Secondo Mircea Eliade la contemplazione della volta celeste e della sua luminosità ha mobilitato la coscienza dei primi uomini provocando il senso della trascendenza. Le architetture e l'arte dall'antica Cina al Medio Oriente, dal mondo classico al Medioevo e alla contemporaneità hanno mostrato un costante impegno nella ricerca della luce, che in alcuni periodi diviene ricerca centrale e imprescindibile. Ogni religione e cultura ha un simbolismo della luce. Se ogni simbolo, come ricorda Julien Ries, è il segno che permette il passaggio dal visibile all'invisibile, il simbolismo della luce implica in particolare l'ermeneutica dell'invisibile. La luce nell'arte, infatti, mette in relazione l'uomo sia con l'infinito che con gli stati d'animo più profondi. Contributi di: Samir Arbache, François Boespflug, Christian Cannuyer, Michel Delahoutre, Sabine De Lavergne, René Lebrun, Julien Ries, Michel Schmitt, Natale Spineto.
Ogni religione e ogni cultura ha sempre scadenzato i tempi dell'anno identificando periodi particolari e festività che formano l'itinerario religioso della comunità e del credente. La festa è dunque un momento particolare che sorprende la normalità. Può riguardare un mistero, un'occasione gloriosa o una memoria dolorosa. È però sempre motivo di pausa dalla routine del lavoro umano. Il percorso delle feste nell'anno è un itinerario temporale e spirituale che fa via via incontrare il credente con i punti di riferimento della sua cultura. Le feste esistono da quando esiste l'uomo, l'arte preistorica lo dimostra. Esse esprimono, a un tempo, quanto c'è di comune, come esigenza di fondo del rapportarsi col mistero e col senso del vivere in tutte le religioni, e mostrano la diversità inventiva e dottrinale delle varie culture (dalle grandi civiltà alle popolazioni più isolate). Le feste sono il luogo dove il religioso e il profano si mescolano. I lemmi che compongono questo "Dizionario delle feste", curati dai principali esperti internazionali sotto la supervisione di Mircea Eliade e Julien Ries, sono state tratte principalmente dall'edizione dell'"Enciclopedia delle Religioni" diretta da M. Eliade, articolata in 17 volumi di cui 15 pubblicati, curata per l'Italia da Dario M. Cosi, Luigi Saibene e Roberto Scagno, e dal "Trattato di Antropologia del Sacro" (TAS) pubblicato in 10 volumi, curato da Julien Ries con Lawrence E. Sullivan e Michel Masson, opere fondamentali, di riferimento per studiosi e cultori della vasta materia antropologica e religiosa. Traduzioni di: Sara Andreis, Stefania Arcara, Erica Baffelli, Fabrizia Berera, Maria Teresa Bianchi, Sara Bianchi, Maria Gabriella Bianco, Alessandra Borgia, Pier Giorgio Borbone, Emanuela Braida, Letizia Sonia Cantarella, Luca Capponcelli, Guendalina Carbonelli, Alessandro Cassol, Marianna Castracane, Matteo Cestari, Antonella Comba, Alessandra Consolaro, Giacomo Deambrogio, Maria Sita Demichelis, Simona Destefanis, Davide Domenici, Simonetta Focardi, Glenda Franchin, Maurizio Giannattasio, Marco Grampa, Giuliana Iacopino, Gaia Lembi, Corrado Martone, Paolo Melis, Riccardo Nanini, Alberto Pelissero, Chiara Petri, Alessia Piana, Marzia Pierluigi, Tiziana Ripepi, Anna Maria Sberveglieri, Raul Schenardi, Maria Giulia Telaro, Paolo Villani.
