La domenica era e dovrebbe continuare ad essere un tempo privilegiato per riposare, fermarsi e pensare. Il problema è che a volte per pensare, riflettere ci vuole un’idea, un input, qualcuno o qualcosa che ci risvegli dal sonno soporoso del nostro «fare» quotidiano. La tradizione ebraica, nel giorno dello Shabbat, e quella cristiana, nel giorno della Resurrezione, offrono da più di duemila anni una Parola che si rivolge sempre nuova all’uomo e alla donna nell’oggi della storia. Compren- dere questa Parola, però, non è sempre facile; scritta tantissimo tempo fa in modi, lingue e ambienti lonta- ni, richiede delle chiavi di lettura per dischiudere quel messaggio attuale che interpella il lettore di oggi. Di fronte ad essa spesso ci si ritrova come l’etiope che Fi- lippo incontra sulla strada verso Gaza. Vedendolo con il libro del profeta Isaia in mano, gli chiede: «capisci quello che stai leggendo?» E quegli risponde: «E come potrei capire se nessuno mi guida?» (At 8,30-31). Da qui il desiderio, da parte dell’autrice, di mettere a dispo- sizione la propria competenza biblica e teologica per offrire anche ai «non addetti ai lavori» delle chiavi di comprensione e degli spunti di riflessione sulla Paro- la che la liturgia domenicale offre ai credenti e, perché no?, anche ai non credenti di oggi.
Età di lettura: da 6 anni.
Ancora un libro di don Antonio Mazzi!?! Sì, ma questa volta è la sua autobiografia: finalmente si può capire cosa ha in quella testa così bacata da proporre idee e pensieri che fanno impazzire alcuni e incazzare altri, tanti altri. Soprattutto però mette a nudo il suo cuore, un cuore grande, così grande da riempirsi di tutte le debolezze, le fragilità, le schifezze che gli altri volentieri schivano o fanno finta di non vedere. «In questo libro non esiste la logica e, tanto meno, la continuità. Esiste la mia anima, perforata dalle vicende che la vita e il Padreterno mi hanno elargito con generosità. Un'anima che va avanti e indietro tra episodi, preghiere, riflessioni, dubbi, domande, gioie, tragedie. Ho raccontato perciò, alla mia maniera, la mia vita. Ripeto: non c'è logica, ma solo la mia anima sgangherata, la mia spiritualità grossolana, sparpagliata tra notti insonni, piccole vittorie, disfatte oceaniche e preghiere dislessiche. Perché in tutto questo ci sta il mio Dio. Non lo dico "mio" perché lo possiedo. Lo dico mio perché non so se sia anche quello degli altri, dei cosiddetti normali».
Tre brevi racconti sul Natale. Lawrence, Boschesi e Rostand descrivono tre diversi aspetti della magia del Natale.
Nelle parole di Madre Teresa, la vera essenza del Natale: il messaggio di pace e speranza da trasmettere a tutti gli uomini.
Una suggestiva poesia dello scrittore russo Boris Pasternak descrive tutto l'incanto della notte di Natale.
Un libricino sulle aspettative, i desideri e i sogni che l'arrivo del nuovo anno porta con sé.
Uno dei modi più semplici ma allo stesso tempo più accattivanti di raccontare il Natale è il presepe: di fronte ad esso, sempre nei secoli che si sono succeduti, le genti "restajeno 'ncantate a boccapierte", a bocca aperta, come l'intera umanità di fronte alla gioia di un Dio che si fa Bambino per la nostra salvezza. Iniziando dal presepe di san Francesco a Greccio, don Gennaro Matino ci introduce nei segreti del presepe e dei suoi protagonisti, che proprio nella loro semplicità sono carichi di straordinarie ricchezze di fede, di arte, di luce, per cui - come scrisse il prete poeta Mattia Del Piano - «quanno nascette Ninno a Betlemme era notte e pareva miezo juorno».
La figura di padre Matteo La Grua è centrale nell'ambito della lotta contro il diavolo, ma non solo: se lo stesso Amorth lo cita come uno dei sacerdoti con grandi doni carismatici in questo ambito, padre La Grua è stato anche molto di più. Padre spirituale dai doni di discernimento straordinari; figura di spicco nell'ambito del Rinnovamento nello Spirito; baluardo di testimonianza cristiana nella Palermo mafiosa... Il presente libro racconta la vita del francescano attraverso un'intervista che l'autrice stessa ha raccolto dalla sua viva voce, facendo rivivere con freschezza la sua figura. A cinque anni dalla morte, padre La Grua rimane uno dei punti di riferimento per ogni seria riflessione sul discernimento cristiano delle anime, che lui chiamava "cristoterapia" e che ancora oggi può venire in soccorso dei molti che, senza soluzione di continuità, continuano a invocarne presenza e vicinanza, come ai tempi in cui di lui si raccontava come aprisse la porta «a tutti, dalla duchessa di Aosta all'ultimo dei poveri del quartiere, persone con problemi di ordine fisico, che si accostavano alle preghiere di guarigione, ma anche con mali spirituali, bisognosi di un consiglio. Fino agli ultimi giorni di vita di padre Matteo (scomparso nel gennaio 2012 all'età di 97 anni) i fedeli hanno continuato a bussare incessantemente alla porta della piccola segreteria».
Nella liturgia si fa uso abbondante della parola e troppo "vociferare" è la spia di un disagio nei confronti della parola stessa, sovente ridotta a veicolo superfluo del messaggio da trasmettere. La parola liturgica nella trama del rito è, invece, linguaggio che agisce mentre viene messo in atto fino a scolpire la dimensione più intima di chi la proferisce e di chi la ascolta. Riscoprire questa potenzialità della parola nel vivere quotidiano e nel rito è una risorsa di non poco conto. È, dunque, urgente una migliore consapevolezza della parola nella liturgia, nell'amalgama dei vari codici comunicativi, affinché la liturgia possa "prendere la parola" nel cammino di fede degli uomini.
Ha ancora senso, oggi, parlare di stile "paterno" e "materno" nell'educazione? I cambiamenti sociali e antropologici a cui è sottoposta la famiglia mettono a dura prova il sistema, spiega l'autore, eppure padri e madri non debbono rinunciare o smarrire il proprio ruolo. È arrivato il momento di realizzare, dice Aceti, quello che ormai molti operatori sociali ed educativi sperano: l'alfabetizzazione genitoriale obbligatoria. Se la madre rappresenta per ciascun bambino la sicurezza, la tranquillità, «è grazie al padre che il bambino potrà, una volta separato dalla madre e rassicurato dalla interiorizzazione della figura femminile, entrare davvero nella società e nella realtà», spiega Aceti. «Solo un padre che 'separa' il bambino dalla madre potrà aiutarlo a divenire autonomo».
«Non amo la morte come fine, ma la amo come inizio. Non come morte ma come lasciapassare alla Vita, quella che non ha scadenze di tempo, la amo non per ciò che toglie, ma per ciò che dona». Con queste parole suor Lina Farronato introduce le pagine di speranza e di meditazione che il lettore si trova davanti. Di fronte alla morte, infatti, tutti ci sentiamo indifesi, si tratti della nostra oppure di quella di qualche nostro caro: come pregare, come riflettere mantenendo i cuori aperti alla luce e alla speranza? Dalla meditazione biblica sul morire e sul dopo la vita, attraverso la preghiera dei Padri della Chiesa e delle figure spirituali a noi contemporanee, suor Lina ci conduce in una riflessione dettata da grandi anime, che fa di questo libro un piccolo breviario che mette sempre e continuamente al centro la vita pensata come eterna, aperta a un futuro che non verrà meno.