migliori. I migliori di noi. Tra fratelli figli unici, non si fa." Un romanzo folgorante sull'amicizia e sull'amore, sul tempo che ci scivola addosso, sulle cose che lasciamo andare, e su quello che abbiamo salvato.
Genova, 14 agosto 2018 «Potevo esserci anch'io». Quanti di noi si sono fatti sgomenti questa domanda dopo le 11.36 del 14 agosto 2018? Il Ponte Morandi non era solo "il ponte levatoio" di Genova, ma l'accesso alla riviera, alle vacanze, agli affari del porto e della zona industriale. Per questo la tragedia poteva essere ancora più immane. Se non fosse stata la vigilia di Ferragosto, se avesse fatto bel tempo, se il Ponte fosse crollato sopra i condomini con oltre 700 persone. Su quell'asfalto percorso da un traffico superiore alle sue forze, che si è sbriciolato in una valle piena di lacrime, quel 14 agosto la città è cambiata per sempre. Si è spaccata in due come quel gigante di cemento armato, con un dolore impossibile da cancellare. Eppure, in quello stesso momento un popolo intero si è ritrovato nella voglia di combattere e ricostruire. Nessuno può raccontare quel dramma meglio di un genovese, uno che quelle strade le ha vissute, respirate - e poi studiate per lavoro -, sin dal 1989. Da quando un assessore della giunta comunale, di ritorno da Roma, gli confida: «Quel Ponte non ce la fa più, è a rischio crollo». Nello stesso anno, l'ingegner Riccardo Morandi, preoccupato più di tutti per la propria opera, ripeteva come un mantra ai suoi collaboratori: «Controllate quel Ponte, verificate il cemento». Come si tiene d'occhio un figlio che prende una cattiva strada. Con animo da cronista, grazie anche alle testimonianze dirette dei protagonisti, Franco Manzitti entra negli angoli più nascosti. E svela tutto quello che è successo. Prima e dopo. Lì dove permane quel tonfo sordo e indimenticabile, che ha rimbombato per giorni in tutto il mondo.
Che cosa differenzia un expat da un migrante? In questo libro si parla di expat e di migranti mescolando con misura considerazioni e racconti di storie anche autobiografiche. Lo si fa dall’esterno, cioè da parte di chi osserva l’ondata di migranti infrangersi, in senso reale e in senso metaforico, sulle coste dei paesi-fortezza. E lo si fa dall’interno, ovvero a partire dalla condizione di chi ha provato l’espatrio e/o la migrazione, due aspetti di un fenomeno antico e moderno.
Anche se gli expat hanno i documenti in regola, denaro in banca e un buon posto di lavoro, la vita non è rosea neanche per loro. Ancor meno per i migranti che nessuno vuole, “povera gente! lontana da’ suoi, in un paese qui che le vuol male”. Eppure entrambi conoscono qualcosa di speciale: la libertà dei migranti.
L'opera di William Butler Yeats si sviluppa aggiogata con estro e piglio unici a una ricerca interiore strettamente collegata alla tradizione ermetica. Alchimia, occultismo, astrologia, folklore, miti e leggende: nulla di ciò che è arcano gli è estraneo; dietro l'ostensione conclamata delle dispute amorose, delle lotte politiche, delle battaglie teatrali, dell'inesausto certame poetico, una vena esoterica innerva quasi ogni suo testo e più di un gesto. Con candore inaudito, Yeats ha osato prospettare una lega di arte e vita, una pietra filosofale dell'arte: perno della compagine sono i saggi qui proposti, che concepì - e battezzò - come mitologie. Con la veemenza, lo smalto e l'irrisione che caratterizzano i suoi versi, esprimono il cimento di un artista che non teme di mettersi alla prova "alle Termopili". E il lettore incontrerà alcuni capisaldi di uno spericolato modus operandi: la via del camaleonte, la dottrina delle maschere, la disciplina eroica dello specchio.
