Cosa sarebbe l’uomo se non pensasse al futuro del luogo in cui vive? Per chi vuole capire quali strade potrà prendere il futuro del pianeta senza rivolgersi a oracoli o maghi, ecco una rassegna dei nostri destini possibili, a partire da previsioni o paure che tutti noi siamo abituati a vivere attraverso i media. Pearl, basandosi su speculazioni razionali, risponde a domande assolute con passo sicuro. Cosa succederà quando si esauriranno i giacimenti petroliferi? E quando gli umani diventeranno immortali? E quando gli antibiotici non saranno più efficaci? Non c’è apocalisse possibile che Pearl non contempli, e su cui non proponga tesi e soluzioni. In questo titolo, ognuna delle nostre domande fondamentali sul futuro avrà la sua risposta.
Prima dei fiori – bellissimi – in Europa sono arrivate le foglie. Quanti sanno infatti che anche la pianta del tè è una camelia? Guardiamo a questo fiore ancor oggi come a un’icona di stile, che tra Ottocento e Novecento ha condizionato la moda e goduto di fortune letterarie e musicali. Eppure le sue foglie hanno conquistato il mondo, ne hanno rivoluzionato aspetti culturali, sociali ed economici, intorno a esse si sono canonizzati riti e millenarie cerimonie. Indubbio è il suo pregio ornamentale, ma la camelia è pianta utile non solo per l’infuso biondo e dissetante: nei paesi d’origine, oltre alle foglie, si lavorano semi, legno e petali. La storia del viaggio e della diffusione di questa pianta – nella sua duplice ricezione, quale pianta ornamentale e pianta del tè – è affascinante, e in parte ancora avvolta nelle nebbie. In Europa e in Italia diviene, soprattutto, storia di ville e giardini, di passioni aristocratiche, esclusive, per un fiore mutante, metamorfico, che si declina in forme diversissime e in ricche gamme cromatiche, talora persino sul medesimo esemplare. Così innumerevoli le cultivar da soddisfare i capricci estetici sia di chi ama corolle dalla perfezione geometrica sia di chi le predilige bizzarre e vezzose.
«Oggi dovremmo capire come servirci dell'ironia per difenderci dai pericolosi dogmatismi dell'epoca nostra. In particolare, dal dogmatismo dell'"immediato" che è appunto quello dei nostri politici, i quali, magari, non concepiscono che ci sia qualcosa come l'ironia». Giulio Giorello, filosofo della scienza e matematico, si confronta con il tema dell'ironia, che definisce «un'arma di costruzione di massa»: di massa nel senso che può essere utilizzata da chiunque. L'ironia si dimostra capace non solo di smantellare intere fortezze, infiltrandosi con le sue domande impertinenti, ma di costruire lei stessa nuovi castelli, a patto che si sia consapevoli che questi sono dei veri e propri castelli in aria, così come sono di sabbia le fortezze che man mano gli esseri umani costruiscono nel tempo. Ottimi esempi di ironia si trovano in quella combinazione di serietà e umorismo che ci è stata regalata dai fumetti, da Topolino, ai Peanuts a Tex. Ma anche in tante opere letterarie: dalla critica di Jonathan Swift alle pretese dei dotti di formare una corporazione di privilegiati nei "Viaggi di Gulliver" alla suprema ironia di Robert Musil, che nell'"Uomo senza qualità" descrive il protagonista come colui che aspira a quella stessa condizione ideale che il suo critico era così pronto ad attribuirgli, o ancora l'irriverente ironia di James Joyce, che prende di mira persino il buon Dio, che «ha scritto il folio di questo mondo, e l'ha scritto sbagliato». Anche la scienza nei momenti creativi, quando cioè distrugge un paradigma costituito e comincia a costruire un'alternativa, usa l'ironia. Non solo, è capace di servirsene come strumento di alta retorica e di sottile comunicazione della novità. Non era ironico, forse, Giordano Bruno quando nella "Cena de le Ceneri" difendeva un universo «senza margine» contro il mondo chiuso di Aristotele? Ecco allora disvelata tutta la potenza dell'ironia, che «nel solco di quell'Illuminismo che ha rappresentato un modello coraggioso di ricerca e di rispetto della verità, segnatamente della verità scientifica», si dimostra un'arma civile per combattere schemi, categorie e istituzioni rigide, grazie alle sue doti a un tempo distruttive e creative.
