Sulla morte di Benito Mussolini e di Claretta Petacci restano ancora solo nuvole nere. Che cosa accadde veramente tra Dongo e Bonzanigo nella giornata del 28 aprile 1945? Chi ha materialmente premuto il grilletto? Chi fu l'effettivo mandante? Questo libro fa il punto sulla «vulgata» ufficiale, evidenziandone le contraddizioni sia nelle argomentazioni sia negli stessi fatti. Gli unici elementi certi sono che insieme con Mussolini scompaiono l'ingente tesoro e i documenti riservati che portava con sé; e che chiunque abbia abbozzato un tentativo di intervento a salvaguardia o recupero dell'uno o degli altri ha pagato nel sangue. Su tutti il valoroso «capitano Neri», capo di stato maggiore della brigata che arrestò Mussolini, e la «Gianna», sua inseparabile compagna d'armi. Fu a lei che toccò di catalogare il cosiddetto «oro di Dongo» al seguito del convoglio fascista, che autorevoli fonti finora sottaciute attribuiscono alla proprietà degli ebrei, spogliati dalla polizia prima della deportazione in Germania. Un patrimonio che, nell'ipotesi suggestiva dell'autore, suffragata da una molteplicità di testimonianze convergenti in un'unica logica ricostruzione, potrebbe essere finito nelle casse dell'allora Pci; col tacito benestare dei servizi segreti inglesi, ma in cambio della documentazione sui contatti se-greti che il capo del fascismo intrattenne con Winston Churchill fino a poco prima della fine. Un'ipotesi che ha affascinato Massimo Caprara, segretario per vent'anni di Palmiro Togliatti, il quale nel saggio conclusivo La pista inglese vista da Botteghe Oscure consegna importanti rivelazioni.
Il volume contiene venti saggi scritti da grandi specialisti italiani, francesi e tedeschi sull’Ordine religioso dei Templari, i Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis. Rispetto alla conoscenza diffusa sull’argomento, sono presenti novità assolute, per esempio in rapporto alla legislazione, con gli studi sul manoscritto 44 A 14 della Biblioteca Corsiniana di Roma appartenente all’Accademia dei Lincei, ma anche per gli studi condotti in ambito inglese su un codice di recente ritrovamento della Biblioteca Capitolare di Modena, sicuramente appartenuto a una domus templare italiana, in cui sono descritte le cerimonie liturgiche dei cavalieri del Tempio. Inoltre si è voluto inserire la storia di questo Ordine religioso nel contesto del Mediterraneo al tempo delle spedizioni, o meglio dei pellegrinaggi armati (passagia) verso la Terra Santa. Specialisti di sicura competenza hanno affrontato il problema dei rapporti tra i pauperes commilitones e i poteri costituiti, imperatori, re, papi e sultani, mentre altri hanno indagato il loro modo di rappresentarsi nei sigilli utilizzati da alcuni responsabili dell’Ordine. Ogni saggio, di facile lettura, si conclude con una bibliografia utile per chi voglia approfondire le questioni trattate. Il tutto senza alcun cedimento ai miti storiografici e letterari che continuano a circolare nella cultura mondiale. In particolare, il saggio conclusivo del libro affronta nello specifico la storia di queste utilizzazioni del mito templare, chiarendone le ragioni e le implicazioni religiose, politiche e sociali.
Questo libro ricostruisce il percorso compiuto dalla Chiesa nella sua relazione con il moderno, assumendo un punto di vista specifico: l'atteggiamento elaborato dal papato. Se il confronto di quest'ultimo con la cultura moderna era iniziato già nel corso della Rivoluzione francese, il punto di partenza prescelto è il pontificato di Pio X che, con la solenne condanna del modernismo nell'enciclica "Pascendi" del 1907, segna una svolta: il moderno, da avversario con cui misurarsi anche per poter essere al passo con i tempi, diventa il nemico che penetra nascostamente all'interno della Chiesa per dissolverla. Vengono qui delineati i tratti fondamentali con cui ciascuno dei pontefici successivi, fino a papa Francesco, si è confrontato con questo insieme di problemi, cercando di definire una linea di presenza della Chiesa nella modernità. Tra continuità dottrinali, differenze pastorali e, talvolta, innovazioni teologiche.
L'Europa tra il 1914 e il 1945 precipitò in un abisso di barbarie: combatté due guerre mondiali, minacciò le fondamenta stesse della sua civiltà e parve testardamente incamminata sulla via dell'autodistruzione.Ian Kershaw, uno degli storici più autorevoli del nostro tempo, ci racconta quello che fu un vero e proprio viaggio di andata e ritorno dall'inferno. Estate del 1914: gran parte dell'Europa precipita in un conflitto sconvolgente. La gravità del disastro terrorizza i sopravvissuti, nessuno può credere che la civiltà modello per il resto del mondo sia sprofondata nella brutalità più assoluta.Solo vent'anni dopo la fine della Grande Guerra, nel 1939, gli europei iniziano un secondo conflitto, persino peggiore del primo. Nonostante le crude cifre non possano restituire la gravità dei tormenti inflitti alla popolazione, la conta dei morti – oltre quaranta milioni soltanto in Europa, quattro volte di più della prima guerra mondiale – ci fa percepire con concretezza questo orrore.Ian Kershaw ricostruisce una nuova, monumentale storia dell'Europa contemporanea: un periodo straordinariamente movimentato e tragico che ha visto il continente sfiorare l'autodistruzione e, solo quattro anni dopo aver toccato il fondo nel 1945, gettare le basi per una stupefacente risurrezione.
