"Gesù e Israele", pubblicato per la prima volta nel 1948 e dedicato dall'autore alla moglie e alla figlia perite in un campo di concentramento nazista, costituisce ormai un testo classico fra le opere che più hanno contribuito all'instaurazione del dialogo fra cristianesimo ed ebraismo. Quanto Isaac sosteneva già allora è stato poi ripreso nelle sue parti essenziali, proclamato e proposto come norma dalla dichiarazione "Nostra Aetate" del concilio Vaticano II a tutti i fedeli della Chiesa cattolica.
Per i cristiani il Messia, nato miracolosamente a Natale e risorto a Pasqua, per gli ebrei un fratello che ha interiorizzato la Legge e un esempio di vita per una condotta morale migliore: seppure in modi molto diversi, l’importanza religiosa di Gesù di Nazareth è riconosciuta. Ben-Chorin ricostruisce la figura di Gesù da un punto di vista ebraico, senza farne un trattato storico di carattere scientifico ma testimoniando la propria esperienza di credente, che considera la storia umana di Gesù – vissuto e morto tragicamente proprio in un mondo ebraico – riletta attraverso le pagine del Vangelo. La figura del Nazareno non è quindi luogo di scontro, ma di possibile dialogo fra ebrei e cristiani e con il diverso: un punto di incontro nella comune storia della salvezza. Come dice Paolo De Benedetti, questo di Ben-Chorin è «un libro imprescindibile, classico».
SCHALOM BEN-CHORIN (1913-1999), saggista, scrittore e teologo tedesco, è stato uno dei grandi pionieri del dialogo ebraico- cristiano. Per Morcelliana ricordiamo Quale consolazione dopo la Shoà? (2022 2ed.).
Nella Bibbia lo scenario in cui viene rivelato il Decalogo (erroneamente noto come i "Dieci Comandamenti") è il deserto: è dunque proprio in una situazione in cui manca l'essenziale per vivere ed è concreta la possibilità di morire che vengono donate le "parole di vita". Tra tuoni e lampi, una densa nube cala sul Sinay, mentre sempre più forte si ode nel silenzio circostante il suono dello shofar. Ha-Shem scende sul monte, Mosheh vi sale: ha così inizio il dono della Torah. "Faremo e ascolteremo" rispondono i figli d'Israele, a significare che l'ascolto delle Parole cresce man mano che esse si incarnano nella vita di ognuno, perché "di fronte all torah siamo tutti uguali, ma ognuno ode la sua voce in modo diverso".
Se per il mondo ebraico Mosè è «il nostro maestro», per il pensiero dei Padri della Chiesa rimane una figura centrale. Il libro raccoglie e analizza le principali testimonianze del mondo ebraico antico e della Chiesa delle origini mostrando i punti di convergenza delle interpretazioni dell'uno e dell'altra. Il patrimonio scritturistico condiviso dà vita a un dialogo interpretativo interessante e fecondo. L'autore adotta la vita di Mosè come filo conduttore facilitando la lettura dell'opera. Emergono osservazioni che aiutano ad andare oltre la cortina del testo e a cogliere aspetti teologici e spirituali di rilievo, anche per l'oggi.
Nel cristianesimo la sessualità è stata spesso vista come qualcosa da controllare, in certe epoche anche in modo ossessivo. Seppure con altre modalità, lo stesso è avvenuto anche nell'ebraismo e nell'islam, che attinge molte delle sue categorie dai testi biblici. Visto il ruolo fondamentale che il cristianesimo ha avuto nella formazione del pensiero, e dei costumi, occidentali, nel presente volume si è scelto di indagare il tema della sessualità e del desiderio nei testi che compongono il Pentateuco, o Torah, ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Nel Pentateuco i riferimenti al tema non sono sempre chiari, ma senza dubbio le loro interpretazioni hanno influenzato fortemente il pensiero ebraico e quello cristiano. Intorno a questi libri ruotano tutti gli altri testi biblici e molti di quelli, composti prima e durante il periodo in cui è vissuto Gesù, che non fanno parte della Scrittura, ma sono ben parte della cultura ebraica. Questo libro dovrebbe far un po' di luce rispetto al senso che i testi antichi davano alla sessualità: un senso che, come si vedrà, è abbastanza diverso dal nostro.
