Omelie sulla Preghiera e in particolare sul Padre Nostro.
Le omelie di Gregorio di Nissa sulla preghiera del Signore si possono far risalire agli anni 379-380. Con quest’opera egli si inserisce in una importante tradizione patristica di commento al passo di Matteo 6, 9-13 dove è riportato il Padre nostro. Prima di lui, infatti, altri Padri della Chiesa, Tertulliano e Cipriano tra i latini e Cirillo di Gerusalemme e Origene tra i greci, si erano confrontati con l’interpretazione di questo brano evangelico. Testo esegetico, anche se è evidente la natura omiletica di queste composizioni, l’opera è divisa in cinque omelie che passano in rassegna le sette petizioni in cui si articola l’orazione del Signore. Emerge in esse la lettura morale che Gregorio di Nissa fa del Padre nostro. La preghiera, dice il Nisseno, è un “bene” perché essa ci pone alle presenza di Dio. Tuttavia questa “familiarità” con Dio non può essere intesa come qualcosa di astratto ma deve avere una ricaduta concreta nella vita dell’uomo e le virtù che la modellano devono contenere un riflesso di quella giustizia, santità e bontà che riconosciamo a Dio quando lo chiamiamo «Padre nostro».
In diverse occasioni, soprattutto nelle Lettere morali a Lucilio, Seneca fornisce dettagli sulla sua vita privata e sulle sue abitudini alimentari. Se i suoi contemporanei prediligono tavole imbandite con ostriche di lago e carne di cinghiale, lingue di fenicottero e vini addolciti dal miele, il filosofo opta per la frugalità di brodini e polenta, pane d'orzo e acqua semplice. Seneca ritiene, infatti, che il cibo rappresenti un'occasione per esercitare la virtù, per separare ciò che è essenziale da ciò che non lo è, un esercizio che presenta diversi punti di contatto con i precetti sui cibi della tradizione ascetica e monastica cristiana.
Il presente volume affronta il tema del perdono dei detenuti. Papa Francesco "ha incontrato otto volte i detenuti in carceri italiane e straniere. In questo modo egli si fa continuatore della tradizione, ripresa dopo circa novant'anni di interruzione, da Giovanni XXIII con la sua storica visita ai reclusi di Regina Coeli il 26 settembre 1958. Ciò che accomuna le parole e i pensieri dei pontefici raccolti in questa antologia è che nessuna pena può mai estinguere un peccato, solo il perdono che viene da Cristo può portare la pace alle coscienze. È su questo mistero di misericordia che si diffonde il messaggio del Vangelo e giunge oltre le mura spesse delle carceri". Il volume contiene una antologia di testi sul tema delle carcerati di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Il presente volume, pensato come sussidio per l'Anno giubilare della Misericordia, "raccoglie le riflessioni e i pensieri di papa Francesco sul tema, di così cocente attualità, dell'accoglienza dei migranti, a seguito dell'incalzante succedersi di esodi forzati dalle regioni e dai Paesi più svantaggiati del mondo verso il vecchio continente europeo. Nel deserto spirituale rappresentato dalle derive della post modernità, la comunità dei cristiani fonda la sua esperienza nella fede in Cristo Buon Samaritano e, prima ancora, in quella del Dio che si fa uomo, e si apre alle sofferenze e ai dolori della carne, per portare il suo messaggio di solidarietà e di salvezza al mondo".
Il libro raccoglie quattro testi dei padri della Chiesa che prendono in esame il capitolo 15 del vangelo di Luca, dedicato alle parabole della pecora smarrita, della moneta perduta e del figlio prodigo.
Se il tema della misericordia Dei attraversa e anima l’intera Scrittura con uno spirito che assume spazio e dimensioni universali, proprio il capitolo dell’evangelo lucano consente di cogliere, in virtù dei molteplici richiami offerti dalle interpretazioni dei Padri, innumerevoli sfumature.
Sant’Ambrogio, per esempio, suggerisce una lettura trinitaria delle tre parabole con riferimento a Cristo pastore e Cirillo d’Alessandria legge nella moneta ritrovata e nell’effigie che porta impressa un modo per ripristinare nell’uomo l’immagine perduta di Dio. Agostino e Pietro Crisologo riflettono soprattutto sul figlio prodigo, con accenti che stimolano la riflessione sulla profondità inesauribile dell’amore di Dio e rendono avvincente la lettura.
