Marco Carrera, il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi, è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d'arresto della caduta - perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, Veronesi costruisce altri personaggi indimenticabili, che abitano un'architettura romanzesca perfetta. Un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all'improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l'uomo nuovo.
Un «romanzo riflessivo», un percorso su tematiche esistenziali che riguardano i temi della relazione e dell’amicizia, attorno ai quali ruotano situazioni ed eventi.
I due protagonisti, Sergio e Alfredo, interagiscono con le vicende delle rispettive vite, molto diverse tra loro. E Alfredo deve fare i conti con la perdita di un figlio, con la fatica di accettare la realtà della vita che un giorno «ti viene sbattuta in faccia nel peggiore dei modi quando in un solo attimo, inaspettatamente, torni a casa e tutto è irrimediabilmente cambiato».
Viviamo un tempo di crisi di umanità. Non nascono più bambini e abbiamo disimparato l'arte dell'accoglienza, in tutte le sue forme. Non è un caso che nelle società dove la famiglia è in crisi ci sia tanta ostilità verso gli stranieri. Forse un modo per rigenerare la famiglia può essere quello di renderla un grembo accogliente di vite nate altrove. La storia raccontata qui è una storia vera, a due voci, che nasce dall'intreccio di due percorsi biografici, tra due continenti diversi. L'incontro, e quello che ne è scaturito, diventa l'occasione per ripensare il proprio passato e immaginare un futuro in una direzione inaspettata. Un incontro tra generazioni, tra generi, tra culture diverse, ciascuna con le sue crisi, fatiche, speranze rispetto alla famiglia. È l'inizio di un dialogo che non si è più interrotto.
Dal debutto di Franco Lucentini con il romanzo breve "I compagni sconosciuti" (1951) al congedo di Carlo Fruttero col poemetto "La linea di minor resistenza" (2012), il percorso di questo doppio Meridiano descrive un arco simmetrico che, oltre a offrire al lettore l'insieme dei testi più significativi di Fruttero e Lucentini, firmati insieme o singolarmente, svela la parte nascosta del loro lavoro, svolto in solitudine oppure, nella maggioranza dei casi, in coppia, dimostrando le molteplici possibilità dello "scrivere in due". Dei due autori, accanto al resoconto della loro formazione intellettuale e del sodalizio editoriale che li ha uniti a lungo nell'inesausto lavoro di ricerca in campi diversi - dal giallo alla fantascienza al fumetto -, la ricca, documentata curatela di Domenico Scarpa registra in presa diretta le idee e le vicissitudini compositive delle molte opere qui presentate. Scarpa ritaglia inoltre nei "backstage" uno spazio supplementare per le "chiacchiere di bottega" sui cui poggiano gli indimenticabili capolavori di Fruttero & Lucentini, dal primo grande successo, "La donna della domenica" (1972), alle nuove indagini del commissario Santamaria raccontate in "A che punto è la notte" (1979), e fino ai testi teatrali e poetici meno noti al grande pubblico.
"Svegliarsi una mattina e non sapere più se ami ancora la donna che hai vicino, la donna con cui hai costruito una famiglia, una vita. Non sai come sia potuto accadere. Non è stato un evento, una situazione, un tradimento ad allontanarvi. È successo senza esplosione, in silenzio, lentamente, con piccoli, impercettibili passi. Un giorno, guardando l'uno verso l'altra, vi siete trovati ai lati opposti della stanza. Ed è stato difficile perfino crederci". Quello di Marco e Anna sembrava un amore in grado di mantenere le promesse. Adesso Marco non riesce a ricordare qual è stata la prima sera in cui non hanno acceso la musica, in cui non hanno aperto il vino. La prima in cui per stanchezza non l'ha accarezzata. Quando la complicità si è trasformata in competizione. Forse l'amore, come le fiamme, ha bisogno di ossigeno e sotto una campana si spegne. Forse, semplicemente, è tutto molto complicato. Il libro di Fabio Volo è il racconto di una crisi di coppia e del viaggio, fisico e interiore, per affrontarla. Un romanzo sincero, diretto, che sa fotografare le pieghe e le piccole contraddizioni dei nostri rapporti.
Niccolò ha venticinque anni ed è innamorato perso di Simona. Così quando lei, bella e inquieta, parte mollandogli suo figlio Lorenzo, lui decide di prendersene cura, sebbene quel moccioso di quattro anni non lo abbia mai accettato e di notte lo sbattesse puntualmente fuori dal letto. Niccolò non ha mai fatto il padre, e non sa come gestire capricci, routine, amichetti che giocano a fingersi d'improvviso morti e primi batticuori. In più, a complicare le cose, ci si mette anche il padre naturale. Riccioli scompigliati e chitarra in spalla, è arrivato dall'Argentina per incontrare il piccolo, e si è installato in casa senza alcuna intenzione di andarsene. Innamorati della stessa donna, lui e Niccolò si detestano, e il bambino non riconosce un ruolo a nessuno dei due. Eppure, giorno dopo giorno, tra litigi e partite a pallone, pigiama party e impreviste abitudini, questi tre "ragazzi" abbandonati imparano ad appoggiarsi l'uno all'altro, per sorreggersi insieme contro il mondo.
