«In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza. Come? Suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. Sono otto gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, come otto sono i fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante, e dunque la vita degli esseri viventi tutti.»
Che cos’è la felicità? La parola ‘felicità’ ha a che vedere con la libertà: la libertà da qualcosa di negativo (la malattia, per esempio) e la libertà di fare qualcosa di positivo (viaggiare, per esempio). Questa felicità, intesa come libertà da e di, definisce il primo punto della nostra linea sociale. L’altra parola da collegare alla felicità è ‘identità’. L’identità è la realizzazione di una pienezza di un sé profondo che ognuno dovrebbe conoscere per assecondarlo. È nell’atto di assecondamento di questo sé che noi troviamo la ragione della nostra identità. La ricerca della felicità e dell’identità deve combinarsi poi con un terzo punto: la sicurezza. È difficile partire alla ricerca della felicità e dell’identità se non si è al sicuro. E nel tempo della politica qual è la parola che concilia queste prime tre? Sovranità. Oggi la partita si gioca tra chi pensa che gli individui possono essere ridotti ad un arido soggetto economico intercambiabile senza identità e chi pensa che esistano ancora identità nazionali senza cui non ci può essere felicità né sicurezza.
Note sull'autore
Alessandro Meluzzi, medico chirurgo, specialista in psichiatria. Psichiatra, psicologo e psicoterapeuta, riceve i suoi pazienti presso gli studi di Torino, Roma e Rimini. Negli anni '80 del secolo scorso ha collaborato con Henri Laborit nel laboratorio di Parigi. Baccalaureato in Filosofia e Mistica presso l'Ateneo Sant'Anselmo di Roma. Già docente di Genetica del comportamento umano di Siena, di psichiatria forense dell'Università Sapienza di Roma, di psiconeuroendocrinologia presso l'Università di Torino. Attualmente, è docente del Master in Criminologia dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli, è direttore del Master in Criminologia e Diritto Penale (analisi criminale e politiche per la sicurezza urbana) presso l'Unicusano di Roma, è titolare del corso di Psicologia di Comunità all'IUSTO Rebaudengo dell'Università Salesiana di Torino, è direttore dell'Istituto di Psicoterapia analitico-esistenziale IPAEM. Giornalista pubblicista, autore e opinionista televisivo, ha firmato oltre duecento pubblicazioni scientifiche e oltre trenta monografie in materia di psicologia, psicoterapia, psichiatria e antropologia filosofica. Già deputato e senatore della Repubblica. Dal 2007 diacono della Chiesa greco-melchita in Siria e dal 2015 metropolita primate della Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala.
Perché ci muoviamo
Perché si muovono loro
Perché arrivano in questo modo
Perché proprio qui? E per fare cosa?
Perché la diversità ci fa paura. E ci attrae
Una cosa da fare (da cui discendono tutte le altre)
Convinto che nessuna inchiesta possa essere più feconda di una domanda sulla gioia, Lorenzo Gobbi ci accompagna a esplorarne i significati lasciando che siano Hölderlin, Leopardi, Gottfried Benn, Marianne Moore, Marcel Proust, Katherine Mansfield, Spinoza, Rainer Maria Rilke, Etty Hillesum e altri, a illuminarci la via. Ne nasce un breve, chiaro e denso saggio che indaga le espressioni letterarie e linguistiche della gioia senza trascurare l’inscindibile connessione con il dolore, con il desiderio e con il divenire – nel quale, alla fine, la gioia si proietta sotto il segno della gratitudine per colorare di sé la concretezza del quotidiano anche nel lutto e nella sofferenza.
Lorenzo Gobbi
Ha pubblicato alcuni libri di poesia ora raccolti in La gioia è un turbine di quiete (2014), i romanzi Emily e il vento (Castelvecchi, 2017) e Stella dei volti (Castelvecchi, 2018) e diversi saggi, tra cui L’albero coricato. L’intimità, il tempo e il desiderio: il Cantico dei cantici di Marc Chagall (Castelvecchi, 2016). Ha tradotto opere di Rainer Maria Rilke (tra cui Vita di Maria, 2000; Il libro d’ore, 2008; Lettere a un giovane, 2015) e di altri autori (tra cui Etty Hillesum, Il bene quotidiano. Breviario dagli scritti, 2014). Nel 2012, l’Accademia Mondiale della Poesia dell’Unesco gli ha conferito il Premio “Catullo” per la sua attività di traduttore.