"Non possiamo non giocare la nostra parte, per quanto piccola, inesperta e impacciata, di fronte alle donne che vivono la Casa gestita da A.C.I.S.J.F. Protezione della Giovane di Verona (un'Associazione di Volontariato che accoglie donne sole o con bambini in emergenza abitativa e/o vittime di violenza). Donne, prima di tutto; donne con una storia intessuta di ricordi e gioie, ferite e rimorsi, malinconie e sogni. Vite spesso poco serene sin dall'infanzia, ma non per questo con un destino segnato. Vite ricche di risorse oltre a quelle fragilità che, assieme a molti altri fattori, le hanno portate a trascorrere un periodo nella nostra Casa. Il desiderio delle Autrici è di dare voce a tutte quelle possibilità e rivincite di cui siamo partecipi e anche alle ingiustizie che vengono omesse e poi rimosse. Di raccontare le "voci del silenzio" sperando di riuscire a farlo con delicatezza e nel massimo rispetto..."
Un libro che vuole investigare il rapporto tra paziente e neuropsicologo. È un viaggio attraverso il labirinto a nido d'ape formato dalle stanze di un grande ospedale di Londra, dove ogni stanza contiene due persone, il paziente e il medico. La connessione tra i due è mai possibile, o meglio dove inizia il confine tra le due personalità? Prima di andare a vivere in una remota zona dell'India, A.K. Benjamin, pseudonimo del dottor Andrew Mitchell, ha esercitato come neuropsicologo per oltre dieci anni in un rinomato ospedale di Londra: questo è il suo libro di memorie, un percorso fratturato, triste, giocoso, brillante e conflittuale. Ma è anche il libro che vuole mettere in crisi il concetto stesso di autorità del medico.
Nelle pagine di Franca Valeri autobiografia e pensiero, ironia e intelligenza, s'intrecciano per dare vita a un'analisi lucidissima e spietata del mondo in cui viviamo. Attraverso ricordi che spaziano dal teatro ai legami affettivi, e con un passo tutto suo, Franca Valeri ripercorre gli anni febbrili del secolo scorso e li confronta con il tempo presente. L'avvento del Terzo Millennio, atteso come una promessa, può rivelarsi in un certo senso una delusione. Il fil rouge è il tema della noia con le sue molteplici sfumature, declinazioni, cause ed effetti: «Non tutte le noie sono uguali: c'è quella in cui si sbadiglia aspettando la fine del giorno senza scopo e c'è, invece, quella più insopportabile in cui è lo scopo che si rivela noioso. La noia è un sentimento eroico, se ti afferra sulla tomba di un eroe o se lo vivi dietro un vetro in attesa di un amante ritardatario». "Il secolo della noia", divertendoci e facendoci riflettere, interroga ciascuno di noi: il presente corrisponde a quello che ci aspettavamo? E in quale direzione stiamo andando?
Grazie non poco alla sua scuola - in particolare grazie alle sue maestre che per prime affrontarono l'ignoranza nazionale - l'Italia del Novecento, partita da condizioni miserabili, arrivò a essere tra le principali economie del mondo. Ma oggi quella stessa scuola è lo specchio del declino del Paese. Abbandonata dalla politica con la scusa dell'«autonomia», essa appare sempre più dominata dal conformismo intellettuale, da un'inconcludente smania di novità e da un burocratismo soffocante che ne stanno decretando la definitiva irrilevanza sociale. Ernesto Galli della Loggia cerca di comprenderne le ragioni sullo sfondo della nostra storia indagando le origini e l'impatto, deludente quando non distruttivo, che hanno avuto le riforme succedutesi negli ultimi decenni e smontando le interpretazioni più convenzionali su cosa fecero o dissero veramente personaggi chiave come Giovanni Gentile e don Lorenzo Milani. Chi l'ha detto che cambiare sia sempre meglio di conservare? E che la prima cosa sia necessariamente di sinistra e la seconda di destra? Il libro mette sotto accusa i miti culturali responsabili della crisi attuale: l'immagine a tutti i costi negativa dell'autorità, l'obbligo assegnato alla scuola di adeguarsi a ciò che piace e vuole la società (dal digitale al disprezzo per il passato), la preferenza del «saper fare» sul sapere in quanto tale, la didattica «attiva» e di gruppo. Altrettanti ideologismi che sono serviti a oscurare il ruolo dell'insegnante, la misteriosa capacità che dovrebbe essere la sua di trasmettere la conoscenza e con essa di assicurare un futuro al nostro passato.
