Segni disarticolati, scomposti, distorti, che si accavallano gli uni sugli altri, talvolta parole discrete, talaltra espressioni sfacciate e oscene, occasionalmente semplici segni figurati di acceso realismo: gli antichi graffiti latini rompono non soltanto la "grammatica della lingua", ma anche la "grammatica della scrittura". Domina un'anarchia della disposizione che contesta continuamente programma, ordine e geometria delle iscrizioni pubbliche e private di rango istituzionale, restituendoci una letteratura marginale e straordinaria che nasceva nelle piazze, nei bordelli, nelle scuole, nelle osterie, nelle case private e negli edifici pubblici. Ne risulta un'immagine dell'antica Roma profondamente viva.
Il giovane Lucio, curioso e imprudente, si ritrova trasformato in asino dopo un esperimento di magia finito male. Iniziano così le sue mille peripezie nel tentativo di tornare umano: l'animale passa di proprietario in proprietario, in una girandola di avventure e disavventure che si concludono solo con il provvidenziale intervento della dea Iside. Lo spassoso e rocambolesco percorso iniziatico di Lucio è intessuto di racconti nel racconto, tra cui la celeberrima favola di Amore e Psiche, in una struttura a cornice che imprimerà tracce profonde nella letteratura europea. Da Boccaccio a Cervantes, da Shakespeare a Keats a Collodi, generazioni di scrittori hanno tratto ispirazione da uno dei più accessibili - e divertenti - lasciti dell'antichità classica.
Considerato esponente di un genere di storiografia "minore", opposta a quella aristocratica sul modello tacitiano, Svetonio viene oggi rivalutato perché il suo modo di fare storia, fondato sulle notizie più svariate e sui vizi privati oltre che sulle pubbliche virtù degli imperatori romani, appare come l'espressione di una precisa volontà di demistificazione del potere imperiale e come riflesso della forma individualistica assunta dal potere stesso.
Un deforme schiavo frigio costruisce con parole di favola un democratico palcoscenico di provincia. Calcano la scena gli eroi di una nuova letteratura: la volpe e l'agnello, il cervo e il leone, l'asino e il cavallo, la cicala e la formica, il pastore e il lupo. Duemila anni dopo, il lettore moderno coglie nell'eternità dei ruoli che essi rappresentano uno dei frutti più fecondi della fantasia greca e sorride dinanzi all'immutabilità della natura umana. Introduzione di Giorgio Manganelli. Nota di Giovanni Mardersteig. Con le xilografie veneziane del 1491.
Gesta di dei e di atleti vittoriosi nella lirica di un grandissimo poeta della Grecia arcaica.
La celebre orazione in cui Cicerone, rientrato a Roma dall'esilio, difende il proprio operato politico, introdotta, tradotta e commentata da Emanuele Narducci. Testo latino a fronte.