Ezio Franceschini (1906-1983) si laureò a Padova nel 1928, relatore della sua tesi Concetto Marchesi; insieme furono attivi nella Resistenza dal 1943 al 1945. Nel 1936 approdò alla Università Cattolica come professore incaricato di Storia della letteratura latina medievale, lì divenne di ruolo nel 1939 e insegnò per il resto della sua vita. La sua ricerca scientifica ebbe come obbiettivi privilegiati la sopravvivenza della sapienza pagana nel medioevo cristiano e la storia del movimento francescano nei suoi testi e nella sua spiritualità. Nel triennio 1965-1968, gli anni in cui si formò ed esplose la contestazione giovanile, fu rettore dell'Università Cattolica. Durante i sit-in parlava in piazza con gli studenti; partecipava alle loro assemblee; cercava sempre di capire e di aiutare, fedele al suo compito di educatore. Per raggiungere i ragazzi si serviva dei loro stessi mezzi di comunicazione: volantinaggio e cartelli, oltre le lettere normali e quelle pubblicate a stampa in «Itinerarium cordis», l'apposito foglio periodico di informazione interna per gli studenti dell'Università Cattolica. Le lettere e i messaggi, raccolti in questo libro, intendono mettere in luce l'affetto, la cura e la speranza, riposti nei suoi "cari studenti", e l'impegno con cui anche nelle situazioni dure continuava a insegnare l'esercizio lento e faticoso della libertà. Alcune sue riflessioni sui fatti e sui problemi dei giovani di quegli anni sono pure edite qui, tolte da appunti manoscritti.
Con "L'essere e l'evento" (1988) Alain Badiou pone le fondamenta concettuali del suo sistema filosofico, che troverà il suo completamento in "Logiques des mondes" (2006) e ne "L'immanence des vérités". Attraverso un utilizzo originale della matematica postcantoriana, della psicoanalisi, dell'arte e della politica novecentesche, il filosofo francese intende affermare la possibilità della filosofia all'interno di un presente che non ha mai smesso di annunciarne la fine. Essere, evento, verità, procedura generica costituiscono allora gli strumenti principali con cui Badiou ripensa i concetti cardine della storia della filosofia e sviluppa un'ontologia del molteplice capace di delineare una nuova teoria del soggetto.
I contributi qui raccolti mirano, attraverso l'analisi di alcuni autori e passaggi salienti, a offrire uno spaccato per quanto possibile complessivo e fedele del pensiero medievale: dalla riflessione dei padri fino a quella della tarda scolastica. La questione della natura della libertà è presentata attraverso la ricostruzione del pensiero di Agostino di Ippona (Giovanni Catapano), Anselmo d'Aosta (Armando Bisogno), Alberto Magno (Andrea Colli), Goffredo di Fontaines ed Enrico di Gand (Guido Alliney) e Guglielmo d'Ockham (Alessandro Ghisalberti). Il frammento della celebre terzina di Dante scelto come titolo del volume, "Libertà va cercando" ("Or ti piaccia gradir la sua venuta: / libertà va cercando, ch'è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta", Purgatorio, I, 70-72), riassume la tensione che innerva tutto il volume. Queste pagine si offrono come un agile strumento di conoscenza e approfondimento della importante questione della libertà come è stata trattata in alcuni autori medievali, affinché essa possa ritrovare la centralità che le compete nella didattica, senza complessi di inferiorità rispetto agli autori del pensiero classico, moderno o contemporaneo.
La storia della trasmissione dei testi greci e latini e della loro fortuna nel corso dei secoli è l'oggetto di questo manuale, proposto come guida semplice a un campo di studi classici spesso lasciato in margine: questa storia è la chiave per interpretare correttamente gli apparati di varianti nelle edizioni critiche, ma anche per ben valutare l'importanza della tradizione classica nella cultura europea dalla caduta dell'Impero romano all'Età moderna. La prima edizione, apparsa quasi cinquant'anni fa, andava a colmare un vuoto. Subito in Italia ne fu pubblicata la traduzione (1969), raccomandata agli studenti che dovevano affrontare la filologia e la civiltà del mondo antico, del Medioevo e dell'Umanesimo. Se ne offre ora la quarta edizione italiana, traduzione della quarta inglese (2013), che mantiene l'impostazione delle precedenti, ma è ampliata e aggiornata in profondità, per rendere conto del rapido e costante progresso scientifico delle discipline classiche.
In occasione di quattro convegni svoltisi, in successione, a San Martino dall'Argine, a Mantova, a Cremona e a Brescia, tra il 2008 e il 2009, si è voluto discutere su Ferrante Aporti e sul suo tempo, ma con uno sguardo al nostro presente e al nostro futuro. ll volume originato da tale dibattito, nelle sue quattro sezioni (immagini ragionate dai fondi aportiani tra Cremona e Mantova, le questioni e i temi teologici, etici, pedagogici, la rete dei rapporti nella società ottocentesca, prospettive di lungo periodo nelle proposte culturali per l'infanzia), offre al lettore il quadro articolato di una riflessione civile che seppe declinarsi in concreti laboratori dell'educare e diffondersi ben al di là di un dato contesto e di un dato arco temporale, in dialettica interazione con una necessaria analisi etico-politica, antropologicamente e teologicamente fondata. Ventun contributi di diversi autori e due note introduttive restituiscono il quadro di una ricerca aportiana in movimento, che ha tratto spunto dalla celebrazione del 150° anniversario della morte, ma che si è dilatata, in occasioni e momenti temporalmente diversificati, in nuovi approfondimenti.
Il Novecento è un secolo complesso: lo si può leggere come un’epoca di crisi, travagliato dal nichilismo, dal relativismo e dallo scetticismo disincantato, ma lo si può cogliere anche come un’epoca di grandi promes­se, come un tempo in cui si aprono nuove prospettive e si affermano grandi personalità.
Il volume esamina le questioni più drammatiche, come il nichilismo (C. Esposito), ma anche esplora i contributi più originali, come l’istanza fenomenologica (C. Di Martino) e il contributo pragmatista (G. Maddalena), senza trascurare i progressi dell’epistemologia (G. Formica). Tra i protagonisti del Novecento, il volume si sofferma su una figura di solito non molto studiata, Pavel Florenskij (L. Žak): si tratta di una scelta che, tra l’altro, intende mostrare che nel XX secolo spesso capita che anche le piste meno battute si rivelino presto di grande valore e fascino.
Il testo si propone come un utile strumento per chiunque intenda entrare nell’affascinante complessità del Novecento filosofico.