Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza. Sono parole del filosofo John Searle, teorico del rapporto fra linguaggio e realtà istituzionali. Le società vengono costruite e si reggono essenzialmente su una premessa linguistica: sul fatto cioè che dire qualcosa comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari. Non osservare questo impegno mette in pericolo il primario contratto sociale di una comunità, cioè la fiducia in un linguaggio condiviso. L'antidoto è la scrittura civile, cioè quella limpida e democratica, rispettosa delle parole e delle idee. Scrivere bene, in ogni campo, ha un'attinenza diretta con la qualità del ragionamento e del pensiero. Implica chiarezza di idee da parte di chi scrive e produce in chi legge una percezione di onestà.
Una presentazione chiara e rigorosa dei principali cambiamenti fonologici e morfosintattici occorsi nell'evoluzione dal latino alle lingue romanze. Il testo colma un vuoto nell'offerta didattica per l'università: esistono infatti numerosi manuali che trattano la storia esterna delle lingue romanze o che si romanze o che si concentrano sullo sviluppo dei generi testuali, mentre minore attenzione è dedicata alla grammatica storica. L'evoluzione è studiata sistematicamente per sardo, romeno, italiano, romancio, francese, occitano, catalano, spagnolo e portoghese. La conoscenza del latino non è presupposta. I principi della linguistica storica sono esplicitamente introdotti e illustrati.
«Che cos'è il linguaggio? Quali sono i limiti dell'intelletto umano (se esistono)? E qual è il bene comune per ¡1 quale dovremmo lottare?» Ecco i tre quesiti che Noam Chomsky affronta nelle lezioni raccolte in questo volume, elementi essenziali della domanda delle domande: «Che genere di creature siamo?» Non si tratta certo di questioni da poco, ma se c'è qualcuno che ha sia la competenza scientifica sia la capacità didattica necessarie per trattare tali problemi coinvolgendo il lettore e rendendolo davvero partecipe del ragionamento, questi è sicuramente Chomsky. Che, senza avere mai la pretesa di offrire soluzioni definitive, rende semplice il difficile, e mettendo a nostra disposizione le sue enormi conoscenze ci mostra quanto spesso e quanto facilmente le ovvietà, così banali nel loro essere vere, possano essere ignorate o rifiutate, mentre l'errore diventa prassi, se non teoria, dominante. Partendo dal «linguaggio» e arrivando al «bene comune», il grande intellettuale americano si mostra qui per intero. Per una volta, in questo libro il linguista e il «politico» si incontrano, e dimostrano (se ce ne fosse bisogno) che si tratta di una persona sola: in Chomsky tout se tient. E mai come in queste pagine risulta evidente che lo scienziato che ha rivoluzionato la linguistica e l'appassionato militante perseguono un medesimo fine: la comprensione di ciò che l'uomo è nella sua natura più profonda.
«Leggere e interpretare testi di vario tipo; capire che cos'è, precisamente, una "frase" e cioè incontrare faccia a faccia la grammatica; regolarsi nella varietà di "stili" dell'italiano; fronteggiare l'azione dei media, che in vari modi spesso ci alienano dalla nostra lingua; liberarsi da alcune preoccupazioni eccessive nell'uso normalmente comunicativo di essa; distinguere tra errore e divergenza stilistica.» Tutti usiamo la lingua, ma pochi lo fanno con consapevolezza. Perdendo la possibilità di sfruttare altre parti del suo immenso potenziale. Francesco Sabatini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, conosciuto dal pubblico televisivo per la sua grande capacità divulgativa, ci insegna a farlo in questa appassionante e innovativa Lezione di italiano. Svolta in dieci Dialoghi e dieci Inviti rivolti al lettore, condotti coniugando precisione e leggerezza, scientificità e praticità di tipo didattico. Il nocciolo della seconda parte dell'opera affronta i due temi cardine: l'indispensabile conoscenza riflessa del meccanismo della lingua (disegnato secondo il modello "valenziale", che rivela la sua straordinaria semplicità esplicativa), il trattamento che di questo meccanismo si fa producendo i testi, da quelli giuridici a quelli scientifici, saggistici, giornalistici, narrativi e poetici. E ancora: i temi della "prolissità italica", dell'eccessiva cedevolezza all'anglolatinismo banale, dell'inefficace studio tradizionale del latino, del rispetto, ma non riproponibilità funzionale, dei dialetti, dell'ipersensibilità nei confronti di una lingua più comunicativa (le dispute sul congiuntivo!). Il tutto sullo sfondo della vita del nostro Paese, colta in un'efficace raffigurazione socioculturale finale, dove ognuno dei lettori può ritrovarsi, collocarsi e guardarsi allo specchio, "tirando fuori" la sua lingua.
