Rosmini scrisse Delle cinque piaghe della Santa Chiesa tra il 1832 e il 1833, ma prima di pubblicarle anonime a Lugano nella primavera del 1848, le lasciò riposare in un cassetto per ben tre lustri, fino all'avvento al soglio pontificio di Pio IX. Il successo riscosso dall'opera fu bloccato per oltre un secolo dall'inserzione nell'Indice dei libri proibiti il 15 agosto 1849. Nonostante la messa all'indice, "la sua meditazione sulla natura della Chiesa e la sua lettura della storia contemporanea alla luce di quella passata, lungi da spingerlo sulla strada dell'aperta ribellione, intensificano il suo amore verso la Chiesa, confermando la carica utopica e profetica che aveva contraddistinto i suoi precedenti interventi". Saggio introduttivo e note di Nunzio Galantino. Postafazione di Giuseppe Lorizio.
Tommaso si colloca dal punto di vista della ragione che vuole comprendere la realtà delle cose, riportandole alla loro radice. I suoi testi non sono animati dalla vena lirica di Agostino, non hanno il pathos cristiano e umilissimo di Anselmo. Il suo discorso su Dio non vuole essere edificante, e non mira a scuotere gli animi o a persuadere. Assume, invece, e fa propria fino in fondo la fatica dell'interrogare, questa forma di «pietà del pensiero » nei confronti di se stessi, delle ragioni del proprio esistere, e nei confronti degli altri. Si tratta di un'esigenza che il credente per primo dovrebbe avvertire, se è vero (come è vero per Tommaso) che l'esistenza di Dio non è un articolo di fede ma un preambolo della fede. Diversamente la fede sarebbe condannata a essere un assenso cieco, senza ragioni, fondato sul senso comune o sulla forza spontanea e immediata delle emozioni.
I Frammenti pneumatologici costituiscono l'opera fondamentale di Ferdinand Ebner, il solo esponente cristiano nella primitiva galassia del pensiero dialogico tedesco in cui brillano astri come Martin Buber, Hermann Cohen, Franz Rosenzweig. Il centro della sua riflessione si orienta sulla filosofia del linguaggio, ma se ne distanzia per la prospettiva particolare da cui affronta il tema e per la pista decisamente inesplorata che egli percorre, fino a riabilitare l'evento parola. Il suo contributo ha portato decisamente verso una reinterpretazione dell'uomo in chiave interpersonale.
"Anche in questo libro del 'De civitate Dei', Agostino mette in pratica un suo tipico modo di procedere, capace di aprire e tenere insieme un arco molto ampio di questioni, unificandole attorno a un tema emergente in cui si riassume l'intera problematica. Il tema della pace, al centro del libro XIX, ha precisamente questa funzione." (Luigi Alici)
"Nel Fedone Platone ha prima di tutto delineato le linee fondamentali della sua metafisica, cioè la teoria delle Idee, la teoria dei Principi e la dottrina del Demiurgo. [...] "Socrate" vuole conoscere questo mondo e conoscerlo scientificamente, cioè nelle sue cause profonde. Per questo si rivolge ai fisici, per questo mostra grande interesse per Anassagora, per questo vive con grande frustrazione la scoperta della debolezza di una visione puramente fisico-materialista. Il piano fenomenico del corporeo, del sensibile, dell'empirico non trova in sé la propria giustificazione, non è autosufficiente, ma rinvia a un secondo piano dell'essere, quello che d'ora in poi sarà definibile come incorporeo, soprasensibile, metempirico, in una parola, il piano metafisico". Introduzione di Maurizio Migliori.
Il Verbo dell'Eterno Padre, che nella sua immensità comprende tutte le cose, per risollevare all'altezza della gloria divina l'uomo decaduto per il peccato, volle farsi piccolo assumendo la nostra piccolezza senza deporre la propria maestà.
Scritte nel IV secolo a.C., "Retorica e poetica" - le opere che Aristotele ha dedicato all'argomentazione persuasiva e ai criteri sottesi alla produzione poetica - sono due dei trattati filosofici che hanno influenzato maggiormente la cultura occidentale. Tradizionalmente esclusi dall'"Organon" - l'insieme degli scritti logici di Aristotele - ma considerati come sue importanti appendici già da molti commentatori antichi e medioevali (da Al-Ghazali a Tommaso d'Aquino, passando per Alberto Magno e Ruggero Bacone), i due testi sono stati oggetto di rinnovata attenzione negli ultimi decenni, nel momento in cui le più acute intuizioni di Aristotele sono state, di volta in volta, applicate all'analisi della comunicazione di massa, alla retorica politica, alla teoria del romanzo, oltre che allo studio di gran parte dei nuovi linguaggi artistici e comunicativi, come quelli adottati dal cinema e dai media. Centrale, in entrambe le opere, è l'analisi delle passioni: ira e paura, audacia e benevolenza, vergogna e compassione sono fondamentali sia in quella "scienza del verosimile" teorizzata - attraverso i concetti di "mimesi" e "catarsi" - nei più noti passaggi della "Poetica", sia nell'"arte della persuasione" insegnata dalla "Retorica".