"È gelida l'acqua. Mi entra nelle ossa. Non riesco a liberare la stazza dall'acqua. Uso tutta la mia forza e la mia agilità ma la lancia resta piena. E cado. Ho paura. È notte fonda e fa freddo. Siamo a quaranta miglia da Lampedusa e, se non riesco a farmi sentire subito, mi lasceranno qui e sarà la fine. Non voglio morire così. Non a sedici anni. Il panico sta per impadronirsi di me e comincio a urlare con quanto fiato ho in gola, cercando di rimanere a galla e di non farmi trascinare giù da questo mare che ci consente di sopravvivere ma che può anche decidere di abbandonarci per sempre. "Patri" urlo. "Patri." Lui è al timone e non mi sente. La fine si avvicina, penso. Poi qualcosa accade... Ciò che non potevo sapere allora è che non solo quella notte sarebbe rimasta per sempre impressa nella mia mente ma che la mia esistenza sarebbe stata segnata da un mare che restituisce corpi e vite e che sarebbe toccato proprio a me salvare quelle vite e toccare per ultimo quei corpi." Pietro Bartolo è il medico che da oltre venticinque anni accoglie i migranti a Lampedusa. Li accoglie, li cura e, soprattutto, li ascolta. Queste pagine raccontano la sua storia: la storia di un ragazzo mingherlino e timido, cresciuto in una famiglia di pescatori, che si è duramente battuto per cambiare il proprio destino e quello della sua isola. E che, non dimenticando le difficoltà passate, ha deciso di vivere in prima persona quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo.
Esistono criteri strategici generali in grado di assicurare la vittoria nella guerra contro i nemici, oppure nella lotta contro un avversario politico? O che, semplicemente, possano garantire maggiori probabilità di successo quando si devono affrontare e risolvere situazioni critiche? John Lewis Gaddis, storico della guerra fredda e autorevole esperto di politica internazionale, risponde a questi interrogativi traendo spunto da un enigmatico frammento del poeta greco Archiloco: «La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande». In un serrato confronto sia con i classici della storiografia (da Erodoto a Tucidide), del pensiero strategico (da Clausewitz a Sun Tzu) e del pensiero politico (da Machiavelli a Isaiah Berlin), sia con le opere di sant'Agostino e l'immortale "Guerra e pace" di Tolstoj, per citare solo alcune delle sue numerose fonti, Gaddis rivisita eventi e snodi epocali della storia dell'Occidente per mostrare gli esiti felici, o viceversa fallimentari, delle diverse scelte strategiche adottate dai protagonisti. Dal disastroso progetto d'invasione della Grecia del «re dei re» persiano Serse alle drammatiche contorsioni della guerra del Peloponneso, dalla sorprendente edificazione dell'impero romano a opera di Ottaviano Augusto alla sagacia con cui Elisabetta I seppe resistere all'Invincibile Armada facendo dell'Inghilterra la regina dei mari, dalla disfatta di Napoleone in Russia all'abilità dei più grandi presidenti americani (Abraham Lincoln, Woodrow Wilson e Franklin D. Roosevelt): la lezione che se ne può trarre è la ricorrente supremazia di chi ha saputo «combinare il senso di direzione tipico del riccio e la sensibilità per l'ambiente circostante tipica della volpe», ovvero la superiorità di una visione strategica attenta ai vari aspetti della congiuntura, alla peculiarità del terreno d'azione e al bilanciamento di mezzi e fini, e più incline alla flessibilità che alla dogmatica aderenza al piano originario e all'imperativo di realizzare, sempre e comunque, l'obiettivo prestabilito.
Le bugie del populismo, che governa l'Italia e assedia l'Europa, sono in parte le nostre bugie. Perché il populismo è figlio degli errori dei partiti che lo hanno preceduto. E perché i suoi tratti in qualche misura appartengono a tutti, si sono impossessati dei nostri ragionamenti, segnano il carattere della politica e della società. E raccontano in controluce la nuova notte della Repubblica, la più cupa e sinistra della sua storia. Riconoscere questa continuità tra un prima e un dopo è un dovere per chi voglia davvero sfidare il populismo. Da questa consapevolezza, secondo Barbano, si può rifondare un linguaggio della verità e della responsabilità, con cui tornare a parlare ai cittadini, e provare a convincerli senza ingannarli. Chi ritiene che i difetti, le miopie e gli egoismi che hanno condotto alla crisi della nostra democrazia stiano tutti da una sola parte ha già perso la sua battaglia. Così come chi insegue i populisti sul loro terreno non fa che dargli nuova linfa. In un modo e nell'altro si alimentano quelle dieci bugie che Barbano smaschera: luoghi comuni proposti come verità, che toccano questioni cruciali relative al lavoro, al fisco, al reddito di cittadinanza, alle pensioni, fino alla svolta falsamente epocale per cui il nuovo si pretende sempre meglio del vecchio. Strappare il velo della menzogna vuol dire «tenere insieme dubbi e coraggio, tanta capacità di autocritica e altrettanta voglia di ricostruzione», con la forza di un pensiero capace di cavalcare il progresso senza esserne dominato, di riannodare i diritti con i doveri, il senso con la ragione, gli individui con lo Stato. E, più di tutto, di riconoscere nella verità del limite l'essenza della sua stessa libertà.
Siamo sicuri che la crisi italiana, il declino della classe media, gli stipendi che non bastano ad arrivare a fine mese, l'aumento del numero dei poveri siano tutti problemi riconducibili alla moneta unica e ai vincoli che ci pone Bruxelles? Per capire il fenomeno del "neuroscetticismo" occorre addentrarsi nel fantasioso mondo della propaganda no euro, andare a smontare uno per uno gli argomenti dei "profeti" sovranisti che descrivono il paradiso di un ritorno alla lira e di un'Italia finalmente fuori dall'Unione. Perché la "traversata" sarebbe un disastro e non è vero che l'unica soluzione rimasta per essere competitivi è la deflazione salariale. Non è vero che la riconquistata sovranità ci renderebbe totalmente liberi e ci permetterebbe di risolvere tutti i problemi stampando moneta. Non è sempre vero che chi ha una valuta nazionale sta meglio di noi (basta guardare a lavoratori e classi medie negli USA e in Gran Bretagna, per non parlare del Venezuela). E non è vero nemmeno, come sostengono alcuni politici e sedicenti economisti, che possiamo fare a meno degli investitori stranieri e pensare all'autarchia in un mondo finanziario irrimediabilmente globalizzato. Leonardo Becchetti ci spiega come districarci tra bufale più o meno "primitive" e leggende infondate o inconsistenti, fornendoci una cassetta degli attrezzi efficace. Strumenti utili ad avanzare proposte concrete e soluzioni percorribili per i problemi dell'Italia, e infine lanciare un manifesto per un'Europa nuova, solidale, sostenibile, generativa, felice.
In questo breve libro, un filosofo francese pone una domanda semplice: a un ateo, o comunque a un non credente - quale Jullien è - che cosa ha da insegnare il cristianesimo? E in genere, qual è il suo insegnamento universale, che prescinde dall'essere credenti? Il libro si divide in brevi capitoli dai titoli perspicui: «È possibile un evento improvviso» che cambia la vita di ciascuno di noi e il corso della storia - questo infatti è il significato della rivelazione; «Che cosa significa essere vivi» e cioè davvero vivi, vivificati dall'esperienza e dalla conoscenza, e non semplicemente "viventi": per far questo, secondo il cristianesimo, non bisogna «coincidere con sé stessi», ma essere sempre in qualche misura distaccati da sé, aspirare sempre a qualcosa di più; «la verità al servizio della vita», come necessaria per un soggetto che si voglia pienamente vivo: non lo si può essere se non ci si pone il problema della verità; la capacità di esistere fuori dall'immediata realtà e di aprirsi al futuro e alla considerazione dell'altro.
