Per la prima volta in lingua moderna il commento al Vangelo di Luca, in materia praedicabilis", di San Bonaventura. " Introduzione, revisione e note a cura di B. Faes de Mottoni, trad. Di P. Muller e S. Martignoni.
"Da un passato lontano negli anni ma molto vicino per le problematiche affrontate ci giungono questi pensieri dei Padri della Chiesa sull'arte di studiare. Ho idealmente raccolto le voci dei Padri in diversi capitoli che corrispondono a tanti momenti della vita di uno studente: dal metodo di studio alla disciplina, dalla necessità degli esercizi agli stili di apprendimento, dalle virtù che devono animare la sua attività a come deve alimentarsi... I temi attraversano con estrema fluidità tutte le sezioni, essendo l'apprendere stesso un'attività integrale in cui disciplina e valori, metodo e applicazione, sono a loro volta parti di un unico che si sostanzia nella persona dello studente." (Lucio Coco)
Il percorso della conoscenza di Sant'Agostino attraverso una raccolta ragionata e commentata dei suoi testi. Il Vescovo di Ippona è ancora oggi l'autore cristiano più letto perché, prima di tutto, egli è stato uomo fino in fondo, cioè sempre leale con i desideri del suo cuore, sempre fedele alla sua inquietudine.
Interrogarsi sulla natura della fede conduce alla scoperta del misterioso modo con cui essa si manifesta nella vita, mai pienamente dimostrabile, come un forse che tende verso l'assenso, un sì pronunciato in cammino. Così anche l'intelligenza che opera nella fede si fa pellegrina per compenetrare e conformare la vita alla verità cui tende. La natura di questo studio è affine a una tal definizione dell'esperienza credente. Si esamina l'opera esegetica di Origene, autore cristiano vissuto tra il 185 e il 250 circa, e con lui si continua a pensare facendo dialogare il nostro tempo col suo. Egli fu grande maestro non solo dell'interpretazione della Sacra Scrittura, ma della vita cristiana. Per Origene la fede è una chiamata a seguire, la sua forma si definisce nel movimento, la sua sostanza è voce della Parola che chiama. E quale altro libro o quale altro tema potrebbe essere adatto a rappresentare la vita del pellegrino alla ricerca della verità di Dio, se non quello dell'Esodo? Un libro che diventa esperienza universale dei cercatori di Dio e di Dio stesso che li conduce compiendo con loro, nel Logos, il suo esodo. L'Israele che nasce dal deserto, con Cristo si rinnova universalizzandosi, e l'esodo diventa sequela.
Un classico dell'apologetica, della storia della cultura e della filologia; uno dei più straordinari florilegi di autori dell'antichità classica mai pervenuti.
Il trattato sulla Trinità è una delle opere maggiori di sant'Agostino e un testo di primaria importanza nella storia del pensiero teologico e filosofico dell'Occidente. Frutto di un lungo lavoro di riflessione e di rielaborazione, il "De trinitate" si prefigge principalmente lo scopo di rendere ragione nella misura del possibile e a partire sempre dal dato di fede - dell'unicità e identità sostanziale di Padre, Figlio e Spirito Santo, pur nella distinzione delle Persone. Nella seconda parte dell'opera, l'attenzione di Agostino si sposta verso l'interiorità dell'uomo, dove va ricercata e realizzata l'immagine della Trinità. La capacità che la mente umana possiede di avere memoria, intelligenza e amore del suo Creatore viene alla fine individuata come lo specchio nel quale quaggiù è possibile vedere, ancora enigmaticamente, quel Dio che soltanto nella vita futura si potrà contemplare in maniera diretta. Questa edizione propone una nuova traduzione italiana del "De trinitate", il più possibile chiara e fedele al testo latino curato in edizione critica da W.J. Mountain e F. Glorie per il Corpus Christianorum (1968). L'introduzione, le note e gli apparati mirano ad aiutare il lettore a orientarsi all'interno di un pensiero arduo e complesso, che esplora le profondità vertiginose di Dio e dello spirito umano.
Il volume contiene, tradotti per la prima volta in lingua italiana, sei sermoni di sant'Agostino scoperti nel 2007 a Erfurt, in Germania, e noti perciò come i "sermoni agostiniani di Erfurt". Com'è avvenuta la scoperta? Quali sono le caratteristiche del manoscritto che ha conservato gli inediti? E di che cosa parlano i nuovi sermoni? Il testo, in versione originale e in traduzione, è accompagnato da corpose note esplicative e da un ricco apparato bibliografico.
