La grave crisi “nel” capitalismo rischia di essere confusa con la crisi “del” capitalismo e rischia, ancora, di far confondere una grave crisi “nell’Europa” con la crisi “dell’Europa”. Il saggio di Patuelli è un percorso di lettura della crisi di valori prima ancora che economica; un percorso che accompagna il lettore nella decifrazione di meccanismi solo apparentemente economici, ma che in realtà sono gli elementi essenziali di quella cultura delle regole di mercato che siano capaci al contempo di non soffocarlo e garantirne un più corretto ed equilibrato funzionamento. L’Europa è il palcoscenico di questo racconto; Europa trasformata in un disegno confuso, incompiuto e assai spesso percepito come luogo di burocrati, lontana dai diritti e dai bisogni dei cittadini. Perché ciò è avvenuto? Si possono recuperare gli alti ideali originari? È ancora possibile? Il racconto dimostra che sì, è possibile: occorre rimettere in ordine le idee, ricordandoci da dove veniamo e com’è stato complesso e tortuoso il cammino finora realizzato. Occorre un momento ri-costituente per la nuova Europa, facendo convergere le istanze degli Stati nazionali e del Parlamento europeo per l’adozione di una vera Costituzione europea. Il costituzionalismo è, infatti, la via maestra per le democrazie e le libertà. L’alternativa è sempre più fra democrazie costituzionali e dispotismi, vecchi o nuovi, fra rivoluzioni autoritarie e nazionaliste e la cultura occidentale frutto di secoli di evoluzioni sociali verso la civiltà e le libertà. L’alternativa è sempre più fra Europa della libertà e gli estremismi religiosi e intolleranti che fanno prevalere la violenta interpretazione estrema di regole religiose sulla dignità dell’individuo, sulle libertà e sui diritti di cittadinanza innanzitutto delle donne. I principi non si impongono con la forza della violenza, ma con le idee ed il metodo della ragione.
Il fascismo e il tempestivo antifascismo postbellico di molti intellettuali; gli estremismi antioccidentali e apocalittici; la violenza e le guerre giuste e ingiuste; i pacifismi intransigenti e utopistici dell'ultimo quarto del Novecento. Uno storico della filosofia e della scienza - in questo che è il suo ultimo libro - volge lo sguardo all'Italia del Novecento. Ci parla di uomini che, come lui, hanno vissuto le tragedie e le speranze del "secolo breve" e delle idee che ne hanno nutrito le passioni e guidato le scelte. Ci aiuta a capire tutto questo anche con pagine autobiografiche asciutte e intense. A volte - non però in quelle pagine - i giudizi sono taglienti, le prese di posizione nette e polemiche. Ma sono giudizi, prese di posizione che sono tali perché rifiutano "la tentazione del tutto o niente", cieca dinanzi alle incertezze, alle contraddizioni, alla stessa imprevedibile generosità della natura umana.