I temi trattati nei saggi qui raccolti, pubblicati tra i 2020 e il 2023, si riferiscono ad alcuni dei più rilevanti eventi accaduti in questo periodo tormentato, eppure ricco di spunti di riflessione anche in chiave prospettica. Unico è il filo conduttore che tiene uniti gli scritti: mostrare che la radice profonda delle gravi difficoltà con cui stanno facendo i conti le nostre società è costituita dall'assunto antropologico, ormai inadeguato, che ancora guida gran parte del pensiero economico. C'è, però, una via per uscire dall'attuale crisi: ripartire dai principi dell'Economia Civile.
Stefano Zamagni è stato professore di Economia Politica sia all'Università di Bologna, dove ha svolto anche il ruolo di preside della Facoltà di Economia, sia alla Johns Hopkins University. Ha ricoperto la carica di presidente della Pontificia Academia delle Scienze Sociali. È presidente della Fondazione Luma Human Academy e del Comitato scientifico della Scuola di Economia Civile (Sec).
Cos'hanno in comune il sogno libertario delle criptovalute, quello tecnocratico dell'indipendenza delle banche centrali, la finanziarizzazione del sistema economico, l'abolizione della fatica attraverso la tecnologia, la globalizzazione e un mondo senza barriere, l'illusione della crescita infinita e l'idea che, tagliando le tasse ai ricchi, tutti staranno meglio, come con la flat tax? Sono sette grandi sogni immaginati e concretizzati da riformisti visionari, uomini e donne con la volontà di cambiare il mondo. Eppure, il confine tra sogno e utopia è spesso sottile, e tante idee geniali, messe a confronto con la realtà, hanno preso la direzione sbagliata: qualcosa è andato storto. Nelle vicende umane, del resto, i percorsi possono diventare accidentati, le cose possono sfuggire di mano, e i risultati rivelarsi deludenti o implicare effetti collaterali indesiderati. Carlo Cottarelli chiama quelle visioni "chimere" e le racconta in questo libro, spiegando al grande pubblico qual è la consistenza dei sette sogni e qual è la posta in gioco del loro successo o fallimento. Sono questioni che riguardano noi e le generazioni future, perché dovremo affrontare il problema di una crescita compatibile con i vincoli ambientali, la necessità della stabilità monetaria, le conseguenze di un'eventuale deglobalizzazione. "Stiamo sognando troppo a lungo e, nel mentre, non facciamo quello che sarebbe necessario per rendere il sogno una realtà. C'è ancora tempo, è vero, ma dobbiamo renderci conto che sognare non è abbastanza." Perché grandi visioni riformiste si sono spesso rivelate pericolose chimere?
In un saggio di eccezionale radicalità, Jonathan Crary mette in relazione alcuni dei fondamentali problemi della società odierna, quali le disuguaglianze e il dissesto ambientale, con la forma impressa dal capitalismo digitale al modello di sviluppo planetario. Si tratta di una realtà a tutti evidente, ma che non può essere pronunciata: la nostra celebrata "era digitale" non è altro che la disastrosa fase terminale del capitalismo globale, in cui a regnare sono la finanziarizzazione dell'esistenza sociale, l'impoverimento di massa, l'ecocidio e il terrore militare. Con questo scritto critico, che prosegue il lavoro iniziato con "24/7. Il capitalismo all'assalto del sonno", l'autore smonta il pregiudizio secondo cui i social media possono essere uno strumento di cambiamento radicale e ci svela invece come le reti e le piattaforme delle multinazionali siano intrinsecamente incompatibili con una Terra abitabile e con le relazioni umane necessarie a costruire forme di esistenza egualitarie. In altre parole, "Terra bruciata" mostra i differenti modi in cui Internet sta devastando la vita sul nostro pianeta e ci incoraggia a immaginare un mondo nel quale la dimensione sociale torni a ricoprire il ruolo essenziale che le spetta, cessando di essere una mera appendice dell'attività online.
C'è stato un tempo, non così lontano, meno di cento anni fa, in cui l'idea di lavorare 'solo' cinque giorni alla settimana invece di sei sembrava una provocazione irrealizzabile, tanto da essere fortemente osteggiata. Abbiamo invece scoperto che due giorni liberi per tutti non hanno fatto precipitare la produttività né interrotto il progresso o messo in crisi il capitalismo. Oggi ci troviamo di fronte a una nuova sfida che potrebbe essere una risposta efficace rispetto agli enormi cambiamenti avvenuti nell'organizzazione del lavoro e che potrebbe consentire anche un miglior equilibrio tra tempi dedicati alla propria professione e tempi dedicati al privato, con benefici anche dal punto di vista dell'equilibrio di genere e della crescita armonica dell'intera società. Una settimana lavorativa di quattro giorni stimolerebbe la domanda, farebbe crescere l'innovazione e la produttività, ridurrebbe la disoccupazione, ridurrebbe le disuguaglianze, ci renderebbe più felici. Se vi piacerebbe poter dire: «Finalmente è giovedì!», questo libro è per voi.
