"Todo el Amor" rappresenta l'unica antologia 'personale' di Pablo Neruda, che è andato egli stesso scegliendo e raccogliendo in questo volume quanto poteva meglio rappresentare l'ispirazione amorosa della sua poesia. Se è vero infatti che per Neruda è l'amore la forza maggiore della vita, è anche vero che questa fonte essenziale della sua poesia ha tardato a essere riconosciuta, tanto che lo stesso poeta confidava a Giuseppe Bellini, suo amico e massimo interprete della poesia nerudiana in Italia, la sua contrarietà a essere considerato solamente poeta dell'impegno, quando nella sua poesia aveva tanto posto il sentimento. Possiamo dunque pensare che sia stato proprio questo iniziale 'disconoscimento' a spingere Neruda a sottolineare questo aspetto della sua poesia in una apposita antologia. Il risultato è, come scrive Bellini nella prefazione al volume, "un nuovo libro di confessioni nerudiane, tanto più personale in quanto il poeta stesso lo ha 'costruito'".
Un poema dedicato a Gerusalemme, Città Santa per eccellenza, essendo tale per le tre principali religioni monoteistiche: Cristianesimo, Ebraismo, ed Islam. Ma Gerusalemme è anche la città martoriata, simbolo del tragico conflitto arabo-israeliano, un conflitto che sembra accompagnarci negli anni senza che mai davvero si profili una reale possibilità di soluzione. Con versi di straordinaria e drammatica intensità, Adonis ci svela il volto di questa splendida, enigmatica città, i suoi miti e la sua storia, la sua pesante eredità ma anche il suo tesoro per l'avvenire.
"...La poesia vera, autentica, densa di umori, accesa da verità e da suggestioni che si fanno senso del divenire non nasce, non può nascere come un fungo o come una distillazione di sole letture, ma nasce da una serie di componenti che macerano nell'anima e fanno poi fiorire la parola che potrà dire qualcosa di importante e di nuovo. Ecco, la poesia di Piera Mattei è il frutto di questa confluenza di incontri e di scontri, di lacerazioni e di intuizioni, di esperienze e di analisi che si fondono con ragioni universali per diventare postille di una condizione umana esemplare. Non vedo in giro molti esempi, oggi, di poesia che sappia partire dal proprio io per farsi portavoce di interessi globali senza perdere una briciola della propria identità. E la scommessa sta, credo, proprio in questo equilibrio espressivo e di tematiche che oscillano verticalmente e orizzontalmente dal mondo degli affetti a quello delle amicizie, dei libri, dei viaggi, del sociale, del pensiero. 'Le amiche sottomarine' è un libro in qualche modo stimma del percorso di Piera, che si confessa in un modo tutto speciale, che diventa affluente e fiume di una se stessa frantumata, dilatata, ricostruita e perfettamente deserto e folla insieme..." (Prefazione di Dante Maffìa)
"Quello che forse più colpisce in questo libro limpido, musicale e profondo di Andrés Sánchez Robayna - uno dei protagonisti della poesia spagnola contemporanea - è la sua grande ricchezza, poetica e concettuale insieme. Partendo dai dati concreti della propria geografia fisica - le Canarie, le loro dune, il loro mare, il loro vulcano - e interiore - un'infanzia e un'adolescenza rivisitate o meglio ricreate nel loro 'senso' verso la poesia -, l'opera si allarga in tutte le direzioni: e a compiere questo miracolo è proprio 'il libro', non solo quello della memoria individuale del poeta, ma quello in cui sfociano tutti i libri, questo e gli altri, nostri e non nostri: la nostra storia 'verticale', se vogliamo, in cui tutto arriva a coesistere, in una sorta di presente persistente. È così che il libro si apre oltre la duna, e i suoi versi sono intrisi sì di storia letteraria, ma non nel senso esteriore che si potrebbe pensare; l'hanno assunta in se stessi, nella loro sostanza e fisionomia, e sanno ora costruire non semplici se pur eleganti reminiscenze, ma un vero e proprio ponte che permette loro di rappresentare una storia sempre nuova e originale, quella dell'uomo e della sua opera. " (Fabrizio Dall'Aglio)
Dopo le poesie scritte negli anni dal 1921 al 1933, raccolte in volume in questa stessa collana, con questo secondo volume si completa l'Antologia personale di Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 - Philadelphia 1993), famosa in tutto il mondo come narratrice e saggista, ma la cui produzione poetica è stata per lungo tempo ignorata. La sua poesia è invece di alta qualità, e forse è rimasta così a lungo sconosciuta anche perché è stato solo dopo il grande e forse ormai insperato successo ottenuto negli ultimi anni di vita che la scrittrice russa ha deciso di raccogliere ciò che considerava il meglio della sua produzione poetica, in vista di una pubblicazione, in lingua russa, apparsa negli Stati Uniti nel 1984.
