Scritta nel 1891, pochi mesi prima della morte del suo autore e pubblicata postuma, "Billy Budd" è una storia di mare ambientata su una nave da guerra inglese alla fine del Settecento. William Budd, mozzo ventenne, ingiustamente accusato dal maestro d'armi Claggart, viene impiccato, ma rimarrà nella memoria degli altri marinai con la vivida forza dei martiri. Come sempre in Melville, la narrazione si spinge molto al di là dei semplici fatti, e la vicenda, potente e assoluta, si configura come simbolica rappresentazione di una condizione esistenziale in cui il bene e il male, il giusto e l'ingiusto hanno la stessa forza di realtà: la verità del racconto, che è anche quella della vita, accarezza la purezza della vittima innocente, l'austero rigore del capitano De Vere (che condanna Billy pur riconoscendolo senza colpa), ma anche la criminosa follia del mefistofelico Claggart. L'ampia introduzione di Claudio Gorlier chiarisce contenuti e simboli di questo racconto straordinariamente "moderno", e la magistrale traduzione di Eugenio Montale restituisce intatta a questo capolavoro la sua perfezione poetica.
Alla fine del diciassettesimo secolo due giovani francesi, René Sel e Charles Duquet, fuggono da una vita di stenti e sbarcano in Canada, allora chiamato Nuova Francia. Dopo avere firmato un contratto con un signore feudale, che li costringe a lavorare tre anni per lui prima di concedere loro un pezzo di terra, i due intraprendono la dura vita dei "pelle di corteccia", come venivano chiamati allora i taglialegna. René è costretto a sposare una donna indiana, e da quel giorno i loro discendenti vivranno intrappolati fra due culture, senza mai riuscire a elevarsi dalla condizione svantaggiata dei mezzosangue. Duquet invece riesce a scappare e diventa un cacciatore di pelli, ma ben presto si accorge dell'enorme potenziale economico delle foreste nordamericane e decide che lo scopo della sua vita sarà trovare il modo di sfruttarlo. Annie Proulx segue i discendenti di Sel e Duquet nel corso di tre secoli, accompagnandoli nei loro spostamenti dal Nord America all'Europa, dalla Cina alla Nuova Zelanda, in una lunga e avvincente storia di vendette, amori, incidenti, pestilenze e conflitti, in cui alla distruzione delle foreste si accompagna quella dei popoli che le abitano.
Ezra Pound (Hailey 1885, Venezia 1972) è uno degli spartiacque della letteratura del Novecento: con l'epica dei suoi "Cantos" ha osato una "Divina Commedia" per il nostro tempo ed è stato, inoltre, un impareggiabile e generoso "cacciatore di talenti". Fu tra i primi a riconoscere e promuovere il genio di Joyce, T.S. Eliot e Hemingway. Eppure, il suo nome divide ancora ed è circondato da fantasmi e logori cliché che impediscono di toccare il cuore profondo della sua poesia e della sua umanità. Alessandro Rivali ha incontrato la figlia di Pound, Mary de Rachewiltz, nel castello di Brunnenburg, dove lei andò ad abitare nel dopoguerra, mentre il padre era detenuto nel manicomio criminale St. Elizabeths di Washington, accusato di tradimento dal governo americano. Proprio il castello avrebbe dovuto rappresentare un luogo dello spirito, una sorta di "EzUversity". Del resto Mary aveva appreso da Pound quanto alto fosse il valore dell'insegnamento; lui, prima della guerra, aveva chiesto alla giovanissima figlia di affrontare la traduzione di alcune parti dei "Cantos". La speranza di Mary era che, una volta libero, il padre potesse trovare rifugio nel silenzio di Brunnenburg e tornare a dedicarsi a ciò che più amava. L'approdo al castello nell'estate del '58 segnò in effetti una tappa decisiva nel lavoro di Pound, l'ultimo scorcio della sua vita lo avrebbe dedicato al compimento del "Paradiso", la parte finale del suo poema: frammenti così densi di verità e tenerezza da diventare il suo testamento più sincero. Ancora una volta era Dante la misura della sua ambizione. Ed è proprio intorno alla sezione conclusiva dei "Cantos" e al senso di solitudine che Pound avvertì al suo ritorno in Italia che ruotano queste conversazioni tra Alessandro Rivali e Mary de Rachewiltz, iniziate ormai più di nove anni fa. Un avvincente romanzo familiare e, allo stesso tempo, una immaginifica ascensione al Paradiso di Pound, per scovare infine quella luce che "come un barlume ci riconduca allo splendore".