Sommario
Introduzione. Volti della misericordia. Note biografiche degli autori. Nota bibliografica.
I. Le parabole della misericordia. 1. Ambrogio. Trilogia della misericordia. 2. Agostino. Sui due figli.
3. Cirillo di Alessandria. La pecora, la dracma, il padre. 4. Pietro Crisologo. Il padre e i due figli.
Note sugli autori e sul curatore
Ambrogio (340ca–397). Figlio di un funzionario imperiale e avviato alla carriera di magistrato, fu eletto vescovo dal popolo di Milano per acclamazione (374). Da questo momento, era soltanto un catecumeno in attesa del battesimo, si impegnò nello studio sistematico delle Scritture e nella predicazione, attendendo con rigore e fermezza all’ufficio episcopale. La sua opera è ricca di insegnamenti morali e spirituali (De officiis ministrorum, 391; De virginibus, 373); ampia è anche la produzione di opere dogmatiche (tre trattati contro l’arianesimo e due sui sacramenti) e assai significativa è la produzione esegetica (Exameron, due serie di sermoni sui salmi) a cui appartiene anche l’importante commento sul Vangelo di Luca in 10 libri (da cui è tratto il testo antologizzato) che costituisce anche l’unica opera del vescovo milanese relativamente al Nuovo Testamento.
Agostino (354–430). Proveniente da una famiglia di piccoli proprietari terrieri della Numidia, arriva alla conversione al cristianesimo nella maturità. Durante il viaggio a Milano del 387 incontra il vescovo Ambrogio e da lui riceve il battesimo. Al suo ritorno in Africa è consacrato prima sacerdote e poi nominato vescovo di Ippona. La sua vastissima produzione letteraria ne riflette l’impegno nella lotta contro le eresie, nell'approfondimento delle questioni teologiche, morali, dottrinali e spirituali. Per la profondità e finezza del suo pensiero, esposto in libri come le Confessioni e la Città di Dio, Agostino si è meritato il titolo di Dottore della Chiesa e l’appellativo di doctor gratiae. Alla sua attività di predicatore fanno capo i Sermoni da cui è tratto quello che qui si traduce (112/A), appartenente alla serie dei discorsi su passi isolati del Nuovo Testamento (Sermones de Scripturis).
Cirillo di Alessandria (†444). Alla morte di Teofilo, di cui era il nipote, Cirillo divenne patriarca di Alessandria nel 412. Dal carattere intraprendente e combattivo, si distinse nella controversia contro Nestorio, che ebbe il suo culmine nella convocazione del Concilio di Efeso (431) con la condanna e la deposizione del patriarca di Costantinopoli e l’affermazione della dottrina cristologica della divinità di Cristo e dell’unione nella sua persona della natura umana e di quella divina – sintetizzata nella formula: Una natura Verbi Dei incarnata – che gli ha fatto guadagnare il titolo nella storia della teologia di doctor incarnationis. Lo scritto che qui si presenta, tratto dal Commentarius in Lucam, all’interno della sua produzione letteraria si situa tra le opere esegetiche, l’altro grande filone, non meno importante e significativo, che il patriarca alessandrino ha sviluppato insieme a quello più specificamente polemico e dogmatico.
Pietro Crisologo (†450). Scarse sono le notizie sulla sua vita. Nel 433 divenne vescovo di Ravenna, ultima capitale dell’impero romano d’occidente. La sua figura storica è possibile in parte ricostruirla a partire dalle sue opere oratorie (179 sermoni nell’edizione delle Opere della collazione degli Scrittori dell’area ambrosiana) e una lettera ad Eutiche in cui invita l’archimandrita bizantino, condannato come eretico per via della confusione che faceva in Cristo delle due nature, a rimettersi all’autorità del papa per dirimere la questione. Dal corpus dei Sermoni, la metà dei quali trattano un argomento biblico, si traduce il V, sul padre e i due figli, dove è chiaramente esplicitato che il suo modo di interpretare le Scritture non è solo quello di studiarne il senso letterale ma anche quello di indagarne il significato spirituale, nell’intenzione «di sollevarsi dal senso letterale a una comprensione mistica e straordinaria della divinità» (V,1).
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.
