Squadra e compasso al lavoro hanno originato, spesso in nome della scienza e della ragione, il terrore prima in Francia poi in tutta Europa. Dopo la caduta di Napoleone era difficile continuare a combattere la fede in nome della ragione e della scienza, così si è scelto di farlo in nome del sentimento. Il sentimento, in politica, si chiama nazionalismo. Nazionalismo in Italia? Difficile da credere. Eravamo sì divisi in vari Stati, ma eravamo tutti cattolici, le nostre classi dirigenti parlavano la stessa lingua, la nostra cultura, la cultura della bellezza, era riconosciuta, apprezzata ed invidiata in tutto il mondo. Il Bel Paese era dotato ovunque di un fitto reticolo di scuole e di opere di carità, non avevamo partecipato a nessuna spartizione coloniale, il papa aveva un'autorità indiscussa, riconosciuta in tutto il mondo. Eppure, in nome del sentimento patriottico, in nome del progresso e della morale, siamo riusciti a promuovere un'unificazione dettata dagli interessi delle logge e dei loro paesi di riferimento. In nome del nazionalismo l'Italia si è trasformata in una colonia e la nostra popolazione è stata costretta ad un'emigrazione di massa.
Hammamet è il luogo scelto da Bettino Craxi per sfuggire ai processi di Mani pulite: una villa in Tunisia sulla «collina degli sciacalli e dei serpenti». Ma è anche la metafora politica della fine della Prima Repubblica e delle sue scorie mai del tutto smaltite. Per questo, rileggere quella vicenda surreale può apparire archeologia politica, ma è una questione aperta e attualissima. Chiama in causa la questione del primato della politica e il rapporto con la magistratura, che tuttora ci riguarda nella sua conflittualità. Fornisce una chiave attraverso cui ripercorrere il declino e l'agonia di un partito, il PSI, e soprattutto dell'uomo che lo aveva plasmato, cercando in parallelo di riformare l'Italia. Racconta la parabola di uno dei politici più potenti e controversi della storia nazionale, travolto dalle inchieste sulle tangenti. Ecco perché, a venticinque anni dalla morte di Craxi, questo libro, nato nel 1995 da decine di testimonianze dirette e da incontri riservati in quella che per i magistrati e una gran parte del Paese era la sua latitanza tunisina, e per i familiari e i socialisti il suo esilio, viene qui riproposto in una nuova edizione ampliata. È un documento che racconta in modo vivido i legami, le ipocrisie, le trame inconfessate che hanno unito la Prima e la Seconda Repubblica: dalla famelica corte finita nell'isolamento, al «tesoro» inghiottito in un labirinto dei prestanomi. Si materializzano attentatori misteriosi, vassalli e nuovi pretoriani, vescovi e donne, statisti, spie e faccendieri. E tutti ruotano intorno a Craxi. È lui il fantasma di Hammamet di cui l'Italia potrà liberarsi soltanto quando sarà riuscita a fare i conti con sé stessa, senza rimuovere le proprie latitanze interiori.
Le tante dimensioni della storia e la memoria ingannatrice, la crisi del luminoso mondo medievale e l'ingresso in una modernità senza limiti, gli intrecci tra Oriente e Occidente, il legame con Firenze e tante altre città del mondo, i maestri e i compagni di strada, la politica tra nuove e vecchie identità, la tensione tra fede e ricerca della verità: muovendosi ai confini della storia, Franco Cardini rimette in questione molte convinzioni diffuse sul passato e sul presente.
Un poliziesco storico-politico ambientato nell'America degli anni Venti, nella Parigi di "Giustizia e Libertà" e nell'Italia del fascismo trionfante. Al mercato di Arthur Avenue, North Bronx, New York, ha un banco per la vendita di banane un cittadino USA originario della Sardegna, Michele Schirru, alto, spavaldo, capelli castano-chiari, lisci, ravviati all'indietro, la faccia lunga e irregolare, gli occhi celesti, la bocca che inclina al sorriso. Suoi nemici, i connazionali convertiti al fascismo. Nel 1930 - persuaso che il fascismo è Mussolini e che uccidendo il dittatore si abbatte la tirannia - Schirru parte per l'Italia. Ma una spia fascista a New York ne informa l'Ovra. Il suo capo, Arturo Bocchini, risponde al progetto di tirannicidio scatenando una gigantesca caccia all'uomo con vari colpi di scena e ampia mobilitazione di agenti segreti, spie, burocrazia consolare, poliziotti stranieri filo-fascisti, prostitute, apparati statali e ingenti quantità di denaro. La sorte dell'anarchico italo-americano è segnata. Arrestato quando forse aveva già rinunciato all'impresa, è condannato a morte dal Tribunale Speciale e la sua fine, il 29 maggio 1931, è una mostruosità umana e giuridica che fa comprendere quale fu l'essenza del fascismo.