«La vita dell’uomo è dominata dalla parola o dal denaro». Se l’aforisma di Menandro ha resistito all’urto di più di venti secoli di storia e la commedia umana dell’oggi si specchia ancora in quella scheggia di pensiero, i banchieri centrali sono gli uomini e le donne più potenti del mondo.
Con il celebre «whatever it takes» Mario Draghi entra nella storia e quella frase, emblematica del misterioso legame che esiste fra moneta, fiducia e parola, vale un «alea jacta est». Dalle parole dei banchieri centrali derivano i comportamenti del mercato e molto di ciò che l’economia riverbera nella nostra vita di tutti i giorni. Se per anni hanno privilegiato una comunicazione oracolare, volutamente oscura e misticheggiante, oggi, al contrario, i governatori si confrontano con la nuova strategia della trasparenza e con le conferenze stampa. E le loro parole sono atti. Ma la lingua della sovranità monetaria si contamina con la lingua della sovranità politica e per i banchieri centrali si verifica il paradosso che, mentre sono creduti onnipotenti, diventano capro espiatorio se l’economia e le aspettative non vanno nella direzione del miglioramento, per cause, peraltro, non imputabili a ciò che compete loro.
Come si è evoluto il romanesco? Quali sono i termini e i modi di dire entrati ormai di diritto in questo colorito dialetto e sconosciuti ai romani di qualche decennio fa? Prova a rivelarcelo questo ironico dizionario, che a ogni lettera dell'alfabeto fa corrispondere parole o espressioni propriamente romanesche. Spiegando il loro significato in italiano e raccontandole poi attraverso un aneddoto o una piccola storia, vera o inventata. Da "a faciolo" a "bella pe' te", da "stare a rota" a "zoro", ecco a voi il libro per scoprire, attraverso la sua lingua, qualcosa in più sulla Città Eterna.
Per il celebre studioso Arjun Appadurai il collasso del sistema finanziario nel biennio 2007-2008 ha costituito innanzitutto un cedimento linguistico. Non si nega che l'avidità e un trattamento irresponsabile del rischio siano stati fattori decisivi, ma la condizione di possibilità di quei vizi strutturali va ricercata nel ruolo nuovo che il linguaggio ha assunto nei mercati. I prodotti derivati, che sono la principale tra le innovazioni tecniche di cui vive la finanza contemporanea, sono una catena di promesse riferite a un futuro incerto: inquadrare i derivati da questo punto di vista consente di far emergere l'importanza del linguaggio e del concetto di rischio negli attuali mercati finanziari. Appadurai affronta il tema cercando di far dialogare con originalità economia, sociologia e antropologia e desume un'importante conclusione che si imponeva da tempo: l'idea che esista un nesso inscindibile tra la forza numerica del denaro e la forza linguistica di quello che diciamo di volerne fare.
Questo volume rappresenta una delle pietre miliari del percorso filosofico di Umberto Eco e una delle pietre miliari della riflessione semiotica internazionale tout court. Eco torna alla filosofia (ammesso che mai se ne sia distaccato), per confrontarsi soprattutto con l'ontologia e le scienze cognitive in materia di percezione, realismo, iconismo. Confrontandosi con i nodi fondamentali della filosofia di ogni tempo, da Aristotele a Heidegger, Eco discute i problemi dell'essere, della verità, del falso, del riferimento, della realtà, dell'oggettività della conoscenza e della congettura. Con straordinaria lucidità, Eco anticipa così, nel 1997, temi destinati a diventare cruciali nel dibattito filosofico attuale - prima fra tutte la questione del realismo.
