Per alcuni è rassegnato passaggio verso anni di decadimento fisico, inoperosità forzata e solitudine. Per altri una lontana minaccia da sfuggire con l'aiuto di pratiche salutistiche e attività appaganti. Comunque la si viva, la vecchiaia spesso fa paura o porta con sé la malinconia del tramonto. Eppure è diventata un tempo importante dell'esistenza, ben più lungo di quanto era fino a pochi decenni fa, e si presenta, in mancanza di modelli, come un'età da inventare. Vincenzo Paglia, che da anni studia e si occupa delle esperienze e dei bisogni delle persone anziane, propone in queste pagine una visione penetrante e innovativa della vecchiaia. Un periodo libero dalla tirannia della produttività e disponibile per edificare legami, momenti di ascolto delle proprie domande e di quelle degli altri. Anni scanditi non più dal calendario degli impegni ma dal tempo degli affetti, della riflessione, del contributo offerto alla comunità. I vecchi insegnano la bellezza di trasmettere e prendersi cura della vita e quando, col corpo indebolito e la mente confusa, diventano faticosi e difficili da amare, ci ricordano che la fragilità è una condizione comune a tutti e l'autosufficienza una sciocca illusione. Questa consapevolezza della dipendenza come radicale bisogno umano è il grande dono della vecchiaia alle generazioni più giovani. Ed è, al tempo stesso, l'orizzonte spirituale che permette di dare senso al ciclo della vita, di proiettare le proprie speranze nel futuro di cui si sono gettati i semi e, infine, di sentire la vecchiaia stessa come un compimento, una destinazione verso l'Eterno.
"Lampada per i miei passi è la tua parola" (Sal 119,105). La parola di Dio che illumina il nostro cammino è una parola di amore, che ci invita alla comunione fornendoci così criteri validi per le nostre scelte. La prudenza è la virtù che discerne in ogni circostanza ciò che l'amore ci chiama a compiere qui ed ora. Contribuire alla riscoperta del ruolo centrale della prudenza è uno dei tanti meriti del Professor Livio Melina, che questo volume intende onorare. In queste pagine viene valorizzato il suo contributo sia al rinnovamento della teologia morale in generale, sia alla missione e alla promozione del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, che egli ha guidato in qualità di Preside per ben dieci anni dal 2006 al 2016. Questo libro raccoglie gli interventi sia di alte personalità di ambito ecclesiastico, che hanno condiviso un cammino importante con il Professor Melina, sia di alcuni suoi colleghi accademici dell'Istituto Giovanni Paolo II e di altre università, nonché di diversi docenti che sono stati i suoi dottorandi. Ognuno di questi contributi testimonia la fecondità di un insegnamento e di una vita al servizio della Chiesa.
Due generazioni a confronto su Giuseppe di Nazareth: l'uomo, il padre, lo sposo. Il Patrono della chiesa universale, in questo anno che il pontefice ha voluto a lui dedicare, è anche molto altro in realtà. Vorrebbe comprenderlo un giovane come Giuseppe, che con la penna e il microfono ha sempre interrogato la fede negli aspetti più silenziosi. In queste pagine sarà un pastore a rispondere, un arcivescovo che non avrebbe bisogno di dar voce ad un santo così popolare, se non fosse per riflettere su altre sfaccettature della paternità, in San Giuseppe come in ogni genitore, di oggi e di domani. Mons. Seccia risponde dunque alle provocazioni, ai pensieri, agli interrogativi del giovane conduttore, ma con gli occhi di un padre di anime, dentro e fuori la Chiesa.
La questione del tempo, di come usarlo e non sprecarlo, in una società sempre più tecnologica in cui il lavoro verrà presto a mancare.
La ricerca della felicità accomuna tutti gli uomini, al di là di ogni differenza. È il motore del mondo, il fine cui tendono tutte le nostre azioni. Raggiungerla è una sorta di "privilegio". Basti pensare che nella tradizione ellenistica era appannaggio pressoché esclusivo degli dèi, a cui - unici tra tutti gli esseri - era riservato l'attributo di makarios (beato). Oggi, più democraticamente, la riteniamo un diritto. A volte bisogna lottare, essa è l'ambìto premio nella lunga gara dell'esistenza, ed è qualcosa di straordinario, non può essere la condizione normale della vita: «La felicità, quella specie di spasimo dell'anima, non può durare che poco: sarebbe insopportabile, sennò» (Carlo Cassola). Talvolta, invece, «la felicità è una ricompensa che arriva a chi non l'ha cercata» (Émile-Auguste Chartier): si tratta solo di saper aspettare. Capita infatti che in un solo istante una gioia inattesa faccia capolino, e rischiari un'esistenza. La felicità, infatti, è composta anche «di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore», come spiega Richard Bach nel famoso Gabbiano Jonathan Livingston. La felicità è una direzione e non un luogo, per questo abbiamo bisogno di orientamenti per aspirare a una vita felice. Ecco dunque spiegata la funzione di questo libro, che offre 365 letture memorabili per attingere ispirazioni utili ad affrontare la vita di ogni giorno.
Se Dio esiste non può essere ostaggio della cultura o dell'erudizione, deve essere comprensibile nella sua esistenza anche per chi non ha familiarità con dotte argomentazioni di carattere strettamente filosofico e scientifico. Attraverso le storie concrete delle persone, queste pagine fanno emergere come Dio sia inscritto nell'interiorità di ogni uomo e come e perché oggi non se ne trovi più traccia. Cos'è il male? Perché il dolore? Perché l'amare? Dove trovare il senso di ogni nascere per capire ogni morire? Dov'è Dio in questa "oscura selva" dell'umanità? L'uomo è in "sé stesso" prova dell'esistenza di Dio, molto più di tutto ciò che lo circonda, perché "egli stesso" è la via a Dio.
