Una straordinaria storia vera si staglia fra i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale. Alceste sta per concludere il servizio militare quando l'entrata in guerra dell'Italia fascista lo trattiene alle armi. Da quel momento, la sua vita si snoda tra fughe rocambolesche e tragici bombardamenti, fino alla sua cattura da parte dei tedeschi. Alceste tocca con mano l'esperienza atroce della deportazione: tra il gelo, le vessazioni e stenti di ogni tipo, nel lager nazista di Zeithain vive fianco a fianco con la morte. È ormai ridotto a uno scheletro quando il 23 aprile '45 arrivano i russi a liberare lui e gli altri sopravvissuti. Una cronaca incalzante, nata dai ricordi di chi ha vissuto direttamente eventi che ancora ci interrogano.
Giorgio del Giglio (ca. 1520-1579), originario della piccola isola dell'arcipelago toscano, fu di volta in volta soldato, ambasciatore, negoziatore, spia, interprete, mercante di schiavi e persino schiavo lui stesso. Catturato sette volte dai pirati barbareschi, rinnegò la fede cristiana due volte. Trascorse più di dieci anni nell'Impero ottomano, dove affermò di aver svolto molte missioni per il sultano Solimano il Magnifico e più tardi per il duca di Firenze, Cosimo de' Medici. Percorse in lungo e in largo il Vicino e il Medio Oriente, e si dice che si sia spinto fino alla Cina. I suoi favolosi diari di viaggio sono in parte autobiografia, in parte enciclopedia, in parte cartografia, in parte controversia religiosa. Proprio come Carlo Ginzburg aveva tratto dall'oblio il suo mugnaio del XVI secolo ne "Il formaggio e i vermi", Florence Buttay ridona vita a questa figura di impostore, che vendeva i suoi servizi di spia al migliore offerente e sognava la concordia religiosa in piena Controriforma. Ci racconta le tribolazioni di un frontaliere del Rinascimento, sempre in cerca di una identità tra le due sponde del Mediterraneo, tra Oriente e Occidente, che non manca di evocare Leone l'Africano di Natalie Zemon Davis.
La biografia di Maria José, l'ultima regina d'Italia, di cui l'Autore ha raccolto i ricordi dal vivo, arricchiti da documenti e testimonianze inediti. Il matrimonio con il principe Umberto non si rivelò felice come lo aveva sognato, tuttavia l'intesa con il marito nei drammi che condivisero fu profonda. Per la prima volta, questo volume ricostruisce il ricatto che Mussolini ordì sulla presunta omosessualità di Umberto. E la fiera opposizione di Maria José al Duce: nei suoi diari, confermati da molteplici fonti coeve, riaffiorano gli incontri segreti con Croce, Montini - il futuro Paolo VI -, Olivetti e altri personaggi; e il piano escogitato col marito nel 1938 per abbattere la dittatura. Un autentico tentativo di golpe, finora poco conosciuto, approfondito anche nei contributi degli storici Francesco Perfetti e Donatella Bolech Cecchi. La guerra fu vissuta con particolare dolore dalla Regina, già per l'invasione del Belgio natio fin dal 1940. Ma, senza piegarsi, affrontò a viso aperto il Duce, Hitler, e cercò conforto in tante altre figure, da D'Annunzio a Padre Pio, da Evita Peron a Francisco Franco, da Benedetti Michelangeli a Balthus. Nel 1944 ripiegò in Svizzera per porre in salvo i figli, ma avrebbe voluto unirsi ai partigiani. Al ritorno in Italia cercò di portare aiuto, con la Croce Rossa, alle famiglie disastrate, mentre bussò alla Chiesa e alla Dc perché sostenessero la Monarchia al referendum. Anche in esilio Maria José reagì dedicandosi alla musica, alla ricerca storica, ai viaggi. Poco prima della morte confidò all'autore che «sognava di poter andare sulla Luna». Regina indomita. La figura più carismatica di Casa Savoia nel tratto estremo della Monarchia.
