«Aveva fabbricato tutte le finestre, le lanterne, le vetrate, i candelabri e le croci di tutte le chiese». Per questo, scrisse Tiziano Terzani, il missionario fratel Felice Tantardini era «conosciuto da tutti», in Birmania, come «fabbro di Dio». Quanto al nome Felice, egli stesso lo aveva assunto a ideale della sua vita: «Sforzarmi di essere felice, sempre e a ogni costo, intento a far felici anche gli altri». Pronto a spostarsi, a piedi, da una missione all'altra perché tutti lo volevano, in missione è rimasto settant'anni. Le sue memorie autobiografiche lo mostrano instancabile, tenace, fedele nel quotidiano, al servizio di chi aveva bisogno. Un santo, secondo la fama che tuttora lo accompagna e che spinge tanti a implorarne l'intercessione. Sempre armato di un «sorriso sereno», come di chi - disse il confratello padre Clemente Vismara, oggi beato - «è amico di Dio, amico degli uomini e nemico di nessuno».
Alleanza, alterità, anno santo, bolle di estensione centro, centro-periferia, compimento della scrittura complessità, convivialità, coscienza, dilemma, disuguaglianza estraneità, evocare, geopolitica, giubileo, giustizia, ideologia impurità-santità, invocare, ispirazione, misericordia, "misericordiare" papi, pedagogia, pellegrinaggio, periferia, periferie, poveri pratica, propaganda fide, provocare, reciprocità, respiro riconciliazione, sé, sistema policentrico, spirito, struttura urbanizzazione, vision, visione del trafitto, vita divina.
Il termine 'inculturazione' è un neologismo coniato e adoperato innanzitutto negli studi antropologici. È stato recepito nel linguaggio del magistero ecclesiastico e nella teologia, acquisendo progressivamente nuove accezioni in conformità con i cambiamenti occorsi nella stagione postconciliare. I contributi raccolti in questo volume mettono in luce innanzitutto la complessità teorica e pratica insita nel termine 'inculturazione', il cui significato non può prescindere dal suo passaggio dall'antropologia alla teologia/missiologia, dalle diverse accezioni del sostantivo 'cultura' e, infine, dalle molte e talvolta divergenti forme del rapporto fra cristianesimo e cultura/e. Da questo approccio interdisciplinare emergono interrogativi adeguati a orientare un approfondimento chiarificante dell'intrinseco rapporto tra la fede e le culture nel quadro della missione evangelizzatrice della chiesa.
Il martire della porta accanto. Lo si può definire così Daniele Badiali, missionario in Perù con l'Operazione Mato Grosso, una realtà giovanile dedita alla solidarietà con i poveri. Una figura splendida e drammatica, Daniele. Da giovane suonava le canzoni di Guccini e Bennato, da prete usava l'amata chitarra per animare le messe sulle Ande, dove arriva nel 1991. Nel 1997 viene assassinato in Perù, quando si offre volontario al posto di un'amica durante un rapimento. Daniele - di cui è in corso la causa di beatificazione - è un uomo moderno, la cui vicenda ha entusiasmato molte persone per la sua dedizione totale agli ultimi, non per pietismo bensì secondo una solidarietà autentica: «Vivere in mezzo ai poveri vuol dire scoprire che il vero povero sono io, che io ho bisogno di essere aiutato, salvato più di loro». Mentre annunciava il Vangelo, padre Badiali cercava in maniera incessante Dio. Un amore appassionato per Dio e i poveri: Gerolamo Fazzini, che ha incontrato amici e parenti di Daniele in Perù e in Italia, ricostruisce su questi due binari l'avventura di padre Badiali. Un credente autentico, dalla fede inquieta e mai appagata.
Il libro estrapola, dalla lunghissima relazione di Matteo Ripa (mille pagine) infarcita di particolari tecnici, quelle che sono descrizioni impagabili delle persone e dei luoghi incontrati durante il suo viaggio verso la Cina, e soprattutto dei tredici anni che trascorse alla corte dell'imperatore Kangxi. Sono descrizioni che portano molta attenzione al lato umano, tolgono l'imperatore Kangxi, uno dei più famosi della storia della Gina, dal trono e lo avvicinano come essere umano alla vita.
«Il sogno missionario di arrivare a tutti» non è realizzabile se la comunione nella Chiesa non si configura come «comunione missionaria». Basterebbero queste parole di papa Francesco (cfr. Evangelii gaudium, n. 31), in chiara sintonia con i suoi predecessori, per dare ragione della ricerca elaborata da p. Domenico Arena: ripensare alla luce del concetto di comunione missionaria l’insieme della teologia della missione. Gli studi di missiologia dell’autore e la sua conoscenza approfondita del magistero conciliare e postconciliare si incontrano in questo volume con la missione vissuta sul campo in Africa, in dialogo con le Chiese e le tradizioni religiose locali e nel contesto della globalizzazione.
