Opera di Sulpicio Severo, la "Vita di Martino" ci trasporta nell'ambiente militare della Gallia del IV secolo. La "Vita di Ilarione" è un divertentissimo racconto di avventure, di viaggi, di fughe in luoghi sempre più lontani e di miracoli quasi umoristici. "In memoria di Paola" è la storia - narrata da Girolamo come la precedente vita - di una grande aristocratica romana, che abbandonò la sua città per vivere nei luoghi dove Cristo aveva vissuto. Edizione con testo a fronte.
Il libro
"E' un dovere restituire al popolo cristiano il tesoro dei Padri della Chiesa, che gli appartiene e che a volte è stato monopolizzato dagli eruditi". Questa esigenza di un monaco belga, grande editore di testi patristici, trova la sua risposta in questo volume, che offre qui la possibilità a ogni cristiano, desideroso di approfondire la propria fede e la propria preghiera, di farsi discepolo dei nostri Padri nella Fede. Sotto le apparenze di un manuale è una persona viva che ci parla, ci comunica i suoi entusiasmi, potremmo dire il suo amore, per Origene e Agostino, ci fa condividere le sue indignazioni di fronte alle ingiustizie di Girolamo, mette un'erudizione solida ma mai ardua al servizio dell'incontro con i testi stessi dei Padri. Suddivisioni e sottotitoli facilitano la lettura, eppure non si è mai chiusi in una prospettiva sistematica. Il lettore riceve una vera "iniziazione": quando richiude il libro ha vissuto la comu nicazione di una esperienza spirituale, la sua fede è stata rinnovata a contatto con i Padri, egli stesso può "inoltrarsi nel loro essere segreto" secondo l'espressione di Newmann cara a suor Gabriel; essa è divenuta discepola di due maestri: Newmann e Hans Urs von Balthasar; ecco la prospettiva teologica del suo studio. Utile come base per un corso, per lo studio personale, per la lettura spirituale, quest'opera risponderà al desiderio dei laici, dei religiosi e dei sacerdoti, di attingere alle sorgenti della tradizione cristiana.
Il volume contiene quattro testi il cui tema dominante e quello della morte; essi riassumono gli orientamenti teologici di tutta la tradizione primitiva intorno alla morte.
Isacco di Ninive è un autore spirituale siro del VII secolo, vissuto da monaco nel monastero della natia Beth-Abe. Per iniziativa del vescovo Giorgio I divenne a sua volta presule di Ninive, succedendo a Mosè (661). Resistette però solo alcuni mesi, poi rinunciò all'incarico sotto prevalente impulso alla vita monastica, e raggiunse il proprio eremitaggio. Ebediesu gli attribuisce «sette tomi sulla Direzione spirituale, sui Divini Misteri, sul Giudizio e sulla Provvidenza».
Un solo fatto è certo: Isacco fu ritenuto uno degli scrittori più importanti di tutto l'Oriente ed enorme è stata la sua influenza letteraria ed ascetica.
L'opera qui presentata è costituita da due volumi di Discorsi ascetici; il primo raccoglie i primi 39 ed è dedicato, come dice il sottotitolo, alla «ebbrezza della fede» ovvero alla illustrazione della bellezza intrinseca della vita cristiana, intesa come elezione unica di Dio per lievitare il resto del mondo.
Si tratta di un inedito in italiano e la sua traduzione, come l'apparato critico, sono
opera di due specialisti nel settore filocalia: Maria Gallo (primi 19 discorsi) e Paolo Bettiolo (discorsi che hanno condotto il lavoro direttamente sul testo originale siriaco - novità assoluta, se si pensa che l'edizione inglese del 1923 era del tutto insoddisfacente, mentre quella recente francese è ripresa dal testo greco di Isacco. Così, uno dei testi più belli della spiritualità orientale entra finalmente in possesso del lettore italiano, con la garanzia di essere presentato nel modo giusto, data la facilità con cui viene travisata la chiave interpretativa in autori quale Isacco di Ninive.
Questo primo volume propone i trattati 1-37 che commentano i capitoli del Vangelo di Matteo dall'1 al 7 (conclusione del Discorso della Montagna).
Questo secondo volume commenta i capitoli 8-18 del Vangelo di Matteo.
Opera fondamentale per la storia del monachesimo.
Traduzione e note di P. Bellini, F. Cruciani e v. Tarulli, indici di F. Monteverde.
Cenni generali
Nel De Abraham Ambrogio offre di sé un'immagine forse più completa che in qualsiasi altra singola opera. Trattandosi di un medesimo soggetto, egli mostra la sua ben nota inclinazione alla predicazione morale e dà prova delle sue doti di grande esegeta della Sacra Scrittura.
Sull'autenticità non esiste alcun dubbio. I due libri del De Abraham certamente sono compresi da Cassiodoro fra i sette conosciuti con il titolo De patriarchis e degli stessi si fa esplicita menzione nel De Ioseph.
Come per la maggior parte delle altre opere ambrosiane, il problema della datazione rimane insoluto e fra gli studiosi sembra essersi diffusa in proposito una certa rassegnazione. In effetti la ricerca di punti di riferimento esterni è stata finora infruttuosa e il tentativo di utilizzare gli elementi offerti dalla lettura dell'opera non ha dato risultati precisi, anche perché si è scontrato con l'incertezza che circonda quasi tutta la produzione del Vescovo milanese. In Abr. II 1, 1 si rinvia a De paradiso 2, 11, la cui composizione risale al periodo immediatamente successivo all'elezione episcopale e perciò è situata nel 375 o, al più tardi, nel 377.
Il riferimento di Abr. I 5, 33 4 a De excessu fratris II 96 potrebbe meglio precisare il termine post quem se fossimo certi che l'orazione funebre è stata pronunciata, o piuttosto redatta, nel febbraio del 378, ma nemmeno questa data è sicura.
Quanto all'argomento, il secondo libro appare a prima vista come un duplicato del primo, ma per quanto riguarda il metodo esegetico, il contenuto dottrinale, i destinatari e probabilmente anche la fonte, i due libri sono profondamente diversi.
I gradi dell'umiltà e della superbia/Apologia all'Abate Guglielmo/Sul dovere di amare Dio/La grazia e il libero arbitrio/Per i cavalieri del tempio/Il precetto e la dispensa/Vita di S.Malachia