Pubblicato per la prima volta in Italia nel 2012, "L'uomo senza volto" è forse il più importante, citato, imitato libro su Vladimir Putin, perché Masha Gessen ha compreso da subito la complessità e l'oscurità degli eventi che sono seguiti al crollo dell'URSS, e il ruolo centrale della figura che improvvisamente e sorprendentemente era subentrata a Boris Eltsin. L'imporsi di Putin sulla scena politica, la sua scalata da agente di basso profilo del KGB a presidente della Russia, da ragazzo di provincia a personaggio pubblico dall'immensa popolarità, è una storia che sfida ogni verosimiglianza. Gessen, all'epoca giornalista a Mosca, l'ha vissuta in prima persona, raccogliendo informazioni, sfidando divieti e reticenze, rintracciando fonti autorevoli prima di chiunque altro. A partire da questo lavoro ha scritto un resoconto impegnato e implacabile, che contiene e anticipa gli sviluppi di una concezione del potere e della storia che hanno portato agli eventi del 2022 e al conflitto bellico nel cuore dell'Europa. Come ha scritto Roberto Saviano in una recente intervista, leggendo questo libro si affronta una realtà che forse ci era sfuggita: «Compresi la potenza della sua scrittura, il coraggio di raccontarci con chi esattamente facevamo affari, a chi avevamo appaltato settori strategici della nostra economia». Nelle parole e nell'indagine di Masha Gessen l'ascesa di Putin è un elemento centrale e ancora in divenire della storia europea e mondiale.
"Una volta ho scritto in uno dei miei diari: vorrei passare le dita lungo i contorni di quest'epoca. Poi, d'un tratto, sono stata scaraventata nel bel mezzo di uno dei tanti focolai di umano dolore. E là, sui volti delle persone, su migliaia di gesti, piccoli cambi d’espressione, vite, ho improvvisamente imparato a leggere questo tempo, e molto di più. D’improvviso, era successo: riuscivo con le mie dita a sfiorare i contorni di quest’epoca, e di questa vita".
Etty Hillesum (1914-1943) iniziò a scrivere un diario dopo l'incontro fulminante con lo psicochirologo Julius Spier. Fu lo strumento di scavo interiore che la aiutò ad attraversare i "tempi spaventosi" dell’occupazione nazista a testa alta e a incontrare Dio al fondo della propria anima.
Morì ad Auschwitz dopo aver prestato volontaria assistenza, a Westerbork, agli ebrei in attesa del trasferimento in altri lager.
A partire da quel diario, dalle lettere e da fonti storiche, l'autrice delinea un ritratto sintetico e affascinante di questa donna e invita i lettori a mettersi in discussione. Sulle orme di Etty.
Annalisa Consolo è autrice e sceneggiatrice. Vive a Roma da sempre, a parte una parentesi a Milano — dove ha studiato — e una a Gerusalemme, dove ha lavorato come giornalista. Appassionata di cinema e teatro, adora collezionare boutique blu-ray. Con le Edizioni Ares ha pubblicato il romanzo La cena delle verità (2021) da cui ha tratto anche uno spettacolo teatrale.
È il 23 maggio 1992 quando, lungo l'autostrada che da Trapani porta a Palermo, la mafia uccide il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani con una carica di cinque quintali di tritolo. Un attentato efferato e vile che scuote l'intero Paese e s'imprime nella memoria collettiva, travolta appena due mesi più tardi dal ripetersi di quel tragico copione in via D'Amelio, quando a perdere la vita sono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Per anni la rabbia e l'indignazione per il sangue sparso dalla mafia erano durate soltanto il tempo dei funerali. Dopo la strage di Capaci, invece, qualcosa cambia. Nel Paese, e soprattutto a Palermo. La rabbia diventa pretesa di giustizia, il lutto necessità di testimonianza. Nessuno può più rimanere indifferente. Né le istituzioni, né i cittadini. È l'inizio di quella metamorfosi culturale, morale e delle coscienze che Giovanni Falcone riteneva indispensabile per poter combattere la mafia su larga scala. Ma non solo: è anche l'inizio del viaggio di una donna che sceglie di tramutare il proprio dolore privato in testimonianza universale. Dalla morte del fratello, infatti, Maria Falcone ha dedicato instancabilmente la sua vita all'affermazione dei valori della legalità e dell'antimafia nella società, e in particolare tra i giovani. Oggi, a trent'anni dalla strage, ricorda il fratello e si racconta: quei terribili giorni, la voglia di reagire, l'instancabile impegno e l'attivismo per promuovere una cultura della legalità. E riflette su come siano cambiati da allora la lotta alla mafia e il nostro Paese. Una testimonianza sincera e tenace che fonde la storia personale con una delle pagine più tragiche della nostra storia recente.
