Per gli esuli religiosi italiani l'uso della lingua materna non solo era indispensabile all'evangelizzazione, ma rappresentava anche un importante strumento di coesione identitaria. Tra i primi a studiare l'intreccio tra volgare e Riforma, Franco Pierno ripercorre in questo libro alcuni dei temi più importanti di questa diaspora geografica e spirituale, tenendo principalmente in conto la valenza comunitaria che la lingua assumeva presso i riformati (come trasmettere le verità divine ai fedeli? come tradurre la Scrittura?), senza perdere di vista il dibattito teorico che pervadeva il Cinquecento e che inevitabilmente coinvolgeva anche le chiese dell'esilio religioso.
Sacerdoti picchiati e imprigionati, ordini religiosi soppressi, giornali cattolici sequestrati, pubblicazione vietata delle encicliche pontificie, più di cento vescovi lasciati senza exequatur: sono solo alcuni degli atti cruenti di una guerra alla Chiesa, e alla popolazione italiana compattamente cattolica, dichiarata dal liberalismo massonico, che nell'epoca risorgimentale ebbe di mira non solo la sottrazione al Papa dello Stato della Chiesa, ma la stessa fine del cattolicesimo. Attraverso il recupero di un libro divenuto oggi introvabile "le Memorie per la storia dei nostri tempi di Giacomo Margotti" riemerge dall'oblio il resoconto di un fenomeno messo a tacere dalla storiografia, compresa quella cattolica.
La nascita e la rapida diffusione dell'antisemitismo moderno, politico e razziale, tra Otto e Novecento, ha messo in difficoltà la Chiesa cattolica: da un lato, essa aveva da secoli un atteggiamento antiebraico, che in passato aveva prodotto, nell'Europa cristiana, un regime di segregazione in cui la minoranza ebraica era preservata ma discriminata; d'altro lato, l'antisemitismo razziale, fenomeno pienamente secolarizzato, non teneva in alcun conto il battesimo, ritenendo che un ebreo restasse tale anche convertendosi al cristianesimo. Inoltre, l'antisemitismo metteva in discussione l'unità del genere umano e aveva componenti anticristiane. In quel frangente, la Chiesa ha operato una debole distinzione tra la propria tradizione antiebraica e l'antisemitismo, tentando di salvare la prima pur condannando il secondo, ma ha anche avviato una riflessione complessiva sul rapporto con l'ebraismo. In questo libro si ricostruisce il percorso di riscoperta, da parte cattolica, del legame spirituale tra ebraismo e cristianesimo, come risposta all'antisemitismo, in un processo che porta al Concilio Vaticano II e alla dichiarazione "Nostra aetate", con il superamento dell'antica ostilità religiosa e l'apertura di una stagione nuova nei rapporti tra le due fedi.
La traduzione italiana completa degli scritti e delle lettere di Thomas Müntzer - una delle figure principali degli albori della Riforma, se non altro per la prima liturgia riformata in lingua tedesca e la guida carismatica della Guerra dei contadini - vuole essere un ritorno alle fonti essenziali per consentire una più precisa ricostruzione storica del pensiero, della vita e del contesto nel quale egli visse e operò.
Una breve raccolta di alcune delle vivaci conversazioni informali alla tavola di Martin Lutero e sua moglie, Katharina von Bora, con colleghi, collaboratori e allievi del riformatore su temi quali la teologia, l'attualità politica, l'accademia e la vita quotidiana. Non di rado ne emerge un Lutero «fuori onda», diretto, a tratti violento e persino volgare, in ogni caso molto umano, che ne integra e arricchisce l'immagine complessiva. «La tavola di Lutero doveva essere un luogo interessante: vi si incontravano alcuni dei suoi più stretti collaboratori - da Filippo Melantone a Johannes Bugenhagen e Justus Jonas - oltre agli studenti che vivevano nella sua casa. Dopo la morte del riformatore, oltre alle discussioni e, in particolare, alle affermazioni di Lutero, i "Discorsi a tavola" vennero a includere ampliamenti, collegamenti con dichiarazioni nate in altri contesti e catalogazioni per argomento, fino a occupare sei volumi dell'edizione critica della sua opera. Note per la loro vivacità e la capacità di restituire, talvolta in termini molto netti, aspetti quotidiani, personali e di pensiero del grande teologo, queste conversazioni costituiscono un testo di notevole interesse che, se non può costituire la fonte esclusiva né principale per la conoscenza del riformatore, è di indubbio arricchimento per il lettore». (Fulvio Ferrario)
Benché per diverse ragioni Lutero si sia sposato assai tardi, nessun Riformatore ha tessuto un elogio così convinto del matrimonio, restituendogli, in un tempo che lo considerava inferiore all'ideale cristiano del celibato, la dignità massima di "opera di Dio".
Con Amica esegesi Huldrych Zwingli si rivolge per la prima volta a Lutero per confutarne gli insulti e le accuse di eresia contro i riformatori svizzeri per la loro concezione dell'eucaristia. Il teologo tedesco, che in un primo tempo si era espresso a favore di un'interpretazione spirituale della Santa Cena, era poi passato a un'interpretazione letterale delle parole di Gesù «Questo è il mio corpo», bastione indistruttibile che nessuna esegesi avrebbe potuto scalfire. Attraverso un'esegesi dettagliata del Nuovo Testamento, in particolare del Vangelo secondo Giovanni, che recita «È lo Spirito che dà la vita, la carne non serve a nulla», Zwingli si propone quindi di dimostrare la fragilità della tesi luterana, opponendogli che Cristo è, sì, realmente presente nella celebrazione eucaristica, non però nel pane e nel vino, bensì nell'assemblea dei credenti, vero «corpo di Cristo».