In questo saggio del 1878, uno dei pochi che vide pubblicati in vita, Peirce presenta la sua celebre massima pragmatica: "Consideriamo quali effetti, che possono avere concepibilmente conseguenze pratiche, noi pensiamo che l'oggetto della nostra concezione abbia. Allora, la concezione di questi effetti è l'intera nostra concezione dell'oggetto". Quello di Peirce è un pragmatismo che insiste sul possibile uso futuro delle nostre conoscenze, le quali non sono proposizioni assolute e incontrovertibili, ma idee sottoposte a un controllo mai definitivo sulla base delle loro concepibili conseguenze pratiche. La traduzione e l'approfondito commento di Antiseri ci guidano alla scoperta del pensiero del padre del pragmatismo e ci indicano la via da seguire per aiutarci a rendere chiare le nostre idee...
Il celebre testo dell'"Azione" (1893) di Maurice Blondel (1861-1949) costituisce l'impegno più radicale da parte di un filosofo per confrontarsi con la grande "crisi del senso" che coinvolge la cultura europea tra Ottocento e Novecento. L'opera rappresenta, per la successiva elaborazione del filosofo francese, quello che la Critica della ragion pura ha rappresentato per la costellazione del pensiero kantiano. Con l'"Azione" Blondel ha tentato un nuovo radicale incipit della riflessione filosofica, in vista di una chiarificazione ultimativa del suo ruolo nell'articolazione del senso che qualifica l'essere dell'uomo nel mondo. In questa edizione: Saggio introduttivo e Note di commento di Sergio Sorrentino, Nota bibliografica, Indice dei contenuti.
Ferdinand Ebner fu l'unico filosofo cristiano della scuola della filosofia dialogica. Il centro della sua riflessione si orienta sulla filosofia del linguaggio, ma se ne distanzia per la prospettiva particolare da cui affronta il tema e per la pista decisamente inesplorata che egli percorre, fino a riabilitare l'evento parola. Il suo contributo ha portato verso una reinterpretazione dell'uomo in chiave interpersonale.
«Se una teoria filosofica non fosse altro che un'assunzione isolata intorno al mondo, proposta con un "prendere o lasciare", senza alcun cenno a un suo nesso con qualsiasi altro oggetto, essa risulterebbe effettivamente al di là di ogni discussione. Ma lo stesso potrebbe dirsi anche di una teoria empirica. Se qualcuno si presentasse con le equazioni di Newton o anche con i suoi stessi ragionamenti, senza spiegare prima quali erano i problemi che la teoria intendeva risolvere, non saremmo in grado di discuterne razionalmente la verità - non più di quanto possiamo fare circa la verità di un libro dell'Apocalisse».
A che cosa serve la retorica sofistica? Si può definire un'«arte» (techne)? È rivolta a un fine? E quale? Socrate dimostra che la retorica dovrebbe opporsi all'ingiustizia, il peggiore dei mali: «Il fare ingiustizia è più brutto del riceverla» e anche più dannoso. Scontare la pena significa liberarsi dai mali commessi, e chi non riceve punizione è più infelice di chi la riceve. Un grande mito escatologico introduce riflessioni fondative per l'etica platonica: nemmeno la morte ci assolve dall'ingiustizia commessa: nell'aldilà l'anima dovrà affrontare un tribunale che condannerà gli ingiusti. La retorica e la politica dovrebbero aiutare i cittadini ad avere cura delle loro anime, e non preoccuparsi di salvare la vita fisica, perché ciò che conta «non è il vivere come tale, ma il vivere secondo giustizia».
Perfetto da un punto di vista stilistico, il Protagora è stato definito come "il dialogo delle contraddizioni", per la presenza di affermazioni paradossali e apparenti aporie, che ne costituiscono la magistrale struttura portante. Il giovane Ippocrate vuole affidarsi al celebre sofista Protagora, sedicente maestro di virtù politica: ma è "insegnabile" la virtù? Socrate lo nega, anche per mettere alla prova Protagora, che in un lungo e appassionato discorso sostiene, al contrario, che qualcuno, più eccellente degli altri nell'educare alla virtù, sia in grado di rendere migliori i giovani e possa, per questo pretendere un compenso. Ma non affronta il nodo fondamentale: che cos'è la virtù? Qual è la sua essenza? Utilizzando in modo sapiente e implacabile dialettica e ironia, Socrate costringerà l'interlocutore a un confronto serrato, nel quale emergerà che la virtù è scienza e conoscenza del bene e del male e che il vizio è ignoranza.
Commento ragionato alla Critica del giudizio di Kant, opera imprescindibile per comprendere l'intera riflessione estetica moderna e contemporanea. Il saggio introduttivo, che contestualizza storicamente la dottrina kantiana del giudizio estetico e teleologico, presenta le problematiche interne al testo e individua i luoghi di maggiore intensità concettuale; la scelta dei brani è corredata da un apparato di commento che illustra ogni singolo estratto alla luce dell'architettura complessiva del criticismo kantiano, anche avvalendosi di un indice ragionato dei concetti fondamentali.
