La figura di Franco Battiato ha rappresentato un unicum. Non esiste un precedente simile nella storia dello spettacolo contemporaneo in Occidente. Il cantautore siciliano possedeva e trasmetteva agli ascoltatori "la percezione del divino e della sua eterna assenza". In queste pagine Massimo Granieri vuol ricordare l'amico e soprattutto il maestro di parole e musica. Un artista, Battiato, proiettato alla continua ricerca dell'infinito. La canzone Centro di gravità permanente ad esempio è forse una delle esperienze più profonde che il maestro ci ha consegnato, una preghiera laica da ascoltare restando accovacciati nel silenzio della sera. Attraverso la rilettura delle canzoni più famose, i ricordi della loro amicizia e il racconto di come la musica di Battiato abbia influenzato la sua vita, così come quella di milioni di italiani, Granieri traccia un ritratto a tutto tondo del grande artista. Il volume è arricchito da interviste ad artisti e giornalisti che hanno intrattenuto un rapporto speciale con Battiato e la sua musica. Prefazione di padre Antonio Spadaro Sj. Postfazione di Cristiano Massimo Parisi. Con un saggio di Gianluca Veltri.
Se la devozione a santa Rita, la santa delle cause impossibili, ha raggiunto distanze infinite, lo si deve alla beata Maria Teresa Fasce: una donna di slanci e ideali, eppure prudente, con uno spiccato senso della giustizia divina, prima che umana. Forte, temperante, innamorata di Cristo. Una beata che ha trascorso la propria esistenza a imitazione di una Madre. Cascia com'è oggi - con il santuario, le opere di carità, la spiritualità senza rughe - non sarebbe esistita senza Maria Teresa Fasce. Il perché lo scoprirete immergendovi nella lettura di un testo agevole, affidabile per l'approfondita ricerca storica, anche inedita. Il volume è diviso in due parti: nella prima si descrive la vita della Beata; nella seconda si approfondiscono gli aspetti principali della sua spiritualità anche attraverso testimonianze di chi l'ha conosciuta e brani tratti dalle sue lettere.
Se resta ancora aperta- verosimilmente non destinata a chiudersi mai - la discussione su quanto la canzone d'autore sia imparentata con la poesia, impossibile è invece negare che essa abbia saputo interpretare al meglio sogni e bisogni, ansie e difficoltà del nostro paese, a partire dalla stagione del boom economico. Uno dei protagonisti di tale fenomeno è stato senza dubbio Enzo Jannacci, milanese doc, nato nel 1935 e morto nel 2013, che per quasi sei decenni ha alternato la professione di medico chirurgo alla musica cosiddetta leggera. Sapendo coniugare, come nessun altro nel panorama artistico nazionale, il gusto irriverente per lo sberleffo e una sensibilità geniale e stralunata, con una vena poetica tendente alla malinconia e alla nostalgia per un mondo arruffato ma ancora capace di riconoscere la purezza.
Per la prima volta un ex fabbricante di armi, che nella sua carriera ha progettato e venduto due milioni e mezzo di mine antiuomo, racconta senza reticenze le due vite che ha vissuto: da fabbricante di strumenti bellici a operatore umanitario. È la storia vera di Vito Alfieri Fontana che per oltre vent'anni, alla guida dell'azienda di famiglia, ha progettato e prodotto mine vendendole in diversi Paesi del mondo. Poi, nei primi anni Novanta, il figlio gli chiede: «Ma tu, papà, sei un assassino?», innescando - in parallelo con l'avvio della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo, guidata in Italia anche da Gino Strada - una lacerante conversione personale che lo porta a cambiare vita. Nel 1993 Fontana decide di chiudere con l'azienda di famiglia; nel 1997 va a Oslo come consulente della Campagna accanto all'attivista statunitense Jody Williams, che per questo impegno riceverà il Nobel per la pace. Due anni dopo comincia la sua seconda vita. Con l'Ong Intersos inizia il suo impegno di sminatore nei Balcani, per permettere alle popolazioni appena uscite dalla guerra un ritorno alla normalità. Una vicenda drammatica che, a partire dal racconto in prima persona di una vita eccezionale, interroga ciascuno sulle responsabilità dei singoli rispetto ai fatti della Storia.
Si chiama Inge, ha un padre di origini ebraiche, una madre ariana e non ha ancora tre anni quando nel 1933 Adolf Hitler presta giuramento come Cancelliere. Il carattere è quello forte di Trudel, la madre: testardo, esplosivo, a volte estremo (Inge dei vestiti buoni della domenica non ne vuole proprio sapere; meglio stivali da cavallerizza e pantaloni lunghi). Ingemaus - topolina, così la chiamano in famiglia - passa la sua infanzia a Gottinga, tra le mura amiche della caserma dove vive con il suo patrigno, dopo la fuga del padre in seguito alle persecuzioni razziali. Nonostante la guerra, sono anni felici per lei. Incontra l'amica della sua vita, impara a cavalcare, a ballare, a capire quello che vuole e, soprattutto, quello che non vuole: una esistenza ai margini. Vuole vedere il mondo, e negli anni cinquanta il mondo è Amburgo, città in fermento, piena di idee e progetti. Si tuffa in quell'ambiente come saliva le prime volte sul suo pony Fritz, e cioè senza pensare troppo alle conseguenze. Le viene offerto un posto da assistente fotografa? Inge accetta subito, anche se di provini di stampa e messa a fuoco non sa un bel niente. Ad Amburgo, Inge ci mette poco a conoscere tutti. Editori, giornalisti, fotografi. Comincia a lavorare per "Constanze", la rivista femminile che ha come obiettivo rompere il cliché della donna casa e chiesa. È il suo momento decisivo. "Ingemaus" è la storia dei primi trent'anni di Inge Schönthal. I suoi incontri, i suoi viaggi, le sue avventure. La caccia ai fotografi famosi - Richard Avedon, Erwin Blumenfeld, John Rawlings -, le prede più prestigiose - Greta Garbo, Anna Magnani, Billy Wilder, Winston Churchill, e tanti altri -, i reportage in ogni angolo del mondo - Stati Uniti, Cuba, Brasile, Ghana -, gli incontri fondamentali: uno su tutti quello con l'editore Heinrich Maria Ledig-Rowohlt. E infine i suoi scoop più famosi: Ernest Hemingway e Pablo Picasso. Una biografia della giovane Inge che si legge come un Bildungsroman. La storia di una ragazza alla ricerca della sua strada, fino al fatidico incontro con Giangiacomo Feltrinelli.
Una racconto della vita e delle opere di Jérôme Lejeune. Per scrivere questa biografia, l'autrice ha lavorato undici anni consultando migliaia di archivi, ha incontrato a lungo la moglie Birthe Lejeune, primo e indispensabile sostegno di suo marito, i suoi parenti più stretti, molte famiglie di pazienti e di collaboratori francesi e stranieri. Il frutto di questo intenso e lungo lavoro ci consegna un libro che ci invita a scoprire oggi un ritratto fedele e inedito di un Jérôme Lejeune scienziato geniale, pieno di umorismo, marito e padre di cinque figli, vicino ai grandi e di questo mondo e difensore dei più piccoli.
"'Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto.' Qualcuno l'ha detto pensando a se stesso, però sono parole che si adattano anche a me. Ho sempre voluto scrivere. Alla fine della scuola media, andavo per i tredici anni, mio padre Ernesto mi regalò una macchina Underwood di seconda mano, dicendo: 'Vedi un po'se la sai usare'. Mia madre Giovanna mi mandò a una scuola di dattilografia. Ma dopo un paio di lezioni, chi la dirigeva le spiegò: 'Giampaolo ha imparato subito quanto gli serve. Non butti via i suoi soldi'. Ho cominciato a scrivere nell'estate del 1948 e da allora non ho più smesso. Nell'ottobre 2015 di anni ne ho compiuti ottanta. E ho deciso che potevo permettermi questo libro. Non oso definirlo un'autobiografia, parola pomposa. Allora dirò che è il racconto personale di un vecchio ragazzo destinato a fare il giornalista. Non venivo da una famiglia di intellettuali. Mio padre era operaio del telegrafo. Mia madre aveva cominciato a lavorare a dieci anni ed era stata così brava da aprire un negozio di mode. La mia nonna paterna, Caterina, era analfabeta. Rimasta vedova con sei bambini da crescere, aveva vissuto nella miseria più nera. Troverete qui le loro storie, insieme a quelle di mio nonno Giovanni Eusebio, un bracciante strapelato, e di uno zio paterno, Paolo, un muratore morto a New York in un cantiere. I miei antenati sono questi. E se esiste un aldilà, guarderanno stupiti questo figlio che si è guadagnato il pane scrivendo.'" (G. P.)
