Il volume tratta dei giudizi e, principalmente, delle critiche dei pagani sul conto dei cristiani, della loro fede e delle loro Scritture. Il campo d'indagine copre i primi quattro secoli. Il libro è articolato in due parti: la prima presenta, nel quadro della storia politica e culturale del periodo, i profili e le opere dei principali oppositori; la seconda passa in rassegna alcuni tra i più rilevanti temi di controversia. Emerge una rete di interazioni più fitta di quel che si possa prevedere: il pensiero teologico dei cristiani, così come la loro esegesi biblica, dové tenere conto di una lunga serie di accuse formulate in opere smarrite o censurate. Il testo vuole restituirci una storia scritta dalla prospettiva dei vinti. Questo nuovo punto di osservazione integra e completa quello solitamente già noto.
Leone Ginzburg fu un eroe della Resistenza. Un eroe mite e integerrimo che non imbracciò mai le armi: intellettuale formidabile, lavoratore tenace, antifascista irriducibile. Fu tra i fondatori della casa editrice Einaudi e mandò avanti una famiglia sotto le bombe e a dispetto di ogni persecuzione. Questa è la sua storia vera dal giorno in cui viene cacciato dall'università perché rifiuta di sottomettersi al fascismo, fino a quello in cui è ucciso in carcere dai nazisti. Una storia che ha origini lontane, e che l'autore ricostruisce con una nostalgia frenata dalla consapevolezza: scorrono davanti ai nostri occhi l'infanzia di Leone, le vicende della sua famiglia dalla Russia zarista e poi rivoluzionaria all'Italia di Mussolini, e poi gli studi e le amicizie, la decisione fatidica di prendere parte attiva alla lotta antifascista. Scurati trova, però, una chiave orginalissima per rievocare questa straordinaria figura: accanto a quella di Leone e Natalia Ginzburg, l'autore narra la storia dei propri nonni Antonio e Peppino, Ida e Angela, persone comuni ma nate anche loro all'inizio del secolo e vissute sotto il fascismo e le bombe della Seconda guerra mondiale. Perché il nostro è il tempo della cronaca, mentre quello che intesse la memoria è il tempo della storia; e se noi non possiamo essere eroi, mancandoci il "destino", il legame con qualcosa di trascendente, di troppo più grande, abbiamo però la facoltà di leggere e conservare il passato.
L'ascesa al potere in Europa dopo la Grande Guerra dei regimi totalitari, portatori di concezioni dell'uomo e della vita contrarie alla dottrina e all'etica cristiane, obbligò le Chiese e i credenti ad affrontare il problema della compatibilità tra totalitarismo e cristianesimo. Se il bolscevismo suscitò la quasi unanime condanna da parte cristiana, più complesso e ambivalente fu il confronto con fascismo e nazionalsocialismo. Ci furono credenti che seppero comprendere subito la gravità della minaccia dei totalitarismi per il cristianesimo e la civiltà umana, e li combatterono con decisione e convinzione. Tuttavia la Chiesa cattolica in Italia e le Chiese protestanti in Germania cercarono di stabilire un dialogo e un rapporto con gli Stati totalitari. In Italia, il primo paese occidentale con un regime a partito unico che sacralizzava la politica e celebrava il culto del capo, Mussolini si era presentato con il Concordato come difensore della Chiesa, la quale considerava il fascismo, come poi il nazionalsocialismo, un "baluardo" contro il bolscevismo, la modernità liberale e la democrazia laica, ma trovava insieme nella religione politica fascista un potenziale concorrente. In Germania, le componenti neopagane che proponevano il nazionalsocialismo come nuova religione anticristiana indussero vescovi cattolici ed esponenti delle confessioni religiose protestanti alla presa di distanza dal regime di Hitler. Il volume indaga gli ambigui rapporti tra chiese e stati totalitari.
La carriera del feldmaresciallo Albert Kesselring è indissolubilmente legata alla campagna d'Italia del 1943-1945, Per alcuni è stato un soldato di riconosciute capacità militari che combatté con valore e successo in una serie di operazioni con le quali tenne in scacco per diversi mesi le superiori forze degli Alleati, L'immagine prevalente è quella del criminale di guerra: il comandante i cui ordini portarono a spietate rappresaglie e a uccisioni in massa di civili nell'Italia occupata dai tedeschi. In ogni caso, Il percorso professionale di Kesselring fu ragguardevole. In qualità di comandante delle forze aeree guidò con brillanti risultati la 1a e la 2a Luftflotte nelle campagne contro la Polonia, e poi contro l'Olanda, il Belgio e la Francia, solo per subire una battuta d'arresto nella battaglia d'Inghilterra. Inviato in Mediterraneo alla fine del 1941, ricostituì le linee di rifornimento che permisero alle forze di Rommel di restare operative. Soldato dalle molteplici e complesse caratteristiche, Kesselring è stato uno dei più importanti comandanti tedeschi della Seconda guerra mondiale.
