Il totalitarismo nero e rosso sconfitto nel XX secolo è ricomparso nel XXI, se pure in altre forme. In Antitotalitari d'Italia Massimo Teodori si chiede come mai il termine "antitotalitario" sia stato bandito dal linguaggio storico e politico italiano mentre si parla molto di fascismo e antifascismo, elevati a concetti generali che pretendono di esaurire tutte le tendenze ideali. Con la pratica dello storico e la passione dell'intellettuale l'autore propone una memoria dei leader, dei gruppi e dei movimenti che nella Repubblica hanno animato la scena politica: liberali e socialisti, radicali e cristiani, conservatori e riformatori. Tra i precursori spiccano Croce, Salvemini e don Sturzo, tra i politici si incontrano De Gasperi, Einaudi, Sforza e Silone, quindi Saragat, Malagodi, Spinelli, Pannella e Craxi, e tra gli intellettuali Montale e Sciascia. Infine si ricordano Nicola Chiaromonte della Libertà della cultura e George Orwell di 1984, due tra le figure più significative dell'antitotalitarismo internazionale a cui durante la Guerra fredda furono rivolte le sprezzanti critiche di Togliatti.
"La storia come pensiero e come azione" esce presso Laterza nel 1938. La prima tiratura risulta rapidamente esaurita e viene subito preparata la seconda edizione. Un anno dopo esce la terza edizione, accresciuta di nuovi capitoli. Come scrive Luciano Canfora nella sua introduzione: «Questo libro, dal titolo mazziniano e goethiano al tempo stesso, è stato definito, non a torto, "il maggior libro della maturità crociana". Esso consiste, in primo luogo, in una appassionata difesa dello storicismo contro i suoi detrattori. Croce li chiama "avversari della storiografia". Essi denunciano, dello storicismo, la avalutatività; gli contrappongono l'illuminismo; a costoro, esso appare come la "maschera" che nasconde immobilismo, fatalismo, inerzia. È dunque un libro di battaglia culturale tanto quanto 'olimpico' era il remoto suo predecessore concepito e diffuso prima della 'grande guerra' (1912/1913) "Teoria e storia della storiografia". Ma è una battaglia su più fronti». Introduzione di Luciano Canfora.
Trenta volontari del Cuamm - dalle provenienze e dalle aspirazioni più disparate - raccontano in formato epistolare la propria esperienza. Sono lettere che parlano di viaggi importanti, che disegnano traiettorie, tutte diverse, di andate e ritorni. Da un piccolo paese della provincia sarda o veneta, dalle grandi città di Roma e Milano, fino al più sperduto villaggio in Uganda, in Sud Sudan o in Mozambico. In tutti questi viaggi, l'Africa smette di essere poco più di un luogo comune e brilla nel prisma delle sue differenze culturali e regionali. Nel racconto sincero e a tratti duro dei giovani volontari a volte la distanza di opportunità e risorse appare difficile da colmare, eppure ogni giorno si possono spalancare spazi di incontro e di condivisione. Succede a chi ha raccolto l'appello di partire per curare i più fragili. Perché il cambiamento è possibile sempre.
I Greci presero Troia; Ramses II sconfisse gli Ittiti; Didone fondò Cartagine; Romolo fece rapire le Sabine; Temistocle vinse a Salamina; Annibale tenne in scacco l'esercito romano. Cosa accomuna questi e altri episodi della storia antica, greca, romana e non solo? Il ricorso a imbrogli, trucchi, raggiri: in una parola, stratagemmi. Anche se lasciavano credere che fossero sempre e solo i nemici a perpetrare le astuzie più ambigue ai loro danni, in realtà i popoli antichi non si fecero mai scrupoli a utilizzare mezzi subdoli e ingannevoli. Ritenevano l'intelligenza l'arma più efficace, affidabile e pronta per superare difficoltà, vincere nemici, imporsi sulla scena politica. I protagonisti di questo libro sono personaggi noti e meno noti della storia antica. Alcuni leggendari, come Ulisse, Pericle, Alessandro Magno, Annibale, Cleopatra. Altri meno familiari, ma ugualmente significativi per l'entità delle loro gesta. Tutti emergono vincenti da contesti competitivi o escono indenni da situazioni di disagio. Tutti mostrano come l'intelligenza, nelle sue diverse declinazioni - e tra queste, soprattutto l'astuzia -, sia la chiave per imporsi, o anche solo per sopravvivere, in ogni occasione.