Nella storia dell'umanità l'homo religiosus assume una modalità specifica di esistenza, che si esprime in diverse forme religiose e culturali. Lo si riconosce dal suo stile di vita: crede all'esistenza di una realtà assoluta che trascende questo mondo e vive delle esperienze che, attraverso il sacro, lo mettono in relazione con questa Trascendenza. Rileviamo che egli crede all'origine sacra della vita e al senso dell'esistenza umana come partecipazione a un'Alterità. È anche un homo symbolicus, che coglie il linguaggio delle ierofanie, attraverso le quali il mondo gli rivela delle modalità che non sono evidenti di per sé stesse. A partire dal 1959, alcuni paleoantropologi hanno scoperto in Africa l'Homo habilis, il creatore della prima cultura, la cui attività mostra in lui la coscienza di essere creatore. Troviamo gli sviluppi di questa coscienza nell'Homo erectus e, in modo più preciso, nell'Homo sapiens, grazie alla manifestazione dei riti funebri. Le prime tombe che ci offrono una certezza della credenza in una sopravvivenza provengono da Qafzeh e da Skuhl, nel Vicino Oriente, grazie alla presenza di tracce di cibo e di utensili in prossimità degli scheletri: si tratta del 90000 a.C. A partire dall'80000, l'uomo di Neandertal moltiplica questi riti. Dal 35000, nel Paleolitico Superiore, l'Homo sapiens sapiens applica un trattamento speciale al cadavere del defunto: ocra rossa, ornamenti attorno alla testa, conchiglie incastonate nelle orbite oculari, perle d'avorio disposte sul corpo. A partire dall'inizio del Neolitico ci si trova in presenza del culto dei crani conservati dai vivi. Nel V millennio sorge la dea. La scoperta da parte di Maria Gimbutas del sito di Achilleion in Tessaglia offre una visione della religione arcaica dell'Europa grazie alle numerose dee, tra le quali quella della vita e della morte. Il Neolitico ha moltiplicato i riti funerari e ha fornito loro una simbologia sempre più ricca, segno di un'autentica presenza dei vivi nella sopravvivenza dei loro defunti. All'indomani della sedentarizzazione delle popolazioni del Vicino Oriente e dell'invenzione della vegecultura e dell'agricoltura, l'homo religiosus si mette a raffigurare delle divinità, la più importante delle quali è la dea. È il grande mutamento dei simboli, che si rispecchia nella credenza in una vita post mortem. Traduttori: Sara Andreis, Stefania Arcara, Erica Baffelli, Maria Teresa Bianchi, Sara Bianchi, Maria Gabriella Bianco, Alessandra Borgia, Sergio Botta, Emanuela Braida, Arianna Campiani, Letizia Sonia Cantarella, Guendalina Carbonelli, Antonella Comba, Alessandra Consolaro, Giacomo Deambrogio, Simona Destefanis, Simonetta Focardi, Maurizio Giannattasio, Giuliana Iacopino, Mariella Lorusso, Marco Manino, Ruth Lenneberg Picotti, Alberto Pelissero, Marzia Pierluigi, Marta Porta Leva, Tiziana Ripepi, Luigi Saibene, Anna Maria Sberveglieri, Maria Giulia Telaro, Antonio Tombolini.
Il volume sui miti organizzato da Julien Ries ospita i contributi di studiosi e membri di culture diversissime. Troviamo nei vari capitoli una studiosa navajo, Trudy Griffin-Pierce, accanto a Gianfranco Ravasi, attuale «ministro della cultura» del Vaticano; la sinologa Christine Kontler e lo studioso di Omero (il liberatore dai miti) Paul Wathelet. Per il mondo indù Michel Delahoutre, per quello delle Americhe precolombiane Davide Domenici, per l'Africa subsahariana Ivan Bargna, per il mito di Demetra Dario M. Cosi, per i miti dell'antica Roma Natale Spineto; e ancora, per i giochi di parole e i miti dell'antico Egitto Michel Malaise. Ma il mito è presente anche nella preistoria, e di questo tema si occupa direttamente il curatore del volume Julien Ries. Il mito è un racconto, si diceva, un racconto costitutivo di una cultura, di una sapienza diffusa, di riferimenti fondamentali per una popolazione. Il racconto è legato a immagini e simboli, per questo il mito si presta a essere illustrato. Le illustrazioni riguardano monumenti, dei e simboli dell'antichità, oltre che scene del Kumbha Mela, il più grande pellegrinaggio del mondo che si tiene all'incrocio del Gange con altri due fiumi sacri a indù, buddhisti, jainisti, sikh e altri credenti indiani.
Il ruolo svolto dal Mediterraneo nel processo di costruzione, diffusione e incontro tra le diverse culture ha arricchito la storia dell’umanità. Quella diversità che oggi sembra tanto temuta è stata una linfa vitale, basti pensare alla deferenza dei Greci nei confronti della religione egizia. Bacino di conoscenza e centro di gravità di un mondo complesso e articolato, il Mediterraneo è stata la culla delle religioni del Libro, e ancor prima delle divinità egizie e mesopotamiche, dei culti fenici ed etruschi, quindi del pantheon greco e latino. Per la realizzazione di questo volume Julien Ries si è avvalso dell’apporto di eminenti studiosi, invitati non tanto a proporre una sintesi dottrinale delle varie religioni, quanto ad accogliere lo specifico approccio epistemologico dell’Antropologia del Sacro: porre in evidenza l’homo religiosus, ossia l’uomo che innerva le religioni e che produce etiche, visioni del mondo, pratiche culturali e cultuali.