L'evento della fede coincide con la consegna di un racconto, che si ripete di generazione in generazione. È stato così per Israele ed è ancora così per i credenti in Gesù di Nazareth. Non si tratta della trasmissione di una dottrina ma della narrazione di un'esperienza. Nella pluralità costitutiva della Chiesa ogni comunità ha il proprio modo di raccontare la fede, la propria esperienza del Vangelo. È con l'intento di mettere in mano ad altri il seme della propria fede che in queste pagine una comunità si racconta. Storie, personaggi, vicende della vita della comunità di San Pietro in Modica aspirano qui a diventare, nella loro frammentaria, piccola realtà, un ponte gettato verso altri e affidato alla memoria amante e creatrice di Dio.
"Perché la mia gioia sia in voi" (Gv 15,11). Gesù parla della sua gioia come di un'esperienza di amore: egli si è sentito amato e rimane nell'amore del Padre fino alla fine. La gioia dell'amore del Padre è ciò che ha riempito tutta la sua vita, ne è il senso, un senso che viene lasciato in eredità ai discepoli perché essi ne facciano tesoro e diventi anche la loro gioia. Se è vero, come afferma papa Francesco, che la gioia evangelica "è il respiro, il modo di esprimersi del cristiano", è nostra responsabilità riappropriarci delle ragioni profonde della gioia che sono al cuore della nostra fede.
Oggi la morte è diventata come un tabù: una realtà da ignorare, da non nominare, quasi abbia un potere malefico, un’efficacia di condizionamento negativo il solo pensarla, il solo considerarla; una realtà da bandire, da tenere ai margini del proprio vissuto interiore, da rimuovere psicologicamente, per impedire di rattristare, con la sua lugubre ombra, il quotidiano slancio di vivere. E invece – ci dice l’Autore – dovremmo ritrovare il coraggio di guardarla e di pensarla, per vivere di più e meglio.
Note sull'autore
Nino Sammartano è nato nel 1952 a Marsala, dove vive dopo aver lavorato come docente di materie letterarie al Liceo Classico. Impegnato come Salesiano Cooperatore nella formazione dei giovani e delle famiglie, nonché nel volontariato sociale, ha scritto numerosi saggi pedagogico-spirituali, fra i quali sono da ricordare almeno Il vangelo dell’uomo (La Medusa Editrice, 2009), Genitori del sì, genitori del no (Effatà Editrice, 2010), La frontiera dell’ecologia umana (La Medusa Editrice, 2016).
La presente ricerca si muove nel campo dell'esegesi patristica e vuole fare luce sul rapporto fra due grandi autori del pensiero patristico: Origene e Massimo il Confessore. Se il primo si pone agli esordi del cammino teologico della Chiesa, il secondo si colloca in una fase già di piena maturità per la patristica greca e per la teologia cristiana in generale. Il presente lavoro, prendendo in esame le Quaestiones ad Thalassium, la maggiore fra le opere esegetiche del Confessore, ribalta alcune valutazioni divenute abituali fra gli studiosi e mette in luce come proprio in riferimento all'interpretazione della Sacra Scrittura, Massimo consideri irrinunciabile il ricorso ai principi ermeneutici messi a punto da Origene e ne difenda il valore ecclesiale contro le critiche veementi di vari detrattori. L'indagine si allarga anche ai molteplici temi spirituali dell'opera massimiana, alla delicata questione dell'antigiudaismo, ad approfondimenti storici relativi all'ambiente monastico del tempo e alle tensioni ancora molto vive all'interno della Chiesa, dovute alle aspre polemiche fra rigidi letteralisti e difensori dell'interpretazione spirituale della Scrittura.
La Quaresima è il simbolo della vita di ogni persona che, soprattutto nella prova, ha bisogno di essere consolata e orientata dalla Scrittura. Qualsiasi sia la prova, essa può sempre diventare il tempo privilegiato per ascoltare l'invito del Signore che conduce alla pienezza. Non siamo nati per soffrire. E nessuna sofferenza deve restare sterile. L'arrivo della Pasqua, intesa come vittoria del bene sul male, della vita sulla morte, si applica sempre e a tutto. Se hai chiaro l'orizzonte, tutta la fatica diventerà più leggera. Queste brevi meditazioni, nate dal cuore di un parroco a sostegno della sua comunità, sono uno strumento semplice per nutrire la fede e la speranza per chi sta affrontando un tempo di sofferenza.
Il libro contiene gli Acta del Simposio Internazionale e della Mostra al Consiglio d’Europa dei 46 paesi, a Strasburgo, dedicati a Friedrich Josef Haass, cattolico, laico (nato a BadMünstereifel nel 1780, Land Rhein- Westfalen, con solida formazione umanistica). Sceglie di restare in Russia dove era stato invitato come medico della principessa Repnina. La sua capacità di aiutare i più poveri, i prigionieri, gli esiliati in Siberia è cresciuta con la nomina a membro del Comitato di Tutela delle prigioni di Mosca. Lo chiamano al modo russo più familiare Fëdor Petrovic Gaaz. La sua fama è viva presso cattolici e ortodossi: una leggenda metropolitana. La sua spiritualità e carità passa le frontiere dell’Occidente e dell’Oriente, le frontiere culturali e confessionali, interreligiose, raggiunge i non credenti, come medico degli ultimi. Muore nel 1853. Scrittori come Dostoevskij lo hanno apprezzato. Dal 28 settembre al 4 ottobre 2008, con un Simposio presso l’ENA e una Mostra nel Foyer desMinistres del Conseil d’Europe, abbiamo ricordato la luminosa figura di Friedrich Josef Haass con eminenti personalità del mondo accademico germanico, russo e italiano, addetti al mondo carcerario, uomini e donne di buona volontà.