Arte e terrore; l'origine del buon gusto e il suo rapporto con la perversione; l'ingresso dell'arte nel Museo e nelle collezioni; la separazione fra artisti e spettatori, genio e gusto; l'apparizione del giudizio critico; in altre parole, la nascita dell'estetica moderna, in un'analisi che parte da un'inedita rilettura dei passi di Hegel sulla morte, o, meglio, sull'"au to an nientamento" dell'arte per sfociare in un'originalissima interpretazione della Malinconia di Drer: ecco il sentiero che ci invita a percorrere questo saggio di insolita ricchezza in cui l'autore è riuscito ad aprire sul problema dell'opera d'arte una prospettiva nuova, che è al tempo stesso un avvincente programma poetico.
È possibile descrivere lo spirito della civiltà occidentale, così come si è evoluto con mutamenti vertiginosi nel corso del XX secolo, attraverso venti capolavori dell'arte? L'impresa è senza dubbio temeraria, e non priva di insidie che potrebbero indurre a forzature o interpretazioni arbitrarie. Ma Flavio Caroli, da sempre interessato a indagare i fondamenti primari del "pensiero in figura", accetta la sfida. Ed ecco allora che, dopo aver tratteggiato i volti dell'uomo e della natura nelle sue molteplici manifestazioni artistiche, delinea un nuovo volto che in qualche modo li racchiude. Un'immagine essenziale e al tempo stesso complessa, un poliedro a venti facce: venti opere da Van Gogh a Warhol. Tra fine Ottocento e fine Novecento l'impulso innovativo dell'arte ha subito accelerazioni inaudite, dissacrando, rinnegando, stravolgendo il punto di vista sulla realtà e tuttavia, una volta esauritasi la violenza di tale eruzione, ha riscoperto, in una visione rinnovata, le radici di quella tradizione che intendeva estirpare. Non a caso i venti capolavori prescelti, celeberrimi e di valore universale, sono da considerare archetipi, motori originari di "tutto ciò che si è mosso nell'immaginario occidentale": fra questi, "La notte stellata" di Van Gogh, "La Dame" di Matisse, "Primo acquerello astratto" di Kandinskij, "Guernica" di Picasso, "La città che sale" di Boccioni, "Le Muse inquietanti" di de Chirico, "Murale" di Pollock, "Trenta è meglio di una" di Warhol.
L'opera comprende la riproduzione di un rotolo lungo 12 metri, un documento storico sull'antica Cina e un volume critico che ne spiega il valore artistico. Il pittore di corte Xu Yang della dinastia Qing impiegò 24 anni per realizzare il rotolo dipinto un tempo chiamato "Scene di prosperità", che illustrava la ricchezza economica e culturale della città cinese nel XVIII secolo. Lungo 12,25 metri e alto 35,8 cm, comprende 4.600 figure, 1.140 edifici, 40 ponti e 300 barche. Riproduce fedelmente il paesaggio, le scene di vita urbana, i costumi locali nel periodo d'oro della Cina e riprende le attività quotidiane come viste dall'alto: ricco di dettagli, consente di vedere chiaramente le persone all'interno delle case o nei palazzi, sui ponti, i rematori sulle barche, le donne che ricamano la seta, gli uomini che trasportano la merce, le persone d'affari che barattano al mercato, i negozi e ristoranti. Un racconto dipinto di come si svolgeva la giornata in una cornice incantevole di giardini ponti e fiumi. Suzhou, città antichissima con oltre 2500 anni di storia, situata lungo la riva del Fiume Azzurro, è famosa per i suoi ponti di pietra, le pagode e gli splendidi giardini. Ha sempre avuto per la sua posizione favorevole un ruolo significativo nell'agricoltura, nell'industria e nel commercio. L'opera è completa di un secondo volume che ritrae le scene più significative del rotolo e le spiega per capire fino in fondo la storia e i costumi di un'intera popolazione.
Dal 17 ottobre 2013 al 26 gennaio 2014, nella monumentale Sala delle Cariatidi, al piano nobile di Palazzo Reale a Milano, è allestita una grande mostra dedicata ad Auguste Rodin (Parigi 1840 - Meudon 1917), che con Michelangelo è uno dei più grandi rivoluzionari della tradizione plastica moderna. Promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale, Musée Rodin di Parigi, Civita e Electa, in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l'esposizione è curata da Aline Magnien, Conservatore capo del patrimonio del Musée Rodin di Parigi, in collaborazione con Flavio Arensi. La rassegna presenta un corpus di oltre 60 opere con un numero tanto vasto di sculture in marmo da costituire la più completa rassegna che sia stata allestita sui marmi di Auguste Rodin. L'illusione della carne e della sensualità è il tema intorno a cui si sviluppa la prima sezione, nella quale sono raccolte alcune opere giovanili, di stampo classico, fra cui il celeberrimo Homme au nez cassé, rifiutato dal Salon parigino del 1864, un ritratto omaggio al grande genio Michelangelo. Al vertice di questa sezione sarà Il bacio, la scandalosa scultura che rappresenta due amanti e fece scalpore nella Francia di fine Ottocento, opera che ancora conquista i visitatori del Musée Rodin. La seconda sezione propone alcune fra le sculture più conosciute di Rodin e dimostra la piena maturità del maestro anche dal punto di vista della capacità di elaborazione...