Adriano Olivetti è un mito dell'industria, della creatività e della cultura italiana nel mondo. È un italiano del Novecento profondamente atipico. In questo libro definitivo, frutto di un decennio di ricerche e di scrittura, Paolo Bricco ripercorre la vita di un uomo di genio e la vicenda industriale e sociale, politica e culturale dell'Italia tra la fine dell'Ottocento e il boom economico. Questa è, prima di tutto, la storia di un'utopia. Inaugurando nel 1955 la fabbrica di Pozzuoli, Olivetti presenta così gli obiettivi della sua impresa: "La nostra Società crede nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell'arte, crede nei valori della cultura, crede, infine, che gli ideali di giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate fra capitale e lavoro. Crede soprattutto nell'uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e di riscatto". A questa utopia concreta - almeno in parte realizzata - concorrono condizioni di lavoro per i dipendenti tuttora senza paragoni e la ricerca attiva di una bellezza che coinvolge la meccanica e il design (le macchine per scrivere e le calcolatrici), l'architettura delle fabbriche e l'estetica dei negozi sparsi nel mondo. Ma questo libro non è un'agiografia e di Adriano Olivetti mostra le contraddizioni, i conflitti e le generose incompiutezze: i legami profondi e tormentati con i famigliari, le due mogli e le altre donne amate; la passione per l'organizzazione scientifica del lavoro e l'attrazione per la spiritualità, l'astrologia e la sapienza orientale; il complesso percorso dal socialismo di famiglia degli anni Venti all'adesione teorica al corporativismo e al suo concreto inserimento nella società fascista degli anni Trenta; gli avventurosi rapporti, alla caduta del regime, con i servizi segreti inglesi e americani e la perpetua tentazione del demone della politica, con il fallimento della trasformazione del Movimento di Comunità in un partito tradizionale; l'identità dell'industriale che intuisce le nuove frontiere tecnologiche (l'elettronica) e che unifica il sapere umanistico e la cultura tecnomanifatturiera, senza però riuscire a superare i limiti del capitalismo famigliare. Sotto, come una radiazione di fondo, "quella strana joie de vivre che caratterizza la vita di Adriano e di quanti saranno con lui e intorno a lui".
Giuanin e la Rina. I fossi, le cerbottane e le fionde. Gli gnocchi della Barbarina. Il sangue di una suora. Marcello, il suo toscano, l'olio di ricino e l'Ermelina. Tocca tre volte la pelle di biscia. Gianni e i crediti con la fortuna. Il 5 di via Santa Maria. La Millecento. Le brustoline al Politeama. SartiBurgnichFacchettiBedinGuarneriPicchi. Paolo è morto inseguendo una rana. Lavorini, uno di noi. Marco. La carcassa di un suino. Savana, Virus, Novecento e Spiura. Poi Squalo, Linate, Capodistria e Bubba, i Quattro dell'Ave Maria. Il Foxtrot e il Tropical. Radio Fazzano, Radio King e RadioAttiva. Claudio "Maio" Maioli e i sogni di rock'n'roll. La Sonex Custom da cinquecentomila lire. Il fuoco di una zingara. La Dona e Lenny. Pierangelo Bertoli. Gli Eroi di latta e Angelo Carrara. Il giorno più bello o più brutto della tua vita. I ClanDestino e la Banda. I live e quell'enorme stare insieme. La terra che balla. Barbara e Linda. Cianein. C'è un intero universo, circoscritto e infinito, nella narrazione autobiografica di Luciano Ligabue. Sessant'anni di vita che in virtù di una scrittura in stato di grazia si elevano a vera e propria storia, tutta da leggere, tutta da rivivere. Affrontando per iscritto il bilancio della sua esistenza con l'eclettismo artistico che gli è proprio, il Liga esce dai comodi confini del classico resoconto biografico e tratteggia situazioni, luoghi e persone donando loro una dimensione romanzesca. Li fa vedere, toccare e conoscere. Anche la sua, alla fin fine, non è altro che "una storia", ma di quelle che ne contengono cento, e altre cento ancora.