Le regole alimentari di Gerolamo, tradotte per la prima volta in italiano, costituiscono la terza sezione di uno scritto molto più ampio, l’Adversus Iovianianum, un testo di carattere polemico finalizzato a contestare le dottrine del monaco milanese Gioviniano, condannato prima a Roma dal papa (390) e poi dal vescovo Ambrogio.
Per controbattere alla tesi secondo la quale «l’astinenza non è migliore dell’assunzione riconoscente del cibo» Gerolamo ribadisce l’importanza del digiuno nella tradizione della Chiesa e nella storia della filosofia. Tenersi lontani dai cibi e dai piaceri giova alla meditazione del religioso e all’astrazione del pensatore; lontano da ogni demonizzazione, l’invito è a scegliere «la secchezza al grasso», i cibi leggeri a quelli pesanti, i piatti semplici a quelli elaborati. In tal senso l’opera di Gerolamo diventa una vera e propria «dietetica» che privilegia la verdura, i legumi e la frutta, facendo riecheggiare tutta la sapienza dell’antica medicina ippocratica e galenica, che considerava il cibo anche un farmaco.
Sommario
Introduzione. Nota bibliografica. Le regole alimentari. 1. La tesi di Gioviniano. 2. La posizione di Gerolamo. 3. Il tipo di alimentazione di vari popoli. 4. I cinque sensi vie d’accesso per i vizi. 5. Il caso dei filosofi. 6. Il corpo è un fanciullo, l’anima il [suo] pedagogo. 7.Il Protrettico alla medicina di Galeno. 8. Cura della podagra. 9. Dicearco, Senofonte, Cheremone. 10. Le sette dei giudei. 11. Esempi dalla Scrittura. 12. Gli eretici che rifuggono i cibi. 13. Il digiuno dei cristiani.
Note sull'autore
Secondo Prospero di Aquitania, Gerolamo sarebbe nato nel 331 e morto nel 420. Dopo i primi studi nella natia Dalmazia, si trasferì a Roma e soggiornò a Treviri, Aquileia e in Oriente. Eremita nel deserto di Calcide, ai confini tra la Siria del nord e la regione occidentale dell’Eufrate, venne ordinato prete dal vescovo di Antiochia. Si trasferì a Costantinopoli, poi a Roma e nuovamente in Oriente. Gerolamo è autore della Vulgata, la prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia dal greco e dall’ebraico.
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.
Questo libro contiene una raccolta di interventi che Papa Benedetto XVI ha dedicato a Giovanni Paolo II, segno evidente della particolare e profonda devozione del Santo Padre nei confronti del suo indimenticabile predecessore. Si tratta, in particolare, di omelie pronunciate in varie occasioni, come le celebrazioni eucaristiche, la recita delle preghiere mariane dell'Angelus e del Regina Coeli, oppure durante viaggi apostolici, udienze, o semplici incontri. Il volume risulta essere uno strumento di riflessione, di particolare attualità, per tutti coloro che intendono avvicinarsi alla figura di Papa Wojtyla.
La biografia della nobile romana, personalità di spicco, monaca e asceta della tradizione patristica venerata come santa sia in Oriente che in Occidente. La Vita di Melania di Geronzio ripercorre la storia di Melania, giovane romana, vissuta nella prima metà del V secolo, di estrazione nobiliare e di origine senatoria. Dopo la morte precoce dei figli, d’accordo con il marito Piniano, abbraccia gli ideali di castità e di povertà, vende tutte le sue proprietà – contro il parere della sua famiglia di origine - e abbandona una condizione agiata per le difficoltà e le ristrettezze di una vita ascetica fondata sugli ideali evangelici. Moltissimi beneficiarono del suo aiuto caritatevole in tutto l'impero: poveri, malati, prigionieri schiavi. Ciò le valse la grande fama di santità. A seguito del Sacco di Roma nel 410, lascia l’Italia per Tagaste in Africa, dove stringe una salda amicizia con Agostino, quindi per Gerusalemme dove fonda un monastero femminile e uno maschile.
Collegabili al grande amore per la lettura, alla vasta cultura e all'impegno religioso e politico che hanno condotto Fozio a esperienze di vita non sempre facili, queste "Sentenze" - per la prima volta raccolte e pubblicate con il corredo del testo a fronte greco - ci suggeriscono un insegnamento morale ancora valido, realistico e pratico, facendoci riflettere sull'oggi perenne dell'uomo, compreso nel gioco delle passioni e nel bisogno di vincerle per realizzare pienamente la propria umanità.