I beni demoetnoantropologici sono stati di recente riconosciuti come parte del patrimonio culturale italiano. La loro specificità sta nel riferirsi alle diversità culturali che caratterizzano le classi popolari dell'Occidente e le popolazioni senza scrittura degli altri continenti. Il volume ne dà questa trattazione: ricerca antropologica e schedatura, valorizzazione e revival, contenuti specifici dalle feste al canto, ai musei, interventi delle istituzioni, ricerca scientifica e didattica universitaria.
Non è un caso se vediamo rosso, diventiamo verdi di paura, blu di collera o bianchi come un lenzuolo... I colori veicolano tabù e pregiudizi ai quali obbediamo senza rendercene conto, e possiedono significati nascosti che influenzano il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio e il nostro immaginario. La loro storia, ricchissima e sorprendente, racconta l'evoluzione delle mentalità, degli usi e delle società, intrecciando arte, politica, religione, psicologia, sociologia. Con una narrazione brillante e ricca di aneddoti e curiosità, Michel Pastoureau ci guida in un affascinante ed erudito excursus alla ricerca di significati, applicazioni, implicazioni dei colori, per riuscire a districarsi nel labirinto simbolico delle tinte.
Questo libro si rivolge a quanti si avvicinano oggi all'antropologia medica sia come studenti di facoltà umanistiche e di scienze antropologiche sia nel campo della formazione medico-professionale e dell'assistenza. È un testo introduttivo, che intende fornire elementi di base per lo studio e la comprensione dell'antropologia medica e contribuire alla circolazione di strumenti e idee utili per affrontare la complessità dei processi politico-culturali che coinvolgono i corpi e le istituzioni, il rapporto fra salute e ineguaglianza, l'esperienza del dolore, i processi terapeutici, le strategie di cura. Il volume illustra quadri concettuali, ambiti di ricerca e potenzialità operative dell'antropologia medica contemporanea.
La trascrizione di interpretazioni, racconti e dialoghi fra italiani e latino-americani a partire da materiale fotografico dell'associazione "Solidarietà con l'America Latina". Prefazione di Massimo Canevacci.
L'opera "I preadamiti" uscì (anonima e senza indicazioni di luogo né di tipografo) nel 1655 suscitando "uno dei più clamorosi scandali culturali del XVII secolo". L'autore, Isaac La Peyrère (1596-1676), che vi teorizzava l'esistenza di uomini vissuti prima di Adamo, fu accusato di scardinare l'intera tradizione esegetica e i fondamenti stessi dell'ortodossia religiosa. Il libro, ancorato a un ampio commento dei versetti 12-14 del quinto capitolo dell'Epistola ai Romani, sollevava il problema dell'origine della specie umana, delle leggi, del rapporto tra legge naturale e diritto positivo, e avanzava esplicitamente ipotesi di carattere radicalmente poligenetico mettendo in crisi tutta la linearità della "storia sacra".
Riletto a più di un secolo di distanza dalla loro pubblicazione nel 1902, Le varie forme dell'esperienza religiosa di William James conserva il fascino dell'autore, della sua intelligenza, della sua capacità di sintonizzarsi con le esperienze più drammatiche per descriverle con lucidità ma con altrettanto simpatia: come per Terenzio, infatti, nulla di ciò che era umano gli era estraneo. Nel contempo, come per il corpo dei santi, dal testo promana una fragranza d'immortalità; anzi, al pari di certi santi, che non dovettero attendere la loro morte per assurgere alla nuova condizione di vita, anche il capolavoro del filosofo americano non dovette attendere la morte dell'autore per ottenere vasti consensi e riconoscimenti, non solo accademici ma anche di pubblico, come testimonia l'ininterrotta fortuna del testo inglese, ripetutamente riedito. Le ragioni di tale fortuna, che hanno invitato a una sua nuova traduzione, sono presto dette. Come ogni classico, il libro di James non ha perso nessuno dei motivi profondi della sua "contemporaneità": e questo, non solo e non tanto perché i problemi che egli aveva di fronte sono anche i nostri problemi, ma anche e soprattutto per l'intatta validità del suo modo di accostarsi e di interpretare la ricchezza della vita religiosa. (Giovanni Filoramo)
Nel 1993 Luca e Francesco Cavalli Sforza davano alle stampe "Chi siamo. La storia della diversità umana", un grande classico della divulgazione scientifica che, dimostrando l'origine comune africana dell'umanità moderna e smontando pezzo per pezzo il concetto di razza, portava con sé un messaggio di unità e tolleranza. Oggi, vent'anni dopo, quel messaggio è più attuale che mai, e "Chi siamo" ritorna in una nuova veste, rinnovata nei contenuti e nell'iconografia. Le illustrazioni e le numerose mappe a colori, ma soprattutto i numerosi scatti di Giovanni Porzio - giornalista, reporter e fotografo giramondo - diventano così l'ideale contrappunto visivo al racconto delle nostre origini, ma anche un omaggio al viaggio umano e professionale di uno dei più grandi scienziati del Novecento.