Organizzati secondo una logica tematica, questi saggi, apparsi su quotidiani e riviste tra il 1973 e il 1976, ripropongono Eco come semiologo del quotidiano, attento e curioso critico del costume e del linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa. Eco riferisce quanto avviene alla periferia dell'impero americano, cioè nei paesi dell'area mediterranea, analizzando in modo apparentemente divagante gli slogan pubblicitari, le conversazioni della gente in treno, il discorso di Paolo VI sulla pillola, le invettive di Fanfani contro la pornografia. Tanti brevi racconti di un'Italia in trasformazione, ma ancora un po' bigotta e provinciale.
Uscito nel 1968, questo libro poneva il problema di una teoria semiologica unificata, quando la discussione sui fondamenti e i limiti di questa disciplina erano ancora agli inizi. In un secondo luogo, nel vivo del dibattito sullo strutturalismo, criticava gli abusi e le degenerazioni "ontologiche" di quello che veniva riproposto come un metodo: e così facendo lasciava intravedere quale sarebbe stata la sorte dell'ondata strutturalista, la sua crisi e il suo riflusso, "La struttura assente" ha suscitato un vivace dibattito nel nostro paese ed e stato tradotto in francese, tedesco, spagnolo, portoghese, serbo-croato e polacco, in questa edizione il testo è corredato da un'ampia introduzione che ne ricostruisce i punti di partenza storico-culturali e riassume i problemi emersi dalle discussioni che suscitò al suo apparire.
Solo noi possediamo lo strano oggetto biologico chiamato "linguaggio". Noi e nessun'altra specie animale, compresi i primati non umani, visto che uno scimpanzé non sfiora neppure le capacità sintattiche di un bambino di tre anni. Il linguaggio è l'unicità più intrigante ed enigmatica in cui si sia mai imbattuto chi studia l'animale uomo, quella che ha avuto effetti incalcolabili sulla nostra vicenda. Da lungo tempo stuoli di scienziati delle più varie discipline e dei più diversi orientamenti sono alla ricerca delle sue origini; un'avventura intellettuale in cui si incrociano spade e si mettono in campo saperi sofisticati, sempre di nuovo riarmati in una tenzone senza fine. Un vero rovello soprattutto per l'evoluzionismo, alle prese con un "salto" che ne sfidava la tradizionale impostazione gradualistica. Oggi però molto è cambiato, perché negli ultimi venticinque anni abbiamo appreso sulle basi neurofisiologiche e genetiche del linguaggio più che nei secoli precedenti, mentre i biologi evoluzionisti sono approdati, con matematiche avanzate, a interpretazioni stocastiche del cambiamento evolutivo. Dall'analisi di queste risultanze ripartono Noam Chomsky, supremo teorico della grammatica universale innata, e il linguista computazionale Robert Berwick, tra i maggiori studiosi dell'apprendimento vocale negli uccelli canori. La loro tesi, insieme evoluzionistica e discontinuistica, è un punto di arrivo nel dibattito sull'argomento...
"Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita. Non importa che sappiate il greco oppure no. Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi. Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire. Per tutti, questa lingua nasconde modi di dire che vi faranno sentire a casa, permettendovi di esprimere parole o concetti ai quali pensate ogni giorno, ma che proprio non si possono dire in italiano. Ad esempio, i numeri delle parole erano tre, singolare, plurale e duale - due per gli occhi, due per gli amanti; esisteva un modo verbale per esprimere il desiderio, l'ottativo, e non esisteva il futuro. Insomma, il greco antico era un modo di vedere il mondo, un modo ancora e soprattutto oggi utile e geniale. Non sono previsti esami né compiti in classe: se alla fine della lettura sarò riuscita a coinvolgervi e a rispondere a domande che mai vi eravate posti, se finalmente avrete capito la ragione di tante ore di studio, avrò raggiunto il mio obiettivo."