Dalla povertà delle case popolari all'orfanotrofio, da una bottega in periferia a una fabbrica nelle Dolomiti, fino a diventare il numero uno. Con un'idea fissa in testa: «essere il più bravo». Dopo aver per primo setacciato fonti e documenti, incluso il fascicolo presso il collegio Martinitt, parlato con estimatori e detrattori, collaboratori e concorrenti e aver, infine, incontrato lo schivo imprenditore, Tommaso Ebhardt racconta, in questa esclusiva e non ufficiale biografia, il patron di Luxottica.
La vicenda di Carlo Saronio, giovane ingegnere rapito e ucciso da un gruppo di estremisti, è tra le più emblematiche di quel clima di ambiguità e terrore che ha sconvolto l'Italia negli anni Settanta. L'Autore, nipote di Saronio, ripercorre, attraverso la vita della propria famiglia, questa vicenda. Scrivere e raccontare la propria storia diventa un modo per fare un salto nel passato e, al tempo stesso, nel futuro del nostro Paese. Un'avventura iniziata nel 2019, quando l'Autore si trovava in missione ad Algeri: è lì che ha iniziato la sua ricerca e ha visto nascere un'amicizia con Mario Calabresi che ha raccontato la storia di Carlo Saronio, in Quello che non ti dicono: «la ricerca che abbiamo svolto e che sta dietro a quel testo, è stata ricca, ampia, feconda, tanto che quel libro mi è sembrato la punta di un iceberg. E sott'acqua, che cosa nasconde l'iceberg?» Questo nuovo libro, quasi un prequel a quello di Calabresi, che ne firma la prefazione, cerca la risposta a quella domanda. Prefazione di Mario Calabresi.
Monica non è un libro per cinefili. È, invece, una storia appassionata scritta da una grande esperta di cinema, ma soprattutto da una persona che è stata per lungo tempo vicina alla grande attrice appena scomparsa, prima che cominciasse l'ultima parte - quella ritirata, in ombra - della sua vita. Il racconto di Laura Delli Colli, critica cinematografica, proveniente da storica famiglia di direttori della fotografia, intreccia con delicatezza le vicende personali della Vitti con quelle della sua carriera cinematografica, per un ritratto inedito, intimo ed emotivo quanto ricco di aneddoti e vicissitudini, di una delle più grandi attrici del cinema nostrano e internazionale, una donna dalla personalità complessa e originale, che ha vissuto la sua vita irripetibile negli anni del grande fermento artistico e della rivoluzione culturale.
«Dal chiuso dei seminari escono le forme di vita più disparate e più imprevedute», ebbe a scrivere Ernesto Buonaiuti nella sua autobiografia, lui che il seminario aveva bollato come «irrequieto e di idee avanzate e pericolose ». La lotta lanciata dal colle Vaticano contro il modernismo ne determinò la scomunica nel 1926 e l'antifascismo esibito non ne facilitò l'esistenza. Morì nel 1946 senza riconciliarsi con la Chiesa, e tuttavia rivendicando il proprio sacerdozio. Questo libro apre una porta verso un uomo dilaniato, amante della Chiesa ma non per questo obbediente, disposto a discutere le proprie convinzioni ma non ad accantonare il rigore intellettuale in virtù di una professione di fede. Ernesto Buonaiuti, dirompente profeta del dialogo tra fede e modernità, forse privo della mitezza necessaria a favorire ogni vero scambio, torna allora come prezioso testimone di una stagione indimenticabile - ma spesso dimenticata - della recente storia cristiana.