Al pari di altre discipline teologiche, la teologia pratica è di sua natura ancorata alla storia intesa non semplicemente come successione temporale di avvenimenti, ma piuttosto come evolvere di eventi individuali e col­lettivi, frutto di scelte umane nei confronti di un’eredità del passato, di una problematica emergente nel presente e del­le possibilità offerte da un futuro che viene da Dio.
Come è ampiamente documentato nel primo volume, questo settore del sapere teologico è sorto e si è configurato in modi differenti in rapporto al­l’evolvere, in generale, del contesto sociale, culturale, religioso ed ecclesiale, e col mutare, in particolare, del­la realtà oggetto del­la sua riflessione e dei tipi di conoscenza mediante i quali si è autocompreso e definito.
Il fatto di essere ancorata alla storia l’ha stimolata a superare e abbandonare visioni e concezioni rivelatesi di volta in volta erronee, inadeguate o comunque non più rispondenti a mutate condizioni; l’ha guidata nel recuperare sempre di nuovo un’imprescindibile patrimonio del pas­­sato ricco di irrinunciabili valori umani e cristiani, ma riattualizzandolo nel presente; soprattutto l’ha sollecitata ad affrontare nuovi problemi e a rispondere alle nuove esigenze rilevabili nel­l’oggi del­la religione, del­la Chiesa e del­la società a livel­lo di azione o di prassi e di riflessione o di teoria.
A seguito dei notevoli progressi registrati nei decenni del dopo Vaticano II, è maturata tra i cultori più accreditati nei vari continenti di questa disciplina teologica un’ampia convergenza di vedute circa un’attuale configurazione di teologia pratica. Ponendosi come cerniera tra scienze umane e discipline teologiche, questa disciplina teologica si avvale di un confronto dialogico con esse al fine di individuare le vie che il Dio trinitario rivelato da Gesù di Nazaret, da grande operatore nella storia, non solo di ieri ma di oggi, continua a indicare alla sua Chiesa. Non solo, ma con la propria strumentazione scientifica intende offrire indicazioni progettuali o di lunga durata e strategiche di breve e di medio termine, che possono favorire le comunità cristiane nel seguire effettivamente tali vie di Dio. Vie dirette, su un versante, a contrastare tendenze che ne eclissano la benefica presenza, rendendo disumana l’esistenza di immense masse di persone, e su un altro versante, a suscitare legittime e umanizzanti attese e iniziative in vista di una vita degna per uomini e donne aventi un unico Padre, un unico Maestro e Signore, un unico Spirito Santo, e chiamati tutti, in tanti modi, alcuni noti solo a Dio, a condividerne in eterno l’ineffabile comunione d’amore.
In una società multiculturale ha ancora senso parlare di umanesimo ad ispirazione cristiana? La comunità politica è una società di affari, di gioco o un'unione morale per il bene-essere di tutti? Al centro delle città stanno le imprese o il bene comune? Si può conseguire l'ideale del lavoro per tutti e un'opinione pubblica libera? Il volume tratteggia i nuclei antropologici ed etici del Magistero sociale della Chiesa riguardanti i diritti umani, la famiglia, il lavoro, l'economia, la comunità politica, i mass media e l'Europa, evidenziando come la dottrina sociale può dare il suo apporto alla prospettazione di un nuovo umanesimo in una società globalizzata, multiculturale.
Il presente saggio continua a sviluppare un discorso di teologia pratica generale e fondante. Prima di tutto descrive la posizione degli uomini e delle donne nella società e nella chiesa attraverso quattro momenti successivi (descrittivo, valutativo, criterio-logico, kairologico) da assumere unitariamente. Tramite tale discernimento profetico del presente e dell'esistente, individua l'attuale presenza dello Spirito del Risorto nelle aspirazioni e attese, e nelle umanizzanti linee di tendenza in atto. Passa quindi a delimitare, tramite un discernimento profetico teso al futuro, una specie di progetto di massima.
A seguito del Vaticano II i numerosi istituti di vita consacrata si sono impegnati nel non facile compito di definire in maniera rinnovata la propria identità carismatica e spirituale. Gli esiti positivi di un trentennale lavoro di discernimento e rinnovamento è confluito nell'esortazione Vita consacrata del 1996, che ha segnato un significativo traguardo circa la comprensione dell'identità dei vari istituti di vita consacrata. Essa, tuttavia, non ha inteso dire l'ultima parola, anzi ha auspicato un ulteriore approfondimento. Il presente saggio concentra l'attenzione su i vari istituti di vita consacrata visti come particolari soggetti dell'azione ecclesiale in ragione di un loro carisma.
Quale filosofia della storia, all'inizio del nuovo millennio? Quale concezione della libertà e del suo significato e fondamento nel contesto del pensiero della cosiddetta "postmodernità"? Che rapporto intercorre tra i temi della storia e della libertà e le questioni filosofiche circa la verità e la trascendenza? Il volume affronta questi interrogativi nella seconda parte, dopo averne richiamato i contenuti essenziali così come sono emersi nel corso della storia della flosofia occidentale, stabilendo un confronto con sei autori italiani contemporanei: Tommaso Demaria, Romano Guardini, Luigi Pareyson, Nicola Petruzzellis, Bernardino Varisco e Gianni Vattimo.
Il libro raccoglie gli "Atti" delle prime e delle seconde "Giornate Patristiche Torinesi" (1994-1996). L'intento dell'iniziativa è quello di avviare un ampio diaologo tra studiosi del periodo tardo antico (di varia formazione, disciplina e tendenza) riguardo ad alcune "aree di laicità" che appassionano e tormentano la Chiesa da sempre, come l'economia e la gestione delle ricchezze, il lavoro e l'organizzazine della società, la condizione della donna o, come capita in questo caso, la politica e le sue istituzioni.
Per varie ragioni il saggio costituisce una novità. Introduce per la prima volta nelle pubblicazioni italiane di etica filosofica e teologica l’interesse per i temi della felicità e della virtù, attorno ai quali da circa un trentennio è in corso un vivace dibattito presso moralisti tedeschi e anglo–americani. Parecchi filosofi e teologi ripropongono infatti i concetti di fe­licità e di virtù per ovviare agli inconvenienti riscontrabili nell’etica moderna, di matrice sia utilitarista, sia kantiana, sia liberale.
In particolare l’a. opera per la prima volta in Italia un approfondito confronto con la proposta di Alasdair MacIntyre nel suo After Virtue di riprendere la tradizione aristotelica delle virtù.
Inoltre discute il progetto di Stanley Hauerwas di centrare l’etica teologica sul concetto di carattere formato in una comunità. Da parte sua introduce nel dibattito un interlocutore che, pur essendo antico, è nuovo, in quanto o ignorato o scarsamente sfruttato: Tommaso d’Aquino. Egli mostra non solo che la morale della virtù elaborata da Tommaso dice qual­cosa di assolutamente originale rispetto alle teorie etiche antiche, moderne e odierne, ma anche che il suo contributo, opportunamente sviluppato per rispondere ai nuovi pro­blemi, resta valido e attuale.
Delinea così un’etica della virtù che, riprendendo quella tomista, integra i concetti di ragion pratica (sfruttando la recente teoria di G. Grisez e di J. Finnis), di vita buona, di felicità, di dovere e analizza i complessi rapporti tra virtù e norme, virtù e giudizio pratico. So­prattutto spiega la funzione delle virtù nella buona condotta di agenti umani complessi e fragili. Termina con alcuni spunti circa l’educazione alle virtù.
Il saggio è filosofico, ma ha rilevanza anche per la teologia morale e spirituale e per una teoria dell’educazione morale.