Il tema del desiderio ha assunto oggi un ruolo importante per la comprensione dell'uomo; ma anche per i pensatori medievali il desiderio costituiva un elemento centrale nella definizione dell'umano, sebbene le categorie utilizzate possano sembrare molto distanti dalle nostre. Questo libro percorre la produzione teologica di Bonaventura da Bagnoregio (T 1274) per mostrare il ruolo importante del desiderio nella visione antropologica del dottore serafico. La spiritualità e il pensiero francescani, infatti, sono sin dall'origine orientati a sottolineare il versante affettivo dell'interiorità, cogliendo il desiderio e l'amore come tratti distintivi della nostra natura fatta a immagine e somiglianza del creatore e redentore.
Dopo la legalizzazione del cristianesimo nel 313, alcuni asceti, si rifugiarono nei deserti di Scete e Nitria, di Palestina e Siria, "a lottare per tutte le morti": la morte del corpo, la morte della stessa mente per "diventare costantemente viventi con Dio nel silenzio". Un silenzio radicale rotto solo da alcuni loro detti, raccolti da discepoli e pervenuti a noi. Le loro parole, massime di vita radicali e paradossali, diventano i Detti e fatti dei Padri del deserto. Il libro rappresenta un classico della spiritualità cristiana e un documento storico del monachesimo sviluppatosi nel deserto egiziano fin dai primi secoli del cristianesimo. L'anonimo compilatore del V secolo raccolse in modo organico gli apoftegmi circolanti al suo tempo in due serie, di cui la principale è quella alfabetica (Alphabeticon).
Viviamo un periodo tanto delicato per la famiglia umana, difatti è in corso un nuovo assestamento nell'equilibrio mondiale delle Nazioni. I princìpi morali sono stati conculcati e la serenità dei popoli e degli individui brancola senza orizzonti chiari e scuri. Per tale motivo si propone, attraverso questo libretto, di divulgare e far conoscere la «Grande Promessa» fatta da Gesù a santa Margherita Maria Alacoque nel 1689, un anno prima della sua morte, che assicura di raggiungere quella felicità eterna per cui siamo stati creati.
Questo libro si propone come obiettivo di fornire al lettore un quadro chiaro ed essenziale della storia della letteratura patristica dall'età subapostolica fino ad Agostino evitando le descrizioni troppo analitiche o le problematiche specialistiche. Ogni autore cristiano è presentato nel suo contesto e nelle sue specificità: ricostruzione biografica e prosopografica, produzione letteraria, apporto teologico, stile. Brevi brani in traduzione, intercalati ad illustrare un particolare aspetto del pensiero o della personalità dei singoli autori, rendono ariosa l'esposizione e sollecitano un approccio diretto au testi. Gli Orientamenti bibliografici, posti in calce ad ogni capitolo, segnalano, oltre agli studi utili ad una prima informazione, le principali edizioni dei testi patristici e le traduzioni italiane maggiormente accessibili.
"Giovanni della Croce si presenta come un teologo atipico, tra quelli che per parlare di Dio preferiscono ricorrere al linguaggio della poesia, piuttosto che a quello della definizione dogmatica, riallacciandosi così a un'antichissima tradizione che vede in Efrem il Siro uno dei migliori esempi, non a caso dichiarato dottore della Chiesa universale poco prima di Giovanni, nel 1920. Due teologi che prediligono l'immagine, il paradosso, la metafora, come peraltro il loro Maestro che, catturato dalle realtà più semplici e quotidiane, ne faceva parabole del Regno. Maria Tondo, nelle appassionate pagine che seguono, entra in dialogo con questo gigante del passato, non per volgersi indietro, ma quasi per invitarlo a dialogare con il nostro mondo, con le sue sfide e le sue opportunità. Intessendo così un dialogo di riconoscenza, in cui l'autrice dice di voler rendere conto di un incontro avvenuto tanti anni or sono, ma ancora vivo e fecondo." (Dalla Prefazione di Sabino Chialà)
Un "breviario" che, attraverso brevi citazioni e altrettanto brevi meditazioni e preghiere attualizzate, accompagna il lettore, giorno dopo giorno, per un anno intero. Autori e autrici, frati e suore, sacerdoti e semplici laici, famosi o sconosciuti ai più, dei primi o dei nostri tempi, giovani o anziani, che hanno lasciato tracce più o meno scritte della loro vita spirituale: testimonianze preziose, proprio perché "vitali" di come il carisma di san Francesco e di santa Chiara abbia arricchito e fatto bella la vita di tante persone anche oggi. L'abbondante ricchezza della spiritualità francescana!
Questo volume contiene saggi di cristologia patristica suddivisi in tre ambiti distinti: il primo ha come centro d’interesse l’ermeneutica della cristologia patristica; il secondo approfondisce l’esegesi patristica di alcuni tra i più importanti testi cristologici del Nuovo Testamento; il terzo si occupa di alcuni autori e problemi rilevanti per la storia del dogma cristologico. Il filo conduttore che unisce e rende attuali questi studi è il comune tentativo di leggere la cristologia dei Padri in costante confronto con le problematiche e i dibattiti teologici odierni intorno alla persona di Cristo, nella convinzione che sia vitale, per ogni rinnovamento della cristologia, tornare a esplorare le soluzioni dei Padri, grazie al cui contributo intellettuale ha preso forma la fede della Chiesa quale troviamo definita nei grandi concili antichi.
