
Il termine "romanico" all'inizio del 1800 viene dato per indicare l'attività costruttiva medievale dell'XI e XII secolo. Si intendeva richiamare la sapienza costruttiva dei Romani di fronte alle imponenti cattedrali ottomane realizzate intorno all'anno mille e alla straordinaria armonia costruttiva dei due secoli seguenti; ma, egualmente, "romanico" ci riporta alla vernacolarità e diversità delle lingue romanze e, riferito all'architettura, alla scultura e alla pittura, ci indica la straordinaria creatività e inventiva di due secoli in cui ravvisiamo una comunanza di linguaggio in una versatilità di espressioni. Il periodo che chiamiamo romanico parte dall'epoca degli Ottoni, vede la rinascita delle grandi basiliche sino ai nuovi orizzonti aperti da Sugero per un lato e dal monachesimo cistercense per l'altro. Si tratta del primo grande movimento artistico che ci fa ravvisare l'Europa come un commonwealth estetico che abbraccia la Penisola Iberica, la Penisola Italiana, la Germania, la Svizzera e l'Austria, la Francia, le Isole Britanniche, parte della Scandinavia e dell'Europa orientale. L'antropologia religiosa cristiana, innervata dai movimenti monastici e dalle riforme ecclesiastiche, si esprime nel romanico con una forte tendenza a dare forme visive, realistiche ed espressioniste, al mistero e alla storia sacra, di cui committenti, costruttori e artisti si sentono partecipi.
Il volume affronta quella che può essere definita la svolta più importante nella storia della pittura contemporanea dal 1960 a oggi: l'uso e la traduzione dell'immagine fotografica. Si ricostruisce l'evoluzione di questa tendenza nell'arte internazionale degli ultimi 45 anni, a partire dalle opere rilevanti create negli anni Sessanta da pittori come Gerhard Richter, Vija Celmins, Andy Warhol e Malcolm Morley, i quali si erano ispirati a immagini fotografiche. Con un ricco corredo di illustrazioni di oltre 100 dipinti di 22 artisti, che nel loro lavoro attingono a fonti fotografiche disparate istantanee amatoriali, foto di cronaca di giornali, illustrazioni da riviste il testo analizza come un'immagine cambi drammaticamente significato e contenuto a seconda del mezzo espressivo adoperato.
Ogni giorno, in Italia, centinaia di persone imparano a memoria un brano di teatro: lo fanno per entrare in un'accademia, per preparare un provino, per una qualsiasi audizione... E sempre, di fronte al testo da recitare (dopo aver letto la trama e ricavato le necessarie notizie sull'autore), devono controllare accenti, addolcimenti di alcune consonanti, passaggi sillabici insidiosi e foneticamente complicati. "Cento monologhi ben pronunciati" risponde a questa precisa esigenza: prendendo lo spunto da brani di varia natura ed epoca, accompagnati da specifici testi esplicativi, il volume evidenzia pronunce aperte e chiuse, raddoppiamenti fonosintattici, suoni dolci, aspri o intensi della lingua italiana. Nell'ampio saggio introduttivo l'autore spiega inoltre le ragioni che sottostanno alla particolare dizione che nel corso dei secoli abbiamo prescelto, con un'attenzione ulteriore verso problemi di prosodia, intonazione, cantilena. Per una pronuncia rigorosa ma allo stesso tempo serena, libera e sicura. Il volume contiene brani ed estratti richiesti nelle prove di ammissione delle più importanti accademie teatrali e cinematografiche italiane.
Quando le culture della Mesoamerica si svelarono in tutto il loro splendore agli occhi dei primi europei, suscitarono reazioni contrastanti. Da un lato c'erano l'orrore dei sacrifici umani e del cannibalismo rituale, dall'altro una vita urbana ricca e articolata in cui non mancava quasi nulla di ciò che, secondo i criteri del XVI secolo, doveva caratterizzare la civiltà: la scrittura, la matematica, l'arte, il calendario, l'architettura e organizzazioni socio-politiche basate sull'ordine, la coesione e la gerarchia. A partire dal XX secolo, tuttavia, questi atteggiamenti contrastanti hanno lasciato spazio a una sempre crescente ammirazione per le culture precolombiane. In questo clima, dunque, è abbastanza frequente leggere che i Maya erano grandi astronomi e grandi matematici, che i Toltechi erano grandi architetti ecc. A ben vedere, però, quest'esaltazione finisce per rimuovere la radicale diversità di queste culture. Scopo di questo volume è quello di documentare tale diversità.