Ciò che si produce, si risparmia, si investe, si scambia con il resto del mondo può raccontare l'identità di un paese Che posto occupa l'Italia nel mondo d'oggi? Per ricercare una risposta si può guardare alle condizioni dell'economia, che assorbono molta parte delle energie dei popoli, e dalle quali si può anche ricostruire la loro identità. In questo libro, autorevole e brillante, si racconta l'economia italiana a confronto con le grandi potenze mondiali. Lo si fa attraverso i dati, ma anche con riflessioni di carattere storico e politico; tra buone e cattive notizie ne emerge un paese molto avanzato, seppure con forti anomalie che da tempo gli stanno facendo perdere terreno. Ma c'è un filo conduttore tra il presente e il passato, in particolare quel passato in cui si sviluppò un'economia che coniugava il bello con l'utile, l'arte con l'innovazione, l'eleganza con la tecnologia. Ritrovare quel filo potrebbe essere la chiave per tornare protagonisti di un mondo che sembra oggi richiedere proprio ciò che il nostro paese sa fare meglio. Un nuovo Rinascimento italiano è possibile?
Le tecnologie digitali stanno trasformando interi settori dell'economia ed hanno riflessi rilevanti sulla società ed i sistemi democratici. Il settore finanziario, ed in particolare il mercato dei servizi di pagamento, rappresenta un esempio delle potenzialità innovatrici delle tecnologie digitali: intelligenza artificiale e machine learning, soprattutto. La ricerca condotta da Astrid-LED, coordinata da Claudio Giannotti ed Antonio Perrucci, con il concorso di esperti di diverse discipline e di manager di importanti aziende del settore, esamina i diversi profili della relazione tra tecnologie digitali e sistemi di pagamento: economia, finanza, tecnologia, mercato e concorrenza, regolazione. Il quadro che emerge è di un processo di transizione digitale tuttora in corso, per cui non è possibile - almeno ora - individuare con esattezza l'evoluzione finale degli assetti di mercato e concorrenziali dei sistemi di pagamento. Di certo, è già mutato il panorama competitivo, con il ruolo assunto dalle grandi piattaforme digitali e dalle nuove forme di impresa (Fintech, Neobank, Techfin). Nella dimensione della platform economy, si stanno modificando le catene del valore, i modelli di business e di servizio. Emerge, tra l'altro, il mismatch tra il valore dei paga -menti digitali per "coloro che li utilizzano" (la clientela retail che paga e i merchant che incassano) e per "coloro che li offrono" (le imprese del settore, differenti per caratteristiche, dimensione e natura). Nel processo di trasformazione digitale, la regolazione assume una funzione di rilievo, a diversi livelli: settoriale (Digital Finance Package), orizzontale (la disciplina delle piattaforme digitali), in materia fiscale e tributaria, con riguardo innanzitutto alla disciplina delle esenzioni.
La Grande crisi globale iniziata nel 2007 non ha nulla di naturale; piuttosto, è dipesa dalla risposta sbagliata al rallentamento dell'economia. Luciano Gallino ha condotto un documentato lavoro di spiegazione strutturale delle sue cause che la ricostruisce nei termini di una crisi del capitalismo. Crisi economica e crisi ecologica sono considerate da Gallino le manifestazioni più appariscenti della crisi del modo di strutturare l'economia, la politica, la cultura e la comunità delle società del pianeta intero, cui egli si riferisce nei termini di una (sola) civiltà-mondo sviluppatasi negli ultimi decenni. Il volume conduce nell'esame di numerose dinamiche concausali, e non solo concomitanti, delle crisi della civiltà-mondo. Sono qui raccolti temi e analisi sviluppati da Luciano Gallino in Finanzcapitalismo (2011), Il colpo di Stato di banche e governi (2013) e Il denaro, il debito e la doppia crisi (2015). La selezione e il coordinamento dei testi sono stati curati da Paola Borgna.
Parola detestata dai più, che sottintende spesso un giudizio negativo. Perché? Da sempre l'umanità scambia beni e servizi, ma è dalla Rivoluzione industriale che la dimensione economica del mercato ha modificato radicalmente la nostra vita: per la prima volta nella storia abbiamo sperimentato cosa vuol dire «crescita», e con essa un aumento del reddito medio e della speranza di vita. Allo stesso tempo, le disuguaglianze proliferano: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Il capitalismo è dunque solo uno strumento di sfruttamento dell'uomo sull'uomo? Rivedute e corrette, le accuse di oggi sono le stesse dell'epoca di Marx ed Engels. Questo libro intende fare un po' di ordine e soprattutto raccontare un'altra storia. È dalla Rivoluzione industriale che aspettiamo la fine del capitalismo. Ma per sostituirlo con cosa?