La storia delle religioni mostra che homo sapiens è homo religiosus: radicato nella storia egli assume uno specifico modo d’esistenza e la sua vita è centrata sul sacro. Ed è proprio attraverso i riti di iniziazione che egli si introduce al sacro, vi entra. Il rito è un atto simbolico riferito all’uomo come singolo e come parte di una società. E’ inseparabile dal corpo e dal comportamento e le diverse civiltà, pur avendo nel corso della loro storia coniugato diversamente questi elementi, ne hanno pur sempre mostrato la funzione perenne di rivelatori di verità sull’esistenza. La ricerca che ha dato corpo a questo volume esamina dalla ritualità cinese all’iniziazione in Africa, da Eleusi all’Islam, dall’universo rituale ebraico a quello cristiano, mostrando come i riti di iniziazione costituiscano un elemento essenziale dell’esperienza religiosa.
La ricerca comparata ha permesso di rilevare l'importanza dei simboli e del simbolismo in ogni forma di celebrazione culturale. Agli occhi di Mircea Eliade - iniziatore di questo metodo - gli innumerevoli gesti di consacrazione rivolti agli spazi, agli oggetti, agli uomini - cioè la simbolica del rito sono per l'homo religiosus il modo di riferirsi a un archetipo in grado di conferire forza ed efficacia alle sue azioni. Ogni rituale ha un modello divino. Proprio Eliade ha aperto nuovi orizzonti nella ricerca, non puramente fenomenologica delle varie religioni, ponendo a tema l'homo religiosus. Si tratta di esplorare il pensiero, la coscienza, il comportamento; è l'ermeneutica del messaggio dell'homo religiosus a esser messa in movimento. Ma il sacro, che appartiene a un ordine diverso dall'ordine naturale, non si presenta mai allo stato puro: si manifesta per mezzo di esseri, oggetti, miti o simboli. Attraverso la ierofania l'uomo coglie l'irrompere del sacro nel mondo e prende coscienza dell'esistenza di una realtà trascendente che imprime al mondo la sua dimensione di compiutezza. Il simbolismo realizza la permanente solidarietà dell'uomo con il sacro: nella vita dell'homo religiosus il simbolo viene a compiere una funzione rivelatrice in grado di attribuire nuovo significato all'esistenza.
È difficile trovare una civiltà che non veneri una o più montagne sacre o che non ne abbia edificati dei simulacri. Raimon Pannikar arriva a dire "quale montagna non è sacra?"
Certamente tra i simboli cosmogonici, quelli cioè che mettono un popolo in relazione con le sue origini, il più diffuso nelle diverse culture è la montagna. Le montagne possono essere sedi della divinità o di esseri soprannaturali o essere l’Axis mundi che unisce il cielo alla terra, la natura alla sovranatura, il luogo di pellegrinaggio e di costruzione di eremi, ma montagne sono anche le costruzioni dell’uomo, basta pensare alle piramidi che varie civiltà hanno costruito. In questo volume, curato dall’antropologo delle religioni, Julien Ries, studiosi di diversi paesi presentano, per culture differenti in varie epoche e continenti, il senso ed il posto che in esse hanno le montagne sacre.
Il mito Ë un racconto sacro e esemplare che riferisce un avvenimento del tempo primordiale e che fornisce allíuomo un senso determinante per il suo comportamento.
Il presente lavoro, coordinato da Julien Ries, Ë una sintesi, riccamente illustrata e documentata, dei numerosissimi miti sulle origini dellíumanit‡, sulla condizione umana, sulla rigenerazione del tempo, sullíalternanza delle stagioni, sulle cerimonie di iniziazione, sulle catastrofi cosmiche e sul passato e il futuro dellíumanit‡.
A partire dallíarte rupestre fino ai miti studiati ancora nelle culture orali contemporanee, il volume, diretto ad un largo pubblico colto, vuole far comprendere e vedere, attraverso il ricco apparato iconografico, che dallíarte delle caverne ai nostri giorni i miti trasmettono, grazie al loro linguaggio simbolico, un messaggio veritiero concernente la condizione umana, il posto dellíuomo nellíuniverso e il mistero della vita e della morte.