Le società che prendono sul serio il ruolo positivo dell'impresa, del libero mercato e la proprietà privata, anche senza porsi come obiettivo il miglioramento di tutta la comunità umana, hanno storicamente comportato un miglioramento materiale dell'intera umanità. È in quest'ottica che l'autore offre le sue riflessioni sul mercato e le sue implicazioni morali. Nella lettura dei segni dei tempi, è più pericolosa l'ideologia del collettivismo che la disuguaglianza materiale in quanto tale; vi sono più vantaggi che svantaggi da un commercio sempre più libero e globale; c'è più possibilità di crescita - anche tra chi oggi è povero - se la creatività umana è in grado di esprimersi attraverso la libertà economica invece che subire le limitazioni imposte da interventi e regolamentazioni statali. Difendere il libero mercato non implica necessariamente sostenere l'individualismo radicale, o l'ingrandimento ancora maggiore del mondo dei grandi affari, o l'ulteriore arricchimento dei ricchi. Una difesa del mercato è ancora possibile se vi è la consapevolezza che, con le parole di Papa Francesco, "il nostro sogno vola più alto" rispetto alle necessità primarie dell'esistenza fisica, auspicando "una prosperità nei suoi molteplici aspetti". Che produrremo espandendo il mercato, non denigrandolo.
"Sulle spalle dei giganti" rappresenta per i lettori di Eco un evento festoso. Lontano dalle aule universitarie, dai congressi accademici, dalle cerimonie onorarie, Eco scrive questi testi, nel corso di tre lustri, per intrattenere gli spettatori (che ogni volta per lui accorrono a frotte) della Milanesiana, il festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi. Testi che il più delle volte traggono spunto dal tema stesso che ogni anno la Milanesiana si dà, per poi scorrere lungo rivoli di un repertorio che attinge alla filosofia quanto alla letteratura, all'estetica, all'etica e ai mass media. Come dire: la quintessenza dell'universo echiano, raccontato con un linguaggio affabile, intriso di ironia, talora giocoso, affilato quando necessario. Le radici della nostra civiltà, i canoni mutevoli della bellezza, il falso che si invera e modifica il corso della storia, l'ossessione del complotto, gli eroi emblematici della grande narrativa, le forme dell'arte, aforismi e parodie sono alcuni degli spunti di attrazione di un libro arricchito dalle immagini che l'autore usava proiettare nel corso del suo dire.
«Abbiamo un manuale per tutte le macchine che possediamo, fuorché per quella più importante». Partendo da questa banale riflessione, Marco Magrini ha avuto l'idea di scrivere un libro su come funziona il cervello umano, strutturato esattamente come il manuale di una lavatrice o di un frigorifero. Già dai titoli dei capitoli (Installazione, Operatività, Pannello di controllo, Espansioni) si capisce che la metafora è portata agli estremi. Il lieve tono umoristico, come nel confronto fra i cervelli Modello F® (femmina) e Modello M® (maschio), contribuisce alla sua innata finalità divulgativa. Il cervello non è esattamente una macchina, eppure ogni utente di un cervello umano dovrebbe conoscere meglio i componenti, i meccanismi e gli ingranaggi biologici che lo fanno funzionare. Ad esempio sapere che il cervello è tutt'altro che statico: è plastico, cambia continuamente, può imparare qualsiasi cosa o correggere le abitudini indesiderate. Eppure può restare vittima dei suoi stessi pregiudizi o dei processi automatici che derivano dalla sua interminabile storia evolutiva. È il momento giusto per saperne di più. Nonostante il genere umano sia ancora lontano dal comprenderla compiutamente, i giganteschi progressi compiuti dalle neuroscienze negli ultimi anni stanno facendo luce sulle meraviglie, talvolta controintuitive e inaspettate, della macchina cerebrale. «In questo libro, che ha perfino la fortuna di essere divertente - scrive nella postfazione il professor Tomaso Poggio del MIT - è sintetizzata benissimo». Postfazione di Tomaso Poggio.
Ci sono tre Italie: quella dei retori, quella dei denigratori, quella vera. L'Italia vera è vista da un travet del Prenestino, popolare quartiere romano: Cesaretto Mericoni, uno dei tanti, uno di noi, uno che guarda con i propri occhi, giudica con la propria testa, e vede le cose come stanno. Cos'è il Belpaese? Un manicomio, un luna park, un circo equestre, una discarica a cielo aperto, una camera a gas. È, soprattutto, un bordello senza una maîtresse. L'Italia, dove - citando Ennio Flaiano - «la linea più breve fra due punti è l'arabesco», sta in piedi perché non sa da che parte cadere. Non funziona più niente e, se qualcosa sventuratamente funziona, provi un tale sconforto che preferiresti non funzionasse. Cesaretto vede e giudica i politici, indegni di esercitare un potere spesso usurpato, uomini forse anche intelligenti, ma non abbastanza per dimostrarlo... Cesaretto, che per sua e nostra fortuna non è un politologo, racconta, attraverso un amico agente della CIA, l'Italia a Donald Trump, che finalmente la capisce. E capisce gli italiani, un popolo furbo e fantasioso, ma senza carattere, senza senso civico, che dà il meglio di sé più nelle disgrazie che nella buona fortuna.
«Che libri leggi? Che film hai visto? Che musica ascolti? Quali oggetti acquisti, e di quali senti di non poter fare a meno? Cosa mangi, e che rapporti hai con la medicina, con la scienza? Quali vestiti indossi? E che mi dici della politica? Credi in Dio? Ti soddisfa il mondo così com'è, o vorresti cambiarlo? E hai fiducia che possa essere cambiato?». Un padre nato negli anni Cinquanta tempesta la figlia venticinquenne con domande pressanti, talvolta invadenti, ma sempre animato dalla voglia incontenibile di conoscere i suoi interessi, le sue scelte di vita, i suoi dolori e le sue speranze e, attraverso di lei, quelli della generazione dei cosiddetti «millennials», dai quali sente di essere diviso da una voragine psicologica e culturale. Le risposte che riceve lo lasciano dubbioso, a volte incredulo, recalcitrante e persino adirato, ma non spengono il suo desiderio di capire come va il mondo di adesso, quale direzione ha preso, con quale linguaggio parla, con quali immagini si emoziona. E così, per farsene un'idea più chiara, si ritrova a rubare brandelli di conversazione, a scavare nei ricordi, a spiare gergo, gesti e gusti, a scrutare comportamenti e rituali collettivi (la figlia in compagnia degli amici) che spesso precludono ogni genere di dialogo. Alla fine scoprirà che le tante, drastiche differenze (l'abbandono completo dei giornali, la sacralità della «natura» contrapposta alla scienza e alla tecnica, il diverso valore attribuito alla medicina, la preferenza accordata all'erboristeria rispetto alla farmacia, il ruolo centrale assunto dalla qualità del cibo e dalla cura del corpo, il culto del vintage), al pari delle insospettabili affinità (l'amore per i libri, ancora intatto nonostante certe statistiche, o la passione per la musica, per il cinema e per i musei, sia pure virtuali), descrivono una realtà in cui tutto muta a una velocità forsennata. Eppure qualcosa resta, anche se non sempre sappiamo riconoscerlo fino in fondo. Nel suo spiritoso e autoironico racconto di cose vissute, che ruota attorno a un sapiente intreccio di sfera personale e sfera pubblica, Pierluigi Battista è un padre che non sale in cattedra, ma si sforza di ascoltare i pensieri e le ragioni della figlia Marta, senza però mai mancare di far sentire la sua voce quando vede che alcuni valori essenziali di ieri rischiano di andare perduti nel grande cambiamento che sta rivoluzionando il mondo.
Partendo dall'analisi della recente evoluzione dell'economia dello spazio, in particolare negli Stati Uniti, questo saggio si interroga sull'adeguatezza delle istituzioni spaziali europee per far fronte alle sfide lanciate dall'esplorazione dello spazio. Gli autori pongono al centro della discussione i ruoli relativi dei governi e dei mercati. Si tratta di evoluzioni che comportano avanzamenti nella scienza, progressi nella tecnologia e l'introduzione di nuove regole internazionali di comportamento. L'Europa è a un bivio: può proseguire con le attuali istituzioni intergovernative, col rischio di essere emarginata dagli sviluppi in corso negli Stati Uniti e in altre nazioni, o, come propongono gli autori, procedere alla creazione di un'agenzia spaziale federale fra gli Stati membri dell'Unione Europea decisi a proseguire nel lavoro verso un'integrazione politica.
Solo un groviglio di casualità a anche una direzione, un progetto? È la domanda che ci poniamo tutti guardando agli eventi della nostra vira. Il senso della eterna dialettica fra ordine e caso lo mette bene in scena Jackson Pollock. Quegli spruzzi di colore sono caduti casualmente a sono intenzionali e vogliono esprimere qualcosa? Azzardiamo una risposta: come nel quadro Number 1A, la vita si gioca su un terreno di mezzo, nel quale alle nostre intenzioni razionali si sovrappone continuamente il caos delle innumerevoli possibilità. Ma alla fine il puzzle si compone e ciò che è accaduto si rivela sempre anche destino.
