Come possono due persone, quasi della stessa età, con formazione simile e con lo stesso interesse professionale per la scienza, approdare a posizioni divergenti riguardo al mistero che precede la scienza stessa, cioè l’origine e l’esistenza del cosmo e di noi stessi?
Per rispondere a questa sorta di “giallo filosofico”, i due autori hanno sviluppato in queste pagine un dialogo serrato sugli aspetti principali della religione, senza la pretesa di porre fine a questioni secolari, ma con l’intento di meglio definire e comprendere le reciproche posizioni.
Pur partendo da prospettive opposte (cristiano l’uno, agnostico l’altro), infatti, attraverso il dialogo – come ci hanno mostrato Platone e Galileo – si possono scoprire nuove vie di accesso alla verità filosofica o scientifica.
Anche noi, come il Sigismondo di Calderón de la Barca, ci troviamo a vivere in un mondo complesso e inspiegabile, meraviglioso e terribile, che ci apre a mille interrogativi.
Il passaggio periodico delle comete, con le sue catastrofiche conseguenze, non ha soltanto inciso sull'aspetto fisico del pianeta, ma ha indirizzato la storia dell'umanità, segnandone i punti di svolta. Questa la tesi esposta dall'astrofisico Fred Hoyle nella celebre conferenza pronunciata alla Frick Collection di New York nel 1993. Limpido, ironico e incalzante, lo scienziato affronta ed estende il tema delle origini; lo fa con l'abilità narrativa del divulgatore ispirato e con il tono di sfida dello studioso attento a diffidare delle opinioni consolidate. Hoyle spiega come le esplosioni di bolidi a contatto con l'atmosfera e le piogge di meteo riti abbiano posto fine alla glaciazione, permettendo l'inizio della civiltà, e siano state all'origine di una scoperta fondamentale come la fusione dei metalli. Le comete hanno poi lasciato il segno sui miti omerici, gli eventi biblici e la forma delle piramidi; e hanno influito in maniera decisiva sulla caduta di Roma e sull'ascesa dei monoteismi. Si delineano così gli elementi per un possibile fondamento scientifico della Storia, e l'opportunità di non trovarci impreparati, tra un secolo, di fronte al prossimo impatto previsto.
Cosa ci rende unici come specie? Qual è la caratteristica che ci avvicina al divino? Per Matthew Fox è proprio la creatività, il potere dell'immaginazione, la nostra capacità di trasformare ed evolverci. In questo saggio profondo ma scritto in un linguaggio semplice, avvalendosi delle scoperte scientifiche così come delle sacre scritture e delle tradizioni spirituali e religiose orientali, Fox spiega che la creatività può rivolgersi al bene, assumendo un potere salvifico, come al male, sprofondando nel demoniaco, ma è il tratto vitale degli esseri umani, ciò che ci rende artefici e responsabili della nostra storia. Nel "caos" della vita contemporanea, dove in gioco c'è la sopravvivenza della specie e quella della terra nel suo complesso, servono coraggio, rischio e innovazione. Dando una sua innovativa lettura del "peccato originale", della figura del Cristo storico e di alcuni miti fondativi come quello di Prometeo, Fox stila un appello a coltivare ed esprimere la creatività, andando anche contro l'insegnamento della Chiesa ufficiale che spesso si concentra esclusivamente sull'obbedienza.
Il volume prende avvio dalla convinzione dell'autore che sia possibile e necessaria la comunicazione tra scienza e religione. Lo scopo è quello di fondare un discorso condiviso che superi lo smarrimento della società "liquida", nonostante l'assenza di un "quadro valoriale". Il saggio si rivolge a chi ritiene che la scienza possa aiutare gli indifferenti e gli apatici a riflettere sulla verità, mentre la fede può aiutarli a capire il mondo.
Il testo è una riflessione sull’evoluzione della vita e dell’uomo vista da uno scienziato che cerca un collegamento ideale tra Darwin e Gesù.