Il mito di Orfeo è da epoche lontane il mito stesso della poesia, ed evoca, come afferma nella prefazione Sabrina Mori Carmignani, "la soglia che separa vita e morte, prossimità e lontananza, luce e ombra, perdita e possesso, ma soprattutto significato e suono". È questo il senso che emerge dal ciclo dei cinquantacinque sonetti scritti da Rainer Maria Rilke tra il 2 e il 23 febbraio 1922, negli stessi giorni in cui, dopo lunghi anni di attesa, anche l'opera "maggiore" - le Elegie Duinesi - trovava il suo definitivo compimento.
Ricardo Reis, che si ispira all'Orazio delle Odi, è un epicureo malinconico che cerca, finché non terminerà, se mai terminerà, il dominio dei barbari (cioè dei cristiani) l'illusione della libertà e della felicità tenendosi lontano da ogni eccesso nel dolore e nel piacere. Crede davvero agli antichi dèi greci, pur riconoscendo Cristo come Dio in più. Aspira all'equilibrio, al dominio delle passioni, alla serena accettazione del destino, cose che mancano del tutto in Pessoa uomo e poeta, e che anche in Reis sono minacciate dal pensiero del fato, della vecchiaia e della morte inesorabili. Ma è soprattutto uno straordinario poeta: secondo la definizione di Pessoa, "un Orazio greco che scrive in portoghese".
"Sicuro azzardo" appare nel 1929, ed è la seconda raccolta di Pedro Salinas, uscita a qualche anno di distanza da "Presagios", il suo esordio poetico, che già lo aveva consacrato come uno dei protagonisti della nuova poesia spagnola. La poesia di Salinas procede più per approfondimenti interni che per salti, in una sorta di unico canzoniere, di intimo, amoroso colloquio che sfocerà nelle raccolte degli anni Trenta, "La voz a ti debida" e "Razòn de amor" ed è stato giustamente detto che essa rappresenta una delle forme più originali della poesia amorosa del Novecento.
Questa selezione comprende alcune delle più belle odi "morali" e "sentimentali" di Neruda: l'allegria, l'amicizia, la tranquillità, la speranza, la solitudine, la pigrizia, l'amore... È, nel suo insieme, una grande ode alla vita, perché "la vita aspetta / tutti I noi che amiamo / il selvaggio / odore di mare e di menta / che ha fra i seni".
Dopo la vittoria dei franchismi e la caduta della repubblica, Rafael Alberti lasciò la Spagna, rifugiandosi prima a Parigi e poi in Argentina. Nel 1963 si trasferì a Roma, dove visse a lungo, legandosi all'ambiente letterario e artistico della capitale. E a Roma, alla Roma popolare del Belli, alla città più segreta e affascinante, antiufficiale e antimonumentale, sono dedicate le poesie di 'Roma, peligro para caminantes', uscite per la prima volta nel 1972, poco dopo la scomparsa di un altro grande artefice di questa raccolta, Vittorio Bodini, che a Rafael Alberti fu particolarmente legato ed al quale il poeta spagnolo volle testimoniare la sua riconoscenza nel prologo da lui stesso scritto per l'edizione italiana.
Narratrice famosa in tutto il mondo, e molto amata anche nel nostro paese, Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 - Philadelphia 1993) esordì come poeta giovanissima, quando ancora viveva in Russia. Emigrata prima a Berlino nel 1922, poi a Parigi nel 1923 insieme a Vladislav Chodasevic - uno dei maggiori poeti russi del Novecento - continuò a coltivare la poesia, pubblicando però quasi esclusivamente saggi, romanzi e racconti. Solo ottantenne, dopo i riconoscimenti ottenuti dal volume di memorie "Il corsivo è mio", Nina Berberova decise di raccogliere in volume una scelta delle sue liriche composte fra il 1921 e il 1983, molte inedite, altre apparse nelle riviste russe dell'emigrazione tra gli anni Venti e i Sessanta.