Dal 1973 al 1992 l'inflazione ha condizionato pesantemente la vita economica del nostro paese. Oggi è ricomparsa con forza sulla scena, con il rischio di riaccendere tensioni finanziarie e di riaprire conflitti sociali che pensavamo di aver relegato per sempre al nostro passato. In questo libro Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia, propone una rilettura del dibattito economico e politico intorno all'inflazione, anche sulla base di saggi scritti in anni passati e di documenti inediti. Soprattutto, si domanda quali lezioni possiamo ricavare dalle esperienze passate e quanto queste siano ancora utili per affrontare le sfide del presente. Come si può rispondere ai gravi shock degli ultimi anni, senza che le reazioni agli aumenti dei costi di produzione e alle perdite di potere di acquisto rendano il rientro dell'inflazione particolarmente lungo e difficile? Con quali interventi può il Consiglio direttivo della BCE, che opera con riferimento all'intera area dell'euro, assicurare il ritorno alla stabilità dei prezzi? Gli aumenti dei tassi di interesse ufficiali saranno appropriati? E come si uniranno, nelle decisioni di politica monetaria, coraggio e lungimiranza?
In un'Italia segnata da un cambiamento politico a volte vorticoso, qualcosa rimane uguale: ci rimettono sempre gli stessi. Sono le donne e gli uomini che lavorano e fanno impresa, che pagano le tasse (e poi non ricevono i servizi), pagano le multe (e poi vedono arrivare i condoni), pagano le bollette (ogni mese più salate) e alla fine del mese vedono rosso: nel conto in banca e per la rabbia. Intanto, si diffonde un clima di paura e di incertezza che non solo non può favorire lo sviluppo di nuove iniziative e nuove aziende, ma mina la democrazia. Se infatti le persone non sono economicamente indipendenti, se sono costrette a dipendere dallo Stato, dalle sue provvidenze, dalle sue decisioni anche quando arbitrarie, l'ordine liberale non esiste più. Così si fondono in un unico magma soffocante crisi politica e crisi economica e dal Covid alla guerra, dai costi energetici all'aumento dei tassi, ondata dopo ondata, nella totale incapacità d'azione dei governi tanto di destra quanto di sinistra, le imprese falliscono, le aziende chiudono e la classe media rischia di diventare il nuovo proletariato. Con ricchezza di analisi e forza argomentativa, Giuliano Guida Bardi firma un vero e proprio reportage dal fronte della guerra alla borghesia, invocando un cambiamento non più rinviabile. Non sono, però, solo tinte fosche: brillano infatti in questo accurato quadro di storia e cronaca la resilienza, la creatività, la generosità con cui una spina dorsale di professionisti e imprenditori, con poche certezze e ancor meno tutele, continua a tenere in piedi il corpo del Paese. Nonostante tutto.
Quale senso diamo alla relazione tra le persone che vivono in un'impresa? Il libro parla anzitutto di dubbio e di responsabilità, della tensione verso il bene comune e la crescita dei dipendenti. Per rendere la leadership non solo una pratica, ma un pensiero forte e determinato a cambiare le situazioni e a fuoriuscire dall'inerzia delle abitudini.
Dopo oltre duecento anni dalla prima edizione milanese (1818-19) il testo di Melchiorre Gioia "Del merito e delle ricompense" viene dato alle stampe in edizione critica. L'intento dei curatori è quello di offrire al lettore la possibilità di accostarsi a un autore italiano che, nell'alveo della ricerca intellettuale europea interessata a dare misura, peso, conto delle forze economiche e morali, consolida un'indagine conoscitiva originale gettando le basi per la nascita della nuova scienza statistica. Le ottocento pagine dell'opera manifestano l'intensità e l'ampiezza del principale intento scientifico che le anima: misurare le variabili quantitative e qualitative, come le virtù - soprattutto relazionali - così essenziali per il buon funzionamento dell'economia e della società, al tempo stesso individuando i modi per favorirne l'attivazione. Come incentivare l'emersione dei comportamenti virtuosi nelle società moderne? Come premiare il merito rispettando la tessitura delle motivazioni umane più profonde che il riconoscimento unicamente monetario spiazza e deprime? Sono alcune delle domande che guidano nell'esplorazione del testo. Leggere, oggi, Gioia significa ritrovare parole (e significati) per ricomporre un vocabolario che sappia dire del merito e di come riconoscerlo al di fuori della facile laudatio dell'ideologia meritocratica. Nell'attuale società di mercato si invoca la meritocrazia pensando che il merito sia qualcosa di unidimensionale, semplice da individuare come criterio per le buone scelte. Così i meriti premiati sono quelli traducibili in incremento di rendimenti e fatturati, più maschili che femminili, più individuali che collettivi, più posizionali che relazionali. I meriti relazionali e qualitativi sono, infatti, difficili da ordinare oggettivamente, si prestano di più all'abuso, sono più vulnerabili e spesso restano invisibili a una società che soffre di analfabetismo relazionale ed emozionale. Del merito illustra quanto siano proprio gli ingredienti invisibili, i capitali relazionali e spirituali a essere stati determinanti per lo sviluppo economico e umano delle società che prima di tutto hanno saputo vederli, dirli, premiarli.