Perché il fascismo? E perché in Italia? Perché proprio nel nostro paese si è imposto un regime dittatoriale che ha proposto una formula politica che è stata presa a modello non solo in Europa e continua a esercitare un suo fascino sinistro? Queste domande ci interrogano da vicino e ne sollecitano molte altre quando proviamo a individuare cause ed effetti per elaborare una risposta. Ad esempio: l'Italia prefascista era una democrazia o era un sistema politico fragile? È bastata la guerra a produrre il fascismo? Ma soprattutto, che ruolo ha avuto l'uso della violenza da parte dei fascisti? È stata una risposta al clima insurrezionale generato da socialisti e comunisti o qualcosa di profondamente nuovo e diverso? Chi erano dunque gli squadristi? L'impressionante numero di uccisioni, bastonature e devastazioni è interpretabile come la reazione della borghesia di fronte alla 'grande paura' prodotta dalla rivoluzione russa? E in tutto questo, Mussolini fu 'l'uomo della Provvidenza' o un opportunista di successo? Tutte questioni ancora aperte e che ancora ci sfidano, soprattutto quando vogliamo rispondere alla domanda principe: il fascismo si poteva evitare?
Il saggio offre una sintetica ma rigorosa ricostruzione delle vicende del Mezzogiorno in Età moderna, dal periodo spagnolo all'unificazione politica della penisola. Per la prima volta viene qui presentata una storia del Meridione d'Italia comprensiva di Sicilia e Sardegna, che con i loro caratteri specifici ne sono parte ineliminabile. La piena integrazione nella storia italiana ed europea e, al tempo stesso, l'originalità della via mediterranea allo Stato e alla società moderna costituiscono il filo conduttore del racconto. Dall'eredità medievale all'ingresso nelle sfere d'influenza catalano- aragonese, spagnola, asburgica, napoleonica, borbonica e sabauda, dalla fine del Regno delle Due Sicilie all'unità d'Italia, le vicende del Mezzogiorno si snodano seguendo una nuova interpretazione complessiva. Isole e continente non contraddicono ma rivelano l'unità del Mezzogiorno moderno quale comunità economica, sociale, politica e culturale, distinta rispetto alle altre regioni del paese e la cui storia definisce una via mediterranea alla modernità.
È una storia lunga duecento anni quella dell'ordine templare: inizia nel XII secolo all'indomani della prima crociata, quando nasce l'Oriente latino e si comincia ad avvertire l'esigenza di proteggere i pellegrini lungo gli itinerari della fede. In pochi decenni una piccola comunità di devoti cavalieri diviene un ordine monastico-militare capace di presidiare la Terrasanta e di ramificarsi in Europa attraverso una capillare rete di commende. La sua gloria, sempre più invisa, scema mentre l'Oriente latino perde pezzi fino a scomparire; all'inizio del XIV secolo i templari sono vittime collaterali dello scontro fra papa Clemente V e il re di Francia Filippo IV. Con la soppressione dell'ordine nel 1312 e il rogo dell'ultimo maestro due anni più tardi, al termine di una stagione di processi e accuse infamanti, si conclude la storia dei templari e inizia la saga del templarismo.
Sulla scia dei numerosi storici che nel corso dei secoli, con esiti naturalmente assai diversi, si sono posti lo scopo di scrivere la storia del proprio tempo, Massimo L. Salvadori in questo saggio ricostruisce le vicende che dall'avvento del governo di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e della presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti e dal profilarsi della crisi strutturale culminata nel crollo dell'impero guidato dall'Unione Sovietica giungono ai giorni nostri. Un quarantennio che, in un quadro segnato dalle accelerate trasformazioni provocate sia dagli straordinari progressi scientifici e tecnologici sia dalla globalizzazione dell'economia, ha dato un nuovo volto alla storia del mondo. Caratteristica precipua del secolo XX è stata infatti la rapidità dei mutamenti in ogni settore dell'attività umana: senza precedenti per quantità e qualità. Si è assistito a radicali sconvolgimenti, poi a guerre e rivoluzioni che hanno ridisegnato in maniera profonda la mappa geopolitica, la dislocazione della potenza politica, economica, militare degli Stati e delle alleanze tra di essi. La fine della guerra fredda aveva suscitato negli Stati Uniti l'illusione che al grande scontro epocale potesse seguire una globalizzazione politica posta sotto il segno della democrazia liberale e da una globalizzazione economica ispirata ai principî del capitalismo, entrambe sotto la tutela di quella che nell'ultimo decennio del secolo si presentava come l'unica superpotenza. Ma la «globalizzazione democratica» ha fallito, e anche quella economica, dopo un primo periodo di successo, è entrata in una fase involutiva. Un grande libro di scenario, necessario più che mai in un momento come quello attuale, per comprendere come le vicende geopolitiche degli ultimi quarant'anni abbiano condotto a una nuova recrudescenza dello scontro tra due blocchi, e come l'Europa abbia in larga parte mancato la sua funzione storica di unione e di pace.