Credo che la poesia, oggi più che mai, debba riconfigurarsi nella Storia. "Nel rovescio del mondo", per dirla con Gelman, dove "cresce il cosmo" e si impone una ragion d'essere forte e chiara. Poesia come spinta etica, "teatralità dell'atto" che ogni giorno si consuma negli infiniti quotidiani, da un capo all'altro del mondo. Dentro la Storia anche per trovare le parole per un colloquio nuovo con i lettori del ventunesimo secolo. Molte realtà si intrecciano in questo libro, fuori e dentro di me, verità e trasfigurazione, ma sempre con l'intento di tracciare le linee di un percorso comune. Perché la poesia possa spingersi "più in là delle quattro mura domestiche." (Alberto Toni)
"Autore di un'opera singolare che non cessa di stupire i suoi lettori; personalità eclettica per eccellenza che - come ricorda Fabio Sento nella prefazione a questo volume - "sempre affiancò agli interessi dominanti per la letteratura, la filosofia e le scienze anche passioni più ludiche, come quelle per il biliardo, gli scacchi, la boxe, il judo e il jazz"; raro e prezioso cultore di letterature cosiddette "minori", che inseguì e promosse nel piano dell'importante Enciclopedia da lui inventata e diretta per Gallimard, Raymond Queneau (1903-1976), anche e proprio in virtù di questa sua "atipicità" resta una presenza focale all'interno del secolo da poco concluso." (Carlo Bo)
Raccolta di ispirazione patriottica dedicata al compito di ridare dignità, attraverso il mito del ritorno del giovane re Sebastiano, a un Portogallo oramai sconvolto e imbarbarito dai fascismi, portoghesi e no, che si stanno propagando in tutta Europa. "Messaggio", composto in un arco di tempo di oltre vent'anni, è l'unica opera in portoghese pubblicata in vita da Fernando Pessoa con il suo proprio nome. Ma è al tempo stesso opera fondamentale per "decodificare" Pessoa: l'uomo sradicato che si è rifugiato "nel tono minore di una condizione impiegatizia assunta a metronomo di una vita angosciosamente sola, senza famiglia, senza donna, senza Dio".
«Fantasie di interludio» è il titolo che nel suo epistolario Passoa dà alla progettata, ma mai realizzata, pubblicazione di una serie di volumi dei suoi eteronimi. Lo stesso titolo ricorre significativamente in una raccolta poetica pubblicata in «Purtugal Futurista». Questa antologia, nella quale si può leggere quanto Pessoa volle che fosse letto - e nel modo in cui l'aveva preparato per la lettura - si presenta come l'antologia poetica personale di Pessoa, ciò che egli ha pensato come il meglio della sua poesia e come ciò che può far conoscere ai suoi lettori il «Pessoa di Pessoa».
"Todo el Amor" rappresenta l'unica antologia 'personale' di Pablo Neruda, che è andato egli stesso scegliendo e raccogliendo in questo volume quanto poteva meglio rappresentare l'ispirazione amorosa della sua poesia. Se è vero infatti che per Neruda è l'amore la forza maggiore della vita, è anche vero che questa fonte essenziale della sua poesia ha tardato ad essere riconosciuta, tanto che lo stesso poeta confidava a Giuseppe Bellini la sua contrarietà ad essere considerato solamente poeta dell'impegno, quando nella sua poesia aveva tanto posto il sentimento.
