A ognuno di noi è accaduto nella vita quotidiana di assumere determinati comportamenti, di esprimere giudizi, di avere opinioni, di usare parole. Sono fatti che accadono per lo più "senza pensarci". Qualche volta, tuttavia, ci fermiamo, ci viene un sospetto che si trasforma poi in alcune domande: sarà vero? sarà giusto? sarà ben detto? ma di preciso di che cosa si tratta? Spesso passiamo oltre questi dubbi perché la vita preme e il tempo è scarso, persino per riflettere. In questo volume l'autore, uno dei più famosi filosofi italiani, interroga, ascolta e trasforma in consapevolezza le nostre inquietudini, analizzando temi che ritornano nella vita di sempre: la felicità, la vergogna, l'indifferenza, la libertà, il dolore, il coraggio.
La filosofia di Nietzsche, spesso oggetto di letture improprie e talvolta devianti o limitative, è al centro di questo illuminante saggio di Vattimo. A suo avviso, il problema principale posto dal filosofo tedesco è quello della necessaria allegoricità e profeticità del pensiero. Analizzando la strumentalizzazione delle dottrine di Nietzsche a opera delle teorie nazionalsocialiste, Vattimo mette in luce, oltre ai punti di forza, anche le debolezze di un pensiero tutto incentrato sul tema della liberazione. Un'interpretazione di un classico che si offre anche come un'importante riflessione sull'attuale fase della ricerca filosofica.
Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1968, ha anticipato problematiche centrali della fase attuale della forma capitalistica in cui la comunicazione si presenta come il fattore costitutivo della produzione e il cosiddetto "lavoro immateriale" come la principale risorsa. Lo stesso consumo è fondamentalmente consumo di comunicazione. Ciò che l'autore definisce produzione linguistica, lavoro linguistico, capitale linguistico, considerandone i rapporti di omologia con la produzione materiale, risulta oggi fattore fondamentale della riproduzione sociale. Risultano così introducibili nel campo del linguaggio nozioni e strumenti concettuali formatisi altrove come quelli di consumo, lavoro, capitale, mercato.
La lettura di Hannah Arendt, interprete straordinaria della dimensione politica moderna, è importante in una società che sembra aver perso il senso della politica come spazio pubblico. Nei tempi inquieti della crisi della politica e della perdita del concetto di pubblico il bisogno di coraggio civile trova nel suo pensiero una metodologia che rende possibile l'operare una critica profonda nei confronti della storia del pensiero filosofico, per procedere, poi, a una riabilitazione del politico, come spazio condiviso.
La biografia di uno dei principali filosofi del secolo XX, la cui influenza non cessa di crescere in tutto il mondo dopo la sua morte, avvenuta nel 1995. Si tratta di una vera biografia, condotta dall'autore - suo allievo, scrittore e giornalista - non di una biografia filosofica come molti utenti di Lévinas filosofo, in un certo senso inopportunamente, chiedevano. Vi emerge così un Lévinas a tutto tondo, con la sua vita familiare e la sua figura di uomo: guida religiosa per una comunità ebraica che gi stava intorno e per molti che lo accostavano. Così il filosofo Lévinas risalta dal quotidiano con le sue amicizie con Blanchot e Wahl, gli influssi di Rosenzweig, Husserl, Heidegger e i dialoghi con Ricoeur, Derrida e Giovanni Paolo II.
In questo volume Maurizio Ferraris, ordinario di Filosofia teoretica nell'Università di Torino, presenta un'esposizione completa, critica e concisa, non dello stile o delle suggestioni di Derrida, ma delle sue teorie.
Il potere della tecnica - come essenza dell'Occidente e manifestazione estrema di quel nichilismo che è la sua vera natura - è da anni al centro della filosofia di Emanuele Severino. In questo libro l'autore affronta il tema nella prospettiva del cosiddetto "scontro di civiltà" tra Islam e Occidente. In verità, come dimostra Severino, l'Islam appartiene a pieno titolo alla tradizione occidentale; tuttavia, contrariamente al cristianesimo, non ha ancora fatto i conti con la razionalità tecnico-scientifica. Ma alla fine anche l'Islam - come ogni forma della tradizione occidentale - sarà costretto a cedere il passo alla potenza della tecnica e al suo apparato.
Dalla definizione aristotelica della metafisica, intesa come scienza che studia "l'essere in quanto essere", all'elaborazione compiuta degli arabi e che passa in Occidente per la via di Tommaso d'Aquino, sino al principio moderno del "cogito" e al significato dell'Essere e della soggettività elaborati da Heidegger e Hegel, la tensione costante dell'uomo verso una verità metafisica dell'Essere conosce una strutturazione sempre più complessa, confrontandosi con tutti i campi del sapere e differenti modalità di comprensione.
La filosofia contemporanea è una forma poderosa di problematicismo. La sua potenza risiede tutta nell'affermazione che l'orizzonte del senso del reale sia il divenire. La decostruzione è la testimonianza di tale affermazione. Tali considerazioni costituiscono la base ermeneutica da cui si sviluppano le analisi di questo saggio, condotto in un serrato confronto con i testi di Jacques Derrida e tendente a dimostrare la contraddittorietà della decostruzione: per esistere, essa ha bisogno di emergere dal cerchio perenne della critica; ma per affermare l´esistenza della critica, cioè per esistere, ha bisogno di reimmergersi nella critica, lasciandosi dissolvere dalla potenza combustiva del divenire, posto come fondamento della critica stessa.
Un'acuta rilettura dell'estetica di Kant, che vede nella "Critica della facoltà di giudizio" la più attuale tra le sue opere. Tale attualità riguarda il modo con cui Kant affronta l'"immenso abisso" che divide l'ambito teoretico-conoscitivo della filosofia da quello etico-pratico. Come superare l'impasse? Come non rimanere paralizzati dalla fascinosa potenza di tale immagine? Come non rassegnarsi ad una scissione tra l'agire e il conoscere, tra l'essere cittadini del mondo e investigatori del cosmo? La mossa kantiana sta, per l'autore, nel convertire l'immagine dell'abisso nel problema di attraversare comunque il confine che separa i due ambiti. Alla libertà e alla contingenza del giudicare riflettente spetta l'attraversamento del confine.
James Hillman si interroga su cosa sia il potere. L'indagine di Hillman si incentra sulla vera religione universale del nostro tempo: l'Economia, che ha imposto i suoi principi fondamentali. L'Economia detiene il potere assoluto, governa la nostra esistenza attraverso idee che guidano i nostri pensieri. Sono queste idee l'oggetto del libro di Hillman, in cui si parla dunque di fenomenologia del potere. Le riflessioni contenute in queste pagine insegnano come utilizzare al meglio il potere di cui disponiamo sul lavoro, negli affari, nella vita quotidiana.
I saggi tradotti in questo volume discutono, nel quadro di un'ampia riflessione sul significato dell'agire politico, alcune delle questioni più controverse del nostro tempo: l'autonomia della cultura ebraica nel mondo moderno, il problema dell'esilio, la fondazione dello Stato di Israele, la possibilità della pace in Medio Oriente.