Tante storie vere, profondamente vissute, simili ma allo stesso tempo uniche. Sono i racconti dei famigliari (genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii...) di ragazze e ragazzi con la Sindrome di Down. Chi ha accettato di confidarsi in queste pagine non ha negato le proprie lacrime, le proprie difficoltà, i propri problemi, ma allo stesso tempo mostra la bellezza e la varietà dell’esistenza perché «alcuni rami sono più lunghi, altri più corti: ma tutti servono all’armonia di quell’albero che è la vita»! Un testo davvero
commovente, toccante, che aiuta a rimuovere tanti pregiudizi attorno alla Sindrome di Down ma che sa presentare le cose con il realismo e l’efficacia delle esperienze della vita vissuta.
Lucia Landoni è nata a Castellanza, in provincia di Varese, nel 1985. Dopo gli studi classici, nel 2007 si è laureata in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica di Milano e presso lo stesso ateneo ha frequentato il Master in giornalismo che l’ha portata a superare nel 2009 l’esame di Stato per giornalisti professionisti. Ha lavorato per il Giornale; scrive per la Repubblica e la Prealpina.
È la storia di Omar Turati, un giovane appassionato di musica che, nel pieno delle sue forze e della voglia di vivere, viene colpito da una grave malattia: la Sclerosi Laterale Amiotrofica, che con il passare del tempo gli riduce ogni movimento e in pochi anni lo costringe all'immobilità. Nel 2007 Omar si trova di fronte a una scelta importante: rischiare di morire o sottoporsi a tracheostomia per salvarsi, accettando di rimanere attaccato a una macchina per il resto della vita. A salvarlo saranno l'amore e la musica, ai quali non vuole rinunciare. Immobile a letto troverà ancora la voglia e la forza di comporre testi e brani con il solo movimento degli occhi. Dal suo computer escono ancora oggi note e parole tutte da ascoltare. Non è un credente, ma inizia a farsi molte domande; intraprende un dialogo profondo con Dio e ora l'acronimo SLA significa per lui: Solo Libera l'Anima. Toccante e degno di nota è il suo incontro con il cardinale Dionigi Tettamanzi e poi con il cardinale Carlo Maria Martini, con il quale ha intrattenuto fino all'ultimo un rapporto epistolare e che ha firmato la prefazione a questo libro.
Non è una comunità di accoglienza. Non è una comunità religiosa. Possiamo chiamarlo un "condominio solidale". Alcune famiglie scelgono di vivere insieme la dimensione originale della "corte", recuperando una vecchia cascina; mettono i soldi in comune, inventano lavori praticabili da tutti, praticano l'accoglienza di chi ha bisogno. Oltre trent'anni fa nasceva così la Comunità di Villapizzone, a Milano; oggi questa esperienza è divenuta "esportabile" realizzando numerose comunità in tutta Italia con centinaia di persone coinvolte. Dietro a tutto questo, un sogno: che sia possibile vivere in questa società i valori dell'apertura, della condivisione, della fiducia e della solidarietà. E una convinzione: che la famiglia abbia bisogno di un'occasione per poter vivere in pienezza tutte le proprie potenzialità, facendo del bene così a se stessa e alla società.
Enrico e Bruno Volpi sono tra i fondatori della Comunità di Villapizzone. Non amano dare ricette, ma offrono la propria testimonianza con una semplicità che può apparire disarmante, ma che è il riflesso della loro spontaneità. Oggi vivono nella comunità di Berzano di Tortona.
Danila e Massimo Nicolai sono tra i pionieri della Comunità di Villapizzone. Massimo oggi è presidente della cooperativa impresa sociale Dimanoinmano.
Padre Silvano Fausti SJ, Padre gaetano brambillasca SJ e padre Filippo Clerici SJ sono i tre padri Gesuiti che hanno dato inizio con i coniugi Volpi alla comunità di Villapizzone.
« Mentre il nostro Paese celebra quest’anno il 150° anniversario dell’Unità Nazionale, è commovente rileggere il racconto di quando, durante il trasferimento a Dachau, ideportati, arrivati al Brennero, salutarono l’Italia intonando tra le lacrime “O mia patria sì bella e perduta”. È grazie anche a questi “martiri della carità” se l’Italia ha saputo risollevarsi dalla disfatta della Seconda guerra mondiale e rinascere su nuove basi morali. Don Bonzi era uno di loro ».