Secondo una sua stessa testimonianza, Neruda lesse le poesie di Quevedo nel 1935, e da quel momento non poté più staccarsene; e Jorge Luis Borges, a sua volta, considerava uno degli 'enigmi' della storia il fatto che il nome di Quevedo non comparisse nella lista dei nomi universali, accanto a Omero, Sofocle, Lucrezio, Dante, Shakespeare, Cervantes, Swift, Melville, Kafka. Così due scrittori dell'America di lingua spagnola, pur tanto distanti fra loro, rivendicavano il magistero e la grandezza di uno dei massimi scrittori di Spagna del siglo de oro, autore di una vasta produzione che abbraccia poesia, filosofia, romanzo, politica, teatro, "il più nobile stilista spagnolo, insieme con Cervantes", come osserva Vittorio Bodini nella nota critica che accompagna questa sua scelta e traduzione di liriche di Quevedo. Grande stilista, certo; ma anche grande spadaccino e uomo 'estremo' in tutte le sue manifestazioni, anche violente, che gli costarono, a torto o a ragione, l'ostilità di vari potenti e lunghi anni di prigionia. E se l'antologia delle sue liriche ci dà un'eloquente testimonianza della sua grandezza di poeta, il "Viaggio al cuore di Quevedo" di Pablo Neruda ci conduce alla ricerca delle origini di quella grandezza, alla sua profondità di uomo e di scrittore contro, quasi ripercorrendo a ritroso la tenace anima 'di lotta' della poesia spagnola, incarnata nelle voci tragicamente spezzate di tre dei suoi maggiori protagonisti, Federico Garcia Lorca, António Machado e Miguel Hernàndez.
Poeta e pittore, Rafael Alberti (Puerto Santa Maria di Cadice, 1902-1999) è stato l'ultimo dei grandi poeti spagnoli della cosiddetta generazione del '27, la generazione di alcuni dei maggiori protagonisti della poesia del Novecento - da Federico García Lorca a Pedro Salinas, da Vicente Aleixandre a Jorge Guillén, da Luis Cernuda a León Felipe - che restò segnata in maniera indelebile dalla tragedia della guerra civile. Dopo la vittoria dei franchisti e la caduta della repubblica, Alberti lasciò infatti la Spagna, rifugiandosi prima a Parigi e poi in Argentina. Nel 1963 si trasferi a Roma, dove visse a lungo, legandosi all'ambiente letterario e artistico della capitale. E a Roma, alla Roma popolare del Belli, alla città più segreta e affascinante, antiufficiale e antimonumentale, sono dedicate le poesie di Roma, peligro para caminantes, uscite per la prima volta nel 1972, poco dopo la scomparsa di un altro grande artefice di questa raccolta, Vittorio Bodini, che a Rafael Alberti fu particolarmente legato ed al quale il poeta spagnolo volle testimoniare la sua riconoscenza nel prologo da lui stesso scritto per l'edizione italiana: "Ora, in queste poesie, sento il respiro di Vittorio, il caldo palpito del suo profondo sangue di poeta. Fu questo forse uno degli lavori della sua vita. Sta qui la sua parola italiana a fronte della mia parola spagnola, che si guardano, si abbracciano, sul bianco volubile d'ogni pagina...".
Sotto il titolo "Derniers poèmes d'amour" sono stati raccolti in Francia, nel 1962, quattro volumetti di poesie scritti e pubblicati da Eluard tra il 1946 e il 1951. Non si tratta esclusivamente di poesie d'amore, ma l'intitolazione può essere di buon grado accettata poiché rispecchia fedelmente una delle costanti eluardiane più sicure: la costante sentimentale. Anche se molte di queste poesie non sono state scritte per una donna, ma in occasione della morte di una donna e nel ricordo di lei, il fatto sentimentale rimane sempre sotteso, indispensabile.
"'Fine del mondo' si chiude su una data, 1970, e su una prospettiva di altri trent'anni indecisi. In Neruda permane il dubbio intorno alla loro essenza, di "fiori" o di "fuoco", vale a dire se riserveranno all'uomo cose positive o negative. Ancora una volta il poeta non abdica al suo dovere verso l'umanità, al compito di stabilire la nuova tenerezza nel mondo, di affermare la sopravvivenza, su questo crepuscolo del secolo, dell'uomo infinito, e il raggiungimento inevitabile della felicità... Esaltatore dell'"uomo infinito", di ciò che in altra epoca definì "più grande del mare e delle sue isole", il poeta è cosciente che sarebbe un crimine abbandonare a se stessa l'umanità, lasciarla ripiegare su prospettive di morte." (Giuseppe Bellini)