Raniero Cantalamessa, dell’ordine francescano dei Cappuccini, è nato a Colli del Tronto (Ap) nel 1934. Laureato in Teologia a Friburgo, Svizzera, e in Lettere classiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è stato professore ordinario di Storia delle origini cristiane, direttore del Dipartimento di Scienze religiose dell’Università Cattolica e fondatore, con Giuseppe Lazzati, della collana «Studia Patristica Mediolanensia». È stato per un quinquennio membro della Commissione Teologica Internazionale. Dal 1980 è Predicatore della Casa Pontificia e in questa veste detta ogni settimana, in Avvento e in Quaresima, una meditazione in presenza del papa, dei cardinali, vescovi, prelati e superiori generali di ordini religiosi. Ha scritto diversi libri di teologia e di spiritualità, tradotti in una ventina di lingue, ed è chiamato a parlare in molte parti del mondo. Dal 1995, tiene su Rai Uno la rubrica di spiegazione del vangelo della domenica A sua immagine. Le ragioni della speranza.
In questi ultimi tempi, e particolarmente in questi ultimi due anni, nei quali è stata e continua ad essere messa a rischio la stessa sopravvivenza umana sulla terra per fattori in parte dipendenti dall'uomo, come la guerra in Ucraina, e in parte indipendenti ma in qualche modo gestibili dall'uomo, come il diffondersi della pandemia del coronavirus, l'autore intende condividere delle riflessioni sul bene e sulla politica, sulla verità e sulla giustizia, sul bene privato e sul bene della comunità di tutti gli uomini. L'esito sperato è che l'uomo prenda finalmente coscienza delle sue responsabilità etico-politiche nella gestione delle problematiche sia socio-economiche di portata nazionale, sia geopolitiche e fisico-ambientali di portata transnazionale.
"Pilastri della fede e della vita cristiana" è una raccolta di Omelie tratta dalle Opere ascetiche di sant'Alfonso Maria de Liguori che, in origine, si chiamava Sermoni compendiati. Il curatore, padre Gilberto Silvestri, che ripropone l'opera in lingua corrente, ha diviso le Omelie in quattro grandi temi: l'amore, la salvezza, la morale cristiana e le cose ultime, affinché l'opera si presti facilmente alla riflessione spirituale. I Sermoni sono gli schemi di predicazione del Santo, frutto del suo studio e della sua attività di missionario popolare. Sant'Alfonso, infatti, si è sempre dedicato a predicare la Parola di Dio con uno stile semplice e immediato. Questa continua a essere un'opera attualissima, capace di parlare agli uomini del nostro tempo, immersi in un mondo spesso lontano da Dio e dimentico delle realtà eterne.
Donna, madre, laica, scrittrice e pedagogista: la complessità della sua figura sfugge alle definizioni. Dhuoda è una donna singolare e, per certi versi, anche sovversiva. E il "Liber Manualis", considerato uno dei primi trattati di pedagogia di quell'epoca, scritto in un periodo buio e difficile della sua vita, in cui si ritrova in solitudine, lontana dall'affetto del marito e soprattutto dei suoi figli, ha molto da dire anche alla società contemporanea, in modo particolare alle nuove generazioni. È un testo che potremmo definire al contempo attuale e inattuale: attuale perché apre moltissimi spazi di riflessione, pone questioni e interrogativi che ancora oggi, seppur collocati in un contesto storico-culturale del tutto differente, chiedono di essere ripensati e condivisi; inattuale nel senso che, in maniera delicata e sottile, infrange alcune barriere e butta giù muri, aspetto quest'ultimo che con ogni probabilità non deve essere stato particolarmente apprezzato dalla mentalità dell'epoca nella quale visse l'autrice.
La nube della non conoscenza è il diaframma che si frappone fra il divino e le capacità di comprensione su cui gli umani possono fare affidamento nell'approcciarsi a esso. Su un tema tanto universale e profondo si interrogò, nel Trecento, un anonimo pensatore britannico che ne trasse il trattato The cloud, qui tradotto e commentato per renderlo disponibile al lettore italiano, che forse difficilmente lo avrà incontrato prima. Un testo devozionale che sorprende per la qualità creativa e letteraria, per l'intento comunicativo e per un approccio espressivo che sembra quasi connettere il medioevo inglese al pensiero zen a cui l'Occidente spesso oggi si rivolge. L'autore si dichiara consapevole del fatto che l'esperienza spirituale è personale e unica, e condivide con umiltà la propria, desideroso di trasmetterla più come un amico che come un maestro. Nella traduzione italiana l'opera riesce a travalicare la distanza cronologica e linguistica per unire il lettore, in modo diretto ed emozionale, al cuore di un essere umano vissuto quasi mille anni fa, che contempla il divino e il creato sforzandosi di essere all'altezza di un compito senza tempo.