La storiografia moderna è una delle elaborazioni piú originali della tradizione europea, e si è tradotta in uno dei suoi campi di maggiore rilevanza culturale e civile. Nel XX secolo essa raggiunse il vertice del suo svolgimento, per approdare poi a una difficile crisi d’identità, che ne ha rinnovato metodi e tecniche di lavoro, tematiche e criteri di giudizio, ma si è sempre piú rivelata la spia di una crisi di identità dell’intera tradizione, di cui essa era un asse portante. Questo volume di Giuseppe Galasso traccia un ampio panorama che dà appieno, in una ricostruzione approfondita e molteplice, il senso di questa vicenda vissuta dagli storici europei (e non solo europei). Una vicenda che è qui seguita, nel quadro complessivo di tutto il piú ampio contesto culturale di cui la storiografia è partecipe, attraverso lo studio di alcune fra le maggiori figure ed esperienze storiografiche e culturali del Novecento, da Braudel a Furet, alle « Annales », a Vernant, Le Goff, Namier, Hobsbawm, Palmer, Popper, Arendt, Berlin, Mosse, Nolte, Maravall.
Tra il 1943 e il 1945, nell'Italia dilaniata dalla guerra civile, furono migliaia i carabinieri che si rifiutarono di aderire alla Repubblica sociale di Salò, disobbedirono agli ordini di Mussolini e svolsero un ruolo fondamentale nelle file della Resistenza. Dandosi alla macchia e unendosi alle formazioni partigiane, molto più spesso scendendo in campo al di là di pregiudiziali politiche, rispondendo solo ai valori incarnati dalla propria divisa e sempre dalla parte della popolazione civile, che nell'Arma vedeva l'ultima istituzione cui aggrapparsi in un Paese in dissoluzione. Per organizzare la guerriglia, conduce azioni di sabotaggio contro le milizie nazifasciste, impegnarsi in missioni di supporto agli Alleati servivano armi e una preparazione militare, e i carabinieri disponevano di entrambe. Ma era necessario agire anche a un secondo livello, mantenendo il ruolo di presidio del territorio e garantendo - grazie alla capacità di spionaggio e depistaggio - contatti, riferimenti, preziose imbeccate ai partigiani e agli angloamericani impegnati nella lenta risalita dell'Italia da Sud a Nord, fino alla liberazione, il 25 aprile 1945. Dopo una lunga ricerca nell'Ufficio storico e nei comandi dell'Arma, e rintracciando i pochi testimoni sopravvissuti e i famigliari, Andrea Galli ha ricostruito in queste pagine una stagione troppo spesso trascurata dalla storiografia ufficiale sulla Resistenza, raccontando episodi e vicende che videro protagonisti carabinieri chiamati a operare in segreto, osteggiati dalle SS e dai repubblichini, spesso catturati, seviziati, deportati. Una storia che coinvolse in prima linea ufficiali, ma anche brigadieri e marescialli, che lasciarono mogli e figli per imbracciare le armi e combattere. Con pochi mezzi, e con la necessità di reagire a questa mancanza con il coraggio e la tenacia. Non per la gloria, ma in nome della libertà del proprio Paese.
La storia della famiglia dei Medici, della sua ascesa al potere e della sua espansione, dei difficili equilibri conquistati a spese dell'opposizione interna, degli anni del declino e della decadenza: quattro secoli di avvenimenti narrati con equilibrio e imparzialità. Nel secolo scorso Firenze fu una meta ideale, una sorta di oggetto di culto per gli stranieri che, sedotti dal mito dell'arte, varcavano le Alpi alla ricerca della classicità perduta. Fra loro furono particolarmente attivi gli inglesi, che avevano formato a Firenze una vera e propria colonia, sopravvissuta fino alla Seconda guerra mondiale. Questa storia dei Medici è appunto uno dei frutti più significativi di quell'appassionato interesse. Da questo prezioso insieme emergono i personaggi della politica e dell'arte, protagonisti di vicende emblematiche nella storia di Firenze e dell'Europa fra il XV e il XVIII secolo. Un documento imprescindibile, mai eguagliato per portata, completezza e valore storico, che restituisce uno sguardo autentico e ricco di colore sulla famiglia più ammirata e invidiata di tutto il Rinascimento.