Il volume presenta alcuni percorsi della storiografia artistica del Novecento raccogliendo i testi "in memoriam" dedicati da illustri studiosi a storici dell'arte europei che ne sono stati tra i maggiori protagonisti. La peculiarità del genere, che sull'antica radice umanistica ha visto fiorire la tradizione anglosassone degli "obituaries", sta nell'intreccio di dati biografici e riflessione critica sull'attività delle singole figure che emerge attraverso la lente di un confronto ravvicinato. Nella loro varietà cronologica e geografica questi epitaffi restituiscono il dialogo tra le generazioni e, nel rapporto tra destini individuali e sviluppi della disciplina, disegnano una mappa degli scambi di idee, dei temi di ricerca, dei problemi di metodo che hanno segnato la storia dell'arte sullo sfondo delle maggiori vicende politiche del XX secolo.
Le meraviglie del mondo, dall'antichità a oggi, sono molto aumentate di numero rispetto alle sette della tradizione classica: le scoperte nel Nuovo Mondo, per esempio, ci hanno svelato opere non meno colossali delle piramidi egizie. Nei secoli l'uomo non ha cessato di edificare in ogni parte del globo strutture sempre più alte, più vaste, più gloriose. Continente per continente, questo libro spazia dal Pantheon di Roma alla Grande Muraglia, dalla risorta Biblioteca di Alessandria alle splendide realizzazioni di geni dell'architettura quali Frank Lloyd Wright e Renzo Piano.
L'Islam, immaginato nelle immense vastità desertiche di luce abbagliante, immerso nei colori delle moschee e dei suoi palazzi, e nei profumi dei bazar, oggi, come pure avveniva cent'anni fa è in grado di sedurre i viaggiatori d'Occidente, che rimangono incantati dalla melodia salmodiata della lettura del Corano o dell'invito alla preghiera, e dalle storie meravigliose delle Mille e una notte. Questo volume vuole descrivere la storia della sua civiltà, a cominciare dalle origini, tracciando in primis un profilo della società beduina, che fu culla dell'Islam, cui ha lasciato in eredità molti caratteri che ancor oggi gli si riconoscono, tipici di una struttura sociale tribale. Nel secolo VII, dalle sconfinate vastità desertiche, gli arabi si mossero alla conquista delle due grandi potenze politiche e militari del tempo, l'impero bizantino nel Vicino Oriente e l'impero sasanide in Persia e Mesopotamia, "i due occhi cui Dio aveva affidato il compito di illuminare il mondo".
Il presente terzo volume conclude l’opera L’arte cristiana in Italia, l’originale tentativo di comprendere l’ingente patrimonio artistico del nostro Paese a partire dall’incontro di fede e arte. Del Barocco vengono sottolineate la ricerca di forme nuove e l’ardire della sperimentazione. Il Neoclassicismo è il movimento artistico che accompagna la diffusione delle idee illuministe. Negli anni dall’unità nazionale alla seconda guerra mondiale, l’arte cristiana è alla ricerca.
Nella seconda metà del Novecento si assiste a una fioritura sorprendente. Per la spinta del Concilio Vaticano II e la sensibilità di due pontefici, Paolo VI e Giovanni Paolo II, gli artisti tornano a guardare alla Chiesa come a un interlocutore, mentre la Conferenza Episcopale Italiana si propone come un committente affidabile. I frutti sono opere d’arte degne di attenzione.
Timothy Verdon, statunitense, è lo studioso di arte sacra più conosciuto nel nostro Paese. Sacerdote, vive da molti anni a Firenze. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo i precedenti due volumi, L’arte cristiana in Italia – Origini e Medioevo (2006; L’arte cristiana in Itala – Rinascimento (2006) e, per altri editori, Maria nell’arte europea (Electa, 2004), Vedere il mistero (Mondadori, 2003), Arte sacra in Italia(Mondadori, 2001).