Il tramonto dell'impero asburgico è coinciso con la fine di un lungo equilibrio europeo e con il venir meno della funzione egemonica su scala mondiale ricoperta fino ad allora dal vecchio continente. Partendo dalla Rivoluzione del 1848 e dall'ascesa al trono di Francesco Giuseppe d'Asburgo, il volume ripercorre i sessantotto anni di regno dell'imperatore austriaco servendosi di materiale inedito o comunque poco conosciuto. Senza nascondere i grossi errori di una politica spesso miope, Edward Crankshaw racconta le disgrazie famigliari, le disfatte sui campi di battaglia, le rivolte dei popoli e la rivalità degli alleati, inserendosi così a pieno titolo nella cosiddetta corrente revisionistica della storia asburgica: solo conoscendo a fondo ciò che fece la monarchia degli Asburgo è possibile comprenderne successi e passi falsi.
La pandemia ha segnato un prima e un dopo nella vita di tutti noi. Ha costretto a ripensare il ruolo dello Stato, a reinventare il modo di lavorare, ci ha interrogato sull'importanza dei legami affettivi e della vicinanza fisica. Al centro di tutti questi cambiamenti c'è l'esperienza del lockdown, di cui questo libro restituisce una cronaca puntuale, mese per mese, paese per paese. Attraverso una ricostruzione cronologica divisa per aree geografiche, dalla Corea all'Australia, dall'Italia alla Danimarca, dagli Stati Uniti a Israele, Gabriele Crescente ripercorre gli eventi legati all'introduzione e alla gestione dei lockdown. Ne emerge un quadro globale sui modi in cui i governi di tutto il mondo si sono trovati a dover decidere sull'opportunità di limitare le libertà fondamentali per far fronte a una minaccia dai contorni ancora indefiniti e sui tanti fattori che hanno determinato le radicali differenze nelle strategie adottate, nella loro efficacia e nel modo in cui sono state accolte. Non sappiamo ancora se questa è una storia davvero finita, ma di certo sappiamo che resterà uno dei passaggi cruciali della storia di questo secolo.
Sulla volta del Teatro Goldoni domina Marx. Sopra il suo ritratto, lo striscione: "Proletari di tutti i Paesi unitevi!". Il diciassettesimo Congresso del Partito socialista italiano si apre a Livorno il 15 gennaio 1921 e, dopo una settimana drammatica, si chiuderà con la scissione e la nascita del Partito comunista d'Italia. Siamo al punto di non ritorno: è vietato qualsiasi compromesso tra rivoluzionari e riformisti. Sembra passato molto tempo dalla presa del Palazzo d'Inverno, mentre sono trascorsi solo tre anni e poco più. Ma questa è un'epoca nuova: il secolo breve è cominciato e avanza molto velocemente. Mancano meno di settecento giorni alla Marcia su Roma. In una cronaca politica animata dalle voci di protagonisti epici - da Terracini a Turati, da Serrati a Bordiga, a Gramsci defilato e silenzioso - Ezio Mauro ricostruisce un capitolo fondamentale della nostra storia, che raccoglie in sé ideali altissimi di liberazione e riscatto, ma in cui sembrano tutti condannati dentro il perimetro delle loro divisioni, mentre il Paese sta per essere inghiottito dalla reazione che si fa dittatura. Da quella scissione usciranno due partiti che cambieranno per sempre la storia d'Italia, ma quanto accadde a Livorno dev'essere compreso: come un peccato originale, una tentazione ricorrente. Perché "altre dannazioni seguiranno, come sappiamo, nei cent'anni. Ma le occasioni perdute pesano, anche quando svaniscono gli errori e scompaiono i loro protagonisti".
La guerra è finita, fra i reduci serpeggia lo scontento, fra la popolazione l'incertezza; gli imprenditori temono che possa accadere «come in Russia», come vogliono fare alcuni socialisti. Dal Psi, s'è però staccato un uomo che pare capace di accontentare tutti: Benito Mussolini. La sua ascesa è irresistibile. Dopo aver creato a San Sepolcro i Fasci italiani di combattimento, fonda il Partito Nazionale Fascista. A Mussolini, il re consegna le sorti del Paese alla fine di una marcia su Roma che sancisce quel che è già in atto. Con il Discorso del bivacco, il duce del fascismo rivendica la presa di un potere che da lì a poco smantellerà ogni opposizione, a cominciare da quella di Giacomo Matteotti, il leader socialista che in Parlamento aveva denunciato le violenze delle camicie nere. Matteotti verrà ucciso prima delle nuove rivelazioni annunciate: corruzioni che avrebbero pesantemente coinvolto il fascismo e la stessa Corona. Mussolini va in Parlamento. Fa un discorso che sfida la Storia, con spavalderia. È la nascita di una dittatura.