La storia è, in questo libro, la chiave per proporre una nuova, inaspettata, idea d'eguaglianza, capace di dare un senso al nostro tempo. Un viaggio attraverso i secoli - dalla Grecia classica alla Roma imperiale, alla prima modernità dell'Occidente, alla grande stagione del capitale e del lavoro, sino ai problemi del presente - alla ricerca di una strada alternativa, abbozzata, dimenticata e mai davvero percorsa, per pensare l'eguaglianza. La fine della grande industria e del lavoro operaio nella parte economicamente più avanzata del mondo ha distrutto le basi culturali, sociali ed economiche dei paradigmi moderni di eguaglianza, e ha lasciato un vuoto che disorienta e mette a rischio. Come venirne fuori? Serve un cambiamento radicale nel modo di concepire noi stessi e il nostro posto nel mondo, lontano dai miti del «sociale» e del «collettivo», ma che offra una forma alla rivoluzione che stiamo vivendo.
In questo libro Cristina Cattaneo narra di come l’antropologia e le scienze forensi in generale si confrontano nel mondo reale con la scena del crimine, le analisi di laboratorio e i delitti: lo scheletro di una donna uccisa dalla criminalità organizzata perché voleva cambiare vita, le schiere di morti non identificati e dimenticati, le vittime di violenza sessuale, oppure i resti di personaggi storici che rivelano il passato. A venticinque anni dalla fondazione del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (LABANOF), si ripercorrono le storie di passione e di tenacia dei medici, biologi, archeologi e naturalisti che hanno contribuito ad aiutare la giustizia, a tutelare i diritti umani e anche a raccontare di popolazioni antiche.
Le rivelazioni esclusive del giudice che ha condotto l'ultima istruttoria su piazza Fontana. Giugno 2005: la Corte di cassazione conferma l'assoluzione degli ultimi neofascisti imputati per la strage del 12 dicembre 1969. Settembre 2008: il giudice Guido Salvini, autore dell'istruttoria che ha portato all'ultimo processo sulla strage, riceve la lettera di un ex ordinovista padovano. "La prego contattarmi personalmente - recita - per novità su piazza Fontana." È il primo passo di una lunga e puntigliosa inchiesta privata che in questo libro, scritto con la collaborazione del giornalista Andrea Sceresini, è raccontata e resa pubblica per la prima volta. Una vera e propria ricerca degli uomini di piazza Fontana. I nomi e le storie dei terroristi neri sfuggiti alla giustizia. Nel corso di dieci anni Salvini è tornato a parlare con le sue vecchie fonti, ne ha trovate di nuove, ha raccolto elementi e riscontri. Una narrazione ricca di elementi inediti, a cinquant'anni dalla strage. La vicenda più drammatica della nostra Repubblica raccontata come un grande giallo italiano.
Tutti ammiriamo i capolavori di Leonardo e la poesia di Ariosto; tutti, parlando di politica, adottiamo più o meno consapevolmente il linguaggio di Machiavelli; in tanti ci siamo persi a contemplare la bellezza di Firenze, autentica invenzione del suo signore Lorenzo de' Medici. Nicola Gardini ha voluto far rivivere questa stagione luminosa e irripetibile che ancora oggi chiamiamo Rinascimento evocando le sue figure più celebri, ma anche personaggi meno scontati, eppure altrettanto affascinanti e influenti a livello europeo: il poeta Angelo Poliziano, il leggendario erudito Pico della Mirandola, il medico-scrittore Girolamo Fracastoro e una sorprendente e quasi dimenticata studiosa padovana, Cassandra Fedele. Il suo libro li racconta liberandoli dalla polvere dei luoghi comuni e dei ricordi scolastici, restituendoli nelle loro passioni e ambizioni, sullo sfondo di una realtà burrascosa in cui tutto sembra possibile. Nella varietà delle esperienze e dei testi, molti tradotti da lui, Gardini rintraccia un filo rosso, una "sorgente nascosta" che alimenta tutta questa civiltà: l'ideale di un'immaginazione inesauribile, che crede nella ricerca e si avventura nello studio persuasa che la cultura e l'arte producano vita. Riletto e riscoperto in questa prospettiva il Rinascimento esce dalle accademie e si propone a modello e chiave di rigenerazione per l'epoca tormentata in cui oggi viviamo.
Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti, Banca Marche... La lista dei fallimenti bancari degli ultimi anni è lunga e imbarazzante per il sistema finanziario italiano. A essa si aggiungono le crisi ingovernate fino a diventare ingovernabili di molti altri istituti, piccoli e grandi, dalla Popolare di Bari alla Cassa di Risparmio di Genova o al Monte dei Paschi di Siena. Per le centinaia di migliaia di risparmiatori coinvolti è stata una tragedia di cui ancora non si vede la fine. Questo libro è la prima inchiesta a raccontarne meccanismi e responsabilità. 210.000 risparmiatori truffati, 300.000 ipoteche immobiliari ancora da escutere. Questi sono i numeri e le conseguenze dei crac bancari solo del Veneto, ma con cifre diverse è accaduto lo stesso in altre parti d'Italia, come la triste catena di suicidi documenta. Clienti facoltosi e modesti risparmiatori menati per il naso da gestioni acrobatiche e tenuti buoni con versioni di comodo. Prigionieri di un patto leonino che li voleva spolpati e contenti. Soldi facili fatti sparire dalle banche, attinti dalla laboriosità e dalla propensione al risparmio degli italiani. Denaro che faceva correre la locomotiva del Nord Est e il resto del Paese, finanziando operazioni immobiliari, speculazioni sui cambi, avventure imprenditoriali coperte dall'amicizia e non da adeguate garanzie. Frutto di mesi di ricerca, di molte interviste originali e della visione di documentazione mai prima consultata, questo libro-inchiesta ricostruisce in modo chiaro e dettagliato il meccanismo usato per gonfiare il valore delle azioni; il comportamento omissivo degli organi di vigilanza; i favori dei banchieri agli 'amici degli amici'; il fenomeno delle 'porte girevoli' con cui si assoldavano i controllori; le intercettazioni e i super stipendi che i manager si elargivano; i percorsi a zig-zag dei professionisti dei salvataggi bancari mancati; la mobilitazione mai finita delle associazioni dei risparmiatori truffati; il ruolo discutibile del pubblico. Fino ai processi in corso e alla telenovela dei rimborsi.
Quando ci si presenta si inizia dal nome. Il mio nome scientifico è Pinus pinea. Così mi ha chiamato Linneo, scegliendo come nome specifico pinea, quasi a dire 'pino per eccellenza'. Il mio nome italiano è semplicemente pino domestico, pino da pinolo, pino ombrellifero. Sono il vero simbolo di albero italico. Il pino domestico è il vero simbolo di albero italico. Non a caso gli inglesi lo chiamano Italian stone pine e in Francia Pin d'Italie. È l'albero di casa nostra perché il paesaggio mediterraneo non è umile né dimesso. È grandioso, solenne, rifiuta la pompa dei colori esotici tropicali. Il pino, questo grande e maestoso albero, dall'odore penetrante, caratterizza, fino a diventarne l'icona, la macchia mediterranea dei litorali tirrenici, adriatici e ionici e delle isole di Sardegna e di Sicilia.
Le cinquantuno conversazioni qui raccolte offrono un Giorgio Bassani in presa diretta e a figura intera: e restituiscono al lettore i suoi talenti indomabili e l'altezza - in tutti i sensi - della sua voce. Alcune di esse, appena ritrovate, compaiono in volume per la prima volta; altre, realizzate con la complicità di amici quali Mario Soldati, Enzo Siciliano, Manlio Cancogni e Claudio Varese, si svolgono come autentici happening; altre ancora ci presentano Bassani attraverso lo sguardo di beninformati cronisti americani, svedesi, brasiliani, inglesi, argentini e francesi. Autore di un'opera poetica, narrativa e saggistica fra le memorabili del Novecento, Bassani è innanzitutto l'inventore di una voce. Qui, lungo quattro decenni all'incirca, il lettore può ascoltarla mentre va prendendo forma, seguendone i guizzi di genialità critica e autocritica, i progetti irrealizzati che balenano per accenni, le illusioni e le delusioni, le impuntature e le gioie, le rabbie e gli slanci, il partito preso di contraddire e la fame di complicità, in breve: la progressiva scoperta di sé e del mondo nei momenti in cui si trova intercettata dalla pubblica notorietà, da un interlocutore equipaggiato di taccuino o di magnetofono o magari della sola memoria. Da oggi in avanti, Interviste 1955-1993 - volume curato da Beatrice Pecchiari e Domenico Scarpa, con una premessa di Paola Bassani - si aggiunge al canone dell'opera di Bassani come un diario vocale ininterrotto, come un autocommento su pungolo altrui. Il libro assertivo e antagonista di un uomo che seppe coltivare il raro dono della "distrazione interiore".