Le analogie tra follia e modernità sono sorprendenti: sfida all’autorità e alle convenzioni, nichilismo e ironia dissacrante, rivolta a ogni cosa, un relativismo estremo, che può culminare nella paralisi, una disumanizzazione dilagante e la scomparsa della realtà esterna a favore di un Io onnipotente o, in alternativa, la dissoluzione di ogni senso dell’identità.
Secondo l’autore, i tratti fondamentali della follia schizofrenica sono esasperazioni di tendenze promosse dalla nostra cultura e tale affinità è messa in evidenza da un confronto con le opere di artisti e scrittori, tra i quali Giorgio de Chirico, Marcel Duchamp, Franz Kafka, Samuel Beckett, e prendendo in esame il pensiero di filosofi come Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Michel Foucault e Jacques Derrida. In quest’opera densa e sorprendente, che ha segnato un vero punto di svolta, Sass si rifiuta di ammantare lo schizofrenico di un’aura romantica, come un eroico ribelle, un mistico o un selvaggio veemente, sostenendo invece che in questa condizione riecheggiano molti dei più alienanti aspetti della vita moderna.
L'autore
Louis A. Sass insegna Psicologia clinica presso la Graduate School of Applied and Professional Psychology della Rutgers University, New Jersey. L’attività di ricerca e il lavoro clinico vertono sulla psicopatologia grave, soprattutto sulla condizione schizofrenica, schizoide e borderline. I suoi interessi interdisciplinari includono l’intersecarsi della psicologia clinica con la filosofia, l’arte, gli studi letterari e culturali.
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Le lettere di Van Gogh hanno almeno quattro elementi di eccezionale interesse. Primo: sono la più diretta testimonianza e fonte di dati per ricostruire la biografia del grande pittore, una biografia sulla quale si è sovrapposta una mitologia che spesso può essere "smontata" proprio grazie alle lettere. Secondo: nelle lettere, quelle al fratello Theo ma anche quelle a Gauguin e agli altri amici pittori, Van Gogh concentra una serie di riflessioni sull'arte e sulla pittura come pochissimi altri artisti sono stati capaci di fare. E cosi ci permette di capire le intenzioni che stanno dietro e dentro al suo lavoro, gli obiettivi che si è dato, la consapevolezza dei risultati raggiunti e l'insoddisfazione per quelli non ancora centrati. Terzo: le lettere sono il deposito di una quantità di disegni, alcuni primi getti di idee pittoriche che comunica al fratello o agli amici e che poi rielaborerà su tela; altri il corredo visivo che Van Gogh affianca alle parole per descrivere ai corrispondenti le tele già iniziate. Ecco: leggere come nasce l'idea di un quadro, vederne lo schizzo tracciato sulla carta e poterlo confrontare con il quadro poi realizzato significa entrare nella bottega personale di Van Gogh e cogliere la genesi delle sue opere più famose.
Visioni, interpretazioni, riflessioni e pareri per comprendere se ancora oggi l'arte, la cultura e il turismo sono da considerarsi dei settori strategici nei quali investire.
Per tutto l'arco del suo percorso d'artista Tullio Pericoli ha ritratto il paesaggio - secondo una maniera più astratta agli inizi, e una invece molto più fisica negli ultimi tempi. Ma qui non ha voluto semplicemente raccogliere il lavoro di oltre quattro decenni, bensì costruire un libro, e prima ancora un racconto: per immagini, certo, ma anche attraverso le parole, così da mostrare in modo molto evidente che cosa nel paesaggio abbia sempre cercato e che cosa, almeno a volte, abbia trovato. Per farlo, Pericoli è ricorso essenzialmente al montaggio, accostando le tavole nell'ordine o secondo il caso che le hanno viste nascere, organizzandole in lunghi, emozionanti piani sequenza, improvvisamente intervallandole con brevi testi degli scrittori, degli artisti, dei poeti, dei pensatori che lo hanno accompagnato, anche solo con un frammento di prosa o con un verso. Il risultato è un lungo film in bianco e nero e a colori che non si riesce a smettere di guardare e rivedere, rimanendone ogni volta attratti, o sorpresi, per una ragione nuova.