Per duemila anni cristiani ed ebrei hanno dimenticato che Gesù non era soltanto di discendenza ebraica, ma a tutti gli effetti un buon ebreo in senso religioso. Un oblio che ha creato da entrambe le parti una polarizzazione tra "noi" e il "Cattivo-Altro", ma soprattutto ha avuto per conseguenza secoli di antiebraismo e la terribile frattura di Auschwitz. In un mondo sempre più globale, per Ágnes Heller è necessario «detotalizzare» il concetto di Verità: la "resurrezione" del Gesù ebreo, infatti, rende possibile l'ecumenismo, che «non solo tollera l'altra religione, ma cerca anche ciò che unisce una religione all'altra». "Gesù l'ebreo" è un testo «denso di speranza» che parla al nostro tempo polverizzato in posizioni inconciliabili, ed è capace di mettere in discussione ogni forma assoluta di pensiero e fondamentalismo. Prefazione di Vittoria Franco.
La riflessione di Schwarzschild sul divieto di idolatria - tema fondamentale per la fede e la prassi religiose del mondo ebraico - è un commento filosofico-rabbinico al precetto di non farsi alcuna immagine di Dio. È, però, anche un'applicazione di questo comando alla storia del sentimento religioso e della spiritualità, dal momento che farsi immagini costituisce un bisogno umano che, proprio perché tale, va sottomesso all'imperativo divino. Rinunciando a stigmatizzare le pur pericolose idolatrie del nostro mondo, Schwarzschild si concentra sulla "madre di tutte le idolatrie", quella religiosa, perché è l'idolatria che pretende di non esserlo, quella che si smercia per veritas e vera religio. Nell'approccio di questo originale pensatore ebraico, idolatra è chiunque creda o pensi che si possa eliminare la cesura tra divino e umano, tra idealità e realtà. La proibizione dell'idolatria diventa, in questa prospettiva, la formula negativa con cui si tutela la primaria e più alta verità della rivelazione divina e della riflessione razionale umana: esiste un Dio uno e unico, nel quale l'unità numerica sfuma e si trascende nella sua dimensione morale.
La domenica di Pasqua del 1475, il cadavere di un bambino di due anni di nome Simone fu trovato nella cantina di una famiglia ebraica a Trento. I magistrati della città arrestarono tutti gli uomini ebrei che vivevano nella città con l'accusa di omicidio rituale: l'uccisione di un bambino cristiano per utilizzarne il sangue nei riti religiosi ebraici. Sotto tortura, gli uomini confessarono e furono condannati a morte; le loro donne, che erano state tenute agli arresti domiciliari con i figli, avevano denunciato sempre sotto tortura gli uomini, e alla fine si convertirono al cristianesimo. Fu così che ebbe inizio il culto di Simonino, abolito dalla Chiesa solo nel 1965 dopo il Concilio. R. Po-chia Hsia ricostruisce in modo avvincente tutti gli aspetti di questa tragica, infame vicenda, tratteggiando i personaggi coinvolti, svelando gli intrighi politici nei rapporti tra papato e impero e inquadrando il processo agli ebrei di Trento nella più ampia prospettiva dell'antigiudaismo medievale.
Paolo Sacchi, grande figura di ebraista e storico di fama internazionale, ben noto per la ricchezza del suo lavoro sulla Apocalittica e la "Bibbia dei Settanta", ritorna qui a interrogarsi su Gesù e dunque sui Vangeli. Focalizzandosi sul Vangelo di Marco, tenta di capire che cosa Marco abbia voluto dire mettendo in bocca a Gesù l'enigmatica e ancor oggi discussa espressione "Figlio dell'Uomo", che va intesa a partire dal rapporto dell'evangelista con la tradizione apocalittica: «Gesù si autorivela come Figlio dell'Uomo perché Dio lo rivela come Figlio di Dio». Tale rivelazione dà anche il significato all'Ultima Cena, dove Gesù stringe il suo Patto, con la promessa di risurrezione, con i discepoli e quindi con tutti gli uomini. Sono pagine che sorprendono il lettore, perché, come scrive l'autore, «nello scorrere degli anni ho amato sempre più Gesù. Ho studiato la sua vicenda con un entusiasmo particolare che vorrei comunicare al lettore con parole che, pur nella freddezza dell'esposizione, lo lasciassero trapelare».