La seconda guerra fredda vede dittature e regimi assediare i paesi democratici: l'epicentro dello scontro è l'Europa, le armi preferite sono ingerenze politiche e ricatti strategici, i duelli più duri avvengono nel cyberspazio, e l'Italia è uno dei più vivaci campi di battaglia. Neanche il papa è indenne da quanto sta avvenendo. La Russia di Putin e la Cina di Xi vogliono trasformare l'Europa in un terreno di conquiste, politiche ed economiche, al fine di far implodere NATO e UE, allontanando quanto più possibile gli Stati Uniti dai loro alleati. Gli interventi russi in Georgia e Crimea, le imponenti infrastrutture cinesi a cavallo dell'Eurasia, il mosaico di sovranisti e populisti sul Vecchio Continente descrivono i contorni della sfida più temibile e pericolosa che le democrazie si trovano ad affrontare dalla caduta del Muro di Berlino, avvenuta esattamente trent'anni fa. Sulle rovine della globalizzazione, la seconda guerra fredda ha colto di sorpresa l'Occidente: è radicalmente diversa dalla prima perché gli attori principali non sono più due ma molteplici, le armi più temibili non sono più nucleari ma digitali e gli scontri ad alto rischio non sono frontali bensì asimmetrici. Ma in palio c'è, oggi come allora, la sopravvivenza delle democrazie chiamate a reagire non solo dotandosi di nuovi sistemi di sicurezza contro gli avversari e di alleanze più flessibili, ma soprattutto di un arsenale di diritti capace di restituire vitalità ed energia al legame fra i loro cittadini e le istituzioni dell'Occidente. La seconda guerra fredda non ha ancora una data di inizio ufficiale ma in pochi dubitano oramai che sia in pieno svolgimento e stia già cambiando il mondo in cui viviamo.
Con i suoi precedenti "Armi, acciaio e malattie" e "Collasso", Jared Diamond ha mutato il nostro modo di comprendere ciò che fa nascere e morire le civiltà. In questo libro conclusivo della trilogia, Diamond descrive come le nazioni siano riuscite a riprendersi dalle crisi utilizzando processi di trasformazione «selettivi» - un'efficace strategia di adattamento più comunemente associata ai traumi personali. Attraverso un'analisi comparativa, l'autore dimostra in che modo, nel recente passato, sette nazioni (Finlandia, Giappone, Cile, Indonesia, Germania, Australia e Stati Uniti) siano sopravvissute a sconvolgimenti epocali - dall'arrivo del commodoro Perry in Giappone all'invasione sovietica della Finlandia, dalla Germania del secondo dopoguerra al regime cileno di Pinochet - facendo ricorso a un processo di dolorosa autoanalisi e di adeguamento alla nuova realtà. Allo stesso tempo, volgendo lo sguardo al futuro, Diamond cerca di capire se il nostro mondo stia sperperando i vantaggi acquisiti, imboccando le vie del conflitto politico e del declino. E infine: quali lezioni possiamo ancora imparare dal passato per affrontare con successo le crisi di oggi, come i cambiamenti climatici, le disuguaglianze e le polarizzazioni sociali? Aggiungendo la dimensione psicologica alla comprensione della storia, della geografia, dell'economia e dell'antropologia tipica di tutto il lavoro di Diamond, "Crisi" ci fa intendere di quali strumenti le nazioni e gli individui debbano dotarsi per diventare più resilienti e consapevoli.