Dalla prefazione del Card. Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano.
Saverio Clementi, legnanese, laureato in Scienza Politiche, è giornalista professionista. Ha lavorato in quotidiani locali e nazionali. E' stato direttore responsabile del settimanale cattolico "Luce" della Diocesi di Milano.
Alex Zanotelli nasce a Livo, in Val di Non, nel 1938. Entra giovanissimo nel seminario dei Comboniani e va negli USA a completare gli studi di teologia. Nel 1964 viene ordinato sacerdote nell’istituto dei Missionari Comboniani. Dal 1965 è missionario nel Sudan martoriato dalla guerra civile, fino al 1973, anno in cui il governo sudanese gli nega il visto a causa del suo impegno a favore delle fasce più povere della popolazione e delle sue denunce contro la corruzione dilagante. Nel 1978 assume la direzione di Nigrizia, contribuendo a trasformarlo nel miglior mensile italiano di informazione sociopolitica del continente africano. Dalle pagine della rivista si susseguono critiche documentate ai modelli occidentali di collaborazione allo sviluppo e si denunciano gli interessi italiani nel commercio internazionale delle armi. Nel 1985, assieme a don Albino Bizzotto, fonda il movimento Beati i Costruttori di Pace. Nel 1987, su pressione di esponenti politici ed ecclesiastici, Zanotelli è costretto a lasciare la direzione di Nigrizia. Nel gennaio del 1990 va in missione in Kenya, a Korogocho, una delle baraccopoli di Nairobi. Nello stesso anno, per espresso volere del vescovo Tonino Bello, diventa direttore responsabile della rivista Mosaico di Pace. A cavallo del 1995/96 viene in Italia e lancia l’idea di fondare la Rete Lilliput. Nel 2002 torna in Italia. Oggi vive nel Rione Sanità di Napoli, da dove continua il suo impegno per gli emarginati e la sua testimonianza civile e religiosa.
In questa nuova edizione, da Napoli, padre Zanotelli tocca tematiche scottanti come quelle dei rifiuti della Campania, dei referendum a tutela dell’acqua pubblica, della corruzione politica, dei potentati economico-finanziari. Come afferma l’attore Marco Paolini nella sua prefazione Zanotelli è «uno che usa le parole, le lingue come ponti, mai come ostacoli, uno che sa essere messaggio evangelico, rinunciando alla sua voce per darla ai poveri, [...] uno che ti ricorda che non servono i soldi per dare o restituire dignità, né ai ladri, né ai derubati. Un Francesco d’Assisi solido come un faggio trentino, capace di farsi carico del peso della disperazione altrui senza esserne schiacciato».
"Testimonianze, parole ed emozioni di persone che hanno fatto delle scelte di vita importanti, verrebbe da dire vere, che noi ascoltiamo con ammirazione e una punta di invidia. Scelte simili a quelle degli uccelli quando lasciano il nido per spiccare il primo volo, con una consapevolezza delle proprie capacità mescolata al timore del gettarsi nel vuoto". (Dalla presentazione di Sergio Valzania)
Zanotelli rompe il silenzio e grida il dolore degli ultimi. Racconta cosa è la baraccopoli di Korogocho, chi sono i disperati che la abitano, quali sforzi si fanno per dare a queste persone la dignità di uomini. Alex Zanotelli, missionario comboniano, profeta del Vangelo, è personaggio scomodo perché troppo lucido, da sempre vicino ai poveri, scandalosamente portato a dividere con loro fame e miseria. È rientrato in Italia, nel Rione Sanità di Napoli, da dove continua la sua battaglia a favore degli ultimi.
Erika e Omar, i fidanzatini di Sesto San Giovanni, le tre ragazze di Chiavenna e altre storie di piccoli omicidi. Un osservatorio privilegiato: quello dello psichiatra che ha condotto le perizie sui giovani coinvolti in questi casi che accetta di parlarne senza cedere a sensazionalismi, ma anche senza reticenze. Un percorso di ricerca sulle cause che conducono alla violenza giovanile, sui fattori di rischio, sui segnali di allarme. E, soprattutto, sulle possibilità di prevenzione e di recupero.