Il David di Michelangelo, la cupola del Brunelleschi, la Venere del Botticelli: capolavori che suggeriscono ideali di armonia ultraterrena e spiritualità purissima. Ma non tutto è come sembra, e in queste pagine Alexander Lee ci mostra le contraddizioni nascoste sotto l'elegante superficie dell'arte rinascimentale italiana. Perché dietro alle sue opere simbolo ci sono le storie misconosciute legate al brutale ambiente degli artisti dell'epoca, ai meschini interessi dei loro mecenati e a inconfessabili pregiudizi sulla "scoperta del mondo". Un ritratto duro e anticonvenzionale dell'"epoca della bellezza", i cui splendidi frutti sono indissolubilmente legati all'uomo, alla sua carne e alle sue bassezze.
Sorto nel 1120 a custodia della Gerusalemme conquistata dai crociati, l'ordine dei cavalieri del Tempio rivoluzionò il modo di vivere la spiritualità cristiana, unendo in una sola persona il chierico e il laico, l'orator e il bellator. Incapaci però di adattarsi agli importanti cambiamenti sociali e politici della fine del Medioevo, i templari andarono incontro, all'inizio del Trecento, a una inattesa quanto drammatica fine. Cosa spinse il re Filippo il Bello ad annientare fisicamente e spiritualmente l'intera comunità templare di Francia? Perché papa Clemente V non riuscì a fermare l'ingranaggio che portò centinaia di templari alla morte, in prigione, sotto tortura o sul rogo? E questa la vicenda ancora misteriosa che Simonetta Cerrini racconta, seguendo il testo della bolla papale di soppressione dell'ordine, la "Vox in excelso" del 1312, come una vera e propria "passione", una Via Crucis in ventitré stazioni destinata a chiudersi non sul Golgota ma all'estremità dell'Ile de la Cité, a Parigi, con il rogo celeberrimo di Jacques de Molay, ventitreesimo e ultimo gran maestro del Tempio.
Nel mondo in cui è nato Newton Knight, l'onore di un uomo si misura sul numero di schiavi di sua proprietà. Suo nonno Jackie è uno degli uomini più onorevoli del Mississippi, a metà dell'Ottocento. Nel mondo di Newton Knight, i neri devono stare al loro posto e non alzare mai la testa. Non sono permessi matrimoni misti, ma nulla vieta al padrone bianco di approfittare delle sue schiave.
Ci vuole uno spirito molto ribelle per non adeguarsi a quello che è considerato l'ordine naturale delle cose. E prima di diventare un fuorilegge a capo di una banda di disertori, Newton Knight è stato un ribelle. Non ha simpatia per la schiavitù, né per le ingiustizie. E ha capito che le barriere tra bianchi e neri non sono così rigide. E si possono spezzare. Amando Rachel, per esempio, una delle schiave del nonno.
Allo scoppio della guerra di Secessione, Newton decide di ribellarsi alle violenze dell'esercito confederato, a cui appartiene, e di disertare. Altri uomini si uniscono a lui e, con il sostegno di schiavi e di bianchi antischiavisti, Newton dichiara la contea di Jones indipendente e dà inizio alla prima comunità mista del Mississippi.
Nel momento di maggiore divisione dell'America, mentre intorno infuria una sanguinosa guerra civile, nella contea di Jones uomini e donne, bianchi e neri, combatteranno insieme per la libertà e la giustizia.
La politica dell'Italia repubblicana si è largamente specchiata nel bipolarismo della guerra fredda internazionale: dalla rottura dell'alleanza antifascista con l'esclusione delle sinistre dalla sfera di governo, passando per la contrastata vicenda del centro-sinistra, fino all'avvicinamento di Dc e Pci nella «solidarietà nazionale», all'epoca della distensione. Sono ricostruiti tutti i risvolti del cammino della democrazia italiana nel quadro dell'equilibrio bipolare: il peso e i limiti delle superpotenze (in particolare degli Stati Uniti); le logiche di scontro fino alle soglie della guerra civile che misero a dura prova la convivenza costituzionale; l'azione dei politici, dei diplomatici e dei militari che utilizzavano sponde internazionali per i propri fini.
Nel corso della prima Guerra Mondiale furono impiegate in trincea circa 33.000 unità tra Cappellani militari, preti– soldato e chierici. Si tratta di un pezzo di storia italiana poco conosciuta se non addirittura dimenticata su cui questo volume si propone di fare luce. Il libro, a cura di Mons. Vittorio Pignoloni, prosegue e approfondisce il discorso intrapreso con I Cappellani Militari d’Italia nella Grande Guerra. Relazioni e testimonianze (1915–1919) e raccoglie lettere, testimonianze e brevi diari recuperati dall’archivio dell’Ordinariato militare. Tra i documenti, particolarmente significativa è la lettera di don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, in qualità di Cappellano Militare presso l’ospedale militare di Bergamo.
Con la Prefazione di S. E. R. Mons. Santo Marcianò, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia.