“Si addice a un testo della letteratura, tanto venerabile quanto sfortunato – in amore di moderni e giovani lettori – e per di più gravato, reso distante, da un troppo di ossequio religioso e dai commenti accumulati, come I Promessi Sposi, un disegno che si provi a darne oggi, secolo XXI, illustrandolo, un’idea efficace? Questa, di Federico Maggioni, è certamente una grandiosa lotta di Giacobbe dell’arte di disegnare – e il Libro, come la Sainte Victoire e il monte Fugi, è là. E ad Alessandro un’illustrazione interpretante, estravagante e genialmente forzatrice (di cui avrebbe ambiguamente sorriso) come questa non soltanto si addice: gli urge, ne va cavalcato, gli è riossigenatura necessaria. Perseguendo un suo proprio sogno, Maggioni ci dà una interpretazone di rottura col déjà vu promessosposista che tira a trattenere il libro in un xix dai cancelli incurabili. Per riaccenderlo spegnendo i vecchi ceri, Maggioni stravolge Manzoni con accentuazioni e pressioni incessanti del segno: l’ironia librata e il tacito straniamento dello stile manzoniano, ben noti a chi lo ama, faticano a riconoscersi tali – ma intanto il nuovo (sperabile) lettore è costretto a riappropriarsi del testo, sotto il filtro ipnotico delle figure.” Dalla Prefazione di Guido Ceronetti.
Lidia, a cinquant'anni, non ha un marito, non ha figli, non ha cani, non ha parenti, non ha un diploma, non ha nessuna esperienza sessuale, non si commuove e non dà segni di commozione. Scrive poesie bruttissime di cui si vanta molto e premedita già dall'adolescenza l'"omicidio" virtuale di suo padre, un ottuso maestro elementare, già gravato dalla disgrazia d'una moglie molto pigra che tuttavia muore di morte naturale. Ma si sa, le migliori aspirazioni restano solo tali e così a Lidia sfugge l'unico magnifico progetto di tutta la sua vita: il parricidio! L'incontro con Facebook, le sue applicazioni, le sue chat, i suoi hashtag, dà l'avvio alla sua vera nascita, quella nel mondo virtuale, in cui Lidia diventa subito una brillante stella, con esiti esilaranti, surreali e una comicità irresistibile. Dopo infinite peripezie, con vicende e personaggi tra follia magia nostalgia, anche per lei "l'amore accade": è il tenero Paolino, mezzo cieco, basso, grasso, maestro elementare precario, l'opposto del suo tipo ideale, un tenebroso alla Heathcliff. Ma ci si arrende quando #lamoreaccade.
Dopo la pubblicazione di un breve romanzo ispirato alla vita di Jay Dark, agente provocatore americano la cui missione era inondare di droga i movimenti rivoluzionari degli anni Sessanta-Settanta allo scopo di annullarne lo slancio, uno scrittore romano viene contattato da un avvocato californiano, un certo Flint, che ha letto il libro ed è perplesso. La vera storia di Jay Dark è molto diversa, lui può raccontarla: lui c'era. Come in un classico di Conrad, la narrazione di Flint spalanca all'improvviso uno scenario internazionale stupefacente. Un'autentica camera delle meraviglie che attraversa trent'anni della storia occidentale, tra servizi deviati, ex nazisti, trafficanti, terroristi, poliziotti onesti e poliziotti corrotti, sesso, ideali e concerti rock.
Un vecchio cuoco tossico uscito da un libro d'avventure, uno stasatore di cessi innamorato della lirica e un anziano attore shakespeariano lobotomizzato, con un corredo di giovani assistenti dediti a piccoli crimini e decisi a sopravvivere in ogni modo a mille guai. Questa è la banda che condivide vita, avventure e lavoro con un italiano emigrato in Inghilterra. Altro che 'cervelli in fuga': qui si parla dei sotterranei, dalle pulizie dei bagni a Bristol a una mensa scolastica nel Dorset, fino a una pizzeria di turchi che si fingono napoletani. Sullo sfondo la Brexit e una classe operaia impoverita che cerca il proprio orgoglio. Tra risse, birre e calcio, personaggi di vecchi romanzi si rincarnano nelle cucine d'Oltremanica mentre il fantasma della Baronessa Thatcher perseguita il protagonista. Fino al ritorno in un'Italia dove le acciaierie di Piombino, quelle delle rotaie di 108 metri, rimangono come torri arrugginite a sfidare il cielo terso della Toscana.
Venezia, 1755. Giacomo Casanova è tornato in città, e il precario equilibrio su cui si regge la Repubblica, ormai prossima alla decadenza, rischia di frantumarsi e degenerare nel caos. Lo scenario politico internazionale è in una fase transitoria di delicate alleanze e il disastroso esito della Seconda guerra di Morea ha svuotato le casse della Serenissima. Il doge Francesco Loredan versa in pessime condizioni di salute, e l'inquisitore Pietro Garzoni trama alle sue spalle per ottenere il consenso all'interno del Consiglio dei Dieci e influenzare così la successione al dogado. Il suo sogno proibito è arrestare il seduttore spadaccino, e per far questo gli mette alle calcagna il suo laido servitore Zago. Rubacuori galante e agile funambolo, Casanova entra in scena prendendo parte a una rissa alla Cantina do Mori, la più antica osteria della laguna, per difendere una bellissima fanciulla, Gretchen Fassnauer, apparsa a consegnargli un messaggio: la contessa Margarethe von Steinberg vorrebbe incontrarlo. La nobile austriaca intende sfidarlo a una singolare contesa: se riuscirà a sedurre la bella Francesca Erizzo, figlia di uno dei maggiorenti della città, allora lei sarà sua. Casanova accetta, forte del suo impareggiabile fascino. È l'inizio di una serie di rocambolesche avventure che lo porteranno ad affrontare in duello Alvise, il focoso spasimante di lei, uccidendolo. Il guaio più serio e inaspettato è però un altro: Casanova, per la prima volta, si innamorerà davvero. Le fosche macchinazioni dell'inquisitore avranno successo e Giacomo verrà incarcerato ai Piombi, mentre Francesca finirà murata in convento. Con il cuore spezzato, Casanova nutrirà il sospetto che l'intera vicenda sia stata architettata dalla diabolica contessa per toglierlo di mezzo. Evaso, si metterà sulle sue tracce e, fra inseguimenti, imboscate e intrighi notturni, arriverà ad affrontarla in un ultimo faccia a faccia mozzafiato: scoprirà di essere stato pedina in un gioco di spie fra Venezia e l'Impero Austriaco e infine si troverà ad accettare a sua volta un incarico della massima segretezza. Fra canali immersi nella bruma e palazzi patrizi di sfolgorante bellezza, si staglia una Venezia settecentesca mai così seducente e spietata: Matteo Strukul fonde magistralmente il feuilleton d'avventura con gli intrighi amorosi del romanzo libertino, e lo fa attraverso un appassionante intreccio di ricostruzione storica e invenzione, con un'ambientazione straordinaria, riccamente animata di personaggi dell'epoca, da Giambattista Tiepolo a Carlo Goldoni, da Federico di Prussia a Maria Teresa d'Austria, restituendoci in modo potente, originale e modernissimo lo spirito del tempo.
Al centro di questo romanzo ci sono tre vite, tre visioni del mondo, tre modi diversi e complementari di sopravvivere alla contemporaneità. Il loro spazio è la Albecom, azienda informatica che sorge alla periferia di Marghera; l'ha fondata, ancora giovanissimo, Alberto, "trentaquattro anni, apprezzata abilità nell'assemblare mobili Ikea, una passione per la buona tavola e il culto della chiarezza". Tra i programmatori che lavorano per lui c'è Luciano, con cui Alberto condivide l'amore per internet fin dai tempi del liceo. Ma, a differenza dell'amico, Luciano si trova a suo agio dietro le quinte: schivo e paralizzato dalla propria scarsa avvenenza, si rifugia nel lavoro e nel rifocillamento dei gatti randagi di Marghera, tormentato solo, di tanto in tanto, dal desiderio di avere qualcuno da rendere felice. A completare il triangolo c'è Giorgio, il pre-sales dell'azienda, procacciatore di nuovi clienti: "percorso da un brivido di elettricità sempre", tiene nel cruscotto della macchina L'arte della guerra di Sun Tzu, che consulta come un oracolo. E così, mentre Luciano allaccia con Matilde, barista della tavola calda di fronte alla Albecom, un'amicizia presto caricata di nuove speranze e Giorgio riceve una proposta sottobanco da un vecchio collega, le giornate dei tre amici si intrecciano in un groviglio di segreti e tradimenti che si dipana tra la provincia veneta e le città di mezza Europa e che li costringerà, infine, a compiere scelte sofferte e decisive. Francesco Targhetta, già protagonista di un piccolo caso letterario con il romanzo in versi Perciò veniamo bene nelle fotografie, si cimenta ora nell'impresa ambiziosissima di ritrarre il nostro presente in continuo divenire, attraverso lo sguardo di un gruppo di trentacinquenni che – con un piede intrappolato nel mondo del web e uno ben piantato nei sobborghi in cemento di quello reale – cercano timidamente di costruirsi un futuro. Per mezzo di una prosa esatta e al tempo stesso intima, crepuscolare, questo romanzo si interroga su cosa stiano diventando le nostre vite, deviate e attratte ogni giorno da mille potenzialità, e su cosa potremmo diventare noi, chiamati insieme al dovere di essere felici e a quello di accelerare sempre di più la velocità del mondo.
È un tardo pomeriggio di giugno quando Jane raggiunge il cancello della villa dove passerà l'estate. Per lei, diplomata a pieni voti in Inghilterra, lavorare come ragazza alla pari per una ricca famiglia romana è un modo per mettere da parte qualche soldo, ma soprattutto il primo passo verso un futuro che intende scegliere da sola. Gli zii, unici parenti rimasti, la vorrebbero indirizzare a studi di economia, un percorso sensato che garantisce un solido avvenire. Ma lei non può dimenticare che i suoi genitori hanno seguito la loro passione a costo della vita, e la passione di Jane è il disegno, non i numeri. A nemmeno vent'anni, ha imparato a dar retta più al cuore che alla ragione. Il cuore, fin dal loro primo rocambolesco incontro, la spinge verso il suo datore di lavoro, Edoardo Rocca, un uomo d'affari dal fascino misterioso, zio del bambino di cui lei si deve occupare. È bello, sicuro di sé, sfuggente. Jane ne è intimorita, ma al tempo stesso attratta. Lui appartiene a un altro mondo, lo sa bene, eppure sente un'affinità che nessuna logica può spiegare. Basta una notte insonne perché si accenda una passione che sfida il buonsenso e la convenienza, non solo per la differenza di età, ma anche perché c'è qualcosa che Edoardo nasconde, segreti ed errori che stanno per travolgerlo. E, quando questo accadrà, per Jane sarà troppo tardi per mettersi in salvo.