Un quadro dello sviluppo e dell'organizzazione dei servizi di spionaggio e controspionaggio del Regno Unito, dai tempi di Enrico VII agli anni Settanta. Deacon descrive le figure delle grandi spie raccontate attraverso emozionanti episodi e avventurose vicende: si passa dall'agente girovago (e appassionante scrittore) Daniel Defoe a Sir Charles Hanbury Williams, che passò una notte con l'allora granduchessa Caterina di Russia a decifrare un inquietante messaggio proveniente da Costantinopoli! Si parla di sir Francis Walsingham, che si rovinò finanziariamente per stipendiare le sue spie, e di Oliver Cromwell che per primo valorizzò l'Intelligence negli anni del suo Protettorato. Una lunga carrellata di eroi di tutti i tempi lasciati nell'ombra fino alla creazione dell'MI5 e al ruolo dei servizi segreti nella Prima e Seconda guerra mondiale. Il trionfo sull'Invincibile Armada, l'uso della magia e dell'alchimia nella creazione di codici segreti, l'ambigua figura del cavaliere d'Éon, e ancora le tattiche di contrasto al movimento indipendentista irlandese, la tragica morte di Lord Kitchener che poteva essere evitata, il mistero del corpo senza testa dell'"uomo rana", il ruolo delle donne nella lotta al nazismo e lo scandalo delle "spie di Cambridge" che lavoravano per i sovietici... Il racconto avvincente dello spionaggio e controspionaggio britannici. Vittorie e sconfitte che si muovono parallele rispetto alla storia che conosciamo.
Ambrogio è, con Gerolamo e Agostino, il fondatore della Chiesa latina emersa, dopo Costantino, dal buio e dal sangue dell'era delle persecuzioni, assurta poi, con Teodosio al rango di unica religione ammessa nell'Impero. Arrivato a Milano con un prestigioso incarico di governo - secondo la tradizione, elevato a furor di popolo alla cattedra episcopale - trasferì nella sua funzione di vescovo il santo orgoglio che gli derivava dall'appartenere alla più alta nobiltà dell'Urbe e impiantò con forza sul tronco dell'Impero, al posto della pax deorum che lo avrebbe eternamente protetto, la croce del Cristo. Fu inflessibile nel combattere eretici, ebrei e pagani; Impose che l'ara della vittoria fosse tolta dall'aula senatoria; umiliò perfino il grande Teodosio ricordandogli che anche l'imperatore era membro della Chiesa ma non aveva il diritto né di guidarla, né di controllarla. Senza il fondamento del suo pensiero, forse, mai si sarebbe sviluppata una teoria egemonica del papato sulla Chiesa. Leggendo di lui, a volte ci si domanda dove fosse quella carità sulla quale peraltro ha saputo scrivere pagine bellissime. La sua grandezza fu davvero sublime e tormentosa.
Molti anni fa al giuslavorista Gino Giugni, all'epoca borsista negli Usa, venne chiesto se esistesse in Italia una scuola di formazione politica. Senza esitare Giugni rispose: "L'Unione goliardica". L'esperienza appassionata delle associazioni universitarie - laiche e cattoliche - fra la Liberazione e il Sessantotto è stata fondamentale per la formazione della classe dirigente che ha intensamente concorso alla più importante stagione di riforme nel nostro paese. "Cinquantottini" sono i protagonisti di quel periodo: italiane e italiani nati fra il 1925 e il 1940 che hanno partecipato con fervore alla vita degli organismi studenteschi e dei partiti - a cominciare da quelli socialisti e di democrazia laica e cattolica - respirando il clima stimolante dei periodici di allora, fra i primi "Il Mondo" di Mario Pannunzio e "L'Espresso" di Arrigo Benedetti. Così sono cresciuti - fra dibattiti accesi, assemblee interminabili, utopie fantasiose e proposte concrete - i nuovi politici, nazionali e locali, amministratori, alti dirigenti, tecnocrati, imprenditori, docenti di ogni livello. Questo libro ne recupera la memoria e si chiede cosa possano dirci oggi. Se la formazione di una classe dirigente alla prova delle riforme è, ora più che mai, il tema chiave del futuro, rileggere il vissuto di quelle esperienze assume un'importanza cruciale
Giugno 1946: la Monarchia muore nell'ombra, tra l'amarezza di un esilio senza appello e le proteste per una sconfitta contestata; ma la Repubblica nasce oscura e in silenzio, con le piazze vietate e senza le nuove bandiere ai balconi. Che cosa è accaduto nell'Italia del referendum? Se il mese di maggio ha visto la vittoria della democrazia, con la campagna elettorale capace di raggiungere le località più remote della penisola e le donne ammesse per la prima volta al suffragio, i due giorni del voto sono stati più problematici, con le code ordinate davanti alle cabine ma anche qualche disfunzione ai seggi (elenchi incompleti, schede non consegnate). Il conteggio dei voti e l'annuncio dei risultati assumono poi i toni di una vera emergenza, infelici nelle modalità e drammatici nelle conseguenze. I primi risultati giunti al ministero degli Interni sono quelli delle regioni meridionali, che premiano in modo netto la Monarchia, tanto che il 4 giugno Alcide De Gasperi scrive a Umberto II preannunciandogli il risultato favorevole. Ventiquattr'ore dopo arrivano però i risultati del Centronord, che ribaltano la situazione, e la sera il ministro Romita annuncia la vittoria della Repubblica. In alcune città del Sud, in particolare a Napoli, si urla alla truffa e al broglio: nonostante lo sforzo di Umberto II per evitare tensioni, molti monarchici scendono in piazza, tra assembramenti spontanei, cortei e slogan contro il governo.