In tal modo questo saggio va al di là dalla dimensione puramente accademica, arrivando a concludere che la comunione missionaria «non è che il contesto in mezzo al quale si mostra la presenza di Gesù». Ogni volta che «con il nostro amore reciproco mettiamo le basi per vivere in comunione, Gesù è in mezzo a noi».
Un libro che nasce dall'insegnamento all'Università Urbaniana, dai viaggi in Africa, Asia e America Latina, dall'impegno pastorale nelle periferie romane con la Comunità di Sant'Egidio e infine dal quinquennio come presidente della Commissione CEI per l'Evangelizzazione e la Cooperazione tra le Chiese. Lo spirito dell'"Evangelii Gaudium" e della Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco ha spinto l'autore a rivedere alcune riflessioni riproponendole in maniera nuova.
Protagonista di un'avventura umana e missionaria straordinaria, padre Gheddo ha denunciato con forza i drammi della fame, delle ingiustizie globali, delle guerre che devastano il mondo. E ci ha raccontato, con genuino stupore, i miracoli realizzati dallo Spirito Santo alle più diverse latitudini, in quelle giovani Chiese da cui il cattolicesimo occidentale ha molto da imparare. Ha scelto il Pime, nel lontano 1945, affascinato dall'ideale di annunciare il Vangelo "fino agli estremi confini della terra". Avrebbe voluto partire per l'India, ma i suoi superiori decisero diversamente. Così, per tutta la sua vita, la missione di padre Piero Gheddo si è tradotta in un giornalismo appassionato e militante. Migliaia gli articoli scritti per testate cattoliche e laiche; un centinaio i libri pubblicati (il primo è uscito nel 1956). Oltre 80 i Paesi che il missionario ha toccato nel corso dei suoi innumerevoli viaggi, spesso diventando testimone in prima linea delle più terribili pagine del Novecento: la Rivoluzione culturale in Cina, la guerra in Vietnam, l'apartheid in Sudafrica, le dittature militari in Sudamerica, il genocidio in Ruanda. Scoprendo che il Vangelo fa sempre notizia.
Mettere a confronto le missioni cristiana e islamica si rivela urgente in particolare a fronte dei drammatici avvenimenti che stanno attraversando l'Europa, l'Africa e il Medio Oriente. Mentre essi vanno assumendo in modo preoccupante l'aspetto di guerre di religione, basate su discussioni spesso teologicamente infondate, ma legate a pregiudizi culturali e storici, la presenza di molti migranti è vissuta sovente come un "problema" cui dare una soluzione in termini di ordine pubblico o di assistenza sociale. Si avverte dunque l'esigenza di un approccio più globale al fenomeno. I saggi raccolti in questo libro operano una comparazione delle missioni cristiana e islamica nella fascia sub sahariana e riflettono il lavoro sul campo e allo stesso tempo la ricerca accademica dei vari autori. Ne discende un contributo originale sulla complessa questione dell'evangelizzazione cristiana e della missione islamica in Africa, attraverso un'indagine storica e teologica critica dalla quale emergono le diverse modalità di inculturazione della fede e del relativo progetto di società soggiacente a ciascuna religione tra le popolazioni dell'Africa.
Guerre, dittature, persecuzioni, migrazioni. La religione usata come strumento di odio e divisione nelle periferie del mondo. Contro la "globalizzazione dell'indifferenza", le parole di un sacerdote e missionario che racconta in presa diretta dai luoghi del conflitto. Padre Giulio Albanese ha vissuto per diversi anni in Africa. Di fronte agli abomini perpetrati nelle zone "calde" del pianeta, e alla testimonianza dei martiri del nostro tempo e delle loro comunità, ha sentito l'urgenza di scrivere questo libro, che denuncia come la fede possa essere distorta a fini ideologici, politici ed economici, per ottenere i quali si uccide, a si creano le condizioni per farlo, nel nome di un dio minuscolo, feticcio d'interessi faziosi.
"Immaginare l'altro è un'impresa ardua. Richiede coraggio, fantasia, voli inaspettati, andare per sentieri poco battuti. L'alterità è il concetto che più ripugna al 'buon senso', che più facilmente si tacita, si sopprime, tanto è preponderante il desiderio di omogeneizzare, di normalizzare. Eppure abbiamo la necessità, come singoli e come comunità, di metterci sulle tracce dell'Altro, ma se siamo incapaci d'immaginarlo ne sentiremo l'esigenza?". A partire da questa domanda, l'autore si cala nel pluralismo religioso odierno per presentare gli sguardi che le diverse religioni (cristianesimo, induismo, buddismo, giudaismo e islam) hanno rivolto all'a/Altro nel tentativo d'immaginarlo, di non spezzare quella relazione. Da questo bisogno di socialità, diventa indispensabile un rinnovato impegno per il dialogo e l'incontro tra i credenti, in vista della costruzione di una "casa di preghiera per tutti i popoli".