L'immensità è un concetto familiare per chi nasce in Amazzonia, dove lo spazio sembra non avere confini. Un'inesauribile varietà di ambienti, la più alta concentrazione di forme di vita sul pianeta, corsi d'acqua così vasti da non scorgerne la sponda opposta. Emanuela Evangelista, biologa e attivista, vive da oltre dieci anni nel cuore della foresta amazzonica e precisamente nel villaggio di Xixuaú, una manciata di palafitte ignorate dalle mappe ufficiali, come la maggioranza degli insediamenti umani situati nelle zone più remote. Nelle pagine di questo libro racconta l'Amazzonia che ha conosciuto e lo fa da un punto di vista unico: un'italiana, ormai parte integrante della comunità? dei popoli della foresta. Conosceremo il susseguirsi delle stagioni, l'importanza dell'acqua e dei suoi movimenti; la paura e l'incanto che scaturiscono dal contatto senza mediazioni con la natura; l'indicibile bellezza dei luoghi e dei suoi abitanti, non solo umani; i lenti viaggi lungo i fiumi a bordo di un battello, la magia degli spiriti della selva, la conoscenza delle piante medicinali, la vita quotidiana nel villaggio. Ma anche la violenza, le miniere illegali, il disboscamento, le speculazioni, il bracconaggio, la lotta dei rivieraschi per preservare le terre in cui vivono. Umanità e spazi che rendono questo luogo uno dei più? affascinanti del pianeta.
Arrivano completamente inaspettate. Durano pochissimo, talvolta solo qualche settimana, poi vengono represse. Ma in quel poco tempo succedono cose tali da rimanere per sempre incise nella memoria collettiva. Sono le rivolte popolari. La storia, almeno nell'ultimo millennio, è tutta punteggiata da momenti critici in cui una massa di persone decide che il futuro così come lo vede non gli piace, e prova a cambiarlo. Il Medioevo non fa eccezione: anche allora non sono mancati movimenti insurrezionali che nel loro sviluppo iniziale non sembrano affatto distinguibili dalle più travolgenti rivoluzioni moderne. In particolare nella seconda metà del Trecento se ne sono concentrati così tanti da costituire un'anomalia. Alessandro Barbero racconta proprio le più spettacolari fra queste insurrezioni. Per molto tempo gli storici hanno visto nel loro fallimento non solo la prova che i rivoltosi non avevano nessuna possibilità di riuscire, ma che non perseguivano neppure un obiettivo consapevole. Nulla di più falso: i rivoltosi sapevano quello che stavano facendo, avevano rivendicazioni precise e si battevano consapevolmente per realizzarle.
«Ma cosa fa un ministro?». Questa è la domanda che Enrico Giovannini, allora ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, si sente rivolgere da una ragazza una mattina del 2022 a Genova. Una domanda che stimola molti altri interrogativi, ai quali Giovannini risponde in questo libro sulla base dei quasi due anni di esperienza da ministro tecnico nel governo Draghi. Se non si può riferire a un programma elaborato dal partito di appartenenza, allora come fa un ministro tecnico a prendere decisioni politiche? Segue l'approccio basato 'sulla scienza e l'evidenza'? Media tra spinte e interessi contrapposti? Si difende dietro il classico «ce lo chiede l'Europa»? Si affida al suo intuito? Come coniuga l'esigenza di rispondere alle urgenze o alle emergenze del momento con quella di operare scelte orientate al lungo termine? Come interagisce con la burocrazia pubblica? E come si rapporta al mondo dei media? Il libro racconta come si fa a fare tutto questo in pratica. Una sorta di 'manuale' per capire in cosa consista la difficile, ma anche affascinante, arte della politica.