Perché uno dei maggiori storici del nostro tempo, di origine ebraica, ha una posizione molto critica nei confronti delle leggi sulla memoria, compresa quella che considera un reato la negazione della Shoah? Due riflessioni di Pierre Nora, accademico di Francia e "padre" di un nuovo genere di narrazione storica, basato sui luoghi della memoria. Nella prima, Nora ricostruisce il suo rapporto con la storia e con le sue radici culturali alla luce delle identità che lo caratterizzano: quella ebraica e quella francese. Al problema del rapporto tra potere e passato e al fenomeno, sempre più evidente, della gestione politica della memoria collettiva è dedicata la seconda parte. Una lettura utile e formativa per tutti, a partire dagli studenti, nella prospettiva di un rapporto critico e consapevole tra storia e società.
Vasco da Gama raggiunse l'India via mare nel 1498. Se il suo nome rinvia all'epopea delle scoperte geografiche, questo libro ne ricostruisce la vita e le imprese sottraendole all'ingannevole leggenda che s'iniziò a formare intorno alla sua figura quando era ancora in vita fino a farne, secoli dopo, un eroe nazionale portoghese. Così, una ricerca storica diviene un'occasione per riflettere su questioni più generali come l'invenzione dei miti e il modo in cui il nazionalismo se ne serve.
"Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle". Così scriveva nel 1895 Gustave Le Bon nel suo celebre libro "Psicologia delle folle". Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politica dall'antichità all'età contemporanea, per concludere con esempi di capi straordinari, che hanno governato con le folle per distruggere o per salvare la democrazia. Da Napoleone Bonaparte a Napoleone III, incontrando poi Franklin D. Roosevelt, Churchill, de Gaulle e Kennedy, il lettore avrà modo di riflettere sull'attuale tendenza a trasformare il "governo del popolo, dal popolo, per il popolo" in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l'arte di governo di un capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica, beota o servile. Attraverso la storia raccontata da Gentile, il lettore può forse trarre l'impulso a preservare la dignità della propria coscienza critica, evitando di essere assorbito nella folla sottomessa al capo in una democrazia recitativa.
L'11 settembre 2001 ha segnato l'avvio di un nuovo capitolo della storia mondiale. Da quel momento il terrorismo di "matrice islamica" è diventato uno dei fenomeni che più hanno segnato lo scenario internazionale, lasciando lungo il suo corso una scia di sangue che pare esulare da ogni logica e ragione. Ma quali sono le radici storiche che hanno alimentato la nascita delle diverse formazioni jihadiste e quali percorsi ne hanno segnato l'evoluzione in questi anni? Cosa si intende per jihadismo e quali rapporti esso intrattiene con il concetto di jihad? Cosa distingue al-Qaida dal sedicente "Stato lslamico" e come ha fatto quest'ultimo a divenire un attore di primo piano all'interno del contesto mediorientale e globale? Chi sono i foreign fighters partiti per andare a combattere in Siria e Iraq? Quali sono le sfide portate dai gruppi jihadisti a Tunisia, Libia ed Egitto? Come viene letta dalle nostre agenzie di sicurezza la minaccia posta dai mujaheddin e come possono affrontarla in teatri distanti e complessi? Sono queste alcune delle domande a cui il volume intende dare risposta, avvalendosi del sostegno di un gruppo di sette ricercatori riuniti dall'ISPI, uno dei più antichi e importanti istituti di ricerca con sede a Milano.