Il testo, corredato da un CD musicale con i canti proposti anche dal sussidio, intende offrire una chiave di lettura dei vari brani che fanno parte di uno spettacolo ispirato all'ormai collaudata tradizione del teatro-canzone.
Tra le 115 voci raccolte nel IX volume del Grande Lessico dell'Antico Testamento molte sono di grande utilità per la comprensione della lingua, della storia e della religione dell'Israele antico. Alcune voci si distinguono per l'importanza che il termine trattato ha negli scritti della Bibbia ebraica, ad esempio il verbo sub e derivati (inviare, ritornare, convertirsi), samajim (cielo/cieli), sem (nome), sa'ar (porta della città), e altre. Di ogni parola presa in esame si approfondiscono gli usi secondo piani successivi, indicati nei sommari a inizio di ciascuna voce, così da illustrare e scandagliare i diversi significati che la singola parola viene ad acquisire sia in rapporto all'ambiente semitico sia nelle diverse parti del testo biblico. A facilitare la consultazione dell'opera, anche in questo volume parole e frasi in ebraico e in ogni altra lingua semitica sono riportate in traslitterazione e seguite dalla traduzione corrispondente.
Raccolta lettere a Timoteo e a Tito.
All'interno del primo libro della Bibbia la Storia di Giuseppe e i suoi fratelli è caratterizzata da una lunghezza superiore a qualsiasi altra narrazione presente in Genesi, a partire dalla storia della Creazione fino alla vicenda di Giacobbe-Israele. Patriarca ed eponimo di tribù mancato, Giuseppe è una figura biblica spesso studiata come anticipazione di Gesù, oppure in relazione al futuro nazionale di Israele o, ancora, in base ai pretesi legami con la sua casata rivendicati dai protagonisti dello scisma samaritano. La stessa ricchezza del testo non esclude tuttavia altre possibilità interpretative. Nel volume - che presenta il testo greco della LXX affiancato da una nuova traduzione e che evidenzia in appendice le differenze rispetto al testo ebraico, per chiudersi con la versione latina cosiddetta della Vulgata - si prende in considerazione la figura di Giuseppe alla luce di problemi ed esigenze avvertiti dalla comunità giudaica di Alessandria d'Egitto nel periodo storico in cui essa è in lotta per i diritti civili con gli Egiziani e in cui si viene elaborando la traduzione greca del Pentateuco (III secolo a.C.).
Parlare di "missione" nell'Antico Testamento può sembrare improprio, perché in esso non viene sviluppato esplicitamente il tema della "missio ad gentes" e neppure si individua la volontà di fare proselitismo. Spesso ci si rivolge all'Antico Testamento, allora, andando alla ricerca di brani o figure (Abramo, il Deutero Isaia, Giona, alcuni Salmi, ecc.) che sembrano anticipare la prospettiva missionaria del Nuovo Testamento. È però importante cogliere qual è il contributo specifico che l'Antico Testamento può fornire al tema della missione senza forzare i dati biblici.
L'ipotesi sviluppata in questo volume è che la missione di Israele consiste nel rendere testimonianza al Signore attraverso tutta la vita del popolo, assumendo quindi la sua elezione come una responsabilità da vivere in rapporto agli altri. II particolare "servizio" che il popolo offre al suo Dio è analizzato a partire da alcuni esempi emblematici (la creazione, la liturgia, il culto, ecc.) che consentono di individuare e apprezzare la novità che scaturisce dalla rivelazione.
Lo studio intende analizzare l'ultima sezione del libro di Daniele, comunemente ritenuta di marca apocalittica, prestando speciale attenzione alle forme sapienziali ivi attestate. scopo dell'indagine, infatti, e accertare se sia poss1bile rilevare la presenza di un particolare modello sapienziale soggiacente alla composizione in questione. Dapprima si pongono in luce alcuni tratti della cosiddetta sapienza apocalittica per ricercarne quindi, all'interno delle visioni di Daniele. i contenuti precipui e le procedure espositive. Questi, rinvenuti mediante il confronto con precise espressioni della mantica babilonese e con tecniche letterarie impiegate negli scritti sapienziali dell'Antico Testamento, condurranno a cogliere in Dn 7-12 una lezione che vuole insegnare a riconoscere nella concretezza degli eventi storici la realizzazione del decreto di Dio sulla sorte degli uomini. Appresi gli elementi costitutivi del genere letterario, si potrà meglio apprezzare il ruolo del figlio dell'uomo e della promessa della risurrezione. Si assumeranno categorie necessarie per una maggiore penetrazione dei racconti di visione dell'Antico e del Nuovo Testamento.
Se per il poeta romantico Novalis "tutto ciò che è poetico, deve essere fiabesco", per Hermann Gunkel - esponente di spicco della scuola storico-religiosa, che applicò il metodo comparativo e storico-morfologico anche ai testi biblici - il racconto poetico è l'ambasciatore ideale dei principi religiosi. La Bibbia racconta di giovani pastori che diventano re, di nascite straordinarie, di demoni, di uomini inghiottiti da un pesce che poi li restituisce alla vita. Le fiabe contengono immagini che giungono al lettore come le fievoli note di un'antica e complessa melodia, perciò Gunkel indaga la natura di questi racconti e il loro legame con la storia del popolo di Israele, accostandoli ad analoghe creazioni di altri popoli. Il percorso si snoda tra storie di spiriti e di giganti, credenze primitive e luoghi straordinari, come quelli incontrati dagli antichi eroi nelle loro avventurose peregrinazioni.
Di appannaggio quasi esclusivo dell'esegesi biblica e della ricerca teologica, la Sacra Scrittura - carica di impensati depositi di verità - richiede anche oggi di essere indagata attraverso categorie filosofiche, esposte nell'attuale stagione postmoderna ad una strisciante perdita di senso. Come da millenni insegna il pensiero ebraico con le sue multiformi cifre ermeneutiche, le pagine bibliche sono in grado di esprimere sia la singolarità della memoria etica del popolo scelto, sia alcune coordinate antropologiche ed etiche valide universalmente. È soprattutto il messaggio veterotestamentario affidato ai profeti per risvegliare lo spirito critico dei popolo e pungere i vizi del potere regale e sacerdotale, a contenere una vera e propria strategia di riconoscimento intersoggettivo e di pratiche interpersonali, che possono assumere anche il nome di "etica della consegna". Spinto a verificare relazioni umane significative innanzitutto fra Dio e il suo messaggero, e poi tra il profeta e i suoi diretti interlocutori: il monarca, la corte, i sacerdoti, la comunità di Israele, il mandato profetico può trasmettere, se opportunamente interrogato, un patrimonio di verità che va oltre la mera appartenenza religiosa. Questo studio intende ripercorrere alcune tappe significative delle pagine profetiche, nella convinzione che la filosofia occidentale, pur attrezzata di un suo specifico apparato teorico, può guadagnare ulteriori prospettive etiche, attingendo ad un patrimonio antico, che rimanda anche nel presente le sue inquietanti domande e i suoi illuminanti paradigmi di orientazione nel mondo.
Rivista bimestrale dell'Associazione Biblica Italiana, n. 1/gennaio - febbraio 2007 su Genesi 1-11. Prima parte: In principio Dio crer.