
Un manualetto utile e divertente sulla formazione dell'uomo di governo, una guida alla conquista e alla gestione del potere. In questa breve raccolta di scritti politici, Plutarco dà utili e curiosi consigli all'aspirante uomo di governo, dal modo di vestirsi alle letture da seguire, dal comportamento da tenere in pubblico alle norme etiche cui attenersi. Una raccolta dai "Moralia" di insospettata modernità, scritta da uno degli ultimi autori della grande tradizione classica.
Non si può dire di conoscere il teatro greco se non si sono lette, assieme ai grandi tragici, anche le opere di Aristofane e Menandro. In questo volume è riunito il teatro comico greco superstite e ancor oggi rappresentato nei teatri di tutto il mondo: gli undici capolavori di Aristofane, insuperabili per vis polemica, esuberanza del linguaggio e invenzione drammatica, e le opere di Menandro, iniziatore di una commedia che tralascia le grandi battaglie politiche e ideologiche per ripiegare sugli affetti e sui valori individuali, antesignana e ispiratrice del moderno teatro borghese. Come e forse più delle tragedie, l'evoluzione del genere comico rispecchia il percorso spirituale di un'intera civiltà. I testi sono preceduti da un saggio di Guido Paduano, scritto appositamente per questa edizione. Una selezionata bibliografia guida il lettore nella sterminata letteratura critica. Le traduzioni, sempre briose e aderenti al salace linguaggio comico greco, sono opera di specialisti del teatro antico, tra cui lo stesso Paduano, Alessandro Grilli e Rosanna Lauriola.
Le prime opere di Ovidio nascono in un contesto di cui non va sottovalutata l'importanza. Finite le guerre, Augusto cerca di rafforzare la pax romana attraverso la restaurazione dei valori severi dell'età repubblicana, propagando fra l'altro un ritorno all'austerità dei costumi. In questo clima, Ovidio esordisce con opere che, se non sono apertamente contrarie al programma augusteo, certo non vi aderiscono né esprimono intenti celebrativi: tra le altre gli "Amores", raffinato e ironico gioco intellettuale che si diverte a destrutturare lo stesso genere in cui si inscrive, la poesia elegiaca; le "Heroides", lettere che si immaginano scritte da eroine mitiche ai loro uomini in guerra e che compiono un'umanizzazione dei personaggi mitologici; e l'"Ars amatoria", il celeberrimo trattato sulle tecniche seduttive, in realtà un affresco della vita galante dell'epoca nonché una difesa dell'amore libero e del piacere. Ed è forse l'estraneità sostanziale della sua poesia alla politica culturale di Augusto a condannare Ovidio all'esilio a Tomi, località dell'odierna Romania. Lontano dalla vitalità di Roma, il poeta si dedica a opere in cui vibrano le nuove note della tristezza, del rimpianto, a volte dell'ira: i libri di "Tristia" che sono anche una riflessione sulla letteratura, il poemetto "Ibis" che si scaglia contro un detrattore, le "Epistulae ex Ponto" che recuperano il tema celebrativo.
"Non in fretta si legga il libro dell'Efesio Eraclito. Stretta la via, difficile il passaggio. Profonda notte e oscurità. Ma se è guida un iniziato ai misteri, più del sole fulgente è limpido." Così raccomandava, e metteva in guardia, un anonimo antico. Quella di Eraclito è infatti una tra le più enigmatiche, ma anche più ricche di stimoli, opere filosofiche che siano mai state scritte. Questa nuova edizione si avvale di una traduzione e di un apparato critico che, in modo rigoroso e originale, mette in luce i rapporti di Eraclito con la tradizione orfico-dionisiaca greca e il pensiero e le religioni orientali.
Il volume raccoglie le appassionate e drammatiche orazioni (14 giunte fino a noi) che Cicerone pronunciò tra il 44 e il 43 a.C. per indurre il Senato a dichiarare il console Antonio "nemico della patria" a causa delle sue mire oligarchiche.
Scritte negli ultimi anni di vita dell'autore e lasciate forse incomplete, le "Questioni romane" costituiscono una delle opere più interessanti e originali nel panorama dell'opera plutarchea. Con una curiosa struttura a domanda e risposta, l'autore narra con uno stile sottile e incalzante curiosità, aneddoti, tradizioni, usi e costumi della Roma antica. Seguendo il racconto di una guida d'eccezione il lettore ripercorre così le strade e i luoghi più famosi della città eterna. Il Circo Massimo, i Fori imperiali, il Colosseo vengono qui ritratti e immortalati da uno storico d'eccezione e restituiti alla storia nei loro particolari più riposti e sconosciuti. Nella sua prefazione John Scheid spiega la struttura e le problematiche di questo testo, mentre Nino Marinone ne cura l'edizione critica e l'attenta traduzione.
Mentre leggiamo le Storie, vediamo Erodoto, animato da una curiosità insaziabile verso la totalità dell'esistenza, entrare nei templi e "osservare, conversare, porre domande, ascoltare, riflettere, paragonare, sollevare problemi, ragionare, talvolta concludere". Egli considera con attenzione e rispetto tutto ciò che fa l'uomo - tutte le nostre imprese gli sembrano degne di interesse o memorabili. E, insieme, sparge un'onnipresente ironia sugli orgogli, le vanità, le pretese, le follie, la hybris dell'uomo. Prima o dopo di lui, nessuno ha mai saputo orchestrare così perfettamente una storia totale: i fatti politici, economici, militari, i costumi, le leggende, le favole, il folclore, la geografia, i monumenti si equilibrano in un'opera che respira l'immensità e la libertà degli spazi aperti.
Scritte durante gli ultimi anni di vita, le "Lettere morali a Lucilio" costituiscono la più geniale opera di Seneca sotto il profilo del pensiero filosofico e la più significativa della sua personalità. Colloquiando con l'amico Lucilio, Seneca si rivela psicologo sensibile e raffinato, che conosce l'arte della persuasione e si rende conto di come il dialogo sia la forma più consona per raggiungere il perfezionamento morale. Seguace del pensiero stoico, senza però assumerne le posizioni estreme, il grande erudito latino raccomanda la supremazia della ragione e il sacrificio dell'individuo a vantaggio della collettività.
Le "Storie" sono la grande opera con cui la Grecia celebra la sua resistenza ai barbari - i persiani - contro i quali essa difese i valori della libertà e dell'individuo. Ma rappresentano anche l'architrave della disciplina storica. Erodoto è infatti nel V secolo a. C. il primo ad analizzare i fatti nel loro concatenarsi razionale, sottraendoli al fatalismo e alla visione mitica. Tanto che la sua indagine laica, volta a comprendere le ragioni degli avvenimenti, gli valse la definizione di "padre della storia" da parte di Cicerone.