Tre temi fondamentali, affidati ad altrettanti studiosi del mondo moderno, per comprendere la vita di oggi e il suo futuro.
Non cambi il mondo, e non difendi la democrazia, facendo sempre quello che ti dicono di fare. Occorre assumersi la responsabilità di contravvenire a leggi ingiuste senza aspettare che qualcuno gentilmente lo conceda. L'obiettivo non è violare le regole, ma cambiarle, la cosa giusta da fare quando la legge si scontra con il vissuto delle persone, trascurando diseguaglianze rese ancora più profonde dalle proibizioni. E questo che ha fatto Marco Cappato accompagnando in Svizzera dj Fabo, aiutandolo a porre fine alla sua sofferenza a costo di essere perseguito penalmente nel nostro Paese. Ed è questo - ha dichiarato - che farà ancora, per difendere il diritto di tutti di essere "liberi di sorridere, fino alla fine". Eutanasia e fine vita, dunque, ma anche droghe, sesso, internet, genetica, scienza e diritti umani: contro le molte norme che in diversi campi minacciano la libertà e criminalizzano comportamenti diffusi e realtà sociali ineliminabili, Cappato si batte da anni con gli strumenti della disobbedienza civile e della nonviolenza - che indica non una semplice assenza di violenza, ma la costante opera attiva per convertire la violenza nel suo opposto - seguendo le orme di illustri personalità come Gandhi e di compagni di viaggio come Pannella. Intrecciando pratica e teoria, la sua storia radicale e le sue azioni - dall'arresto a Manchester per la campagna antiproibizionista alla difesa della ricerca sul genoma e le staminali, alla battaglia contro l'informazione manipolata e la limitazione della libertà digitale -, spiega oggi in questo libro perché disobbedire (civilmente) è lo strumento indispensabile per chi vuole migliorare il sistema e difendere la libertà di tutti. E perché occorre farlo in prima persona: "assumendoci la responsabilità delle nostre azioni, sperimentando alternative, creando conoscenza".
Nel mondo di oggi, che mette in discussione ogni forma di autorità, la sfida educativa dei genitori diventa sempre più complicata. Se il conflitto tra generazioni non è certamente una novità, quello che sta accadendo è però qualcosa di diverso, di molto più serio: una vera e propria interruzione del tradizionale passaggio di valori dai padri ai figli. I genitori sono soli, insidiati da mille modelli alternativi che li contraddicono, parlano un'altra lingua, dettano altre priorità. Diventato padre in due momenti diversi e distanti della sua vita, Antonio Polito entra nel vivo di una battaglia culturale volta a smascherare i nemici dei genitori: le idee e le figure che tendono a sabotarne l'autorità o che semplicemente hanno smesso di aiutarli. Dai social alla scuola, dalla politica alla Chiesa, dai cattivi maestri fino alla famiglia stessa, che ha commesso gravi errori, importando stili di vita che ne minano il ruolo. Davanti all'urgenza di rifondare l'autorità dei genitori, la soluzione sta forse nel tornare al più classico dei compiti: trasmettere cultura, comportamenti, esperienze e valori, primo tra tutti l'amore e il rispetto per la vita. «A padri e madri bisognerebbe dire: non credete più a chi vi colpevolizza, riprendetevi 1 vostri figli, ribellatevi a chi sta alienando la vostra potestà, credete di nuovo possibile la vostra missione».
Il fenomeno dell’abuso sessuale nella Chiesa forse non sarà mai eliminato del tutto, ma in questi anni l’impegno in ambito ecclesiale e civile è cresciuto. Tuttavia non bisogna abbassare la guardia. Tutti possono fare qualcosa; riconoscere i segni di abuso o i rischi che a volte corrono i minori è possibile, ma bisogna essere preparati e sapere a chi rivolgersi. Questo volume è pensato per tutti coloro che si occupano di giovani: educatori, formatori, accompagnatori vocazionali, superiori di congregazioni, genitori, insegnanti… È scritto a più mani da persone esperte che da anni affrontano il problema con serietà, competenza, professionalità e che in queste pagine consegnano e condividono volentieri la propria esperienza con ogni lettore.
Un tempo il coraggio - nella sua accezione di ardimento fisico - era solo opera dell'umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po' come accade ora con la tecnologia: fino a trent'anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un'interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. Così, anche il coraggio e la forza d'animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un'astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell'esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare...). Un inventario concepito come un'associazione di idee, un 'brain-storming', un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede. Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un'altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.