Che cos'è l'andare in montagna senza la conquista della cima? Un atto di non violenza, un desiderio di comprensione, un girare intorno al senso del proprio camminare. Opera di narrativa che prende spunto da un viaggio realmente accaduto, taccuino di viaggio, ma anche il racconto illustrato, caldo, dettagliato, di come vacillano le certezze col mal di montagna, di come si dialoga con un cane tibetano, di come il paesaggio diventa trama del corpo e dello spirito. Perché l'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è una montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. Per affrontarla serve una vera spedizione, con guide, portatori, muli, un campo da montare ogni sera e smontare ogni mattina, e soprattutto buoni compagni di viaggio. Se è vero che in montagna si cammina da soli anche quando si cammina con qualcuno, il senso di lontananza e di esplorazione rinsalda le amicizie. Le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate. Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza.
Quindici autori raccontano un maestro della letteratura. È stato lo scrittore italiano più popolare a cavallo fra Novecento e Duemila. Non c'è casa dotata di biblioteca che non abbia un suo libro. Le sue storie, i suoi personaggi, la sua capacità di affabulare, di divertire, di animare il dibattito culturale hanno segnato tre decenni. In questo volume, alcuni lettori speciali di Andrea Camilleri - scrittori, giornalisti, figure del mondo culturale - compongono una sorta di dizionario emotivo. La 'sicilitudine', il rapporto con la storia del Paese, gli odori e i sapori di Vigàta, la terra di Montalbano, il successo, il debutto tardivo come narratore, la lingua, il dialetto. Voce per voce, tassello per tassello, un ritratto corale di Camilleri e del suo mondo. Un omaggio, un atto di gratitudine per uno degli uomini più amati del nostro tempo. A cura di Paolo Di Paolo. Contributi di Lirio Abbate, Giuseppe Antonelli, Serena Dandini, Giovanni De Luna, Antonella De Santis, Paolo Di Stefano, Valentina Farinaccio, Giuliano Malatesta, Stefano Massini, Piero Melati, Salvatore Silvano Nigro, Marino Niola, Stefano Salis, Elvira Seminara, Nadia Terranova.
"[...] Perché hai voluto che Andrea andasse via? Forse anche a lui avrebbe fatto piacere poter sentire queste cose e stare con te."
"La mia parola raggiungerà anche il suo cuore, quando il tempo opportuno si manifesterà per lui. Ivi avrà il modo di restare con me non soltanto per un tratto di sole, destinato a cedere il posto alla notte che si avvicina, ma per sempre.
La notte infatti non appesantirà più di gemiti il suo cuore, con le sue pretese di nascondere la luce del giorno, poiché farò giustizia in lui, fra quello che opprime il suo spirito e la sua tensione alla bellezza della luce.
Io mi manifesterò a lui, con la purezza del mio dire, in maniera che possa conoscermi per colui che sono e disperdere le tenebre del suo cuore. Ma ora è necessario che uno solo rimanga con me, ora che il creato attende impaziente la mia voce.
Uno solo, che rappresenti tutti coloro che il Padre mi ha dato, perché in me abbiano la vita. E quello sei tu."
"Perché proprio io?"
"Osserva quanti 'perché' mi stai ponendo..." [...]
Antonio e Fausto non potrebbero essere più diversi: il primo, cinquant'anni in jeans e T-shirt, vive di lavoretti in un appartamento in condivisione con tre ragazzi, sempre connesso, in attesa che il mondo riconosca il suo talento di giornalista; il secondo è un imprenditore di successo, molto riservato, con una famiglia perfetta, che dicono stia per candidarsi a sindaco della Capitale. Due rette parallele che non dovrebbero incontrarsi mai. Perciò, quando Antonio riconosce Fausto nella bottega di Oreste, un anonimo barbiere al Nomentano, si convince subito che questa ribellione alle leggi della geometria sociale nasconda qualcosa: che ci fa un uomo ricco e di potere come Fausto Maria Borghese in un posto come quello? E perché, poco dopo, Oreste sparisce nel nulla? Da quel momento, stanare Fausto diventa l'ossessione di Antonio e l'ordinata quotidianità dell'imprenditore comincia a deragliare. Ma cercare la verità di qualcun altro può essere un gioco pericoloso, se non si sono ancora fatti i conti con la propria. Ne "L'Invisibile", Giovanni Floris racconta una trama di segreti capace di dirottare vite e anestetizzare amori, fotografando un tempo, il nostro, dove la reputazione coincide con quello che siamo, dove vince solo chi santifica le apparenze, e nessuno è mai davvero innocente.
Londra, 1870. La capitale inglese ribolle di scontento e sedizione. Sono passati trentatré anni da quando Victoria è salita al trono, nel tripudio popolare, il 20 giugno 1837: una diciottenne non bella, così piccola e rotondetta, gli occhi blu un po' sporgenti, ma vivace, intelligente e con modi accattivanti. E soprattutto, un temperamento volitivo. Le doti che, insieme al sostegno dell'adorato marito Albert, ne hanno fatto a lungo una sovrana ammirata. Chi la riconoscerebbe oggi nella tozza dama infagottata negli abiti neri del lutto, che dalla morte di Albert vive ritirata sull'isola di Wight o in Scozia, e si rifiuta ostinatamente di mostrarsi al suo popolo e di presenziare alle cerimonie nella capitale? Così, mentre il figlio ed erede Bertie consuma le notti al tavolo del baccarat o nel letto della demi-mondaine di turno, il prestigio della Corona affonda e il trono vacilla sotto i colpi dei repubblicani. Sarà questo l'epilogo di un regno iniziato magnificamente?
Liborio Bonfiglio è una cocciamatte, il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l'apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. A popolare la sua memoria una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn'Assunta la maitressa, l'amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia... Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio.