Che cosa sono io? A questa domanda inaggirabile cerca di rispondere da sempre l’antropologia filosofica, che si caratterizza per una vocazione all’universale: ambisce a dire dell’uomo qualcosa che non possa essere smentito, a prescindere dal tempo e dallo spazio. Da ciò scaturisce la tensione al trascendentale: l’essere umano è essenzialmente pensiero trascendentale e la dignità umana può essere affermata e custodita soltanto se l’infinito che ci definisce riesce a essere stabilmente riconosciuto. Attorno a questo argomento fondamentale si sviluppa il volume, allo scopo di sondarne la verità e di mostrare alcune delle implicazioni etiche che investono la dimensione ultima dell’umano.
Paolo Bettineschi insegna Filosofia morale, Antropologia filosofica e Bioetica presso l’Università degli Studi di Messina. Per Morcelliana ha pubblicato L’oggetto buono dell’Io. Etica e filosofia delle relazioni oggettuali (2022 2ed.); Tecnica, capitalismo, giustizia. Dieci lezioni su Severino (2022); Etica del riparare (2021).
«Siccome l’importanza della Sacra Scrittura è di essere per gli uomini un interprete del divino e la sua esigenza è di voler insegnare al credente tutto dall’inizio, è ovvio che i suoi termini ed espressioni risuonino ripetutamente nei luoghi sacri. Ma pure nei discorsi quotidiani e profani si ode talvolta un’espressione biblica che dal sacro si è smarrita nel mondo – smarrita perché il modo in cui viene usata mostra a sufficienza che non ha lasciato volontariamente casa sua, bensì che è stata rapita. Chi la impiega non è commosso dall’espressione biblica, non risale indietro col pensiero per trovare il suo luogo serio nel contesto sacro, non atterrisce all’idea che è un sacrilegio usare in questo modo l’espressione anche se l’uso, lungi dall’essere un’impudenza, è agli occhi degli uomini soltanto una leggerezza perdonabile». Questo incipit di uno dei discorsi edificanti vale anche per gli altri diciassette pubblicati da Soren Kierkegaard a suo nome tra il 1843 e il 1844 – qui per la prima volta tutti tradotti in italiano –; e ancor più vale quanto posto in premessa a spiegazione del titolo: «Discorsi, non prediche, poiché il suo autore non ha autorità per predicare; Discorsi edificanti, non discorsi di edificazione, poiché il parlante non presume affatto di essere maestro». Con questo spirito Kierkegaard, il quale si era prefisso nella vita «una cosa sola, rendere attenti alla dimensione cristiana», li compose in controcanto alle contemporanee opere pseudonime – le celebri Enten - Eller, Timore e tremore, Il concetto di angoscia, per citarne alcune –, che vengono così illuminate di luce nuova.
«Questo libro imponente - la cui imponenza proviene dalla precisione della mira: studiare il rapporto di Pascal alla filosofia e riflettere sullo statuto che essa assume - resta un riferimento imprescindibile per chi voglia accostarsi, da filosofo, a Pascal. Non è possibile, infatti, non interrogarsi sulla filosofia che egli utilizza, critica, sollecita, smaschera, rivela e sul punto di sguardo a partire dal quale sembra persino abbandonarla, senza abbandonarla mai di fatto. Per questo ordine di ragioni, Pascal e la filosofia resta a tutt'oggi, per i filosofi interessati a Pascal, un libro da leggere, direi quasi da consultare obbligatoriamente ed in via preliminare. Fra le mire che lo caratterizzano c'è anche quella di misurare, a seguito della determinazione dello statuto che la filosofia ricopre per Pascal, l'entità del suo contributo all'interno della storia della filosofia, questione che ha sullo sfondo quella della "uscita dalla metafisica", additata dall'"ordine della carità", e della possibilità di intendere in senso non cronologico la "fine della metafisica", come Vincent Carraud scrive nella Prefazione. Pur non presentandosi come un saggio interpretativo ma come una ricognizione delle accezioni di filosofia in Pascal, questo libro fa molto di più che limitarsi a una recensione di significati, anche se ricchissima, come di fatto è possibile osservare. Si tratta, infatti, di un lavoro che educa pazientemente lo sguardo del lettore a guardare la filosofia con gli occhi di Pascal». Dalla Prefazione di Rosaria Caldarone.
L'Antropologia è quel settore della filosofia che studia l'uomo. L'uomo è l'unico essere vivente corporeo che si interroga su se stesso, sulla propria esistenza, sulla propria origine, sul senso della propria vita, sulla sua morte e sul suo futuro dopo la morte. In sintesi i gli argomenti trattati: la grandezza dell'uomo e la complessità del suo mistero; i grandi paradigmi dell'antropologia; la fenomenologia dell'agire umano; la vita umana; la conoscenza; le tendenze affettive; la volontà; la libertà; le passioni; il linguaggio e la comunicazione; il lavoro e la tecnica; il corpo e le sue funzioni; l'autotrascendenza e la dimensione spirituale dell'uomo; l'uomo come persona e come individuo; il rapporto tra il corpo e l'anima; la sopravvivenza dopo la morte; la filosofia della cultura; i fondamenti della cultura; il problema dell'educazione; il soggetto e le finalità della pedagogia; la coltivazione dell'uomo.
La lettura dei Diari - una miniera di intuizioni folgoranti, pensieri, preghiere, polemiche e spunti argomentativi - restituisce la complessità non sistematica ma edificante del pensiero filosofico e teologico di Søren Kierkegaard. Quest'ultima edizione, di molto ampliata e rivista, riprende la versione del suo maggiore studioso italiano, Cornelio Fabro, svolta sull'integrale danese (20 voll., 1909-1948), pubblicata da Morcelliana nel 1948 e più volte ristampata. Ma l'attento spoglio compiuto dai curatori sulle carte postume, le lettere, i documenti e le opere complete, nel confronto fra la prima e la nuova edizione critica danese, rende quest'opera del tutto originale nella traduzione e nelle note. Un classico, queste pagine dei Diari parlando del mondo si mettono in dialogo con Dio, la morte, l'amore, e toccano tonalità affettive come la noia, l'inquietudine, la pazienza e l'impazienza, l'angoscia... In questo volume - anno 1849 - emergono in particolare i temi dell'immortalità, del Paradiso, dell'Eucaristia, introdotti da un lungo saggio dei curatori, Anna Giannatiempo Quinzio e Gianni Garrera, sulla cristologia kierkegaardiana. Un esercizio di pensiero quotidiano in cui traluce, sotto vari registri, la teoria dei tre stadi dell'esistenza, estetico, etico e religioso.
Da Leonardo da Vinci a Bacone, da Goethe a Susan Sontag, le menti eclettiche hanno spostato le frontiere della conoscenza in innumerevoli modi e Peter Burke ce ne offre una nuova brillante interpretazione. Identificando 500 poliedrici occidentali, l'autore esplora i loro successi ad ampio raggio e mostra come la loro ascesa abbia corrisposto a una rapida crescita della conoscenza nell'era dell'invenzione della stampa, della scoperta del Nuovo Mondo e della rivoluzione scientifica. Per arrivare in tempi più recenti all'epoca digitale, in cui l'accelerazione della conoscenza ha portato a una iper-specializzazione molto meno favorevole a studiosi e scienziati di ampio respiro. Solo l'idea di network intellettuale potrà secondo Burke salvare la figura del genio.
Sono qui pubblicati due inediti di Gustavo Bontadini. Il primo è costituito da uno stralcio delle dispense del corso di filosofia teoretica, tenuto dall'autore nell'anno accademico 1963-1964 presso l'Università Cattolica di Milano. L'inedito documenta lo stile di insegnamento di Bontadini, quale maestro in dialogo con i suoi allievi, e prefigura con nitidezza i suoi successivi interventi pubblici in materia di protologia creazionistica. Il secondo è rappresentato dalle "Istituzioni di filosofia", recanti in forma ragionata il programma dell'omonimo insegnamento tenuto nell'anno accademico 1977-1978 sempre presso l'Università Cattolica. Fu questo l'ultimo corso da lui svolto in università. Le "Istituzioni di filosofia" illustrano sinteticamente le principali tesi speculative e storiografiche sostenute dall'Autore. I testi sono preceduti da un'ampia introduzione e seguiti da un'analisi degli inediti e da un'impegnata postfazione teoretica di Giuseppe Barzaghi. Nel 2023 ricorrono 120 anni dalla nascita di Gustavo Bontadini (Milano, 1903-1990) e 50 anni dalla pubblicazione del suo scritto teoretico principale, Per una teoria del fondamento (1973). Introduzione di Marco Berlanda. Commento di Marco Meneghin. Postfazione di Giuseppe Barzaghi.