Oggi. Una giovane senza passato si aggira per le strade della città. Non ha nome né casa e indossa un grosso cappotto di lana: sembra una vagabonda come tante, eppure è capace di trasformare ritagli di carta in pesciolini guizzanti e di leggere nel cuore di chi la circonda le sofferenze più intime e i traumi più segreti. Chi sarà mai? si chiedono quelli che la incrociano. Se solo conoscessero la risposta, resterebbero senza fiato. È Dio tornato sulla Terra. Anzi tornata: perché se il peso della lontananza dagli uomini è insopportabile, se solo condividendone le gioie e le pene si può essere veramente e pienamente Dio, cosa c'è di meglio che incarnarsi in un corpo di donna e affrontare il creato? Ma quando il Creatore diventa creatura, la natura umana prende il sopravvento: il Dio fatto donna è fragile e soggetto a stupori e paure. Dubita dei propri poteri, si interroga sull'esistenza del male e non esita a mettersi in discussione. Conosce la gioia dell'innamoramento e dell'intimità e il sapore aspro della cattiveria, sperimenta il groviglio inestricabile di luce e oscurità del mondo. In un caleidoscopio di avventure tenere, buffe, drammatiche, Dio riscoprirà passo dopo passo la propria divinità, attraversando la vita e la morte fino all'epilogo, spiazzante e sorprendente. Perché la risposta che tutto spiega è celata nelle pieghe della vita vissuta.
Un romanzo di ombre e luce, tragico e divertente, che esplora in profondità la fragile e ostinata resistenza dei piccoli che non smettono di cercare un mondo migliore. Pietro è stato bocciato in prima media e suo padre decide che, insieme alla sorella Nina, dovrà trascorrere l’estate ad Accentura, un paesino sulle montagne della Basilicata, dai nonni materni. La madre è morta qualche anno prima, lasciandoli orfani, eppure Pietro non si considera tale. Sente infatti che sua madre non è meno presente di prima: ha solo “traslocato” e “gli parla ancora con la sua voce dentro la testa”. Una voce che lo guida con sicurezza. Rispetto alla periferia di Milano in cui vivono, il paese di Nononno e Nononna sembra muoversi con ritmi propri, immutabili, senza che il male possa mai attecchirvi, né niente di nuovo possa accadere. Mimmo lì è il suo amico elettivo, pastore senza regole, selvaggio, analfabeta, compagno di avventure. Un giorno, giocando a calcio con lui e gli altri ragazzini del paese, Pietro perde il pallone dentro la torre che si affaccia sulla piazza. Andando a recuperarlo, scopre all’interno sette stranieri nascosti, sei adulti e un bambino, Josh. La rivelazione scuote la vita del paese: gli stranieri vengono adottati da alcune famiglie, tra cui quella del ricco e prepotente zi’ Rocco, proprietario terriero locale, e inevitabilmente gli equilibri su cui si regge la piccola comunità si alterano. I nuovi arrivati si accontentano di paghe più basse del consueto, cosa che li fa presto odiare dai braccianti della zona, e li induce a provare a propria volta l’odio. Le tensioni esplodono definitivamente quando, durante i fuochi d’artificio della notte di Ferragosto, il casale in cui alcune famiglie, come quella di Pietro, vedono una possibile rivincita contro il monopolio di zi’ Rocco si incendia, seguito dai vigneti, dagli ulivi e dagli alberi di noce. È la fine del sogno di un nuovo futuro. La comunità non aspetta altro per addossare la colpa sugli stranieri, ma
Questo libro non è un catalogo di storie esemplari. È invece una sequenza di vicende che più normali di così non potrebbero essere. Dentro queste pagine ci sono persone che dovreste e potreste conoscere perché camminano per le stesse strade dove camminiamo tutti e tutte, fanno le stesse cose che facciamo noi e a qualunque sguardo superficiale apparirebbero del tutto prive di quella misteriosa luce di predestinazione che dovrebbe distinguere una persona speciale dalla massa di chi speciale non è. Sono tutte storie così, semplici al punto che brillano solo se qualcuno se ne accorge e le racconta, e hanno protagonisti con nomi comuni.
A partire da un dolore comune a tanti – la malattia, la fine di un matrimonio, un bambino da proteggere – e armata di un talento luminoso e di una grazia unica, Ilaria Bernardini inventa un alfabeto botanico-sentimentale con cui compone una formula magica dal potere universale.