L’autore proviene da una formazione religiosa, rimessa però in discussione durante il suo percorso di studio e professionale, fino al punto da rifiutare la fede, soprattutto là dove le manifestazioni religiose entrano in contrasto con il dato scientifico. Tuttavia proprio la scoperta di Darwin (e della sua teoria dell’evoluzione)
gli permetterà di riscoprire anche l’attualità di Gesù e del suo messaggio (l’amore verso ogni persona) come ciò che permette all’uomo di andare oltre i limiti imposti dalla propria struttura genetica: «Questo messaggio, autenticamente salvatore nel senso etimologico del termine, indica la strada che l’umanità deve intraprendere e che deve trasmettere culturalmente alla sua discendenza per contrastare gli attributi genetici nocivi che la selezione naturale ha conservato in sé nel corso delle sue remote origini africane».
L’AUTORE
Christian de Duve è un biochimico belga, premio Nobel per la medicina nel 1974 per i suoi studi sui meccanismi biologici fondamentali della cellula. Dal 10 aprile 1970 è membro della Pontificia Accademia delle Scienze.
Questo volume offre uno sguardo attento alla dimensione spirituale dell'uomo nel contesto ipertecnologico dei nostri giorni e del prossimo futuro. Il testo si arricchisce di tre schede didattiche per la riflessione personale e di gruppo.
Come possono conciliarsi fede e scienza? Il bene e la dimensione etica dell'uomo sono naturali o innaturali? Cosa resta di noi e delle nostre coscienze una volta spente tutte le funzioni del cervello? E soprattutto: nell'universo è possibile rintracciare un fine capace di sottrarre le nostre vite alla casualità che pare dominarle? Su questi fondamentali interrogativi il filosofo ateo Paolo Flores D'Arcais e il teologo credente Vito Mancuso si confrontano senza esclusione di colpi in un dialogo aspro, fatto di parate e affondi, memore delle dispute medioevali. Da prospettive che appaiono inconciliabili, "Il caso o la speranza?" affronta i grandi temi della nostra esistenza in maniera originale e profonda: gli autori dialogano con passione, scegliendo di non eludere le profonde differenze tra i loro diversi punti di vista, ma al contrario di scandagliarle e di esporle alla critica l'uno dell'altro. Li anima un autentico rispetto personale. E li guida la ferma convinzione che - come dice Mancuso - "dialogare... è esporre se stessi alla forza e al rigore del ragionamento"; e che - nelle parole di Flores D'Arcais "la filosofia è un dialogo, ininterrotto".
Una ricerca interdisciplinare tra scienze naturali e teologia per un confronto e un dialogo costruttivo.
In un panorama culturale sempre più sensibile alla relazione sinergica tra scienze naturali e teologia il volume raccoglie il risultato di un programma di ricerca che vuole realizzare un duplice scopo. Stimolare alcuni esponenti dell’ambito tecnologico, delle scienze naturali, del sapere filosofico e teologico ad evidenziare, secondo la propria prospettiva, questioni e temi circa l’intelligibilità del reale. Successivamente, stabilire un costruttivo dialogo fra i cultori delle varie forme di sapere coinvolte. Il volume si apre con una relazione di carattere antropologico, e affronta il tema della “sofferenza” da un punto di vista filosofico e poi teologico e si sofferma sull’intelligibilità del sapere umano con una riflessione sull’arte medica. In seguito si esamina il tema dell’intelligibilità del reale fisico, tramite la nozione fisica di “sistema complesso”, di concetto di “modello”, e sulla nozione di “macchina”.
Il curatore Sergio Rondinara insegna Epistemologia e cosmologia presso l’Istituto Universitario Sophia; Logica, e Filosofia della scienza presso la facoltà di filosofia dell’Università Pontificia Salesiana; Insegnamento della religione cattolica e scienze naturali presso l’ISSR “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense. Ricercatore in Religion&Science è autore di L’ambiente dell’uomo, Roma 1996, L’interpretazione del reale tra scienza e teologia, Roma 2007.