La leggendaria figura di Niccolò Machiavelli, - pensatore, teorico, interprete profondo e appassionato degli avvenimenti politici e statuali del suo tempo, - viene in questo libro ricollocata nella sua dimensione più umana e nel moltiplicarsi senza fine delle sue vocazioni. Ne esce un personaggio a tutto tondo, in cui corpo e cervello, intelligenza e passioni, invece di muoversi su binari paralleli e non comunicanti, convergono e continuamente si fondono fra loro. Il fascino di una ricostruzione condotta con questi criteri consente di cogliere meglio, e con maggiore concretezza, anche lo svolgimento processuale di un momento importante, anzi decisivo, della storia italiana, quello che Asor Rosa definisce la «grande catastrofe»: quando, in un breve volgere di anni (1492-1530), si sarebbero determinati e forgiati i destini della Nazione fino ai nostri giorni. «Il pensiero non è spirito, è materia, al pari del corpo: ed esattamente come il corpo funziona e agisce... Non esiste nella storia operazione più esemplare di quella che Niccolò Machiavelli ha perseguito e realizzato nel senso che ho cercato testé di descrivere. Non esiste: per questo siamo così pieni di ammirazione e d'invidia. Invece di separare e magari di contrapporre le due cose, le ha fuse. Di conseguenza: quando si giudica il suo pensiero, si chiama in causa il suo corpo. Quando si chiama in causa il suo corpo, la sua materialità, - anche quella apparentemente più episodica e transeunte, - se ne ricava l'impressione e la persuasione di un poderoso organismo pensante, che abbraccia tutto senza sforzo (senza sforzo? Sí, è questa l'impressione che se ne ricava) e diventa una cosa sola con il testo o l'episodio storico che sta narrando e descrivendo. Frutto anche questo, oltre che del genio machiavelliano, di quel complesso di ragioni e di forze, che siamo soliti considerare tipiche del cosiddetto grande "Rinascimento italiano"? Sì, non c'è dubbio: ma questo non fa che aumentare l'impressione di globalità che l'esperimento machiavelliano esprime e contiene».
Al di là degli slogan e delle contrapposizioni spesso utili solo a fini mediatici, emerge con assoluta evidenza la necessità di comprendere i termini reali di problemi fondamentali che investono l'economia, la crescita del paese e il benessere dei cittadini. Debito, deficit, crisi bancarie, riforma dell'Unione europea, spread: questo libro indaga meccanismi e dinamiche politiche ed economiche con le quali ci confrontiamo ormai quotidianamente, attraverso una conversazione a tutto tondo, non priva di inediti retroscena, con uno dei protagonisti dell'economia e della politica italiana e internazionale degli ultimi anni. Un racconto franco e realistico delle vicende che hanno attraversato la scorsa legislatura, delle cose fatte e delle occasioni mancate, cui si accompagna un'analisi dettagliata delle misure messe in campo dal nuovo governo, con l'attenzione rivolta alle proposte e agli scenari futuri. Uno sguardo «dal di dentro» che sfata molti luoghi comuni e si concentra sul problema numero uno del nostro paese, la bassa crescita. Il sentiero imposto dal nostro elevato debito pubblico resta tale, ma si può e si deve andare oltre con una visione del futuro e con politiche adeguate.
Che cos'è il dolore? Dove si situa? È uguale nelle femmine e nei maschi? È presente negli animali? Il libro risponde a queste e alle altre domande che riguardano l'esperienza negativa di certo più comune provata da tutti svariate volte nella vita. Al contempo il dolore rimane però un enigma difficile da comprendere a fondo, poiché rappresenta un vissuto personale che appartiene solo alla sfera privata. Il fattore fondamentale è che esso non è mai uguale: chi sta leggendo queste righe lo percepisce differentemente da qualsiasi altro individuo, e in questo preciso istante lo percepisce in maniera totalmente diversa rispetto a qualsiasi altro momento della propria esistenza. I dieci punti chiave del testo permetteranno al lettore non addetto ai lavori di cogliere le mille sfaccettature del dolore, i suoi meccanismi, le influenze psicologiche e sociali, la sua misurazione, il suo trattamento, nonché le armi oggi a disposizione per capirlo e sconfiggerlo.