Cominciamo col dire che non erano tre. Le caravelle, ovviamente. Si tratta di un mito durevole, entrato prepotentemente nell'immaginario. Tre come i Magi, come i Moschettieri, per non citare altri e più sublimi paragoni. Volendo essere precisi, due caravelle e una nao: una grossa nave commerciale. Ma poco importa: il mito si costruisce a suon di semplificazioni. L'invito è a salire a bordo e a ripercorrere, passo dopo passo, le tappe del primo viaggio di Cristoforo Colombo, proprio quello che il 12 ottobre del 1492 porterà l'Ammiraglio ad avvistare la terra (le Indie o una sconosciuta?). Come per ogni navigazione, dovremo prepararci imparando a conoscere i tipi nautici, il regime dei venti, strumenti come la bussola, le carte, le tavole di martelogio per il calcolo del punto nave. Ma soprattutto saremo introdotti alla vita di bordo e incontreremo gli uomini che stanno per compiere la traversata. A guidarci sarà il Giornale di bordo, il diario su cui Colombo annotava tutto ciò che viveva in quelle settimane.
"I fascisti spuntarono pochi minuti prima delle due, protetti dal botto dei petardi nelle vie e nei cortili, mentre i balli erano ripresi dopo il brindisi. Da dentro giungevano le note morbide e i versi innocenti di Abat-jour, ma un colpo di pistola nella strada fermò la musica. 'Aprite, o sarà peggio.' Con centocinquantun bossoli per terra finiva la prima notte di gennaio e cominciava il 1922 italiano, l'anno del fascismo." Nei mesi bui che conducono alla dissoluzione dello Stato liberale Mussolini, con la sua concezione tragica e spettacolare della vita, incrocia lo spirito del tempo: la politica viene ridotta alla sua dimensione fisica, la ritualità soppianta la cultura. Attorno, un cielo vuoto di stelle spente, in un mondo politico in disfacimento incapace di leggere la società in trasformazione, frastornato dall'eco mondiale della rivoluzione bolscevica e dalla suggestione contagiosa che il mito della Russia irradiava da San Pietroburgo. Lo Stato liberale italiano sembrava esausto e non lo sapeva, incapace di fronteggiare i nuovi fenomeni sociali e politici, come se non rientrassero più dentro le sue categorie antiche. Il re è solo. Tocca a lui riempire la scena istituzionale, Capo per grazia di Dio e volontà della nazione di uno Stato che si frantuma venendo meno ai suoi impegni costituzionali, e giorno dopo giorno si arrende alla furia fascista che lo incalza per soppiantarlo. Ezio Mauro racconta l'anno decisivo della frattura tra due epoche: dopo la guerra, davanti al potere declinante delle dinastie, c'è in Italia l'impeto crescente, violento, del nuovo movimento fascista. È già un potere?
«Chi ha visto le interminabili sfilate in parata delle camicie nere, dei giovani, dei contadini, degli operai, degli atleti, dei preti, delle monache, delle madri prolifiche, chi ha assistito alle cerimonie nelle quali le più alte cariche dello Stato facevano atto di devozione al regime, ed alle dimostrazioni oceaniche nelle maggiori piazze d'Italia, alle folle deliranti per il duce, può intendere quali sentimenti dovesse vincere chi continuava la lotta anche dopo superata la crisi per l'assassinio Matteotti: aveva veramente l'impressione di muovere all'assalto del Monte Bianco armato solo di uno stuzzicadenti» Ernesto Rossi Stretti nella morsa fra repressione e consenso, i reduci dei partiti messi al bando e gli oppositori militanti del fascismo, ma anche coloro che erano semplicemente scettici, poco allineati o scontenti furono emarginati, incarcerati, inviati al confino, costretti all'emigrazione e sottoposti al controllo occhiuto della famigerata Ovra. Gli spazi per esprimere dissenso - con scioperi, proteste o in forme non organizzate e in ambito privato - erano limitati ed era rischiosissimo lasciarsi sfuggire anche solo una battuta di spirito, a causa delle spie e delle delazioni. A partire dai rapporti delle prefetture, delle questure e dei carabinieri, le relazioni della censura, del Pnf e dell'Ovra, i giornali, i diari e le lettere dell'epoca, gli autori ricostruiscono le storie di una minoranza di italiani che, all'indomani del delitto Matteotti e fino alla caduta del regime, continuò a esercitare il dissenso.
Ancora un decennio fa nessuno avrebbe immaginato che la polarizzazione tra la Russia - e più in generale l'Asia - e l'Unione europea e gli Stati Uniti si sarebbe concretizzata lungo l'antica faglia, quasi dimenticata, che delimitava le due tradizioni europee, quella latina occidentale e quella post-bizantina. Invece oggi, ancora una volta, la storia è richiamata e usata a fini geopolitici: ma come si giunge ai confini tra Est e Ovest? E quanto continuano a ridefinirsi e a riposizionarsi? Cosa è accaduto e continua ad accadere agli stati che si trovano sulle linee di frattura che dal Baltico attraversano l'Ucraina e arrivano fin dentro i Balcani? Non possiamo più permetterci di distogliere lo sguardo dalle cesure della storia. Il confine dentro l'Europa è come una faglia che attraversa e condiziona la nostra storia, in una continua ridefinizione della quale ci accorgiamo solo nei momenti di crisi.