'Irredentismo' è una delle parole chiave delle moderne religioni della patria. Numerosi sono stati i movimenti di liberazione nel mondo che sono stati definiti in questo modo. Il termine però è nato in Italia, in riferimento alle terre dominate dagli Asburgo, fra cui quelle adriatiche, che sono state al centro di uno dei più duraturi e cruenti terreni di scontro. Lungo la frontiera orientale infatti gli irredentismi si sono succeduti nel corso di un secolo convulso: prima quello italiano fino alla Grande guerra, poi quello sloveno e quello croato durante il fascismo, poi ancora quello italiano dopo la Seconda guerra mondiale, per cercar di salvare Trieste e l'Istria. Gli irredentismi adriatici erano fieramente antagonisti, ma hanno condiviso spesso linguaggi e comportamenti. Questo libro ne segue per la prima volta l'intero, accidentato percorso, dove si intrecciano - nel richiamo a miti fondativi risorgimentali - sacrifici e soprusi, aneliti di libertà e politiche di potenza, storia e mito, in una regione collocata al centro di quella faglia di crisi che attraverso l'Europa orientale scende dal Baltico fino all'Adriatico, all'Egeo e al Mar Nero: una faglia i cui sussulti ancora ci allarmano.
Frutto di una ricerca archivistica comparata tra Roma e Parigi, l'opera offre un'analisi di longue durée sul processo continuo di adattamento delle Costituzioni in relazione alle metamorfosi delle società francese ed italiana del secondo dopoguerra. Attraverso la rilettura dei processi evolutivi delle Costituzioni, il volume ricostruisce la storia politico-istituzionale in Francia e in Italia dal 1946 al 2000.
Come si sono comportati i cristiani nei confronti della violenza, delle armi e della guerra? Le hanno accettate o rifiutate? L'autore cerca di rispondere a queste domande guidandoci in un percorso che va dai primi secoli fino ai giorni nostri, delineando gli sviluppi delle posizioni dei cristiani e delle chiese. Idee, eventi e persone si intrecciano in una narrazione che, evitando miti e luoghi comuni, induce a riflettere su quali responsabilità abbiano auto i cristiani nel percorso che ha potato l'umanità sulla soglia del baratro della catastrofe nucleare.
Il libro è stato paragonato da Umberto Eco a un cucchiaio: un oggetto perfetto e non ulteriormente migliorabile. Ma come si è arrivati a questo risultato? Federica Formiga spiega quali siano gli elementi che identificano il prodotto librario e propone, in un percorso sistematico attraverso i secoli, le tappe del suo sviluppo e i suoi maggiori protagonisti. È tra Quattrocento e Cinquecento che si stabilizza un'accezione di libro come oggetto in grado di contenere testo in quantità considerevoli, prodotto a costi relativamente bassi e capace di resistere nel tempo. Il Settecento e l'Ottocento sono invece i secoli di svolta per gli autori, che iniziano a vivere del lavoro della propria penna, mentre gli editori si aprono alle nuove tecniche di stampa, che hanno lanciato il libro verso la modernità, passando dalla censura e dai diritti editoriali. Infine, agli e-book è riservata l'ultima parte, in cui si cerca di capire quali, forse, nuovi scenari aspettano il libro.
Quando nel 1880 si organizzò a Venezia il III Congresso geografico internazionale, il comitato ordinatore propose la pubblicazione del Liber secretorum fidelium crucis di Marin Sanudo Torsello. Nell'occasione il Sanudo fu equiparato al ben più famoso Marco Polo, suo coetaneo, entrambi giudicati sommi viaggiatori e geografi. Chi fu, dunque, Marin Sanudo Torsello e per quale motivo fu allora reputato "sommo" e degno di cotanta attenzione? È quanto si tenterà di rispondere in questo libro, il cui intento non è soltanto ricostruire una biografia, per quanto affascinante e per molti versi seducente, ma anche tratteggiare i caratteri di un'epoca e definire i contorni di un fenomeno crepuscolare - nebuloso e saturo di pregiudizi come pochi altri - quali furono le tarde crociate due-trecentesche, dette anche le crociate di carta.
Il conflitto israelo-palestinese pare aver preso la forma di un labirinto, ed è molto complicato individuare una via d'uscita. Per comprenderne le dinamiche questo volume considera l'intreccio di storie e politiche, segnate da traumi profondi, alla base delle identità individuali, collettive e nazionali di israeliani e palestinesi. Gli autori provengono da discipline diverse - la storia, la sociologia, l'economia, gli studi ebraici, gli studi di arabistica, le relazioni internazionali. I saggi affrontano le sfaccettature politiche, sociali, culturali del rapporto tra la Striscia di Gaza e Israele: l'ascesa di Hamas e il suo rapporto con Hezbollah, l'egemonia dei partiti della destra israeliana al governo del Paese, la gestione della frontiera, il ritiro degli insediamenti ebraici del 2005, l'esperienza di UNRWA, la resilienza delle donne di Gaza, la difficilissima situazione economica della Striscia e il rapporto con gli altri Paesi della regione (Turchia, Iran, Arabia Saudita).