Dall'autore di "Steve Jobs" e altre biografie di successo, il ritratto sorprendentemente intimo dell'innovatore più affascinante e controverso della nostra epoca: un visionario che ha infranto le regole e portato il mondo in un'era di veicoli elettrici, missioni spaziali private e intelligenza artificiale. E ha anche acquistato Twitter. Quando Elon Musk era ragazzino, in Sud Africa, veniva picchiato regolarmente dai bulli. Un giorno un gruppo lo spinse giù per una scalinata di cemento e lo prese a calci fino a ridurgli la faccia gonfia come un pallone. Elon rimase in ospedale per una settimana. Ma le cicatrici fisiche non furono paragonabili a quelle emotive inflitte poi dal padre - ingegnere, disonesto e carismatico. L'influenza del padre sarebbe durata a lungo. Musk è diventato un uomo-bambino duro e vulnerabile al tempo stesso, incline a bruschi sbalzi d'umore alla dottor Jekyll e mister Hyde, con un'elevata propensione al rischio e un senso epico per le missioni che intraprende e porta avanti con intensità maniacale e talvolta distruttiva. Agli inizi del 2022 - dopo un anno segnato da trentun razzi lanciati in orbita dalla sua azienda, SpaceX, dalla vendita di quasi un milione di auto da parte di Tesla, e dalla sua ascesa come uomo più ricco della Terra - Musk ha parlato con amarezza della sua inclinazione a suscitare drammi. «Devo allontanare la mia mentalità dalla modalità di crisi, in cui si trova da circa quattordici anni, o forse da quasi tutta la vita» ha detto. Era un commento malinconico, non un proposito per l'anno nuovo. Ma già mentre faceva questa promessa, comprava in gran segreto quote di Twitter, il parco giochi per definizione. Nel corso degli anni, ogni volta che si è trovato in un momento buio, è tornato agli orrori di quando veniva bullizzato al parco giochi. Lo stesso che ora ha la possibilità di possedere. Per due anni, Isaacson ha seguito Musk, partecipando alle sue riunioni, l'ha accompagnato nelle sue aziende, e ha passato ore a intervistare lui, la sua famiglia, gli amici, i colleghi e gli avversari. Il risultato è una storia intima, colma di racconti straordinari di trionfi e turbolenze, che risponde alla domanda: i demoni che spingono Musk sono anche ciò che serve per guidare l'innovazione e il progresso?
Chi era il cavaliere dei Rossomori e cosa erano i Rossomori? Per polemica, un industriale minerario continentale in Sardegna, finanziatore dei primi fascisti isolani, marchiò il neonato Partito sardo d'Azione con il nome di 'partito dei rosso-mori' fondendo le propensioni socialiste con i quattro mori della bandiera sarda. Da qui il titolo del libro di Giuseppe Fiori su Emilio Lussu. Era lui, infatti, il 'cavaliere' di quel movimento. Lo fu per dignità e destrezza intellettuale. È la sua vita a testimoniarlo: quattro medaglie in guerra; il carcere, il confino e la fuga da Lipari con Rosselli e Nitti; l'opera di 'diplomazia clandestina' svolta fra Spagna, Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Emilio Lussu fu un politico e un intellettuale insolito nella storia italiana, un socialista 'irregolare' perché libertario, antiautonomista, svincolato dal Pci, eppure consapevole che solo la coesione tra le forze di sinistra avrebbe permesso di 'costruire l'Italia'.
Col piglio del cantastorie più che dello storico, Marcello Veneziani ci narra la vita di uno dei grandi filosofi italiani. Tutto scorre come in un racconto, ma tutto è veritiero: la nascita e l'infanzia travagliata; il lavoro di precettore; i primi passi accademici; le incredibili vicissitudini familiari; i rapporti con la Chiesa, i reali e la nobiltà; le opere incomprese; la vecchiaia, la morte e la farsa dei funerali ripetuti; la gloria postuma.
È stato scritto moltissimo sulla vicenda del sequestro di Aldo Moro e della strage degli uomini della scorta, molto sulla sua attività politica e qualcosa sulla sua spiritualità. Questo libro prova a definire cosa debba intendersi per spiritualità e a delinearne i tratti in Aldo Moro analizzando le lettere che egli scrisse nei giorni della sua prigionia. Ne emerge un uomo animato da una profonda spiritualità, dagli anni della formazione, attraverso la vita politica, fino agli ultimi, drammatici giorni e al tragico epilogo che cambiò la storia d'Italia.
"Anche nei tempi più bui abbiamo il diritto di aspettarci un po' di luce." In questi saggi, Hannah Arendt ripercorre le esistenze di dieci intellettuali che hanno conosciuto le tenebre del proprio secolo. Queste personalità illuminate hanno vissuto gli orrori ricorsivi dei "tempi bui", tentando di contrastarli. Per quanto diversi tra loro, Karl Jaspers, Rosa Luxemburg, Bertolt Brecht, Papa Giovanni XXIII, Walter Benjamin e tutti gli altri protagonisti del volume sono accomunati dall'aver combattuto in prima linea, non cedendo mai alla tentazione delle retrovie o di una ritirata nelle scorciatoie del disimpegno. Ogni ritratto è un esercizio di biografia filosofica, un elogio della pluralità e di chi ne è stato portatore.