Descrizione dell'opera
Siamo probabilmente nel 394-395, a Ippona. Agostino non ancora vescovo porta a termine un commento integrale alla Lettera ai Galati, in cui esprime compiutamente il proprio pensiero.
Al tempo già circolavano nell'Occidente latino i commenti a Galati di Caio Mario Vittorino, dell'Ambrosiaster e di Girolamo. Agostino conosce questi autori e da essi riprende «spunti interpretativi, chiarimenti testuali, sollecitazioni a impegnarsi in ulteriori approfondimenti oppure a effettuare correzioni o addirittura a esprimere dissensi», entrando autorevolmente nella storia della recezione dello scritto paolino.
Circa il tema cruciale della Lettera - che cosa si debba intendere per «grazia di Dio», che implica la condizione di «non essere più sotto la Legge» - Agostino afferma che «si tratta del dono della fede, la quale, dal momento che opera per amore, non solo può sostituire la Legge, ma soprattutto può far compiere le opere da essa richieste nell'unico modo che possa davvero risultare salvifico, ossia per amore». Una formulazione perfettamente coerente con il proprio pensiero.
La rigorosa annotazione della curatrice ha il merito di collocare il testo sullo sfondo della recezione di Galati nei primi quattro secoli cristiani e soprattutto quello di delineare passo dopo passo il rapporto di questo testo con l'insieme delle opere di Agostino.
Sommario
INTRODUZIONE. Agostino commenta Galati: datazione e contesto. La recezione della Lettera ai Galati nei primi tre secoli: giudizi complessivi e utilizzazioni parziali. I Commentari alla lettera ai Galati nel IV secolo latino. La «controversia di Antiochia» (Gal 2,11-14) e la «controversia» tra Girolamo e Agostino. Il Commentario a Galati di Agostino: argumentum e struttura. IL COMMENTARIO A GALATI. Indice scritturistico. Indice delle opere di Agostino. Bibliografia.
Note sulla curatrice
FRANCESCA COCCHINI è professore ordinario di storia del cristianesimo presso l'Università «La Sapienza» di Roma. È membro di numerose associazioni e gruppi di ricerca sulla patrologia e il cristianesimo dei primi secoli. Tra le pubblicazioni ricordiamo: Commento alla lettera ai Romani di Origene, Marietti, Casale Monferrato 1985; Il Paolo di Origene. Contributo alla storia della ricezione delle epistole paoline nel III secolo, Studium, Roma 1992; Commentario alla lettera ai Romani di Teodoreto di Cirro, Borla, Roma 1998; Agostino d'Ippona. «Il nostro volere sia suo e nostro», in collaborazione con M.G. Mara, LEV, Città del Vaticano 2006; presso le EDB: Origene. Teologo esegeta per una identità cristiana (2006) e Josefa Segovia. Un ventaglio scritto (2008).
La Nota Praevia all’Adversus Nationes di Arnobio viene edita per la prima volta in lingua italiana. Essa si presenta con tale articolazione di contenuti, approfonditi minuziosamente e analizzati in contesto con le altre opere apologetiche cristiane, che fa da splendida e illuminante cornice all’opera dell’Autore africano. Anche là dove i contenuti o le spiegazioni sembrano superati da studi recenziori, la verve polemica di Le Nourry, fedelissimo all’ortodossia della Chiesa Cattolica, si associa allo stile fortemente demolitore dei miti pagani di Arnobio, facendo nascere
una letteratura ibrida pagano-cristiana, che forse non vede ancora il tempo di essere valorizzata in tutta la sua portata innovatrice, ed è vittima del pregiudizio di schemi iconografici preconcetti. Vero è che ci troviamo di fronte ad una antropologia di stampo diverso da quello platonico-cristiano, tradizionale ormai all’interno di quasi tutte le dottrine teologiche delle denominazioni cristiane, per cui taluni punti fondamentali del dire arnobiano urtano contro la suscettibilità culturale occidentale, in particolare cristiana. Ma si tratta di cultura, anche se dogmaticamente resa obbligante nel credo degli adepti. La verità potrebbe essere anche altra e una delle tante ipotesi di indagine della verità potrebbe pur essere quella di Arnobio, sincero, anzi sincerissimo discepolo di quello che c’è di più prezioso nel Cristianesimo, cioè Cristo stesso, abbracciando il Quale, si possiede tutto ciò che l’uomo deve possedere, e conoscendo il Quale, l’uomo conosce quanto è necessario conoscere, nella sua totalità e nella sua integrità. Per tale motivo questo è un libro, assieme all’opera stessa di Arnobio, destinato ad un pubblico adulto e che ha del dogma cristiano una visione storica, aperta ad altre letture