L'opera intensa e monumentale di Paul Cézanne, la sua capacità di ridurre la forma ai suoi termini essenziali, pur senza dimenticare l'esperienza che gli ha consentito di scoprire la luminosità del colore, penetra nell'arte italiana del XX secolo, sia nutrendo la creatività degli artisti, sia operando una notevole suggestione a livello diffuso. Nel nostro paese l'artista francese è avvertito da un lato come un innovatore, padre del Cubismo e dell'arte pura, dall'altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione. Inoltre, nell'atmosfera di rinnovamento creatasi dopo il secondo conflitto mondiale, la tendenza alla disintegrazione dell'immagine, evidente nell'ultima parte del percorso cézanniano, suggerisce vie nuove e ardite ad artisti pronti ad affrontare le esperienze dei linguaggi astratti. Questi due termini costituiscono gli estremi dell'originale indagine del volume che accompagna l'esposizione romana e che propone un confronto diretto fra le opere di Cézanne e quelle di alcuni tra i più importanti artisti italiani del XX secolo: da Umberto Boccioni, che vede la lezione del pittore francese come stimolo fondamentale nei confronti della necessità urgente di un mutamento, a Giorgio Morandi, cézanniano nella scelta dei temi, fino agli artisti che nel secondo dopoguerra, influenzati dal linguaggio ellittico dell'ultimo Cézanne, affrontano stilemi astratti o "astratto-concreti", da Afro a Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello.
Macchine surreali, metamorfosi animali e vegetali, una sequenza di invenzioni colorate commentate da una scrittura immaginaria, il "Codex Seraphinianu"s è un libro di culto, un codice miniato visionario e misterioso pubblicato originariamente nel 1981 da Franco Maria Ricci, che continua da anni ad affascinarci per la sua capacità di rivelazione. Apprezzato da storici e critici dell'arte come Federico Zeri e Vittorio Sgarbi, il "Codex" ripercorre in chiave utopica e fantastica tutti i campi dello scibile, dalla zoologia alla botanica, dalla mineralogia all'etnografia, dalla fisica alla tecnologia: uomini tenaglia, amanti-coccodrillo, uova che volano, alberi capovolti. Quest'anno, 32 anni dopo la prima edizione, Rizzoli pubblica una nuova edizione dell'opera in due versioni, trade e deluxe, arricchite da nuove tavole appositamente disegnate dall'autore e dal testo di Italo Calvino che introduceva la prima edizione.
Questo volume è dedicato al legame tra l'uomo contemporaneo e i territori che abita, così come è stato affrontato dalla fotografia italiana dagli anni Settanta fino ai giorni nostri. Molti sono i fotografi che hanno posto al centro del loro lavoro la riflessione sulle grandi trasformazioni che hanno investito il paesaggio contemporaneo e sulla mutata condizione sociale ed esistenziale che ne consegue. Grazie alla profondità della loro opera essi hanno influito sugli sviluppi non solo della fotografia, ma più in generale della cultura visiva e, per certi aspetti, della cultura urbanistica e letteraria italiana. Infatti l'interesse così a lungo rivolto dai fotografi al rapporto tra l'uomo e l'ambiente non ha soltanto avuto un significato di tipo topografico, di "misurazione" e di "descrizione" dei luoghi, ma ha anche contribuito e continua a contribuire alla non facile definizione della identità culturale italiana, sempre in tensione tra natura, arte, città cariche di bellezza e disarmonico e aggressivo sviluppo economico, tra passato che non passa e contemporaneità difficile da conquistare, tra antiche radici e spinte improvvise indotte dal recente processo di globalizzazione. Il libro, sorto dall'iniziativa di due istituzioni italiane, il Museo di Fotografia Contemporanea e Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, intende studiare e porre in relazione le molte produzioni fotografiche nate negli anni, le diverse figure di artisti, dai maestri ai giovani...
Cosa si intende quando si parla di arte moderna? Perché la si ama o la si detesta? Perché vale così tanti soldi? Gompertz, curatore delle trasmissioni d'arte della BBC, divertente, eccentrico e nello stesso tempo autorevole storico dell'arte, accompagna il lettore in un tour che cambierà il modo di concepire l'arte moderna. Dalle ninfee di Monet ai girasoli di Van Gogh, dal barattolo di zuppa Campbell di Warhol al pescecane di Damien Hirst l'autore racconta le storie nascoste dietro ogni capolavoro, rivela la vita e perfino aspetti sconosciuti di artisti famosissimi anche attraverso dialoghi immaginati. Scopriremo come l'Arte concettuale non è spazzatura, Picasso è un genio (ma Cezanne ancora meglio), Pollock non è solo pittura a goccia, il cubismo non ha cubi, l'orinatoio di Duchamp ha cambiato il corso dell'arte, e un bambino di 5 anni non può fare le stesse cose. Irriverente e sempre schietto, supera il linguaggio pretenzioso dell'arte e risponde a tutte le domande che il lettore sarebbe troppo imbarazzato per fare. L'autore sintetizza la sua storia dell'arte attraverso una mappa della metropolitana di Londra dove al posto delle fermate ci sono le correnti artistiche e gli artisti che ne fanno parte. Inserita nel volume come apertura, si può ritagliare e portare sempre con sé.