Tra le strade illuminate di Parigi Ruby si era immaginata una vita piena di fascino e magia. Ma adesso si sente perduta, nulla è andato come sperava. Non è più il tempo di scambiare confidenze e sogni con Charlotte, la bimba ebrea che vive nel suo palazzo, mentre ammirano Notre-Dame e ascoltano la Senna che scorre lenta. Perché la guerra fa sentire la sua eco minacciosa e Charlotte è costretta a portare la stella di David. Niente intorno a Ruby è più lo stesso. Tutto le fa paura. Finché un giorno un uomo ferito non bussa alla sua porta. È Thomas, pilota della RAF in cerca di aiuto per non cadere nelle mani naziste. Grazie a lui, Ruby scopre che esiste una rete nascosta di persone pronte a rischiare la loro vita per salvare quella di soldati alleati. Le basta un attimo per decidere di farne parte e prendersi cura di Thomas. Giorno dopo giorno la sua salute migliora e i due si avvicinano sempre di più, aprendo i loro cuori. Ma in quei tempi bui non c'è spazio per l'amore. C'è spazio solo per l'orrore: migliaia di ebrei vengono deportati nei campi di concentramento. Charlotte è in pericolo e Ruby è l'unica che può aiutarla. Anche se questo vuol dire mettere la vita della bambina davanti alla sua stessa felicità. Anche se questo potrebbe dire perdere Thomas per sempre.
Nella Roma spietata dei discendenti della dinastia Giulio-Claudia, Nerone rischia la vita più di una volta a causa del suo sangue reale: prima per mano di Caligola che cerca di annegarlo quando è poco più di un bambino, poi quando la sua prozia tenta di imporre suo figlio nella linea dinastica. Nerone impara così una dura lezione: la crudeltà è l'unica alternativa alla morte. Cresciuto nell'amore per l'arte e per la cultura dei greci, il futuro imperatore capisce presto che ogni passo può essere l'ultimo nel covo di serpenti che è la Roma del tempo. Ma ancor più che dalle macchinazioni dei suoi nemici, Nerone deve guardarsi dalla persona a lui più vicina: sua madre Agrippina, una donna ambiziosa e spietata, il cui unico obiettivo è il controllo dell'impero. E proprio quando, attraverso inganni e subdoli espedienti, Agrippina conduce suo figlio ai livelli più alti del potere politico, Nerone riesce a liberarsi dalla feroce presa della madre e a compiere il suo destino, lasciando un segno indelebile nella storia.
La statua della libertà, alta ed imponente, svetta all'orizzonte. Jende e sua moglie Neni sono arrivati da poco in quella città inseguendo quello che tutti chiamano il «sogno americano». Sogno che per loro vuol dire una nuova possibilità, un nuovo inizio. Eppure la vita nella Grande Mela non è facile per chi deve guadagnarsi ogni più piccolo traguardo. Fino al giorno in cui hanno la loro occasione: Jende viene assunto come autista da Mr. Clark, amministratore di una delle più importante società finanziarie di Wall Street, e Neni come cameriera in casa sua. Questo vuol dire una stabilità economica. Ma anche poter osservare da vicino chi è riuscito a raggiungere l'agognato «sogno americano». Jende, pur accompagnando solamente l'uomo ai vari appuntamenti, impara giorno dopo giorno sempre più dettagli della sua vita. Una vita che non è affatto dorata, non è affatto un sogno a cui aggrapparsi, ma una chimera. Perché dietro la maschera della famiglia perfetta si nascondono paure, segreti, bugie. Legami fragili che un solo soffio di vento può spezzare. Jende e Neni capiscono che i sogni a volte sono solamente un'illusione e possono portare lontano dalla felicità. Per questo hanno davanti una scelta: credere ancora e lottare o abbandonare le illusioni e fare pace con la realtà.
«La scarica di adrenalina adesso era una locomotiva in corsa nelle sue vene. Nel profondo di sé, Renée Ballard sapeva che era per via di momenti come questo che non avrebbe mai mollato, qualsiasi cosa dicessero di lei, in qualsiasi turno la obbligassero a lavorare.» La polizia di Los Angeles non è stata gentile con Renée Ballard: ex reporter di nera, è entrata in polizia stufa di scrivere di crimini, e impaziente di risolverne qualcuno, e in poco tempo è diventata detective alla Omicidi. Ma poi qualcosa è andato storto. E adesso la detective Ballard è relegata al turno di notte, insieme al collega Jenkins, a godersi dagli scomodissimi posti in prima fila quello che in polizia chiamano "l'ultimo spettacolo". Ciò che di peggio la notte losangelina ha da offrire. Qualunque cosa accada, però, alle sette del mattino il turno finisce: l'ultimo giro di ruota della notte non consente mai ai detective dell'"ultimo spettacolo" di vedere un crimine risolto, di seguire un caso fino alla fine. E così anche questa notte. Un travestito picchiato selvaggiamente, trovato sul lungomare in punto di morte; una cameriera aspirante attrice freddata sul pavimento del Dancers, un locale di Hollywood. Ballard e Jenkins sono subito sulle scene del crimine. Ma stavolta Renée, che non è famosa per l'amore delle regole, decide di fregarsene delle procedure: perché dietro i due crimini ha intravisto più che un casuale scoppio di violenza. In una Los Angeles nera come non mai, Michael Connelly ambienta una nuova storia, intrecciando più casi e soprattutto presentandoci un nuovo personaggio - destinato a incontrarsi presto anche con Harry Bosch -, una detective tosta, solitaria e dalla corazza durissima. Una che non ha nessuna intenzione di mollare.
Quando Ernt Allbright torna dalla guerra del Vietnam è un uomo profondamente instabile. Dopo aver perso l'ennesimo posto di lavoro, prende una decisione impulsiva: trasferirsi con tutta la famiglia nella selvaggia Alaska, l'ultima frontiera americana, e cominciare una nuova vita. Sua figlia Leni, tredici anni, è nel pieno del tumulto adolescenziale: soffre per i continui litigi dei genitori e spera che questo cambiamento porti a tutti un futuro migliore. Mentre Cora, sua moglie, è pronta a fare qualsiasi cosa per l'uomo che ama, anche se questo vuol dire seguirlo in un'avventura sconosciuta. All'inizio l'Alaska sembra la risposta ai loro bisogni: in un remoto paesino, gli Allbright si uniscono a una comunità di uomini e donne estremamente temprati, fieri di essere autosufficienti in un territorio così ostile. Però quando l'inverno avanza e il buio invade ogni cosa, il fragile stato mentale di Ernt peggiora e il delicato equilibrio della famiglia comincia a vacillare. Ora, i tanto temuti pericoli esterni - il ghiaccio, la mancanza di provviste, gli orsi - sembrano nulla in confronto alle minacce che provengono dall'interno del loro nucleo famigliare. Chiusi in un rifugio angusto, ricoperto di neve e immerso in una notte che può durare fino a diciotto ore, Leni e sua madre devono affrontare una cruda verità: sono sole. In quel luogo feroce, ai confini del mondo, non c'è nessuno che possa salvarle. "Il grande inverno" ci conduce in una terra dove bellezza e pericolo sono una cosa sola, per raccontarci la storia di una madre e una figlia, due eroine in lotta con una natura selvaggia e le paure più grandi dell'animo umano.
Nel 1995, mentre il mondo impara a usare le email e a comunicare via internet, Selin è una matricola a Harvard. Per lei comunicare, con o senza internet, è sempre stato un problema. Il suo rapporto con il mondo passa soltanto attraverso i romanzi: e cosi tutto della vita universitaria le pare assurdo. Il cavo Ethernet della connessione di dipartimento serve per impiccarsi? Se si compra tequila per la festa, come mai anche il sale? E perché nessuno si rende conto di desiderare solo ciò che non può avere? Quando però incontra Ivan tutto cambia. E per la prima volta capisce quanto è bizzarro e doloroso il desiderio e quanto è difficile ottenere ciò che si vuole davvero. Elif Batuman fa, con una grazia e un umorismo davvero unici, qualcosa di straordinario: il racconto della giovinezza. Di quel tempo, cioè, in cui ogni esperienza ci viene incontro come se fosse la prima volta, di quell'epoca della vita (l'unica) in cui impariamo tutto, sempre, in ogni momento. Ma anche di quell'età di cui, come diceva Proust, non ripeteremmo nulla, di quei giorni che rivisti oggi, per quanto offuscati dal filtro della nostalgia, ci appaiono come una lunga e disperante sequela di errori, passi falsi, malintesi. Di idiozie. Un tempo pieno di noia e giri a vuoto, ma che allora ci sembrava pieno di senso, decisivo, eccitante (domanda: quindi cos'è che rende significativi certi fatti della vita e altri meno? Non sarà forse il modo in cui li raccontiamo, dice Batuman, il modo in cui ne facciamo letteratura?)
"Asimmetria" è un romanzo come non ne avete mai letti. Esplora con originalità e intelligenza, umorismo ed eleganza le relazioni asimmetriche della vita. Alice ha venticinque anni, vive a New York e lavora per una casa editrice. Una domenica, mentre legge seduta su una panchina di Central Park, incontra un signore divertente e affascinante, quarant'anni più vecchio, che Alice riconosce subito come Ezra Blazer, il leggendario Premio Pulitzer per la letteratura universalmente ammirato. Fra i due nasce una tenera storia d'amore. Amar è un economista iracheno-americano che fa scalo a Heathrow sulla via per l'Iraq, dove è diretto per andare a trovare il fratello. Trattenuto per motivi contorti dalla polizia, passa il weekend in custodia all'aeroporto e ripensa a tutta la sua vita. Gioventù e vecchiaia, Occidente e Medio Oriente, equità e ingiustizia, fortuna e talento, personale e politico: Lisa Halliday riesce a tenere insieme tutto questo e a dirci qualcosa di importante sugli strani tempi che stiamo vivendo.
Mark Twain è stato un autore dissacrante, sempre arguto e ironico nei confronti dei codici morali e delle convenzioni che strutturano le consuetudini tradizionali di vita. Nelle storie qui raccolte - scritte nel suo periodo creativo più fertile, dal 1863 al 1895 - la sua verve umoristica e polemica diventa assoluta protagonista. Ed ecco in rapida sequenza: i consigli spregiudicati a bambini e bambine, gli approcci irriverenti alla retorica sui "Padri della Patria" e la graffiante ironia nei confronti della religione e del perbenismo. Ma anche il ribaltamento di trame edulcorate e moraleggianti, cattivi che hanno successo e buoni che falliscono miseramente, un mondo civile e politico messo alla berlina a volte in maniera macabra. Per non parlare poi delle riflessioni al vetriolo sull'ansia di rispettabilità, sull'ipocrisia diffusa, sulla filosofia della "legge e ordine" e degli aspri attacchi al razzismo della società americana... Quella che risuona con vigore in questi racconti è la voce di grande attualità e fuori da ogni schema di Twain: un salutare antidoto ai luoghi comuni e al razzismo. Un grande scrittore libertario.