possibili, se accertate, anche se non coerenti con le formulazioni di fede, che oggi sono correnti. La fede appunto è la matrice che rende ossequio alla verità cristiana, maturatasi nel tempo o nei tempi, emarginando squarci che di volta in volta sono apparsi inutili o dannosi, ma appunto perché squarci di verità talora irrompono luminosi in maniera prepotente e imprevedibile e improvvisa dal loro tenebroso letargo, obbligando l’assenso ad arricchirsi delle nuove prospettive in armonia col Pensiero fattosi Verbo o Parola vivente nei secoli. Questo è l’Arnobio, che sembra opportuno capire e rivalutare anche quanto ad argomentare apologetico. Che, sebbene nella mira polemica ci siano specialmente idoli, tuttavia tali idoli sono frutto dell’umano immaginare. Ieri come oggi come domani. La ricerca della verità tra ondate di flussi e di riflussi resta una caratteristica della finitudine umana. A tale finitudine si appella Arnobio perché l’uomo trascenda se stesso, e contemplando la sua miseria – descritta con un elenco mozzafiato di diciassette impietosi aggettivi – si apra all’Eterno. Ed è questa la chiave di lettura per comprendere l’opera arnobiana, che obiettivamente risulta essere la più corposa e massiccia apologia, superata in voluminosità e impostazione soltanto dalla Città di Dio di sant’Agostino.
L'opera apologetica di Arnobio il Vecchio trova un primo sigillo di singolarità nella
sua particolare collocazione cronologica se è vero – come sembra ormai difficilmente negabile – che l’Adversus Nationes vide la luce mentre infuriava l’estrema e violenta “reazione pagana” promossa da Diocleziano.
Il celebrato retore di Sicca ebbe così modo di registrare sia la brutale e alla fine inane istanza restauratrice e tradizionalistica della costruzione tetrarchica, sia la fatalità della prossima legittimazione del cristianesimo.
Naturalmente, la posizione isolata di Arnobio nell’ambito delle tensioni e dei dibattiti della Chiesa precostantiniana e prenicena, le circostanze straordinarie che 1’autore stesso volle porre a radice della propria conversione, hanno sovente orientato gli interpreti a considerare il pessimismo della grande apologia come il frutto di una disperazione assolutamente biografica, esistenziale, malamente trascinata verso uno spicciativo e risolvente accesso ai sicuri approdi della salvezza cristiana. La stessa esiguità di notizie su Arnobio, sui suoi contatti e principalmente sul suo itinerario
culturale precedente la conversione, ne hanno rimpicciolito il profilo di testimone del tempo.
Al contrario, questo retore così singolare sia nel proporsi non come un intellettuale di sintesi ma di rottura, sia nello stringere una verità che conosce imperfettamente, rappresenta in modo assai realistico quel processo di massiccia trasmigrazione verso
il cristianesimo che si è abituati a seguire solo attraverso le parabole esemplari e conclusive di protagonisti pienamente coscienti delle implicazioni insite nelle loro scelte: Clemente di Alessandria o Agostino, per fare due nomi e indicare, all’ingrosso, due estremi temporali.
E in una prospettiva più concentrata sull’approfondimento dell’itinerario missionario e pastorale della Chiesa, illustra con significativa chiarezza le ragioni seminali di una cultura mai completamente cristianizzata e dunque il ciclico emergere, in essa, di tensioni antagonistiche rispetto alla Fede.
Tutto ciò è tanto più vero proprio perché la periclitante teologia arnobiana, laddove quasi paolinamente propone una distanza incolmabile tra l’infinita grandezza di Dio e la miseria della condizione umana, in realtà finisce quasi fatalmente, a motivo di
un’iterata e ‘comoda’ opzione apofatica, col determinare una frattura non ricomposta tra gli ordini della Grazia e della natura.
Da uno degli autori più fecondi dei primi secoli cristiani, un'opera di grande originalità, ricchezza e complessità. Secondo di quattro volumi.
Il Liber testimoniorum – una raccolta di passi esegetici provenienti dalla produzione di papa Gregorio Magno – risale al periodo compreso tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo. Si tratta di un’opera che ha conosciuto una straordinaria fortuna nel Medioevo ed è stata oggetto di numerose imitazioni nei secoli successivi. Un documento unico per conoscere il funzionamento dell’amministrazione della Chiesa di Roma, le attività ampie e diversificate, l’assistenza tecnica al pontefice per la redazione dei documenti.