Dalla comparsa del celebre saggio di Darwin sull'Origine della specie (1859) il falso dilemma tra la teoria scientifica dell'evoluzione e la dottrina filosofica e teologica della creazione continua ad accendere gli animi e i dibattiti. Nel quadro di un confronto spesso sospettoso, su cui ancora si allunga l'ombra del "caso Galileo", la scienza tende a confinare la teologia nel deposito dei relitti di un "paleolitico intellettuale", mentre la teologia è tentata di perimetrare i campi della ricerca o di piegarne i risultati in chiave apologetica. Spesso ci si dimentica che la prima disciplina si dedica ai fatti, ai dati, alla "scena" e al "come", mentre la seconda si consacra ai valori, ai significati ultimi, al "fondamento", al "perché". Si tratta di due livelli metodologici, epistemologici e linguistici che appartengono a piani differenti ma che hanno pari dignità, perché ogni ricerca sulla vita umana e sul rapporto con l'universo esige una pluralità armonica di itinerari e di esiti.Assieme al testo di Luciano Lotti, Vita affettiva di Padre Pio. Mondo interiore e cura d'anime nei diari delle figlie spirituali, il volume dà avvio a una collana di brevi saggi di tema teologico, filosofico, storico, archeologico o di spiritualità, affrontati da specialisti di grande competenza, noti e meno noti, che offrono uno sguardo inedito sull'aspetto preso in considerazione. Si tratta di argomenti di interesse culturale che spesso intersecano l'attualità.
Scienze sperimentali e teologia sembrano destinate a non incontrarsi: si afferma che i loro percorsi dovrebbero restare separati, per evitare che si ripetano le interferenze e gli errori del passato. Michael Heller è però convinto che tale "principio di separazione" sia artificioso e contraddica la verità storica. Nell'intervista egli affronta domande rilevanti sia per la scienza sia per l'esperienza religiosa: in che rapporto sono le moderne teorie sull'origine dell'universo e la dottrina teologica della creazione del mondo "dal nulla"? Come si accorda la pratica del metodo sperimentale con la credenza in un Dio trascendente? L'idea di un ordinamento razionale del cosmo non è contraddetta dal ruolo che la scienza contemporanea attribuisce al "caso", nell'evoluzione della materia e della vita? Questi e altri temi sono approfonditi con una modalità accessibile a tutte le persone interessate alla questione della conciliabilità tra scienza e fede.
La voce delle scoperte scientifiche trova una eco e un senso profondo anche nel cuore della persona umana? La scienza ha oggi bisogno di riscoprire una passione autentica per l'uomo e per il suo bene? E per nutrire tale passione, la fede può aiutarla? "Conversazioni su scienza e fede" intende contribuire in modo originale a fornire una risposta a queste domande, proponendo il lavoro realizzato da un gruppo di studiosi riuniti nel Seminario Permanente del Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede della Pontificia Università della Santa Croce. L'iniziativa ha coinvolto, con incontri periodici, oltre un centinaio di giovani ricercatori provenienti da tutta Italia, impegnandoli sulle maggiori questioni inerenti il rapporto fra fede e ragione. I temi trattati sono stati oggetto di interviste a specialisti di diversa formazione e orientamento (Luigi Cuccurullo, Alessandro Giuliani, Giorgio Israel, Rafael Martínez, Giulio Maspero, Alberto Strumia, Giuseppe Tanzella-Nitti), e vengono qui proposte al pubblico sotto forma di conversazioni. Usando un linguaggio accessibile e diretto, queste interviste non temono di affrontare le questioni maggiormente dibattute dall'opinione pubblica: dall'origine dell'universo alla domanda sul finalismo, dall'origine dell'uomo al senso del progresso, dal rapporto fra Dio e natura alle esigenze del lavoro scientifico, dalle questioni suscitate dal transumanesimo agli orientamenti da dare a una buona divulgazione scientifica.
L'autore in questo scritto enuclea i molteplici motivi per cui l'anima è di vitale importanza per l'uomo. Essa è la totalità essenziale del suo conoscere; è la consapevolezza e la convergenza finalizzata di ogni proprietà antropologica. L'anima è il vedere nel buio del nulla. L'anima è realtà unitaria e sussistente; è il principio assoluto della vita che permea il soma corporeo dell'uomo e ne stabilisce funzioni e strutture. Ogni micro-funzionalità biologica e psichica è nell'immanenza un vero principio ordinante dell'anima, sin nelle sue più intime forme organizzate fisico-chimiche, con l'assoluta supremazia della logica. Mentre cervello e neuroni si sciolgono in polvere cosmica inerte nell'attimo in cui la consistenza sovrastante dell'anima scompare con le proprie mentali dinamiche e divine strutture, l'anima invece perdura.