Da mezzo secolo l'Europa «pianifica» con i paesi della Lega Araba la fusione delle due sponde del Mediterraneo in un nuovo, mostruoso agglomerato che Bat Ye'or ha suggestivamente denominato «Eurabia» (un'espressione subito fatta propria da Oriana Fallaci). Questo progetto, perseguito con coerenza attraverso il cosiddetto «Dialogo Euro-Arabo» ha portato alla graduale, ma inesorabile trasformazione del continente europeo in un ibrido asservito alle esigenze politiche e agli standard culturali del mondo arabo. Tutto ha avuto inizio con la crisi petrolifera del 1973 e con l'ambizioso progetto, soprattutto francese, di costruire un asse geopolitico e ideologico alternativo a quello americano e atlantico. In un arco di tempo relativamente breve l'Europa ha sacrificato la sua indipendenza politica, oltre che i suoi valori culturali e spirituali, in cambio di garanzie (in gran parte illusorie) contro il terrorismo e di qualche vantaggio economico. L'autrice ricostruisce le attività e gli strumenti che hanno prodotto questa folle deriva, dagli anni del pieno funzionamento del dialogo euro-arabo alle perverse scelte sul piano della politica estera (adozione di un'ideologia antisemita e antisionista, demonizzazione di Israele e degli USA, sdoganamento del terrorismo islamico e di Arafat). E naturalmente ne individua i molti responsabili politici, culturali e religiosi. Il bilancio è drammatico. Questa politica ha condotto (e conduce) alla mancata integrazione degli immigrati musulmani, al proliferare di cellule terroriste islamiche in tutto il continente, al ripudio da parte dell'Europa delle sue radici ebraico-cristiane e al conseguente stravolgimento della sua identità culturale, religiosa ed etica. Per altro, come scrive Bat Ye'or nella nuova introduzione, «per il momento non si vede alcun vero sforzo di riforma da parte delle autorità ufficiali musulmane. L'Occidente ha i mezzi non militari per esigere chiarimenti, ma avrà il coraggio di farlo?». Con un nuovo saggio introduttivo dell'autrice.
In poche parole: L’esortazione Amoris Laetitia rappresenta una rivoluzione nella Chiesa da cui non si torna più indietro, e forse il primo passo per un Concilio Vaticano III che è già in atto.
Esaltata o criticata, ampiamente discussa, Amoris Laetitiadi Papa Francesco non è solo un’esortazione postsinodale, ma piuttosto una rivoluzione da cui non si torna più indietro: prova ne è l’interesse che ha suscitato anche all’esterno della Chiesa. Affronta il problema dell’accesso alla comunione dei divorziati ma lo fa dal punto di vista esistenziale, affidandosi più alla prassi che alle argomentazioni teologiche; introduce un linguaggio ambiguo dietro la necessità di un “rinnovamento del linguaggio ecclesiale” e suggerisce che la dottrina possa (o debba?) cambiare dietro istanze del tempo e delle scelte pastorali. Per questo l’esortazione, spesso sventolata come bandiera e assunta come nuovo dogma, rappresenta il miglior frutto del Vaticano II e forse già il primo passo per un Vaticano III non ancora convocato ma incarnato nel suo spirito dal pontificato di Bergoglio.
L’evoluzione tecnologica sta portando un grande progresso in molti campi della vita dell’uomo ma anche un impatto pericoloso sul suo comportamento.
Gli smartphone su cui passiamo la maggior parte del nostro tempo sono oggi vere e proprie protesi di corpo e mente e stanno conducendo a una divisione tra due cervelli: il nostro e quello che «portiamo in tasca».
Una relazione pericolosa, secondo Vittorino Andreoli, che in queste pagine ricostruisce origini e funzioni dell’organo naturale mettendolo a confronto con quello artificiale, che ne è figlio, per comprendere i rischi psicologici e sociali che la rivoluzione digitale, dal computer ai tablet, dall’invenzione del web all’avanzata della robotica, ha innescato per giovani e adulti, in famiglia, nei legami e sul lavoro.
La nostra identità rischia uno sdoppiamento? L’intelligenza artificiale da appendice diventerà parte integrante del nostro corpo prendendo alla fine il sopravvento? Sono solo alcune delle domande cui questo saggio cerca di dare una risposta con un’analisi affascinante sulle nostre origini e il futuro prossimo che ci aspetta.