L'autore illustra il sistema di potere dell'Israele biblico senza far velo sugli aspetti oggi meno comprensibili: le incessanti guerre e le intemperanze della vittoria, l'ordinamento penale di tremenda durezza, lo statuto familiare con il concubinato e il divorzio. Il tutto interpretato con un taglio storico-giuridico. È analizzata anche la meno nota legislazione sociale, sorprendentemente avanzata, con la tutela legale del povero, del salariato, del contraente debole, in una scala di valori che non ha eguali nel mondo antico. Filo conduttore è la pedagogia dei Profeti, con i loro tratti socio-psicologici tra ideali di democrazia teocratica e un profondo desiderio di apocalisse.
La persecuzione fascista contro gli ebrei fu una pagina tragica della storia italiana, a lungo rimossa dalla memoria collettiva. Si diffuse l'idea che la legislazione antiebraica fascista non fosse troppo dura e che la responsabilità degli arresti e delle deportazioni fosse esclusivamente dei nazisti. Solo con gli anni sono emersi la radicalità dell'antisemitismo fascista e il decisivo ruolo di Mussolini. Il settore da cui nel 1938 si avviò la politica persecutoria fu quello dell'istruzione, ritenuta il cardine attraverso cui plasmare la mentalità degli italiani, e un ruolo di primo piano, per elaborare e propugnare il razzismo di Stato, sarebbe stato occupato dall'università. Il libro ricostruisce l'applicazione della legislazione antiebraica all'Università di Milano, dove la svolta antisemita fascista colpì quaranta tra professori, aiuti e assistenti. In molti casi erano illustri studiosi, che avevano messo a disposizione della causa fascista il proprio sapere; personalità diverse, per età ed esperienze, le cui vite vennero tragicamente accomunate dalla persecuzione. L'autore ne ripercorre le storie, raccontando le loro carriere, l'adesione al fascismo e il rapporto con l'ebraismo; ma anche l'allontanamento dall'accademia, le scelte di vita, la ricerca della salvezza e il ritorno a guerra finita. Sono storie di privazione, di fuga, di resistenza e, purtroppo, anche di deportazione. Al termine del conflitto, molti decisero di riprendere il proprio posto, spesso al fianco di chi li aveva sostituiti, in una sorta di continuità con il passato. Così fu anche per gli studenti, il cui ritorno fu segnato dall'indifferenza con cui ripresero gli studi. Come nota Michele Sarfatti nella prefazione, il libro intreccia la storia generale alle storie dei singoli, mettendo in luce il processo di rimozione che ha caratterizzato la realtà italiana del dopoguerra e contribuendo così all'adozione di uno sguardo «democratico e sincero su quel passato». Presentazione di Massimo Castoldi.
Il più autorevole e infaticabile tra i fautori cattolici del Ravvicinamento tra la Chiesa e il popolo ebraico, del superamento definitivo di incomprensioni, diffidenze, ostilità, fondate su credute ragioni religiose che hanno contribuito nel corso dei secoli al nascere dell'infausto fenomeno dell'antisemitismo, offre in questo libro la trama teologica della sua lunga opera e insieme il commento alla Dichiarazione conciliare sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane; principalmente alla parte che si riferisce agli Ebrei (28 ottobre 1965). È un passo decisivo e irreversibile che la Chiesa ha compiuto, nell'approfondita fedeltà alla verità biblica, riconoscendo e proclamando che non si può parlare di una colpa collettiva del popolo ebraico, nella passione e morte di Cristo: non per tutti gli Ebrei palestinesi o della diaspora allora viventi, e tanto meno per quelli dei secoli successivi fino ai nostri giorni. È la vittoria della fede, nella sua formulazione esatta, purificata, sopra certe rappresentazioni e convinzioni volgari secondo cui il popolo ebraico è oggetto di una riprovazione o ripudio assoluto di Dio, e perciò soggiace a un destino di dannazione, e di persecuzione anche terrena, a giusto motivo. È l'assenso cordiale alla parola paolina secondo cui le "promesse di Dio sono irrevocabili" e perciò il Signore ha sempre cari gli Ebrei e si riserva, entro la fine dei tempi, di integrarli al suo popolo nuovo, che attende la gloria nella sua Parusia.