“I sentimenti di Pascal sono straordinari, soprattutto per la profondità della loro tristezza, e per un non so che d’immensità: si è sospesi fra tali sentimenti come nell’infinito.”
François-René de Chateaubriand
Un grande moralista, filosofo e matematico, un uomo dal sapere universale, decise di dedicare le migliori energie dei suoi ultimi anni allo studio delle scienze religiose. La centralità della figura di Cristo nell’itinerario speculativo, spirituale e umano di Pascal lascia una traccia indelebile in questo Compendio della vita di Gesù Cristo. L’opera, perduta in circostanze mai chiarite e ritrovata solo due secoli dopo, si compone di 354 articoli disposti in ordine cronologico: sono citazioni dirette dalle Sacre Scritture, ma anche sintesi e interpretazioni. Avvolte da una semplicità cristallina e disarmante, fedeli alla scabra e incisiva parola evangelica, queste pagine sono nondimeno intrise di una efficacissima potenza drammatica.
Gesù Cristo rivestì un ruolo di primissimo piano nella breve e profonda esistenza dell’autore, come ci mostra inequivocabilmente la Vita del Signor Pascal, capolavoro del genere biografico scritto dalla colta e sensibilissima sorella Gilberte.
Davide Monda insegna presso l’Università di Bologna. È autore di volumi e saggi sulla civiltà letteraria europea dal Rinascimento al Romanticismo.
"In America il principio di sovranità popolare non resta affatto nascosto o sterile come in altre nazioni; è riconosciuto dai costumi e proclamato dalle leggi, si estende liberamente e giunge, senza incontrare ostacoli, fino alle sue ultime conseguenze. Se c'è al mondo un solo paese nel quale si possa apprezzare nel suo giusto valore il dogma della sovranità popolare, studiarlo nella sua applicazione alla vita sociale e giudicarne i vantaggi e i pericoli, questo paese è certamente l'America". (Alexis de Tocqueville)
Si può persino affermare che una tradizione diventa tanto più divergente quanto più faticosamente aspira alla fedeltà. Essa infatti, cerca anche di imitare sottili peculiarità, evita il puramente generico, ma a ogni peculiarità può sempre e soltanto contrapporne una diversa. (Wilhelm von Humboldt)
Aborrite, dunque, il male, coltivate e virtù, levate l'animo a rette speranze, protendete verso l'alto umili preghiere. Grande la necessità che vi è stata comminata, quella dell'essere onesti, se non volete fingere di non vedere, dal momento che voi vivete sotto gli occhi di un giudice che vede ogni cosa. (Severino Boezio)
In tutto questo periodo, Antigono assediava quelli di Masada, i quali avevano tutte le provvisioni necessarie, ma mancavano dell'acqua; perciò Giuseppe, fratello di Frode, architettava di fuggire presso gli Arabi con duecento dei suoi familiari, poiché aveva saputo che Malco era dispiaciuto degli errori che aveva commesso verso Erode. Ma lo fermò una pioggia inviata da Dio nella notte: riempitesi le cisterne d'acqua, non avevano più bisogno di fuggire. Al contrario erano incoraggiati a restare, non soltanto perché ora avevano in abbondanza quello di cui prima mancavano, ma perché appariva un atto della provvidenza di Dio. E si dimostrarono più arditi impegnando gli uomini di Antigono attaccandoli a volte apertamente e a volte di soppiatto, e ne uccisero molti. (Giuseppe Flavio)
"Gli uomini, sia da principio sia ora, hanno incominciato a esercitare la filosofia attraverso la meraviglia. Da principio esercitarono la meraviglia sulle difficoltà che avevano a portata di mano; poi progredendo così poco alla volta, arrivarono a porsi questioni intorno a cose più grandi, per esempio su ciò che accade alla luna, al sole e agli astri e sulla nascita del tutto." (Aristotele)
Di Tito Lucrezio Caro (96-53 a.C. circa), celeberrimo poeta e filosofo latino, si hanno scarse notizie biografiche; i pochi dati personali si riferiscono esclusivamente al poema cui Lucrezio attese con assidua e appassionata dedizione, tanto che alcuni studiosi identificano la sua personalità e la sua stessa esistenza con quella della sua opera. "De rerum natura" rappresenta un fatto unico nella storia letteraria antica: in esso si fonde l'appassionata adesione a un sistema filosofico preciso, l'epicureismo, con una straordinaria ispirazione poetica e si realizza, a un grado di rara intensità, l'incontro tra lo spirito analitico greco e la concretezza latina.
"La grandezza e la modernità di Spinoza, che è uomo religioso, consistono nell'aver esorcizzato i fantasmi di una religiosità superstiziosa che continuamente evoca l'ultraterreno e sconfessa i poteri della ragione. Gli avversari più accaniti e intransigenti, tutti coloro che hanno esecrato Spinoza, erano ben consapevoli della sostanza esplosiva contenuta nel suo pensiero. Spinozismo vuol dire, infatti, sottoporre ogni evento naturale o sociale al controllo metodico di una ragione che obbedisce solo al suo "ductus", incurante di ogni autorità o di ogni vincolo che non siano l'esercizio stesso della ragione." (dall'introduzione di Remo Cantoni)