Può la filosofia essere utile a comprendere il proprio tempo? Con quale metodo e strumenti concettuali? È questa la sfida che il volume affronta interrogandosi sulla crisi dell'Occidente, in un corpo a corpo con la filosofia di Husserl, a partire dalla Crisi delle scienze europee dove il filosofo si poneva analoghe domande. Nello sviluppo dell'argomentazione, dapprima appare la necessità di assumere consapevolezza delle idee di Assoluto e di storia, identità e esperienza, arché e telos, e solo dopo la possibilità di riflettere, senza pregiudizi, sul futuro dell'Europa, oggi quanto mai enigmatico. L'atteggiamento fenomenologico rappresenta, in tal senso, una guida: la mai disattesa interrogazione dell'"origine", fonte di comprensione degli eventi in senso filosofico e storico, è indicata in queste pagine come il "segreto" stesso dello spirito europeo e di una storia universale multiculturale e multipolare.
Il testo propone un confronto tra l'antropologia di Jacques Maritain e quella di Martin Heidegger, entrambe conseguenza della loro ontologia: il primo all'origine del tutto pone l'Ipsum esse per se subisistens della metafisica tomista, il secondo il Sein, un principio primo costituito dal Nicht (Nulla); esse perfettamente intelligibile per l'uno (realismo critico), physis che appare nella non-latenza per l'altro (fenomenologia ontologico- fattuale). Così, là dove Maritain definisce la creatura umana come una sostanza individua di natura razionale, Heidegger concepisce l'uomo come luogotenente del Nulla e pastore dell'Essere. Mentre il filosofo francese elabora un umanesimo teocentrico fondato sulla nozione di persona (personalismo tomista), il pensatore tedesco formula una dottrina antropocentrica basata sul concetto di esistenza (analitica esistenziale). Ma l'abbandono dei concetti metafisici di sussistenza e di suppositum porta alla nozione heideggeriana di uomo auto-fondato, ignaro del significato ultimo dell'esistenza e in preda all'angoscia. Da qui appare evidente l'opportunità di riproporre l'Umanesimo integrale di Maritain, il quale, giustificando ontologicamente il valore di ogni persona, è in grado di fornire risposte a quesiti di natura etica e sociale, in un mondo sempre più in balia dell'assurdo.
Per l'effetto del suo allontanamento dalla tradizione cristiana, Filosofia l'Occidente vive una crisi spirituale profonda che minaccia la sua stessa identità. Quel cristianesimo a cui Agostino aveva dato la massima dignità di pensiero (e che Kant aveva pensato di elevare a verità universale della ragion pura), sembra a molti, ancora intrappolati dall'illuminismo antireligioso, una limitazione della nostra libertà e perciò un ostacolo da superare. Lo sguardo della Caduta che Agostino distendeva sulla miseria della nostra condizione terrena ci provoca insofferenza. E la «Carta fondamentale della cultura cristiana» e dunque dell'Occidente, come è stata definita La Città di Dio, ci appare superata. Secolarismo, scientismo, liberalismo, ecologismo, neo-umanesimo e trans-umanesimo, diritti individuali senza doveri, tolleranza senza limiti, costumi senza confini, linguaggi purificati, opere dell'ingegno mortificate, storia censurata o cancellata: questo e altro sono i nuovi dèi pagani a cui tributiamo i nostri sacrifici, culti e riti individuali e di massa. Salvo poi a ritrovarci sempre più avvolti nell'incertezza e nel disagio. E però Agostino continua a insegnarci verità fondamentali: che le norme morali hanno fondamento nella fede, che gli Stati si disgregano se le società non hanno un vincolo religioso, che tutte le civiltà, anche le più potenti, infine periscono, che la politica ci fornisce strumenti per mitigare la nostra aggressività ma non ci offre la felicità e la salvezza, che la scienza non può essere incompatibile con la parola di Dio. In un mondo che sta assorbendo veleni sotto il nome di diritti, libertà, giustizia, tolleranza, Agostino è un antidoto potente. Per questo, qui si intrattiene una conversazione con lui.
La sfida di questa riflessione è quella di proporre un nuovo progetto formativo in cui la «transdisciplinarità» possa essere un vero dialogo fra le discipline, in un orizzonte etico e politico. Il tema della formazione transdisciplinare, in un tempo di esasperata specializzazione dei saperi, è oggetto degli interventi che compongono questo libro. La parola «transdisciplinarità» non si riferisce semplicemente all'accostamento di diversi saperi, ma a quell'approccio alla conoscenza che predispone le singole discipline a un reciproco attraversamento, a una reciproca messa in questione. Ciò consente di improntare un nuovo progetto di formazione, che unisca l'uso della comprensione, alle competenze disciplinari e all'orizzonte etico-politico del loro esercizio.
Il Dio vivente è a un tempo fonte di ispirazione e anelito della ricerca filosofica di Schelling e di Pareyson, due dei maggiori esponenti dell'idealismo tedesco e dell'ermeneutica contemporanea. L'autore indaga le loro riflessioni sulla libertà e il male, sull'Inizio e la Trinità, in un confronto continuo della filosofia con i propri limiti e con i significati della religione. L'esperienza dello stupore della ragione è il punto di contatto attraverso il quale una conoscenza rigorosamente razionale, consapevole della propria finitezza ma anche delle proprie potenzialità, diviene capace di ascoltare il pulsare di una realtà ancora più grande. In forma simbolica, secondo una rappresentazione tragica della libertà, i problemi del bene e del male, del pluralismo e dell'interpretazione, del dialogo e della verità, della morte e dell'escatologia possono essere affrontati con illuminante passione.
Inaugurata nel 2018, la collana «Mappe del pensiero» pubblica i risultati della ricerca transdisciplinare condotta dall'Associazione «Mechrí / Laboratorio di filosofia e cultura», coordinata da Florinda Cambria e con la supervisione scientifica di Carlo Sini. Preceduto da Vita, conoscenza (2018), Dal ritmo alla legge (2019) e Le parti, il tutto (2021), Evoluzione, progresso presenta i risultati dei lavori svolti nell'anno sociale 2018-2019. Tali lavori sono riattraversati dai curatori mediante un montaggio di testi e materiali grafici che narrano il senso del percorso formativo condotto in prima persona dagli Autori. Il primo capitolo raccoglie i testi di Carlo Sini (con la straordinaria riproduzione di 40 tavole a colori) relativi al Seminario di filosofia intitolato Evoluzione e progresso. Le potenze della terra e le figure dello specchio. Il secondo ripercorre il lavoro svolto nel Seminario di arti dinamiche (Prolegomeni alla ricomposizione di Orfeo. Disgregazione, ricomposizione, evoluzione: la poesia dal 1970 ad oggi), curato da Tommaso Di Dio. Il terzo (Linguaggi in transito: evoluzione umana) documenta il cammino di Andrea Parravicini lungo le tappe dell'evoluzione umana nell'intreccio tra paleoantropologia e autobiografia. Il quarto capitolo ripercorre gli Esercizi di drammaturgia proposti nell'attività laboratoriale condotta da Antonio Attisani. Il quinto, infine, raccoglie alcuni dialoghi fra i Soci e i membri del Comitato scientifico di «Mechrí», avvenuti tra il 2019 e il 2020, sul rapporto tra l'evoluzione e la legge, sia intesa in senso strettamente giuridico, sia come arte della formazione e kinesis della vita sapiente.
È un manuale di filosofia sistematica: si propone come una guida sicura a chi si addentra per la prima volta nei percorsi affascinanti e impegnativi della filosofia teoretica. Proprio per questo l'Autore usa un linguaggio e un metodo agevole anche ai principianti, offrendo un'esposizione omogena e lineare della scienza dell'ente.
Il Presidente degli Stati Uniti che firmò l'ordine di usare la bomba atomica si macchiò le mani di sangue o soltanto d'inchiostro? Vi sono casi in cui una guerra è giusta? In tali casi, ogni azione bellica è giustificabile? Porre fine alla vita di un malato terminale è cosa diversa dall'omicidio? Abbiamo bisogno del consenso sulla definizione dell'embrione come "persona" per decidere se qualche azione su di esso è vietata? È giustificata la proibizione della contraccezione anche se è del tutto legittimo programmare le nascite? Anscombe, riprendendo Wittgenstein, Aristotele e Tommaso d'Aquino, elabora una teoria dell'azione che pone al centro l'"intenzione", alternativa alla concezione dell'azione dominante da Cartesio in poi. Su questa base conduce una requisitoria contro la superficialità della filosofia morale moderna, accomunando i filosofi di Oxford, l'utilitarismo e l'etica kantiana. E infine mette al lavoro la sua etica delle virtù sui problemi di etica applicata: nel campo dell'etica pubblica la guerra giusta, nel campo della bioetica le questioni di fine vita e inizio vita. Questo libro, curato da Sergio Cremaschi, raccoglie i contributi di Anscombe su temi di etica, permettendo per la prima volta uno sguardo complessivo su questa figura decisiva della filosofia del Novecento.
La metafisica è la scienza dell'essere e del vero. Nasce l'esigenza di riunire le visioni e giungere alla verità. Quest'opera in tre volumi è la prima presentazione storica della metafisica, chiamata «la regina delle scienze».
La metafisica è la scienza dell'essere e del vero. È quindi una scienza vastissima. Di qui nasce l'esigenza di riunire le diverse visioni e interpretazioni metafisiche per giungere mediante approssimazioni successive alla verità delle cose. Quest'opera in tre volumi è la prima presentazione storica della metafisica, chiamata anche «la regina delle scienze». Il volume studia lo sviluppo della metafisica dall'Umanesimo fino al pensiero contemporaneo. Gli autori trattati sono molti. Tra questi ricordiamo: Cusano, Bruno, Cartesio, Spinoza, Leibniz, Locke, Vico, Kant, Fichte, Hegel, Rosmini, Kierkegaard, Nietzsche, Croce, Gentile, Husserl, Stein, Maritain, Sertillanges, Bontadini, Gadamer.
La metafisica è la scienza dell'essere e del vero. È quindi una scienza vastissima. Di qui nasce l'esigenza di riunire le diverse visioni e interpretazioni metafisiche per giungere mediante approssimazioni successive alla verità delle cose. Quest'opera in tre volumi è la prima presentazione storica della metafisica, chiamata anche «la regina delle scienze». Il volume studia le origini della speculazione metafisica nel mondo greco fino alle scuole neoplatoniche dei primi secoli dopo Cristo.
I saggi che compongono questo libro, selezionati dallo stesso autore, si insinuano nel cuore di quell'insistita domanda sulla propria origine e sul senso di un possibile dialogo con il mondo che le principali confessioni dell'Occidente continuano - talvolta drammaticamente - a modulare. Composti a partire dagli anni '50 fino all'inizio degli anni '70, si accordano con sorprendente precisione all'insieme di movimenti, rivoluzioni, promesse di cambiamento e delusioni che hanno attraversato il ventennio europeo uscito dalla guerra. Lévinas prende parte al dibattito con l'autorevolezza della plurimillenaria tradizione di cui è stato uno dei più felici e discreti interpreti: i maestri della tradizione talmudica insieme ad alcune grandi voci della contemporaneità filosofica come quella di Rosenzweig vengono interrogati su questioni di rovente attualità - l'uscita da Auschwitz e il dialogo interreligioso con il cristianesimo e l'islam; il rapporto con il comunismo e la conquista della luna; la polemica con gli autori cristiani e il futuro del giudaismo -, senza censure e senza illusioni sulla complessità che le sostiene e che reclama analisi altrettanto complesse.
"Geschlecht": questa parola tedesca, che ha dato il titolo generico a una serie di quattro studi di Jacques Derrida dedicati all'opera di Martin Heidegger, è assolutamente intraducibile in italiano perché la parola è correlata al tempo stesso con "sesso", "razza", "nazione", "umanità". Ebbene, sono proprio queste le categorie che Derrida intende esplorare nell'opera di Heidegger. Nel presente volume, al cuore della ricerca sono innanzitutto la dimensione politico-sessuale e la nozione di patria. È questa l'occasione, per Derrida, di pensare una sessualità più radicale di quella binaria, ed è anche l'occasione per denunciare un nazionalismo dal carattere preoccupante in Heidegger, un approccio quantomeno ambiguo se rapportato a quello avuto con il nazismo dal quale pretende di smarcarsi. Questa edizione presenta uno studio che sembrava perduto per sempre. Il gruppo di ricercatori che ne ha stabilito il testo ha realizzato dunque una notevole opera intellettuale ed editoriale.