Octavius è un'apologia del cristianesimo in lingua latina. È l'unica opera pervenuta di Minucio Felice, avvocato di origine africana operante a Roma fra II e III sec. d.C., quando i cristiani rappresentano ancora una novità agli occhi del mondo pagano. La forma è quella del dialogo ciceroniano: tre amici - il narratore, Minucio stesso; il cristiano Ottavio; e il pagano Cecilio - camminano sul lido di Ostia parlando del senso dell'esistenza. La buona novella portata da Ottavio giunge inaspettata e in quanto tale inizialmente anche incomprensibile: è come pioggia nel deserto.
Il volume, frutto di una estesa ricerca d'archivio, analizza le formazioni riconducibili a quella peculiare area politica che è stata la sinistra rivoluzionaria italiana fra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento. L'anarchismo e le dissidenze antistaliniste "storiche" hanno dato vita a esperienze organizzative significative che, a contatto con le lotte sociali e anticoloniali, hanno saputo intercettare le tensioni generazionali e politiche affiorate negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. Già prima del Sessantotto sono nate così nuove strutture di matrice antiautoritaria, operaista, marxista-leninista, e/o antimperialista, che hanno raggiunto il loro apogeo nella prima metà del decennio successivo per entrare poi rapidamente in crisi, strette tra il fenomeno della lotta armata, il disimpegno politico e l'emergere di altri bisogni e antagonismi (femminismo in primis).
Dotate di un importante valore culturale e simbolico, le biblioteche pubbliche conoscono una forte diffusione durante l'età moderna diventando la vetrina delle ambizioni della Chiesa controriformistica prima e dello Stato assolutista poi. Per questo, quando la Rivoluzione arriva nella Penisola italiana, le investe. Se ne appropria. Le trasforma mettendole al servizio di un progetto di emancipazione collettiva. Questo saggio studia le logiche e le forme di tale volontà politica, che porta alla costruzione di un nuovo ruolo sociale della biblioteca pubblica durante il decennio repubblicano fino a farne un laboratorio in costante trasformazione grazie all'intervento delle istituzioni pubbliche, ma anche grazie alle iniziative prese da una cittadinanza capace di riappropriarsi dialetticamente dello spazio bibliotecario e influenzarne la gestione. Studiato in questa prospettiva, l'ordine dei libri allora si rivela l'occasione per interrogare e rileggere la costruzione del nuovo regime in Italia.
Alcide Degasperi è oggi un politico universalmente stimato. Difficile poter dire male dell'uomo che ha contribuito più di tutti a ricostruire un paese provato dalla guerra, povero e profondamente lacerato. Ma non è stato sempre così: in vita egli è stato per anni un lottatore indomabile, ma perdente: un cattolico vecchio stile, in un mondo dominato dalle nuove ideologie, il fascismo, il nazismo, il comunismo. Degasperi le ha conosciute tutte e tre e le ha combattute aspramente, come poteva, da subito. Padre dell'Italia repubblicana, del voto alle donne, della scelta atlantica, Degasperi è stato anche un fondatore dell'Europa unita, anche se oggi, forse, non la riconoscerebbe più. Ha condotto l'Italia fuori dalle secche del dopoguerra con decisione e coraggio. Ricordare oggi le sue battaglie, può essere un modo per indicare una possibile strada, per una rinascita che appare di nuovo necessaria.
La rilettura simbolica di "Biancaneve" e Rosarossa" svela la storia di una crescita interiore in un'armonia oramai dimenticata. Ne deriva un'immagine del mondo più saggia di quella di molti filosofi, la visione dell'uomo più grandiosa delle opinioni di tanti antropologi, la comprensione dell'anima che va oltre la spiegazione che ne danno gli psicologi. Vi si celano una sapienza più grande di qualsiasi scienza, intuizioni che superano qualunque analisi, immagini che, partendo dalla nostalgia delle origini, parlano dei sogni dell'umanità.