"Questo è il romanzo - doloroso, struggente, bellissimo - di una scrittrice matura, capace di raccontare il cambiamento. Un mese, un anno, un amore. Cambiamento che non corrisponde a un istante preciso, ma che prevede un andirivieni incessante tra passato e presente." - Teresa Ciabatti, Corriere della Sera
«Ti spengo la luce» dico a Nico. «Lascia aperta la porta» mi dice lui. «Ho paura.» «Non c'è niente di cui avere paura» lo convinco. «Potrei essere il primo che vive per sempre?» chiede. «Potresti» gli rispondo. E sono certa che potrebbe proprio esserlo.
Tutto ha inizio nel giorno del disastro. Anna sta piangendo la fine del suo amore: lei e il papà di Nico, il loro bambino di quattro anni, hanno deciso di lasciarsi. Quel giorno Anna incontra per caso Maria, un'amica di sua sorella che non conosce bene. Mentre parlano, Maria comincia a stare molto male. Anna le tiene la mano, la guarda crollare, chiama i soccorsi. Solo dopo l'ambulanza, il ricovero, le telefonate, si scopre che Maria ha avuto un aneurisma cerebrale. Trascorre una lunga estate di convalescenza e dolore per entrambe. Come si fa a reimparare a uscire di casa e parlare con le persone dopo aver capito quanto vicina è la fine? Come si fa a dire a un bambino che il papà e la mamma non si amano più? La crisi economica ha intanto reso tutti più poveri, le meduse invadono i mari, si annuncia la fine del mondo e pure le piante sul terrazzo della nuova casa di Anna e Nico sono mezze morte. Attorno alle due donne, solo siccità, incertezza e paura. Finché, insieme, cominciano a occuparsi del terrazzo disastrato e, mentre Maria toglie il secco e il morto, pianta nuovi semi e rinvasa, Anna le prepara da mangiare. Così, stagione dopo stagione, la menta diventa verdissima e forte, il limone e il fico danno i frutti e spuntano i girasole. L'oleandro e il glicine s'infittiscono, arrivano le lucertole, le farfalle, e ogni mattina un merlo comincia a visitare Anna e Nico. Le due donne imparano a prendersi cura delle piante e l'una dell'altra. E proprio come il terrazzo, anche questa storia si fa sempre più rigogliosa, fino a trasformarsi in una foresta, talmente selvaggia da contenere le vicende di tutta l'eccentrica famiglia di Anna e persino quelle della buffa cartomante a cui lei si rivolge in cerca di aiuto. A partire da un dolore comune a tanti – la malattia, la fine di un matrimonio, un bambino da proteggere – e armata di un talento luminoso e di una grazia unica, Ilaria Bernardini inventa un alfabeto botanico-sentimentale con cui compone una formula magica dal potere universale. Con Faremo Foresta inauguriamo un movimento gentile, fatto di cura e mani nella terra, di attenzione e di presenza. Questo libro è molto più di una storia, è un inno alla vita, una dolce rivoluzione del pensiero, un mantra per sopravvivere alla siccità e fiorire nel deserto. Per, poi, fare foresta.
Selezionate da Giovanni Giudici, le poesie di Saba qui proposte offrono l'immagine di un io poetico costantemente diviso tra situazioni temporali e conoscitive opposte ma coesistenti: il presente realistico, con i suoi elementi quotidiani, e il passato immaginato o reinventato in chiave letteraria, mitica o psicologica. È, quella di Saba, una poesia cosciente di sé, che – come afferma Giudici– «fa propri non solo i modi convenzionali dello scrivere versi, ma anche le occasioni e gli argomenti più fondamentalmente convenzionali che ci riportano ai grandi temi di nascita, amore e morte». Una poesia di classica limpidezza, "onesta", per usare la terminologia sabiana, nella quale vedere non tanto la spontanea trasposizione di dettagli biografici, quanto la realizzazione di uno dei valori poetici essenziali: la capacità di elevare a mito la realtà grazie ai filtri e alle risorse della letteratura.